redazione il torinese

Il successo del Salone tra problemi di logistica e tardivi digitali

Il primo giorno accedere al Salone del Libro di Torino è stato uno strazio così come trovarne la porta per uscire. Questione di logistica e di informazioni che non circolavano fra gli addetti, ma anche di personale insufficiente per gestirne il flusso

A parte questo, il Salone è stato un successo (meritato) e prevedibile, ma anche superiore alle aspettative e questo ha creato la ressa. Se non si finisce mai di imparare, vuol dire che si resta sempre giovani. Per dirla con altre parole, un novello Peter Pan e per me la sindrome di Peter non è un dispregiativo, ma un desiderio di voler essere parte del mondo, avere tanti interessi e mettersi in gioco continuamente. Chi al Salone ci è andato con questo spirito ha certamente avuto ragione delle aspettative. Per me che non sono un nativo digitale, ma un “tardivo”, data l’età, il Salone (questo più che mai) è sempre stata un’occasione per imparare…ancora. Forse, per questo, mi ha incuriosito, particolarmente, la presentazione, nello stand Hoepli, della Netlife di Francesca Anzalone, PR Manager e Digital PR per le nuove figure professionali nell’era della trasformazione digitale. L’Anzalone, fra le tantissime attività che cura (in modo eccellente), c’è pure quella dei mediatori di segni. La PR, nel web dal 1997, ha fatto del “villaggio globale” la sua casa e con questo straordinario mezzo di comunicazione che permette formazione permanente, condivisione della conoscenza e diffusione delle informazioni in tempo reale ha stretto con la Community un patto indissolubile. Non basta: alla fine degli anni Novanta ha creato “Ciberino”, un robottino che attraverso le fiabe racconta il digitale ai piccoli. Chissà perché, per assonanza, mi viene in mente il concorso il Bosco Stregato, le sue fiabe e gli ex libris. Saranno affinità elettive o più semplicemente voglia di rimanere sempre giovani?

 

Juve in festa. Allegri: “Se non mi mandano via sto qui”

Juventus in festa per lo scudetto. Mentre si svolge il carosello di tifosi in piazza San Carlo il tecnico bianconero – come riporta l’Ansa – commenta: “Se non mi mandano via io credo  di restare qui alla Juve anche il prossimo anno”. Il risultato di 0-0 con la Roma ha assegnato alla squadra bianconera il titolo di Campione d’Italia. (Foto: Claudio Benedetto – www.fotoegrafico.net)

Universo Acqua

La Biblioteca Nazionale di piazza Carlo Alberto ospita, tra aprile e maggio, un ciclo di quattro conferenze promosso dal Museo dell’astronomia Infini.To di Pino Torinese, attorno al tema dell’acqua da un punto di vista in primo luogo scientifico, ma aperto a tanti punti di vista multidisciplinari

 

La conferenza del 9 maggio scorso è partita dall’osservazione, quasi un luogo comune, che l’acqua sia fondamentale per la vita: ma perché sia così importante, quanto sia diffusa nell’universo, se possa esserci un’alternativa ad essa, da quanto tempo essa esista nell’universo sono domande che ci portano dritte al cuore della chimica, dell’astrofisica e della ricerca planetologica. Insomma, anche una sostanza così semplice, talmente elementare e scontata che per millenni filosofi naturali e scienziati l’hanno ritenuta un elemento, cosa che in realtà non è, essendo costituita da due atomi di idrogeno (parola che non a caso vuol dire “generatore d’acqua”) e uno di ossigeno, rivela risvolti sorprendenti e ancora inesplorati. La prima sorpresa è che nell’universo primordiale, e per il primo miliardo di anni, l’acqua non esisteva, per il semplice fatto che il Big Bang ha prodotto solo i primissimi elementi, i più leggeri, l’idrogeno, l’elio, il litio, un po’ di berillio e qualcosina di boro. Per l’ossigeno, come del resto per il carbonio, si sono dovute aspettare le prime stelle, nelle quali la nucleosintesi ha potuto procedere fino agli elementi più pesanti, fino al ferro e poi, a poco a poco, con il passare del tempo, tutti gli altri, cucinati nelle fornaci stellari e liberati poco a poco dalle supernove per finire cantati nei racconti di Primo Levi e studiati da fisici e chimici. Tuttavia, a volte, per capire l’universo occorre relativizzare, occorre superare le scale umane di massa, tempo, distanze, persino di abbondanze dei singoli elementi, ed entrare nella dimensione dell’enorme, del lento o del rapidissimo, del rarefatto o dell’estremamente denso: scopriamo così che, in un lontanissimo quasar, formatosi dodici miliardi di anni fa, circa un miliardo e mezzo di anni dopo il Big Bang, l’acqua c’era già e tantissima: centomila miliardi di volte quella presente sulla terra. Una quantità enorme, dispersa nei gas e nelle polveri della galassia, non certo organizzata nei rassicuranti mari o negli immensi oceani terrestri, ma riesce veramente difficile pensare che, da qualche parte non in una, ma in tantissime altre delle galassie ormai scoperte, in un vertiginoso gioco di moltiplicazioni e di inerpicarsi di ordini di grandezza che in breve ci lasciano a bocca aperta, questa non si sia raccolta su dei pianeti, creando a sua volta mari, calotte glaciali, laghi e fiumi.

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E infatti, racconta Luigi Colangeli, dell’Esa, l’ente spaziale europeo, non è necessario fare troppa strada, basta restare in quello che ormai è il nostro cortile di casa, il sistema solare, per scoprire l’acqua sulla Luna, persino sul torrido Mercurio, ai poli di Marte, probabilmente nel suo sottosuolo, dove l’acqua si nasconde dopo aver a lungo prosperato, scavato fiumi e bacini prima di evaporare a causa dell’atmosfera troppo sottile del pianeta rosso, o ghiacciare per le temperature bassissime dovute alla distanza dal Sole e all’assenza di un effetto serra naturale come sulla Terra, sempre legato all’atmosfera troppo rarefatta. Ancora più in là, i satelliti di Giove e Saturno, grandi quasi quanto i pianeti rocciosi, mondi lontanissimi in orbita attorno a giganti di gas, sembrano promettere moltissimo: è praticamente assodato che ci siano croste di ghiaccio che proteggano oceani potenzialmente di acqua fluida, mentre, ancor più distante, su Urano e Nettuno l’acqua è nuovamente presente nelle loro gelide atmosfere.C ’è sufficiente ricerca, per il nostro sistema solare, da riempire le esistenze di migliaia di scienziati alla ricerca dell’acqua, ma i nostri telescopi possono ormai fare di più e molti sono i satelliti puntati verso punti lontani della nostra galassia, dai sistemi planetari, ormai scoperti a migliaia, alle nubi di gas, e anche lì i loro spettroscopi hanno ormai individuato più e più volte le prove della presenza dell’acqua, così come, in determinati casi, addirittura di amminoacidi, i precursori delle proteine. La palla passa, sotto la guida del moderatore Attilio Ferrari, professore di astrofisica all’università di Torino, al docente di biologia Lorenzo Silengo, il quale spiega perché l’acqua sia così importante per la vita: la gran parte della sua natura speciale risiede nelle sue proprietà elettriche, nel fatto che la molecola, grazie alla diversa distribuzione delle cariche tra ossigeno e idrogeno, possa formare tenaci legami residui, i legami a idrogeno. Sono loro, resistenti a sufficienza da formare il ghiaccio, ma fragili il giusto da potersi rompere alle temperature ambiente per generare l’acqua liquida e il vapor d’acqua, a rendere l’ossido di di idrogeno così speciale: imprigionano altre molecole, facendo da solvente, e le trasportano qua e là consentendo loro di reagire, riescono a inerpicarsi nei vasi linfatici delle piante sfidando la gravità, non scivolano via dalle pareti cui aderiscono, si lasciano intrappolare dai lipidi, creando vescicole dentro le quali possono avvenire reazioni chimiche sempre più complesse, delle quali l’acqua è in un modo o nell’altro protagonista.

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In un certo senso, il segreto della vita comincia da lì, da quando una membrana ha distinto un fuori ostile, umido come i mari primordiali, ricco di sostanze in agitazione, e un dentro, dove queste sostanze possono reagire in modo controllato, produrre energia, dare vita alla vita: è lo stesso che accade ancora oggi nei citoplasmi di ogni singola cellula del nostro corpo. Rimane allora la domanda, perché, se c’è così tanta acqua nell’universo, non è facile trovare la vita? La risposta si riesce ad avere mettendo assieme tutto ciò che in questa conferenza è stato raccontato: l’acqua è fondamentale, se non unica – visto che altre molecole simili a lei, non presentano la stessa reattività, tendono a formare materia inerte o dissolversi in gas – , ma deve essere tanta, circoscritta nello spazio, deve essere in qualche modo “seminata” da altre molecole, quello che forse hanno fatto le comete e gli asteroidi nel primo miliardo di esistenza della Terra, deve probabilmente essere presente sullo stesso pianeta in tutti e tre gli stati; aeriforme, per poter essere trasportata in ogni dove e partecipare al clima; liquida, per consentire l’attivazione delle prime reazioni vitali e consentire l’evaporazione dell’ossigeno che, per i primissimi organismi fotosintetici, era un prodotto di scarto; solida, per proteggere con il ghiaccio i mari dalle intemperie dei mondi in formazione. Per avere la concomitanza di tutte queste condizioni è necessario che un pianeta si trovi a una distanza adatta rispetto alla stella cui orbita, che riceva il calore sufficiente ma non patisca escursioni eccessive: deve stare cioè nella zona abitabile, quella che per il nostro sistema solare corrisponde proprio alla posizione della terra. L’elenco delle condizioni necessarie per la nascita della vita non finisce qua, e forse perché si realizzino tutte assieme ci vuole tanto tempo, quello che purtroppo manca alla singola vita umana ma non alla ricerca, e tanta fortuna, ma l’universo è grande abbastanza da lasciarci pensare che in qualche altro suo cantuccio si sia sviluppata, chissà come, chissà a che livelli di complessità. Complicata e incredibile, la vita è una primadonna che ben si accompagna alla sua eclettica dama di compagnia, l’H2O, le cui multiformi proprietà, la sua importanza in ogni ambito della scienza e della cultura verranno ancora discusse ed analizzate il 24 di maggio, alle ore 17.30 nell’ultimo incontro sul tema, sempre alla Biblioteca Nazionale.

Andrea Rubiola

Per informazioni https://piemonte.abbonamentomusei.it/Mostre-e-Attivita/Universo-Acqua.-Conferenze

Zenica, dove “il bene” contrasta “il male”

Provate a immaginare cosa voglia dire veder arrivare amici come quelli di cui si parla in questo libro, amici che ti aiutano a guarire, che t’istruiscono su come proteggerti. Se anche con questo progetto aves­simo salvato una sola vita, il suo scopo sarebbe stato già soddisfacente. Invece parliamo di centinaia e centinaia di donne curate e salvate, oltre a quelle che, grazie a un sistema integrato di osservazione, cura e trattamento, saranno salvate in futuro”. Così scrive, a commento di “Tra il bene e il male” (Infinito edizioni,2017) , Azra Nuhefendić, giornalista di origine bosniaca che da più di vent’anni vive e lavora a Trieste. Una storia di quelle che contano, straordinariamente importante, sulla dura e quotidiana battaglia contro tumori e inquinamento a Zenica, nel lungo e difficile dopoguerra della Bosnia. A raccontarla è  RE.TE , una Ong italiana da trent’anni impegnata in un percorso che accompagna i processi di miglioramento della qualità della vita delle comunità in Africa, America Latina, Balcani ed Europa, per restituire dignità a quella parte di popolazione che vede negati ipropri diritti al cibo, all’istruzione, all’infanzia, alla salute, a un lavoro degno, alla terra. Il libro che raccoglie questa vicenda e  che – come si vedrà – lega la comunità piemontese a quella del Cantone bosniaco-erzegovese di Zenica-Doboj, è curato da Alessia Canzian con la prefazione di Lidia Menapace e l’introduzione di Maria Cinzia Messineo.

Sono molti i protagonisti di questa sto­ria “corale”, iniziata subito dopo la fine della guerra in Bosnia Erzegovina (1992-1995) e ancora non del tutto conclusa. Una storia d’impegno e solidarietà concreta che ha visto protagonisti donne e di uomini che hanno investito una parte della loro vita per realizzare un desiderio di sviluppo equo. Una realtà che ho potuto conoscere da vicino. Anni fa sono stato a Zenica, la quarta città più grande della Bosnia,  capoluogo del cantone di Zenica-Doboj. Si trova circa 70 km a nord di Sarajevo ed è circondata da colline e montagne, mentre la Bosna, il fiume che dà il nome alla nazione, l’ attraversa per intero. Lì era stato avviato un piano sanitario, partendo da una piccola località – Breza – per estenderlo a tutto il territorio del cantone, che prevedeva  un programma di screening dei tumori femminili al collo dell’utero  e l’istituzione di un Polo Oncologico presso l’ospedale del capoluogo, grazie all’aiuto e alle competenze della Regione Piemonte e della Rete Oncologica che ha sede alle Molinette, in corso Bramante a Torino. Un progetto importante perché a Zenica (circa centoquindicimila abitanti) e nel suo cantone (oltre settecento mila) non esistevano nessuna indagine epidemiologica, nessun intervento preventivo per i tumori, nessuna struttura ospedaliera che potesse offrire una cura di contrasto alle neoplasie in regime di  day hospital. Per curarsi ( chi poteva economicamente permetterselo, ovviamente) occorreva andare a Sarajevo o a Zagabria, in Croazia. Così, con un lungo e paziente lavoro, nel maggio del 2008, è stato inaugurato il Polo oncologico dell’ospedale cantonale di Zenica, come logica continuazione dell’esperienza pilota di screening oncologico avviata anni prima nel Comune di Breza e nel Cantone. Un progetto che ha permesso la totale ristrutturazione di un ala dell’edificio della casa di cura per ospitare il reparto di oncologia e lo svolgimento delle attività di formazione in Serbia, a Belgrado,  e in Italia, aTorino, per i medici e per gli infermieri. Oggi l’ospedale cantonale di Zenica, grazie a questo lavoro, alle verifiche ed alla progettazione di percorsi diagnostico-terapeutici svoltisi in questi anni, può disporre di un servizio di oncologia provvisto di posti letto di ricovero ordinario, di day hospital e di spazi dedicati all’attività ambulatoriale. E siccome da cosa nasce cosa, è stata avviata la nuova anatomia patologica, rinnovata nei locali e nelle attrezzature, ed è entrata in funzione la radioterapia. Un’importante e insperata opportunità di avere una possibilità di cura contro i tumori per i cittadini di una delle città più inquinate e a rischio sociale dell’intero Paese. Anni di cooperazione decentrata vengono narrati in un racconto che dimostra come nascono, prendono avvio, si evolvono e giungono a felice compimento i buoni progetti di cooperazione internazionale. Un esempio positivo di contrasto al problema di fondo, all’eredità “nera” della guerra nei Balcani che ha prodotto un “buco nell’anima”: il disagio e le depressioni, i suicidi, il diabete e il “male oscuro”  del cancro, originato dalla pessima alimentazione, dall’uranio impoverito dei proiettili che anche in Bosnia sono stati sparati. Un pessimo lascito che pesa come un macigno.

Marco Travaglini

Quanto vale il Salone? 29 milioni di euro

Le ricadute della rassegna sull’economia del territorio

 

 

Le ricadute economiche dirette sull’economia del territorio del 30° Salone Internazionale del Libro di Torino sono state stimate in circa 14,2 milioni di euro. E se si guarda l’impatto moltiplicatore con i suoi effetti anche indiretti, si parla di valori medi fra i 29,494 e i 29,586 milioni di euro. Sono fra i risultati che emergono da uno studio sulla valutazione economica e sociale della scorsa edizione della manifestazione svolto dall’Università di Torino e presentato al 31° Salone domenica 13 maggio. Sono intervenuti Mario Montalcini, già presidente della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura, Germano PainiPiervincenzo BondonioGiovanna SegreMarcello Bogetti eGiuseppe Tipaldo, dell’Università di Torino, e Francesca Leon, assessore alla Cultura della Città di Torino.«Il fatto che il 60% del pubblico sia fidelizzato vuol dire che il Salone ha un valore economico significativo – ha commentato Mario Montalcini – e stiamo cercando di organizzare una collaborazione stretta, di medio lungo-termine, con il mondo delle università».

 

Il lavoro è stato condotto da tre gruppi di ricerca coordinati dal professor Germano Paininell’ambito del Progetto innovazione e competitività, e facenti capo rispettivamente al Centro interdipartimentale di Studi Urbani e sugli Eventi Omero, che si è occupato della valutazione del profilo dei visitatori e dell’impatto economico; a LabNet – Laboratorio di Applied Network Science della Scuola di Amministrazione Aziendale, che si è occupato della valutazione dei sistemi relazionali della filiera editoriale e dei profili di fruizione da parte delle utenze professionali; e a Quaerys, che ha analizzato gli Users Generated Content, ossia i contenuti social generati dagli utenti. Per il Centro Omero la supervisione della ricerca è stata svolta da Piervincenzo Bondonio e Giovanna Segre con la collaborazione di Enrico Bertacchini e degli studenti del corso di Laurea Magistrale in Economia dell’ambiente, della cultura e del territorio; per LabNet la supervisione è stata svolta da Marcello Bogetti; per Quaerys da Sergio Scamuzzi Giuseppe Tipaldo.

  
Il profilo del visitatore

La ricerca si è basata sui risultati della somministrazione di 2.140 questionari ai visitatori del Salone 2017 nelle 5 giornate di apertura. I principali risultati ottenuti dal punto di vista del profilo dei visitatori permettono di evidenziare che il 37,2% dei visitatori afferma di partecipare al Salone del Libro da oltre 7 anni (mentre il 23,8% degli intervistati dichiara di essere alla prima edizione, rappresentando un dato in crescita rispetto a quanto registrato in passato); che l’88% degli intervistati dichiara di essere molto soddisfatto dalla visita fatta (in particolare il 54,5% soddisfazione massima, il 33,5% dichiara soddisfazione quasi massima); che il 91,6% degli intervistati dichiara di essere intenzionato a tornare alla prossima edizione del Salone del libro (in particolare il 75% risponde assolutamente sì); che i visitatori del Salone provengono per il 56% dall’area metropolitana di Torino e per il 44% da luoghi fuori da essa (in particolare nel 31,2% dei casi arrivano da altre regioni, senza contare gli studenti giunti al Salone in gita scolastica); e che oltre l’86% di coloro che arrivano da fuori l’area metropolitana di Torino viene in città esclusivamente per visitare il Salone.

 
L’impatto economico del Salone

Per quanto riguarda la stima dell’impatto economico, le elaborazioni, integrate quando necessario da stime, le ricadute economiche dirette sull’economia locale del 30° Salone del Libro di Torino sono ammontate a circa 14,2 milioni di euro.Applicando i moltiplicatori pertinenti si ottengono stime dell’impatto economico sul territorio che variano tra un minimo di 28,018 milioni di euro circa (ottenuto sommando i valori per i moltiplicatori minimi) e un massimo di 31,062 milioni circa (ottenuto sommando i valori per i moltiplicatori massimi): è ragionevole quindi ritenere che la stima dell’impatto si possa collocare entro i valori medi di 29,494 e 29,586 milioni di euro.

 
Il Salone come luogo di sviluppo di reti

La ricerca svolta da LabNet, basata su un questionario on-line inviato via mail ufficiali del Salone del Libro di Torino e di Tempo di Libri.

(foto: il Torinese)

International Book Forum, un successo

Oltre 500 iscrizioni già prima dell’inizio del Salone e almeno altri 100 operatori che si sono aggiunti a lavori iniziati. Seimila richieste di appuntamento che hanno generato 3 mila incontri one to one, attraverso la piattaforma di matching appositamente messa a punto dalla società torinese Risolviamo

Sono questi i numeri del successo dell’edizione 2018 di Ibf – International Book Forum, l’area business del Salone in cui il mondo dell’editoria internazionale, del cinema e della televisione ha avuto l’opportunità di incontrare tutti gli editori italiani e i loro libri per trattarne e acquistarne i diritti di traduzione, di adattamento, di serializzazione.

In tutto, sono stati 36 i paesi rappresentati a questa diciassettesima edizione: Albania, Argentina, Austria, Bangladesh, Canada, Cina, Danimarca, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Federazione Russa, Francia, Georgia, Germania, Grecia, India, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Lussemburgo, Macedonia, Messico, Monaco, Norvegia, Paesi Bassi, Palestina, Polonia, Regno Unito, San Marino, Siria, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia.

L’intero progetto Ibf è realizzato grazie al sostegno della Regione Piemonte e di Ita–Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. La Fellowship per l’editoria è sostenuta da Ita-Ice, quella per i media è sostenuta dal Mibact e patrocinata dal prestigioso programma Eurimages (il fondo del Consiglio d’Europa per la co-produzione, la distribuzione, l’esposizione e la digitalizzazione delle opere cinematografiche europee).

Toro, Cairo: “Avanti con Mazzarri”

Una vittoria in rimonta per il Torino che si congeda dalla tifoseria di casa battendo 2-1 la Spal e toccando quota 51 in classifica.  Il presidente Urbano Cairo: “Ripartiremo dalla campagna acquisti, meglio non fare troppi proclami e procedere passo passo, cercando di conquistare gli obiettivi che fisseremo, ovviamente con Mazzarri”. Il Torino concluderà la stagione sabato, alle 20.45, a Marassi, ospite del Genoa.

 

In ottomila alla Stratorino

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Tra gli ottomila podisti iscritti e’ stato Gianluca Ferrato,  25 anni, di Pinerolo, a vincere la Stratorino 2018. I partecipanti hanno potuto scegliere tra il percorso di cinque o dieci chilometri. Il primo una  passeggiata tra i monumenti del centro, il secondo una vera e propria gara cronometrata che passa anche per  il Valentino. La 42esima edizione della corsa organizzata da “La Stampa” e Team Marathon e’ partita alle 10 da via Roma angolo piazza Castello. Tante le famiglie con bambini e cani al seguito. Madrina Cristina Chiabotto. (Foto rc – il Torinese)

A proposito di ‘68

Lunedì 14 maggio si terrà un incontro in via Santa Giulia 21 che ripercorrerà i temi del Movimento del 1968 in Italia e a Torino in particolare. Al dibattito succcessivo alla proiezione del film, sarà presente uno dei protagonisti dello stesso cortometraggio: Giampiero Leo, leader del Movimento Studentesco negli anni 68/70 in Calabria e rappresentante e coordinatore degli studenti cattolici in Università nei primi anni 70.