Un uomo di 60 anni, Mauro Mattioda, è stato ritrovato questa mattina senza vita dai carabinieri in una casa della frazione Spineto di Castellamonte. Aveva un sacchetto di plastica avvolto in testa e sarebbe stata la sorella 64enne – che soffriva di forti crisi depressive – a ucciderlo. La donna è stata fermata e sono in corso le indagini dei carabinieri della compagnia di Ivrea. A dare l’allarme ai carabinieri è stata un’amica della sorella, che le avrebbe confessato di avere soffocato il fratello.
I ritratti “musicali” di Harari
FINO AL 24 DICEMBRE ALLO “SPAZIO DON CHISCIOTTE” DI TORINO
“Santi che pagano il mio pranzo non ce n’è / Sulle panchine in piazza Grande…”: versi e note indimenticabili che ti prendono al cuore ogni volta che ti piovono addosso, dedicate dal grande Lucio Dalla alla “sua” piazza Maggiore, quella che per i bolognesi doc (com’era lui) é appunto piazza Grande, la più bella del mondo, con quell’imponente Basilica di San Petronio dalla facciata “che sembra un campo arato”, ultima grande opera tardo-gotica d’Italia (1390) e sesta Chiesa per dimensioni più grande d’Europa. E Dalla è ancora lì. Per tutti noi. In mezzo alla piazza, cappottone e coppola d’ordinanza, occhialini al naso e in primo piano il volo frenetico e scomposto di colombi che sembrano volergli rubare la scena e che lui osserva con aria lievemente ironica e stupita. E’ il rapido flash, uno dei tanti, di una vita fermata
in corsa. Semplicemente una foto. Sicuramente fra le più suggestive di quelle realizzate fra il 1976 e il 2013, da Guido Harari – uno dei fotografi più famosi della storia della musica mondiale – portate in mostra a Torino, fino al 24 dicembre, nelle sale dello “Spazio Don Chisciotte” della Fondazione Bottari Lattes, in via della Rocca 37b. Origini egiziane (nasce al Cairo nel ’52), Harari vuole letteralmente stupire e incantare il pubblico torinese, attraverso una mostra che si prefigge d’essere, ad un tempo, “sonora” e di “grande impatto visivo”: ad accompagnare le cinquanta foto esposte è infatti una continua e suggestiva colonna sonora formata dai brani realizzati dagli artisti ritratti (autentiche leggende del rock, del jazz e del pop) colti in rapide istantanee e in espressioni “spesso inattese, su set spesso improvvisati”, immagini colte al volo, rubate in velocità o, in alcuni casi, frutto di complicità e
lunga collaborazione fra fotografo e soggetto. “Il tutto all’insegna – sottolinea lo stesso Harari – della mia inesauribile curiosità di conoscere e fissare in un’immagine la persona che si cela dietro il personaggio”. In “Wall of Sound” (titolo della rassegna che recupera lo stesso titolo della mostra en plein air organizzata a MonforteArte nel 2007 e che vuole rendere omaggio alla particolare tecnica di registrazione musicale sviluppata nei primi anni Sessanta dal produttore discografico americano Phil Spector) troviamo così un’affascinante panoramica, lunga oltre quarant’anni, di artisti che vanno –solo per citarne alcuni – da Fabrizio De André (di cui Harari è stato per anni fotografo personale ) a Lou Reed, a Giorgio Gaber, a Bob Dylan fino a Patti Smith, a David Bowie e a Bob Marley, così come a Vinicio Capossela, ai Pink Floyd e ai Queen, a Frank Zappa, a un improbabile stregonesco Paolo Conte e a un ombroso con sigaretta fra le dita Nick Cave o al Blasco – Vasco Rossi che con
ironia sbeffeggia da par suo l’obiettivo. O chi ci sta dietro. O noi. O il mondo intero. “Dietro ogni scatto – scrive delle fotografie di Harari Carlin Petrini – c’è una storia, una storia di volti che abbiamo mitizzato e che Guido ha saputo cogliere con spontaneità e leggerezza, garbo ed eleganza, tratti che rappresentano la sua cifra stilistica”. E un lungo lavoro, diventato sublime mestiere attraverso una serie di passaggi importanti (la realizzazione di copertine di dischi e reportages per artisti di fama internazionale, oltreché la pubblicazione di diversi libri e la presenza in importanti eventi espositivi a lui dedicati in Italia e all’estero), fino al suo “radicamento” nel territorio albese, dopo anni trascorsi a Milano, e
all’apertura nel 2011 proprio ad Alba della sua “Wall of Sound Gallery”, interamente dedicata alla fotografia musicale. E a chi gli chiede qual è il suo scatto del cuore, risponde serafico: “Le mie foto preferite sono quelle legate al guizzo di inaspettata intesa con il soggetto”. Quella scattata ad Ennio Morricone, ad esempio, che “insofferente alla macchina fotografica, ebbe l’idea di nascondersi dietro una porta, lasciando visibili soltanto i suoi inconfondibili occhiali come sospesi a mezz’aria” o come quella con Rita Levi Montalcini, “trasformata quasi in rockstar grazie al suo giubbottino di camoscio scuro” che la rendeva “così diversa dall’immagine composta e rigorosa che offriva sempre in pubblico”.
Gianni Milani
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“Wall of Sound 10”
Spazio Don Chisciotte della Fondazione Bottari Lattes, via della Rocca 37b, Torino, tel. 011/19771755-1; www.fondazionebottarilattes.it
Fino al 24 dicembre
Orari: martedì – sabato, ore 10,30 – 12,30 e 15 – 19
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Le foto:
– Guido Harari: “Lucio Dalla”
Il declino di Torino
Periodicamente se ne parla, in particolare quando succede un qualche fatto che riporta l’attenzione dell’opinione pubblica e degli organi d’informazione. Naturalmente ci sono opinioni diverse nell’individuare responsabilità, dimensioni e punti di partenza. Ancora recentemente uno dei quotidiani cittadini ha ripreso la questione con i soliti interventi. Contemporaneamente, come ogni anno, la Fondazione Rota con il suo rapporto annuale ha fornito una fotografia chiara della situazione della nostra città. Ora, più che riprendere le varie posizioni – “è tutta colpa di Chiamparino e dei debiti fatti per le Olimpiadi!” “No, con quegli investimenti si è cambiato il volto della città!” – oppure, tesi sostenuta per cinque anni dall’ex Sindaco Fassino “Torino non è in declino ma è prima in questi settori: ecc… ” con un per altro elenco discutibile – possono essere invece utili alcuni dati: Torino perde continuamente abitanti (circa 880.000 nel 2017) con l’età media che aumenta. Importanti società pubbliche e private, nel silenzio delle Istituzioni e della politica, come Telecom e Fiat hanno trasferito la loro sede legale. L’azienda dei trasporti, GTT (con il suo Presidente all’attenzione della cronaca per i fatti dell’ex capo di Gabinetto
dell’attuale Sindaco di Torino), è sull’orlo del fallimento . Il Salone del Libro ha bisogno di un salvataggio, pena anche per esso il fallimento. La disoccupazione giovanile è al record nel nord Italia, con quasi la metà dei giovani con meno di ventiquattro anni che non studia e non lavora. Il reddito procapite dei torinesi è oramai quasi allineato alla media nazionale. Ad esempio, Milano ha un reddito doppio della media nazionale. I poveri a Torino (fonte Caritas), sono ormai centomila e sono raddoppiati negli ultimi dieci anni. In questo quadro a tinte cupe potrei continuare con ulteriori accenni: una Regione indebitata, con una guida diciamo non incisiva ed una giunta che in diversi elementi fa rimpiangere quella precedente, Torino guidata da un Sindaco dimostratosi clamorosamente incapace ed inadeguata, al di là della sua giovane età . Su tutto appare evidente l’inadeguatezza complessiva della classe dirigente cittadina e la mancanza, elemento determinante, di una “visione” e di un progetto che si pongano l’obiettivo del rilancio della Città.
Via libera dalla Giunta comunale alle nuove linee guida per lo sviluppo e il sostegno alle arti perfomative nel triennio 2018-2020. Su proposta dell’assessora Francesca Leon l’esecutivo ha detto sì a “Torino Arti Performative”, un progetto volto a creare un rapporto di fiducia e ad attivare percorsi di collaborazione con i molti soggetti che compongono il mondo delle arti performative. Si tratta di un’iniziativa che si propone di rinnovare le modalità con cui la Città sostiene le attività teatrali e la danza. “Intendiamo lavorare ponendo attenzione alle realtà emergenti, sollecitando collaborazioni e contaminazioni tra professionisti diversi per vocazione e dimensione di impresa, in uno stretto rapporto con il territorio su cui insistono – sottolinea l’assessora alla CulturaFrancesca Leon -. Per renderlo possibile – continua Leon – è necessario disporre di un modello operativo con risorse economiche dedicate che permetta una maggiore inclusione, premi la capacità di elaborare idee di qualità e valorizzi l’impegno per realizzarle”. Il nuovo modello, elaborato dall’assessorato alla Cultura a seguito dei numerosi
incontri con le Fondazioni partecipate, agis, comitato emergenza cultura e compagnie teatrali e di danza, ha l’obiettivo di ridefinire e ampliare il precedente Sistema Teatro Torino, recependo anche i recenti cambiamenti della normativa che regolamenta il Fus (Fondo Unico per lo Spettacolo). Torino Arti Performative prevede una Cabina di regia composta da Città di Torino Ufficio Arti Performative, dalle Fondazioni Teatro Stabile di Torino, Teatro Ragazzi e Giovani, Teatro Piemonte Europa e Piemonte dal Vivo(quale strumento della Regione Piemonte). Tale organismo avrà tra le sue finalità la condivisione delle linee guida per l’attribuzione delle risorse, azioni di supporto rivolte agli operatori del settore come, per esempio, fornire assistenza tecnica, organizzativa e produttiva e la definizione di strumenti di valutazione e monitoraggio delle attività i cui risultati saranno condivisi con i soggetti interessati. L’attuazione delle linee guida stabilite nella
Cabina di regia sarà a cura della Fondazione del Teatro Stabile di Torino che attiverà sinergie artistiche e operative attraverso azioni specifiche tramite bandi e convenzioni; la messa a disposizione di spazi, risorse tecniche e organizzative. Compito delle Fondazioni Teatro Ragazzi e Giovani e Teatro Piemonte Europa, sarà quello di contribuire attraverso risorse organizzative, tecniche e spazi, individuando in Piemonte dal Vivo un ruolo specifico nell’ambito della distribuzione e della formazione. Compito dell’ufficio Arti Performative sarà coordinare la Cabina di regia; promuovere e predisporre tavoli di lavoro con gli operatori del settore per consentire un confronto continuo sulle linee di indirizzo e sui risultati; verificare e monitorare in itinere le attività previste dalle convenzioni stipulate dal Teatro Stabile di Torino e con le Fondazioni partecipate. Queste, oltre a interagire con la rete territoriale, contribuiranno al sistema teatro-danza con attività di produzione, co-produzione, ospitalità, progetti di formazione e fornitura di servizi.
A tavola con Napoleone Bonaparte
Un’altra serata speciale organizzata a Fiorfood in Galleria San Federico 26 a Torino. Un vero e proprio tuffo nel passato. La corte di Napoleone Bonaparte torna a rivivere nelle atmosfere così come nei piatti dello Chef Gianni Spegis che, seguendo le antiche ricette originali preferite dal grande Corso, riporta le lancette del tempo indietro, all’inizio del milleottocento.
Una serata e una cena dedicata al grande Napoleone Bonaparte, il personaggio storico e l’uomo che ha cambiato la storia. Martedì 28 novembre, a partire dalle 18.30, a Fiorfood andremo alla scoperta delle ricette e dei piatti più amati dal condottiero corso, conosceremo i suoi lati umani e le sue doti militari. Conosceremo un Napoleone inedito: il racconto della vita dell’imperatore francese attraverso curiosità e aneddoti, una piccola ed esclusiva anteprima della mostra “J’arrive – Napoleone Bonaparte” (Palazzo Cavour, Torino) durante la quale gli organizzatori stessi ci porteranno per mano indietro nel tempo tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800, in piena epoca napoleonica.
Se non un flagello, quasi. E’ una vera e propria invasione quella delle cimici asiatiche, che non sono pericolose per l’uomo ma molto dannose per l’agricoltura. E la situazione è sempre più grave in Piemonte, tanto che la a Regione chiede a tutti i cittadini di eliminare insetti e uova da ogni possibile riparo. L’assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero, il dirigente del settore fitosanitario Mauro Giachino e il presidente di Agrion, la Fondazione per la ricerca l’innovazione e lo sviluppo tecnologico dell’agricoltura piemontese, hanno inviato una lettera a tutti i Comuni chiedendo di affiggere nei punti informativi la scheda con le informazioni sulla cimice e con i consigli per eliminarne la proliferazione. “In autunno gli insetti – si legge nella lettera di Regione e Agrion – si ammassano a volte a migliaia in particolare in ambienti riparati come verande e sottotetti. A scopo preventivo si devono utilizzare zanzariere o sigillare eventuali fessure. Cimici e altri ‘intrusi’ possono essere eliminati con aspirapolvere. In attesa che nuove tecniche di lotta siano messe a punto, ogni azione può contribuire al contenimento di questo insetto”.
Due parti di idrogeno e una di ossigeno
Due parti di idrogeno e una di ossigeno per dire “acqua”, in un pianeta che è fatto d’acqua per il 70%. Marco Paolini, in un suo monologo si chiedeva: “ Sulle rive dei fiumi, dei laghi, del mare – al confine dove l’acqua tocca la terra, dove l’asciutto diventa bagnato – com’è possibile piantare in terra un cartello con la scritta “privato”? “. In sostanza poneva la domanda delle domande: ma di chi è l’acqua? La risposta logica sarebbe : è di tutti! E’ risorsa, diritto, elemento fondante come l’ aria e come l’aria di difficile conversione in merce. Il suo essere bene indiviso nei secoli di antiche civiltà che fermavano la proprietà sulle rive dei fiumi, non l’ha salvata dall’essere merce quando, sull’ultima frontiera dell’West, per la prima volta nella storia, chi arrivava alla terra diventava anche padrone dell’acqua purché avesse un fucile per difenderla ( e i nativi d’America erano esclusi dalla gara perchè, partendo in loco, erano troppo avvantaggiati..sic!). E’ così che la possibilità di venderla e comprarla è diventata un’idea che ha fatto proseliti. Eppure l’acqua è un bene pubblico e deve essere garantita a tutti nel rispetto dei vincoli ambientali e al massimo livello di qualità, secondo principi di equità e solidarietà e con criteri di sostenibilità per preservarne la qualità e la disponibilità. Mai come in periodi di siccità e scarsità idrica ci si accorge di quant’importanza abbia l’acqua. L’acqua è un bene che va preservato attraverso la cura del territorio, la manutenzione dei bacini idrografici, la tutela dei corpi idrici e delle aree di salvaguardia. Va garantita la migliore manutenzione delle reti di distribuzione, combattendo ogni forma di spreco e governando l’uso della risorsa e la sua assegnazione per i diversi usi, con priorità per il consumo umano, garantendo l’obiettivo della sostenibilità attraverso incentivi al risparmio idrico e il rispetto di standard di qualità. E’ così difficile fare le cose seriamente?Se il problema principale diventa il prezzo è difficile non pensare alle conseguenze di svalutazione dell’intera razza umana, dal momento che essa rappresenta il 90% di ogni corpo umano. Dunque, che prezzo dare alla vita? Che valore, più o meno? Pagandola bene, sei bottiglie di acqua minerale? Conveniente,no? E la scadenza? Se è una merce avrà pure una scadenza, non credete? Ironia a parte, quello dell’acqua è un tema troppo importante e vitale per non pensarci molto seriamente.
Marco Travaglini
“Saitta e Chiamparino a dicembre chiuderanno il Pronto Soccorso dell’ospedale Oftalmico”
E’ infatti evidente che quello che oggi chiamano ‘trasferimento’ è a tutti gli effetti una ‘chiusura’ e che i numeri dei medici e degli infermieri che opereranno in via Cherasco sarà del tutto insufficiente per garantire le stesse prestazioni annue dell’Oftalmico.
Oggi per far fronte agli oltre 50 mila passaggi all’anno al Pronto Soccorso di via Juvarra vengono esclusivamente dedicati ogni giorno 5 medici. In via Cherasco lo stesso numero di medici sarà invece operativo per gestire l’intera oculistica (emergenze, sale operatorie, ambulatori, degenze..).
Secondo quanto dichiarato dallo stesso assessore alla Sanità, dei 27 medici oggi operativi all’Oftalmico solo 8 andranno al San Giovanni Bosco e alle Molinette e su 52 infermieri solo la metà hanno accettato il trasferimento. E’ evidente che con questi numeri in via Cherasco non si riuscirà a far fronte contemporaneamente al Pronto Soccorso, alle attività operatorie e a quelle di degenza.
Vi è poi una evidente insufficienza dei locali previsti. Dove si rivolgeranno i 50 mila pazienti che ogni anno si recano al pronto soccorso per un’emergenza ai loro occhi?
Per effetto della DGR 1-600 approvata dalla Giunta regionale e per obiettivi assegnati al Direttore Generale dall’Assessore Saitta vi è LA VOLONTA’ DI CHIUDERE IL PRONTO SOCCORSO ENTRO IL MESE DI DICEMBRE.
E’ evidente che a dicembre sarà a rischio la salute dei cittadini. Non lo faranno con il nostro silenzio. Dopo anni di battaglia e raccolte firme (oltre 90 mila) Saitta e la giunta Chiamparino hanno fatto una piccola inversione di marcia: l’ospedale Oftalmico non chiuderà, ma in esso rimarranno la chirurgia ambulatoriale per la cura della cataratta e un ambulatorio diurno.
Far sentire la nostra voce è oggi più che mai importante. Per questo motivo questa mattina il Comitato Salviamo l’Oftalmico, il Comitato Salviamo gli Ospedali, hanno organizzato un incontro nell’Aula Magna dell’Ospedale Oftalmico per definire strategie e modalità di azione. Erano presenti il consigliere regionale Gian Luca Vignale e il consigliere comunale Roberto Rosso, oltre che esponenti sindacali.
Sono state invitate tutte le rappresentanze associative, sindacali, politiche e amministrative cittadine e regionali. L’iniziativa è, infatti, aperta senza alcuna restrizione a chiunque altro condivida i nostri obiettivi di tutela della salute dei cittadini e delle eccellenze sanitarie regionali.
L’ultima opera di Verdi di ispirazione shakespeariana
Al Teatro Regio, mercoledì 15 novembre alle 20, va in scena lo spirito giovane del Verdi anziano con il Falstaff, che trae punto dalla commedia shakespeariana de “Le allegre comari di Windsor”. Ma alla sua origine ci sono anche lo straordinario amore del compositore per Shakespeare, che gli fece accarezzare il progetto di musicare anche il Re Lear, e il desiderio di comporre un’opera comica, dopo che, nel 1840, il suo “Un giorno di regno” riscosse un clamoroso insuccesso, tanto che Rossini affermò che egli non aveva talento comico. Tra i suoi 76 e 79 anni Verdi lavorò al Falstaff, dopo il successo ottenuto con l’Otello su libretto di Arrigo Boito, andato in scena alla Scala di Milano il 5 febbraio 1887. Il soggetto del Falstaff, già musicato da Salieri nel 1798 e da Otto Nicolai nel 1849, andò in scena davanti al pubblico scaligero il 9 febbraio 1893, alla presenza di eminenti personalità del mondo della cultura, quali Carducci, Matilde Serao, Leoncavallo, Puccini e Mascagni. L’opera otteneva uno straordinario successo, presentava un libretto screziato in filigrana di alcuni preziosismi linguistici, le romanze erano poche, le forme chiuse erano state abolite, il tutto era percorso da una sottile ironia. Per la maggior parte della critica il Falstaff risulta l’opera più perfetta tra quelle verdiane, quella che in sé assomma tutte le virtù, la punta più elevata di una ricerca proiettata su un nuovo secolo, capace di intessere relazioni con la tradizione europea, pur rimanendo salda alle sue radici italiane. In questa opera Verdi, con il contributo fondamentale della cultura cosmopolita di Boito come librettista, è riuscito a realizzare nella sua tarda età una visione del mondo traboccante di giovinezza e di spirito, se non addirittura giovanile. Falstaff rappresenta, infatti, una conquista sia umana sia artistica; incarna il punto di vista di chi, celebrando la superiorità intuitiva delle donne sulla forza raziocinante degli uomini, è perfettamente consapevole che il futuro appartiene alle Nanette e ai Fanton ma, al tempo stesso, è conscio che la vita, anche al suo declinare, rimane sempre il sogno di un’eterna giovinezza. Accanto all’ Orchestra e Coro del Teatro Regio, diretti dal maestro Donato Renzetti, interpreti dell’opera, di cui firma la regia Daniele Abbado, saranno i baritoni Corrado Alvarez nel ruolo di Sir John Falstaff e Tommy Hakala in quello di Ford, marito di Alice, il tenore Francesco Marsiglia nel ruolo di Fenton, e la soprano Erika Grimaldi in quello di Mrs Alice Ford.
Mara Martellotta
La considerazione più amaramente realistica la fa il sito filotorinista Torinogranata.it: “Ma com’è possibile che un impianto nuovo di zecca, qual è il Filadelfia, sia stato costruito senza rispettare tutte le norme vigenti in materia di sicurezza? Verrebbe da rispondere siamo in Italia, non c’è da stupirsi poiché ci sono innumerevoli esempi di impianti e strutture inaugurate dopo anni di lavori e tanti denari spesi che nel giro di poco tempo vengono chiusi o persino non sono mai inaugurati per problemi di sicurezza e gestione”. C’è da sperare che a Torino le cose vadano meglio. Sì, perchè lo storico Filadelfia, inaugurato soltanto lo scorso maggio, è stato bocciato dalla Commissione di vigilanza del Comune, che avrebbe rilevato criticità di sicurezza all’interno dell’impianto, che così sarà vietato al pubblico. Non però ai giocatori che potranno allenarsi regolarmente al suo interno. Non si tratterebbe di problemi importanti: mancherebbero cartelli nel parcheggio sotterraneo, e sarebbe da sistemare una bocchetta dell’impianto di aerazione andrebbe sistemata.