redazione il torinese

Accoltellato nell’agguato all’ingresso della scuola

DALLA PUGLIA

Un 45enne  senza fissa dimora, della provincia di Bari, è stato accoltellato da più persone e poi soccorso dagli operatori del 118, all’ingresso della scuola media Amedeo D’Aosta del capoluogo pugliese. L’uomo è ferito ma non in pericolo di vita, per ora sono sconosciuti gli aggressori. Il fatto è avvenuto stamane tra le sette e le otto, è stato un passante che ha visto l’uomo, colpito al torace, a chiamare aiuto. I carabinieri avrebbero trovato il coltello con cui sarebbe avvenuto il ferimento. Diversi ragazzi che si trovavano a scuola hanno chiesto telefonicamente ai genitori di poter tornare a casa.

Come si diventa cittadini europei

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera indirizzata alla Consulta Regionale Europea – e per conoscenza al nostro giornale – nella quale alcuni studenti dell’IIS C.A. Dalla Chiesa A. Spinelli di Omegna esprimono considerazioni e proposte dopo aver preso parte al concorso Diventiamo cittadini europei

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Siamo un gruppo di studenti dell’IIS C.A. Dalla Chiesa A. Spinelli di Omegna:  innanzitutto vogliamo ringraziare per le opportunità di crescita in termini di  conoscenza e impegno che, con il concorso Diventiamo cittadini europei, vengono  offerte a noi giovani.  Ci rivolgiamo a Voi per avanzare una proposta.  Nel mese di novembre abbiamo partecipato alla conferenza “Quale futuro per  l’Europa” presieduta dal professor Walter Coralluzzo (docente universitario di relazioni internazionali) che si è svolta nella nostra scuola, abbiamo poi discusso a lungo su un  rischio che potrebbe diventare purtroppo una realtà: lo scioglimento dell’Unione  Europea dovuto a diversi motivi: il fenomeno della Brexit, la crescita dei partiti nazionalisti in vari paesi membri, una mentalità comune troppo superficiale, stanno distruggendo quell’idea di identità, solidarietà e di reciproco aiuto che deve invece essere alla base dell’Unione.  Il pericolo che stiamo correndo è ben rappresentato dal personaggio di un famoso  romanzo di Ernest Hemingway a cui si può paragonare l’Europa: l’Europa è vista come un vecchio pescatore che dopo aver pescato il pesce più grosso della sua vita, tenta di  portarlo a riva, ma i pescecani, poco a poco, lo divorano così che quando arriva in porto gli rimane solo la lisca. Quest’immagine rende molto bene l’idea: stiamo forse  perdendo tutto? Spinelli, Rossi, Colorni e tutti quelli che nell’unità europea hanno creduto hanno lavorato per nulla? Ci siamo allora chiesti chi deve difendere la “nostra Europa” dai pescecani? Quale modello politico potrebbe salvare e magari consolidare l’Unione? Forse perché la nostra scuola è co-intitolata ad Altiero Spinelli, l’uomo che ha proposto una costituzione europea che avrebbe innescato una dinamica politica federale, anche secondo noi il modello federalista salverebbe l’Unione europea, garantirebbe la pace  creando istituzioni sovrastatali a livello mondiale così da risolvere i conflitti tra le comunità con il diritto invece che con la forza. Inoltre ci sembra auspicabile il  federalismo perché intende valorizzare la diversità culturale dei popoli lasciando a ogni livello di governo i poteri e le risorse economiche necessari a risolvere i problemi specifici delle singole comunità. Il federalismo insomma unisce due elementi: l’unità e la diversità, ossia da un lato l’aspirazione al cosmopolitismo, ad un mondo unito nel quale ciascuno sia cittadino di un’unica patria, e dall’altro la valorizzazione delle  comunità e delle identità locali. Un’Europa federale, inoltre, potrebbe diventare la maggior potenza del Fondo Monetario Internazionale (FMI) così da potersi imporre per la promozione di manovre  volte a risollevare il sistema economico dei vari stati e di conseguenza abbattere il tasso di disoccupazione, problema che affligge soprattutto i giovani italiani. Alcuni di noi hanno partecipato a Bruxelles al gioco di ruolo Parlamentarium: come veri eurodeputati è stato possibile discutere e avanzare delle proposte per risolvere determinati problemi. E‘ stata un’esperienza interessante perché ci ha insegnato  quanto sia importante avere le idee chiare sugli obiettivi che si vogliono raggiungere  e discutere con serietà per difendere il bene comune rispettando le diverse opinioni e  ideologie. Ora però non è più un gioco, si tratta di progettare e costruire il nostro domani di  cittadini opponendoci alla divisione e alla disgregazione dell‘Unione. Siamo solo dei ragazzi ma siamo convinti che l’Unione europea vada difesa in ogni modo, crediamo sia doveroso fare proposte concrete, agire e non stare a guardare per questo abbiamo deciso di prendere posizione chiedendovi di portare avanti il nostro messaggio: nessuno deve rimanere indifferente perché, come diceva Hessel, l’indifferenza è il peggiore dei mali dunque, in nome di Altiero Spinelli, chiediamo  all’Unione Europea di percorrere la via del federalismo, e facciamo nostre le sue parole: “la via da percorrere non è né facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà!” 

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Luca Maggio, Antentyk Olha, Messina Jennifer, Kibak Maria

“Bosnia, l’Europa di mezzo”. Un viaggio tra guerra e pace

Due decenni fa finiva la guerra in Bosnia, lasciando cumuli di macerie e tanti, troppi morti. Il reportage di Travaglini racconta la pace che ha fatto seguito a quella tragedia. Una pace imperfetta, fatta di prevaricazione e di giustizia negata, di dolore e di speranze

 

 

Sabato 5 Maggio 2018, alle 21.00, nella sala dell’Oratorio di   Azeglio (To) verrà presentato il libro dello scrittore e giornalista Marco Travaglini  “Bosnia, l’Europa di mezzo.Viaggio tra guerra e pace, tra Oriente e Occidente”. Travaglini, autore di narrativa e saggistica, fa parte del GISM, il gruppo italiano scrittori di montagna. Ha scritto per i quotidiani L’Unità, La Prealpina e Il Riformista e collabora a diverse testate, tra le quali “L’Incontro” e “Il Torinese” . Con l’autore sarà presente Paolo Siccardi, giornalista e photoreporter free-lance, cofondatore del collettivo fotografico Walkabout-Ph che per dieci anni ha documentato i conflitti in Jugoslavia e i cambiamenti geo-politici dell’area balcanica (pubblicando il libro “Una guerra alla finestra” e il catalogo della mostra “Balcani oltre il confine”). Siccardi dal 2000 fotografa per il settimanale Famiglia Cristiana ed  è in corso al Museo Nazionale del Risorgimento di Torino una sua mostra fotografica ( con il collega Roberto Travan) intitolata “A(r)ma il prossimo tuo. Storie di uomini, conflitti, religioni”.

 

Sarajevo 1992, Vedran Smailovic violoncellista della Filarmonica di Sarajevo ha suonato l’Adagio in sol minore di Albinoni per 22 giorni per onorare la memoria di 22 civili uccisi mentre facevano la fila per il pane

L’iniziativa sarà coordinata da Giuseppe Lo Faro, consigliere delegato alla cultura del comune di Azeglio e dalla prof.ssa Rosalba Pennisi. Nel corso della serata saranno proiettati filmati e  foto di Paolo Siccardi. Due decenni fa finiva la guerra in Bosnia, lasciando cumuli di macerie e tanti, troppi morti. Il reportage di Travaglini racconta la pace che ha fatto seguito a quella tragedia. Una pace imperfetta, fatta di prevaricazione e di giustizia negata, di dolore e di speranze strappate via dal disastro di una quotidianità spesso fatta di umiliazioni e privazioni. Ma narra anche la vicenda di

Mostar 1993, Semir nato e morto lo stesso anno

tante persone e di un profondo desiderio di capire non solo le ragioni del conflitto, ma anche la forza enorme che permette al popolo bosniaco di non scomparire sotto i colpi del destino. Lo storico Gianni Oliva, nella prefazione ha scritto : “Quello di Marco Travaglini è un taccuino di viaggio pieno di partecipazione emotiva, attento a cogliere i luoghi, i personaggi, le storie individuali e collettive; ma ha anche scritto un libro pieno di spunti per riflettere sul presente, per comprendere che ogni crisi ha le sue specificità e, insieme, i suoi denominatori comuni. Un bel modo per fare ‘storia del passato’ facendo contemporaneamente ‘educazione al presente’”.

Il “salvatore delle madri”

Il Consolato Onorario di Ungheria in Torino con il supporto del Ministero degli Affari e del Commercio Esteri – Dipartimento di Diplomazia Scientifica e del Consolato Generale di Ungheria di Milano, in collaborazione con l’URP dell’ospedale Mauriziano di Torino, presenta la mostra storica “AERE PERENNIUS – DOTTOR SEMMELWEIS “SALVATORE DELLE MADRI” E LE INVENZIONI ED INNOVAZIONI DEGLI ULTIMI 150 ANNI NELLA MEDICINA UNGHERESE”, che si terrà presso la Sala delle Colonne (adiacente l’Aula Carle) fino al 21 maggio. L’inaugurazione si terrà mercoledì 2 maggio 2018 alle ore 15. Il dottor Ignác Fülöp Semmelweis, genio in parte incompreso, un simbolo, il “Salvatore delle madri”, negli anni 1930 fu considerato in tutto il mondo un medico modello, pieno di abnegazione e salvatore di migliaia di vite per la validità delle sue misure di asepsi sia nella partica chirurgica sia in ostetricia. La molteplicità della sua popolarità e del suo culto viene confermata da una serie di biografie, film, opere teatrali e raffigurazioni in tutti i generi dell’arte figurativa. La seconda parte della mostra presenta le invenzioni ed innovazioni scientifiche nel campo della Medicina ungherese degli ultimi 150 anni, che ebbero una notevole incidenza anche nel mondo scientifico internazionale e, basandosi su fonti della letteratura medica ungherese ed internazionale, riporta una breve descrizione dell’attività scientifica di 48 medici ungheresi (di cui 5 sono ancora in vita) di particolare rilievo, arricchendo l’esposizione con svariate ed interessanti illustrazioni.

HEINER BLUDAU CONFERMATO DECANO DELLA CHIESA EVANGELICA LUTERANA IN ITALIA

SINODO 2018. IN CARICA PER I PROSSIMI QUATTRO ANNI. FRANZISKA MÜLLER ELETTA VICEDECANO

 

Sono i pastori, rispettivamente, delle comunità di Torino e Firenze

 

 La Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI), che riunisce le comunità luterane dell’intera penisola, annuncia che  è avvenuta l’elezione dei suoi nuovi Decani per i prossimi quattro anni. L’Assemblea sinodale attualmente in corso a Roma ha così scelto di confermare il pastore della comunità di Torino Heiner Bludau nel ruolo di Decano della CELI e di designare la pastora Franziska Müller quale suo Vicedecano: il Decano è una figura fondamentale per i luterani in Italia, in virtù del suo duplice ruolo di capo spirituale della Chiesa e, quale Presidente del Concistoro, di guida del suo governo. Diversamente da quanto avviene in altre confessioni cristiane, i vertici della CELI sono cariche a carattere temporaneo (4 anni) ed eventualmente rinnovabili per una volta sola. “Desidero farmi interprete e portavoce di tutti i sinodali, esprimendo le più sincere congratulazioni e un caloroso augurio al Decano Heiner Bludau e alla nuova Vicedecano Franziska Muller. Sono fiducioso che, anche con la loro guida, nostra Chiesa saprà proseguire il suo percorso di crescita nella società italiana e affrontare le sfide odierne e del prossimo futuro” dichiara Georg Schedereit, Presidente del Sinodo.

 

Heiner Abbas Bludau, 62 anni, tedesco, è cresciuto in Baviera ma è nativo di Baghdad in Iraq, dove la sua famiglia si trasferì temporaneamente per ragioni lavorative del padre ingegnere

Sposato con la signora Annette, da cui ha avuto 2 figlie (Marie, 34 anni, e Hanna 27), è pastore dal 1991 e, dal 2010, è alla guida della Comunità luterana di Torino. Tra le esperienze, precedenti al suo ruolo di Decano ma sempre nell’ambito della CELI, si annoverano l’incarico di rappresentarla nella GEKE/CCPE, la comunità delle chiese protestanti in Europa, nonché il suo ruolo di membro della Commissione Ecumenica sul battesimo. Heiner Bludau è giunto in Italia dopo aver svolto le sue funzioni di pastore in una casa di meditazione della Chiesa Luterana di Sassonia. Prima di dedicarsi agli studi teologici e all’attività pastorale, da giovane aveva lavorato per un triennio come muratore, prestato servizio sociale in Israele per un anno e mezzo circa e preso parte, negli anni 80, al Movimento per la Pace dove ebbe l’opportunità di conoscere la sua futura moglie Annette.

 

“Quando venni eletto per la prima volta quattro anni fa, dissi che avrei seminato impegno e dedizione nel giardino della CELI per far crescere la nostra Chiesa, soprattutto con l’indispensabile aiuto delle nostre comunità. Questa nuova elezione la interpreto come una conferma di essere riuscito a tradurre in pratica quest’idea, per quanto mi sia stato possibile. E di questo riconoscimento sono profondamente grato a ogni sinodale. Come fatto finora, e con prezioso supporto della Vicedecano Müller, continuerò a svolgere il mio incarico all’insegna di cooperazione, trasparenza ed ecumenismo. E, soprattutto, continuerò a confidare nella guida di Dio col suo Spirito Santo. Non è questa una formula retorica, ma un vero orientamento e un aiuto concreto che ho sperimentato in molte situazioni difficili” commenta il Decano, pastore Heiner Bludau.

 

Franziska Müller, 49 anni, tedesca del Württemberg, è sposata dal 2012 con il pastore Friedemann Glaser ed è mamma del piccolo Felix Raphael di 5 anni. Con il marito, nel 2014, è diventata pastora della Comunità luterana di Firenze ed Emilia Romagna, occupandosi – per la CELI – anche dell’Accademia delle Comunità e diventando inoltre responsabile per i predicatori laici.

Prima di giungere in Toscana, è stata in servizio dal 2010 al 2014 presso il Decanato di Muehlacker e, dal 2007 al 2010, è stata pastora a Oberndorf-Lindenhof. Nel quadriennio precedente è stata pastora nella Casa della Spiritualità della Chiesa Evangelica Luterana a Stift Urach, partecipando contemporaneamente a un Master in International Management per le ONG presso l’Università Cattolica di Scienze Applicate di Friburgo. Dal 2001 al 2003 ha lavorato nel Vicariato di Oppenweiler (Decanato di Backnang) e, nel triennio precedente, ha compiuto studi sulla persona nell’ambito del corso di Pedagogia Sociale presso l’Università di Scienze Applicate di Francoforte, svolto un tirocinio presso il Centro media evangelico di Stoccarda, collaborato presso la Missione Ferroviaria di Francoforte e operato come consulente giovanile presso la EJW (Gioventù Evangelica) di Francoforte. In precedenza, per quattro anni, è stata Assistente presso l’Istituto per la Dottrina Sociale della Chiesa. La pastora Müller, dopo aver concluso un apprendistato bancario biennale, ha iniziato nel 1990 i suoi studi di teologia con permanenze a Stoccarda, Magonza, Roma e Tübingen.

 

È un incarico di cui sono onorata e che accolgo con grande gioia. Ringrazio la mia famiglia per il sostegno che quotidianamente mi dà e sono davvero grata ai sinodali per la fiducia che hanno deciso di accordarmi. Cercherò di adempiere al meglio al mio nuovo ruolo con grande senso di responsabilità, traendo energie dal mio interesse per le persone e anche per le comunità che, in questi anni di permanenza in Italia, ho avuto modo di incontrare e che voglio conoscere molto più approfonditamente. E sono lieta di poter collaborare con il Decano Bludau, consapevole che il nostro compito non sarà sempre facile ma che adempiremo al meglio grazie alla nostra Fede”” afferma la Vicedecano, pastora Franziska Müller.

 

Il Sinodo si concluderà domani 1° maggio con il Culto celebrato presso la Christuskirche di via Sicilia 70, nel corso del quale si insedieranno ufficialmente i nuovi Decani e durante il quale si omaggerà il pastore Paolo Poggioli che dopo 25 anni di guida della comunità luterana di Torre Annunziata si congederà dalla CELI avendo raggiunto l’età pensionabile.

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Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI)

La Chiesa Evangelica Luterana in Italia, CELI, statutariamente bilingue, italiana e tedesca, è un ente ecclesiastico che attualmente raggruppa 15 comunità, dalla Sicilia all’Alto Adige. I suoi rapporti con la Repubblica Italiana sono regolati dalla legge n° 520 del 1995 (Intesa secondo l’art. 8 della Costituzione). La più antica comunità luterana in Italia è quella di Venezia, risalente alla Riforma attuata dal monaco agostiniano Martin Lutero nel 1517. Capace di evolvere con la società, oggi la CELI è fortemente impegnata non solo nella cura delle anime, ma anche in numerosi ambiti quali cultura, sanità, scuola, assistenza a poveri e immigrati, educazione ambientale, pari opportunità uomo-donna, difesa delle diversità e lotta alle discriminazioni, partecipazione al dibattito etico, religioso e politico. Proprio per questo impegno, la Chiesa Luterana – una chiesa senza grandi patrimoni – riceve ogni anno la fiducia e il sostegno di tantissimi italiani che scelgono di destinarle l’otto per mille sulla dichiarazione dei redditi: così, dal riepilogo delle scelte espresse – pubblicato sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) – emerge che nel 2015 (ultimo dato disponibile) le firme a favore della CELI sono state oltre 66.000.

www.chiesaluterana.it

La Tesoriera o Villa Sartirana, origine d’una villa suburbana torinese

Lungo corso Francia, nel tratto compreso tra piazza Rivoli e corso Monte Cucco, fa bella mostra di sé, attorniata da un vasto parco, la settecentesca Villa Sartirana, meglio nota come La Tesoriera, oggi di proprietà comunale e sede della biblioteca civica musicale “Andrea Della Corte”

L’edificio, considerato tra i più significativi esempi di villa suburbana torinese (nell’epoca in cui fu costruita, l’area si trovava in aperta campagna), venne eretto tra 1713 e 1715 su progetto del cremonese Jacopo (o Giacomo) Maggi, poco conosciuto come architetto, ma attivo a Torino sino al 1702 in veste di costumista, scenografo e impresario del Regio Teatro. Maggi aveva ricevuto l’incarico dall’acquirente dei terreni, Ajmo Ferrero di Cocconato, che s’era affermato come funzionario di corte, investito della carica di Consigliere e Tesoriere generale del Re, al tempo Vittorio Amedeo II di Savoia. Proprio il sovrano sabaudo Vittorio Amedeo II partecipò, nel 1715, all’inaugurazione della villa, evento ricordato da Elisa Gribaudi Rossi nel suo libro “Cascine e ville della pianura torinese”.

L’altro nome con cui Villa Sartirana è nota ancora oggi, La Tesoriera, trae origine, secondo una prassi onomastica ricorrente tra cascine e ville dell’agro torinese, dalla carica rivestita a corte dal primo proprietario, il Ferrero di Cocconato, che fu appunto Tesoriere del duca, poi re Vittorio Amedeo II. Stessa origine è riscontrabile nel caso del Maggiordomo, della Marchesa, dell’Auditore, della Generala, della Cavaliera, del Conte Grosso, tutte cascine e dimore di campagna che derivano il nome dal titolo nobiliare o dalla carica ricoperta dagli antichi proprietari, costruttori o successivi acquirenti. La campagna circostante la capitale sabauda era, infatti, punteggiata di cascine, alcune delle quali ancora oggi sopravvivono, sovente affiancate da eleganti ville e edifici padronali utilizzati come dimora estiva dalle famiglie dei proprietari, nobili o anche borghesi, che s’erano arricchiti con l’esercizio della manifattura e del commercio, talora imponendosi con importanti incarichi a corte.

La Tesoriera appare senz’altro tra gli esempi di maggior pregio nel novero delle ville suburbane settecentesche. L’architettura si richiama a uno schema ricorrente, non esente da echi guariniani, con un padiglione centrale sopraelevato, che contiene il grande salone centrale a due piani, affrescato con temi mitologici e arcadici forse da Giovanni Battista Pozzo, e le maniche laterali, più basse. Due scalinate simmetriche collegano l’atrio al primo piano, dove si apre sul lato verso mezzogiorno una galleria coperta, da cui si accede al salone centrale e alle stanze minori. La disposizione delle ville suburbane torinesi segue di norma l’asse nord-sud, con una facciata rivolta a mezzogiorno, e l’altra a settentrione, mancando di solito elementi significativi che consentano di distinguere tra le due il prospetto principale.

Le ville non si affacciavano quasi mai sulla strada, bensì sorgevano in posizione arretrata, attorniate da campi e parchi, e vi erano collegate a mezzo di viali alberati. A proposito della Tesoriera il Derossi, autore di una Nuova guida della città di Torino edita nel 1781, descrive un viale ombreggiato da olmi, che metteva in comunicazione la villa con lo stradone di Rivoli o Stradone Reale di Francia, oggi corso Francia. Dopo la morte del costruttore Ajmo Ferrero di Cocconato, la vedova cedette la villa a Roberto Ghiron Asinari di San Marzano, poi durante l’occupazione napoleonica del Piemonte venne utilizzata per l’alloggiamento delle truppe francesi. In seguito si avvicendarono diversi proprietari sino a che negli anni Quaranta dell’Ottocento venne acquistata dal marchese Ferdinando Arborio Gattinara di Breme, famoso sia per l’impegno nella pittura (fu presidente dell’Accademia Albertina), sia per gli studi di ornitologia e entomologia. L’importante collezione entomologica del Breme (circa 50.000 pezzi) venne donata, alla sua morte, alla Regia Accademia delle Scienze, ed è oggi conservata al Museo di Storia Naturale di Torino. Nel 1867 fu insignito dal re del titolo di duca di Sartirana, ragion per cui la villa La Tesoriera è anche conosciuta come Villa Sartirana.

Nel 1934 l’edificio passò ai Savoia-Aosta, che intrapresero lavori di ampliamento e ammodernamento, affidati all’architetto Giovanni Ricci. Durante l’ultima guerra mondiale, la Tesoriera venne occupata in successione da comandi tedeschi, partigiani, americani, e fu anche danneggiata dai bombardamenti. Nel 1962 ci fu la vendita all’Istituto Sociale dei Padri Gesuiti, che fecero della villa una sede scolastica, per poi cederla nel 1971 al Comune di Torino. Seguirono lavori di restauro e infine l’apertura al pubblico sia della villa, come sede della biblioteca musicale, sia del parco, che copre una superficie di circa 7 ettari.

Già le descrizioni ottocentesche del Baruffi elogiano l’ampio parco di Villa Sartirana, ricco di varietà botaniche, tra cui il grande platano che ancora oggi ammiriamo, uno degli esemplari più vecchi di Torino, piantato nel 1715. L’area verde risultava ingentilita da giardini alla francese e all’olandese, dovuti ai lavori di risistemazione promossi dal Breme, di serre riscaldate con piante tropicali, e ospitava una sorta di zoo, con animali di specie diverse, mufloni, gru, daini, gazzelle e un’infinità di uccelli. Passeggiando nel parco si nota infine, oltre alla bella fontana aggiunta in seguito, una curiosa statua in litocemento (impasto di cemento e piccole pietre), tecnica sperimentata per la prima volta nel Borgo Medioevale di Torino, che è opera di Ettore Ximènes, autore della celebre statua dello “Zar liberatore” Alessandro II a Kiev (1911). Collocata alla Tesoriera nel 1886, la statua rappresenta re Vittorio Emanuele II seduto su una roccia in compagnia d’un cane e d’un bambino.

 

Paolo Barosso

(foto Paola Meliga)

Il Patto della Montagna per un equo salario

Mercoledì 2 maggio 2018  h. 20.30  Cinema Massimo – Torino, proiezione alla presenza degli autori: evento organizzato da Piemonte Movie – gLocal Doc

“Il Patto della Montagna” un film di Manuele Cecconello e Maurizio Pellegrini
una produzione Jean Vigo Italia, VideoAstolfoSullaLuna cofinanziato da Mibact – Direzione Generale Cinema e FCTP Film Commission Torino Piemonte con il patrocinio di: Sensi Contemporanei – Agenzia per la Coesione del territorio, Istoreto – Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea di Torino, ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, UNCEM – Unione comuni e comunità montane.

Un anziano entra con passo incerto in una fabbrica abbandonata. Il suo nome è Argante; nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, era un giovane partigiano e in quella fabbrica tessile innescò la lotta che portò poi alla firma del Patto della Montagna, il primo accordo in Europa e nel mondo che afferma la parità salariale tra uomo e donna. Christian è un giovane stilista che viene dalle passarelle dell’alta moda milanese, scopre la storia del Patto e incontra Nino Cerruti, stilista internazionale e figlio del firmatario del Patto. Insieme creano un dono su misura per Argante, omaggio all’uomo e all’eredità ricevuta da quello straordinario evento.

FIAT TORINO – TRENTO: una partita quasi completa…

Si poteva vincere, si poteva dimostrare qualcosa a tutti, si poteva battere chi, invece di giocare a quello che Naismith definiva Basketball cioè un gioco senza contatto e penalizzante ogni aggressività eccessiva, fa proprio della difesa con aggressività al limite della violenza la sua arma in più, e si poteva fare anche altro, ma non si è riusciti

La FIAT Torino, finché la condizione fisica glielo ha permesso, sopperendo con le qualità individuali sembrava poter avere la meglio del gruppo di superatleti di Trento. Sutton sembra una statua, ma di quelle “grosse” e gli altri non sono così tanto meno. Ma Torino, con il fioretto di Garrett (e anche la sua follia…cestistica), con i tiri di Washington, con la forza di Mbakwe, e la precisione del redivivo Jones stava andando alla grande. Anche Mazzola aveva intrapreso la strada della buona partita, così come anche Sasha stava andando, seppur a corrente alternata, in buona direzione. Ma quasi sul traguardo, le energie si spegnevano mentre gli atleti in maglia nera, sembravano aver appena concluso il riscaldamento e sembravano pronti a giocare per altri 60’. E siamo giunti nuovamente alla ennesima sconfitta in volata. Torino potrebbe avere 10 punti in più se avesse vinto le gare punto a punto: Cantù, Pistoia, Milano, Bologna e Trento sono sconfitte degli ultimi due minuti… . Certo che a questo momento del campionato, si parlerebbe di un’altra squadra e gli insulti e gli improperi che ogni volta qualche persona di dubbia parentela con il genere umano regala a tutta la “squadra” di Torino sarebbero ancora nei meandri del proprio cervello arrabbiato.

Però, non è andata così. E bisogna riflettere. Sicuramente la condizione fisica è da rivedere, perché gli ultimi minuti senza lucidità sono sinonimo certo di eccessiva stanchezza durante la partita perché le scelte non sono state proprio perfette… ma si poteva fare lo stesso. E’ stata una stagione difficile, degna di un “reality” di alto livello, con continui scossoni emotivi che non potranno altro che fare crescere una società che comunque ha nella sua “giovane età” il limite ed il vantaggio allo stesso tempo.Ma è la città di Torino che deve dare una lezione ad una Italia cestistica che sembra proprio non desiderarci. Un esempio per tutti: Reggio Emilia ha gli stessi punti della FIAT Torino. Commenti entusiasti dei commentatori televisivi, esaltazione dei suoi giocatori (Della Valle, Reynolds, White, Julian e il “nostro” Chris Wright) pubblico che si trova al palasport ad esultare come se avesse sempre vinto. Torino ha vinto una coppa Italia, pur se “disastrata” ha gli stessi punti, ha anche superato il turno di eurocup, ma per tutti è un fallimento… . Che dire?

La stampa ufficiale attende sempre un errore per poter dare una notizia ad effetto. In un vecchio Topolino Zio Paperone, editore del Papersera, diceva che un cane che morde un uomo non fa notizia mentre un uomo che morde un cane fa vendere. A parlare bene non si diverte nessuno, ad urlare in malo modo l’esercito dei “iotifocontro” va in estasi. E’ passato inosservato il tuffo di Vujacich per recuperare la palla a metà campo, così come Trevor a pedalare su una “inquietante” bici pur di entrare in campo, e altre piccole cose, come il ragazzo della nostra squadra, …, diciamo quello più giovane, che arriva in pullman al palazzetto: roba di altri tempi! In quale mondo dello sport di serie A dei “grandi” si può raccontare via video di aver giocato con chi ha vinto anelli NBA giocato in Eurolega e in nazionale eppure restare così semplici da arrivare in Pullman!!! Questa è Torino: tutto e il contrario di tutto. I tifosi sono disorientati: chi si arrabbia, chi è deluso, chi non cambierebbe una virgola considerata la vittoria in coppa Italia, chi si chiede cosa succederà il prossimo anno.

E’ chiaro, le aspettative erano altre, ma in tre anni di serie A non sono tante le squadre che hanno fatto di più di Torino. Siamo sicuri che si poteva fare di più, ma non si è sicuri che le scelte tecniche fossero così sbagliate, semmai, si dovrà valutare di stare più attenti all’alchimia degli elementi da amalgamare insieme considerando tutti i fattori che li caratterizzano.Ma in epoca lontana, si cercava di trasmutare il piombo in oro. In oro proprio completo non siamo ancora riusciti, ma l’oro vero l’abbiamo raggiunto, almeno il 18\02\2018. Ora si tratta di togliere le fuliggini che hanno offuscato la sua brillantezza e ripartire al meglio. Ci sono ancora due partite: invece di insultare, sarebbe bello prendere esempio da quelle piazze, dove conta sempre vincere, ma anche riuscire ad essere quello che è giusto essere: osservatori appassionati e tifosi veri.E’ andata benissimo e poi è andata male: equilibrio dovrebbe essere la parola d’ordine. Per tutti e per il futuro. Gli errori ci sono stati. Forse ci saranno ancora: ma noi, speriamo che ce ne siano meno. E l’esperienza è un piatto che costa e cuoce a fuoco lento.

Paolo Michieletto

 

Tanti visitatori al Mauto


Ottima affluenza al Museo Nazionale dell’Automobile nei giorni del ponte del Primo Maggio: da mercoledì 25 aprile a martedì 1 maggio, i visitatori sono stati oltre 10.500

 

Un ottimo riscontro di gradimento per la mostra ROSSO FIORAVANTI, visitabile fino al 16 settembre. La retrospettiva monografica, dedicata al designer Leonardo Fioravanti, celebra attraverso disegni, fotografie e modelli iconici uno dei designer che più hanno segnato lo stile del Casa di Maranello tra gli Anni ‘60 e ’80.

 

Grande partecipazione anche per l’attività dedicata alle famiglie “COSA VOGLIO FARE DA GRANDE”, una visita guidata alla scoperta dei mestieri legati all’automobile, e per la proiezione su maxischermo del Moto GP di Azerbaijan sul circuito cittadino di Baku.

Per maggiori informazioni scrivete a info@museoauto.it o telefonate al numero 011677666

www.museoauto.it