redazione il torinese

L’addio al manager che salvò la Fiat

Così il mondo delle istituzioni, dell’industria e della politica ricorda Sergio Marchionne

 

SERGIO MATTARELLA, Presidente della Repubblica “La sua visione ha sempre provato a guardare oltre l’orizzonte e immaginare come l’innovazione e la qualità potessero dare maggiore forza nel percorso futuro. Marchionne ha saputo testimoniare con la sua guida tutto questo, mostrando al mondo le capacità e la creatività delle realtà manifatturiere del nostro Paese”

JOHN ELKANN, presidente Fca . “Penso che il miglior modo per onorare la sua memoria sia far tesoro dell’esempio che ci ha lasciato, coltivare quei valori di umanità, responsabilità e apertura mentale di cui è sempre stato il più convinto promotore

MIKE MANLEY, nuovo ad Fca  “Sergio era un uomo speciale.E’ un momento molto triste e difficile. Una notizia straziante. Era un uomo unico e ci mancherà. Ho trascorso 9 anni parlando con Sergio ogni giorno e il mio cuore è spezzato.Il rapporto tra noi era basato sulla trasparenza, sulla focalizzazione sugli obiettivi e, cosa più importante di tutte, sul rispetto”.

CHIARA APPENDINO, sindaca di Torino: “Esprimo il profondo cordoglio, mio personale e della Città di Torino, per la scomparsa di Sergio Marchionne. Ci ha lasciato un manager globale, tenace e carismatico, uno degli uomini che più hanno segnato la storia economica del nostro Paese negli ultimi anni”.

SERGIO CHIAMPARINO , presidente della Regione Piemonte:“Siamo vicini alla famiglia e agli amici di Sergio Marchionne. Con lui scompare la figura di un manager lungimirante e innovativo, che ha saputo dare un futuro all’industria automobilistica italiana e internazionale. Ribadisco il nostro impegno a lavorare affinché Torino e il Piemonte rimangano centrali nel sistema Fca, valorizzando competenze, professionalità e centri di ricerca del più importante distretto automotive italiano”.

CESARE NOSIGLIA, arcivescovo di Torino: “Ricordo quando sono andato a visitare la Maserati di Grugliasco. Lui è arrivato in elicottero apposta con Elkann per farmi da guida. È stata una visita interessante e bella. Non era solo un manager, ma aveva una grande umanità verso gli operai. Non voglio dare giudizi pro o contro, in questo momento come prete voglio pregare per lui affinché venga accolto nel regno di Dio” (da la Repubblica)

LA JUVENTUS “Un gigante dell’industria, italiana e non solo, dotato di visione e capacità fuori dal comune”

SILVIO BERLUSCONI, ex premier “Dissi una volta, senza avvertirlo prima – e non me ne sono mai pentito – che mi sarebbe piaciuto vederlo alla guida del nostro Paese. Lo penso ancora: le caratteristiche di una persona straordinaria come Marchionne, la competenza, la preparazione, la capacità dimostrata di ottenere risultati importanti, sarebbero state preziose – se fosse stato disponibile – per ridare dignità alla politica”

Visioni e inalazioni eno-culinarie

Quadri, disegni, oggetti, profumi, ispirati al cibo e al vino, creati per stimolare i sensi della vista e dell’olfatto, saranno i protagonisti della mostra

Apertura straordinaria

Venerdì 27 luglio dalle ore 17 alle 20.30

MÚSES, Accademia Europea delle Essenze

Via Sant’Andrea 53, 12038 Savigliano (CN)

 

Prosegue al MÚSES di Savigliano la mostra esperienziale Doppio Senso, Visioni e inalazioni eno-culinarie. La mostra, che sarà visitabile fino al 30 settembre, osserverà un’apertura straordinaria venerdì 27 luglio dalle ore 17 alle ore 20.30 con DOPPIO SENSO SPECIAL: una visita esclusiva con giochi sensoriali abbinati alle essenze gourmand. Ideata in occasione del Bocuse d’or Europe, il concorso mondiale di alta cucina che quest’anno si è svolto a Torino, si tratta di una mostra eccentrica, dove il DOPPIO SENSO del titolo si riferisce ad artefatti, quadri, disegni, oggetti ma anche profumi, tutti ispirati al cibo e al vino, e creati per stimolare i sensi della vista e dell’olfatto dei visitatori. L’esposizione è divisa in due sezioni: la galleria del piano nobile di Palazzo Taffini ospita una serie di “visioni” di sei noti artieri subalpini – artisti, illustratori, designer – che si sono già segnalati per interessi ed elaborati, sovente spregiudicati, connessi all’enogastronomia e alla profumeria. I partecipanti rappresentano varie province del Piemonte: il Biellese con l’architetto Luisa Bocchietto, dall’anno scorso Presidente della WDO World Design Organisation; il Novarese con Corrado Bonomi; il Cuneese con Franco Giletta; e infine il Torinese con Titti Garelli, il defunto Plinio Martelli, e Roberto Necco di studio Elyron. La Sala degli Dei accoglie invece la seconda sezione, quella delle “inalazioni”, che consiste nell’installazione di una serie di “olfattori”, preziosi contenitori in vetro foggiati a Murano, contenenti bizzarri e spesso sorprendenti profumi gourmand: fragranze, maschili e femminili, create con essenze “appetitose” e selezionate a livello mondiale tra cui spiccano l’omaggio al DOPPIO SENSO reso da Luisa Bocchietto con il suo profumo B-SEX, gli effluvi di pancetta del Bacon Soap (esiste davvero, anche se par strano), l’odore da sexy dessert del Woman’s Best di Bruno Banani e l’Essenza dei confetti di Sulmona. Gli amanti dell’arte contemporanea potranno inoltre godere delle opere site-specific modellate sul tema della sensorialità e realizzate dagli artisti internazionali del progetto AMuSE. Giovani emergenti nel campo dell’arte contemporanea dall’Italia, Malta, Paesi Bassi e Lituania hanno infatti lavorato proprio a Palazzo Taffini nel mese di marzo, lasciando al MÚSES le loro installazioni. Il progetto Amuse – Artistic Multi Unique Sensorial Experience, è finanziato dal programma Europa Creativa (2014-2020).

DOPPIO SENSO. Visioni e inalazioni eno-culinarie

Curatela Sezione Visioni MIAAO; Sezione Inalazioni MÚSES

MÚSES via Sant’Andrea 53 12038 Savigliano (CN)

Dal 21 giugno al 30 settembre 2018

Orario dal martedì alla domenica ore 10-13 e 14-18. Il lunedì la sede è chiusa.

Ingresso compreso nel biglietto di ingresso (7 euro individuali, 5 euro per gruppi)

Info: info@musesaccademia.it; T 0172 375025

Punti patente, come recuperarli

 

Di Patrizia Polliotto * 

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Dal 1° luglio 2003 in Italia vige il regolamento della patente a punti. Il riferimento della normativa è l’articolo 126-bis del Codice della Strada. È importante sapere che si possono recuperare e come fare. La patente di guida, al momento del conseguimento, ha un totale di 20 punti per ogni automobilista. Se i punti dovessero finire, allora la patente andrebbe sottoposta a revisione, quindi l’automobilista dovrebbe sostenere nuovamente l’esame. È possibile verificare i propri punti sulla patente registrandosi sul sito web Il Portale dell’Automobilista, ad uso gratuito e patrocinato dal Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti. Esistono dei corsi di recupero appositi, organizzati da Autoscuole o altri soggetti autorizzati dal Ministero. Durano 12 ore e al termine i possessori di patente A e B potranno recuperare fino a 6 punti. Quelli che hanno patenti C, C+E, D, D+E, KA e KB possono invece arrivare a recuperarne fino a 9 con corsi di 18 ore. Se il punteggio non arriva a totale esaurimento e l’automobilista non commette infrazioni che comportino la decurtazione degli stessi per due anni, allora la patente torna a punteggio pieno. Non tutti sanno che i punti possono anche superare i 20 iniziali: se l’automobilista non ha mai subito una decurtazione, allora ne riceve in accredito due ogni due anni per arrivare a un massimo di 30 totali. Se si tratta di un neopatentato allora riceverà un punto all’anno per tre anni. I corsi di recupero hanno un costo. I prezzi sono differenti in base al soggetto e anche all’Autoscuola, ognuna delle quali applica una propria tariffa.

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*Avvocato, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori

 

Il “paese del pane bianco”

Nel ’44 abitavamo alla Mizzoccola, un mio fratello era in guerra, mia mamma che era rimasta vedova quando non avevo ancora un anno doveva badare alle due sorelle più grandi, a me che avevo 10 anni, a mia sorellina… Al collegio Rosmini ci hanno messo il cartellino poi in treno a Briga.

Sul treno le crocerossine mi hanno dato qualcosa da mangiare, pane e latte, e per paura di restare senza si cercava di nascondere il pane in tasca. A Briga ci hanno divisi, mio cugino è andato nel Ticino, io e mia sorella a Zurigo dove siamo stati 40 giorni… Siamo arrivati davanti ad una panetteria dove c’era esposto il pane bianco che non avevamo mai visto e dei dolci, siamo stati incollati col naso ai vetri davanti a quel negozio, il padrone dentro ha capito e ci ha fatto entrare. Ci ha dato pane, pezzi di dolce: abbiamo mangiato tanto che poi siamo stati male…“. Questo brano è tratto da una delle 45 testimonianze che il giornalista e storico, nonché partigiano Paolo Bologna raccolse nel suo libro “Il paese del pane bianco“, che venne pubblicato dall’editore Grossi di Domodossola nel 1994, in occasione del 50° anniversario della “repubblica” dell’Ossola. Nell’autunno del 1944, nel breve tempo di sei settimane, si consumò l’esperimento di autogoverno della “Giunta provvisoria di governo dell’Ossola”. In quei “quaranta giorni di libertà” una intera zona che si estendeva per circa 1.600 chilometri quadrati, con una popolazione intorno ai 75.000 abitanti e capoluogo Domodossola, venne completamente gestito e governato dai partigiani. L’attività della Giunta provvisoria di governo andò ben oltre l’ordinaria amministrazione, destando l’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica internazionale, e venne ricordata per lo spirito democratico e profondamente legalitario che la caratterizzò. Il territorio liberato nel settembre di quell’anno venne però riconquistato dai nazifascisti nel mese di ottobre.In quei giorni caotici si temettero rappresaglie sui civili e i comandi partigiani, in collaborazione con le autorità della vicina Svizzera, organizzarono una vera e propria operazione umanitaria, che portò  oltre confine circa 2500 bambini italiani dai 4 ai 14 anni, accolti nella Confederazione Elvetica da centinaia di famiglie come fossero loro figli. Così la vicina Svizzera offrì rifugio anche a migliaia di persone tra combattenti e popolazione civile, confermando la sua antica tradizione di ospitalità. Ne “Il paese del pane bianco“, Paolo Bologna raccolse le testimonianze dei più piccoli, “alcune ingenue, tutte toccanti” che rappresentarono una sorta di sintesi dell’esperienza che quei bambini profughi vissero del 1944. Ogni testimonianza, ogni ricordo è parte di un mosaico dove prevale il senso dell’amicizia e della riconoscenza nei confronti delle famiglie elvetiche che diedero loro un tetto, di che sfamarsi e il calore della solidarietà umana. Un dono straordinario che rileggendo ora quelle storie, in un mondo dove i valori sembrano rovesciati, assume ancor più un valore, dal quale trarre motivo di riflessione. Per decenni quei bambini, diventati adulti, mantennero con le famiglie “affidatarie” un legame affettivo. Settantaquattro anni dopo, sfogliando le pagine di quel libro, guardando le foto in bianco e nero, leggendo i commenti, lo stupore, le speranze di quei bambini ci si dovrebbe chiedere se quella vicenda  non possa essere assunta a modello di accoglienza ai giorni nostri,  quando le cronache ci raccontano di migliaia di minori che cercano rifugio sulle nostre coste, in fuga da guerre, violenze, fame e carestie. Non dovremmo dimenticare che siamo stati un popolo di migranti ma spesso facciamo finta di non ricordarcelo. Così si sente dire “rimandiamoli indietro!”, “affondiamo i barconi!”, “come può una madre affrontare un viaggio così con dei bambini!”. Parole che testimoniano l’incapacità di capire la profondità delle tragedie che si sono lasciati alle spalle. Dimenticando quando altri seppero accoglierci, pur senza essere obbligati a farlo. Rileggere il bel libro di Paolo Bologna aiuterebbe se non altro a capire quello che accadde in quel lontano 1944 e magari a riflettere un po’ di più su ciò che ci accade intorno.

 

Marco Travaglini

 

Le foto in bianco e nero sono tratte dal sito www.storia.redcross.ch

La birra, una delizia da bere (con moderazione)

“Tutti noi abbiamo bisogno di credere in qualcosa: io credo che tra poco mi farò una birra” dichiara appassionatamente Homer Simpson

La cervogia, suo nome originario, è una tra le bevande alcoliche più antiche e conosciute, come diceva un anonimo, una invenzione paragonabile alla ruota, chi l’ha inventata è un saggio, affermava invece Platone.

Le sono state dedicate citazioni, pensieri, affetto ma soprattutto tempo, momenti di ristoro, intervalli di recupero, occasioni per allentare. Chi non sogna una birra per rilassarsi a fine giornata, o di questi torridi tempi, per rinfrescarsi e rinfrancarsi? Inoltre è utile sapere che la birra può essere utilizzata anche in cucina, nelle pastelle, negli impasti per le torte e in alcune ricette tradizionali può sostituire perfino il vino o il brodo. In un anno ne beviamo circa 30 litri a testa e gli estimatori sono soprattutto di giovane e mezza età, le donne la apprezzano particolarmente e in compagnia aggiunge valore all’incontro creando un rituale allegro e spensierato. Altro consumo ne ha testate una trentina tra lager (a bassa fermentazione con aromi di cereali, malto, miele e più alcoliche) e pils (con aromi resinosi e floreali, in genere più amare) e ha stilato una classifica di qualità in base ad alcuni parametri come la gradazione alcolica, l’acidità, il colore, la torbidità. La Menabrea, storica birra del biellese, ha superato brillantemente tutte le prove di laboratorio e di assaggio meritandosi il bollino del miglior test. Le altre italiane giudicate di qualità ottima sono la Peroni, la Poretti 4 luppoli, la   sarda Ichnusa e la Padavena. In lista altre buonissime birre molto popolari prodotte nel nostro paese e all’estero. (www.altrocumsumo.it/birre). Oltre alla valutazione che ne certifica la qualità e ne esalta le caratteristiche, si aggiungono a questa interessante ricerca alcuni spunti di riflessione che ci spingono principalmente ad un utilizzo parsimonioso e alla responsabilità, ma anche ad invalidare alcune infondate credenze legate al suo impiego che possono risultare dannose come, per esempio, il fatto che la birra aiuta la digestione, che si può bere in gravidanza o che si può usare come crema solare, niente di più falso! Non possiamo non dedicare uno spazio infine ad un segmento del mercato della birra sempre più apprezzato: la produzione artigianale . Moltissimi sono infatti i birrifici indipendenti, che non pastorizzano né microfiltrano la birra, e il fenomeno è in continuo aumento tanto da crearne una vera e propria catalogazione. Altra caratteristica di questa produzione non industriale è la creatività, si sperimentano infatti nuovi sapori creati dall’utilizzo di prodotti come le castagne o la frutta.

 

Maria La Barbera

 

RAFFORZAMENTO DELLA SICUREZZA E DELLA LEGALITA’ NELL’EDILIZIA PUBBLICA E PRIVATA

Domenico Ravetti (Pd): “Ho impegnato la Giunta a creare un portale che consenta di verificare regolarità e legalità dei cantieri

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 RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO “Il Consiglio regionale ha approvato il mio ordine del giorno finalizzato ad impegnare la Giunta ad integrare nel più breve tempo possibile, sul modello della filiera edilizia bresciana, il Modello Unico Digitale dell’Edilizia, con il Sistema informativo SpreSAL (Servizi di Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro) e ad attivarsi affinchè si possa firmare, tempestivamente, una convenzione per la gestione delle notifiche preliminari e il controllo sui cantieri” ha spiegato il Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale Domenico Ravetti“Il sistema delle Costruzioni – ha proseguito il Presidente Ravetti – rappresenta, da sempre, un settore strategico nel panorama produttivo del nostro Paese, ma è caratterizzato da una frammentazione delle attività che lo espone, più degli altri, a rischi derivanti dal mancato rispetto delle regole. Inoltre, la situazione di grave crisi che, ormai da anni, sta interessando questo settore potrebbe portare ad una recrudescenza di alcune forme di irregolarità e illegalità, quali fenomeni di elusione fiscale e contributiva, di infiltrazione malavitosa, di dumping sociale, attraverso la diffusa mancata applicazione del C.C.N.L dell’edilizia, nonché forme di lavoro irregolare”. “Ritengo fondamentale – ha concluso Domenico Ravetti – per preservare la legalità e la sicurezza nel settore dell’edilizia pubblica e privata che, come richiesto da molti attori del settore (ANCE, Confartigianato e principali sindacati dei lavoratori del Sistema Edile alessandrino), la Regione Piemonte si attivi per implementare il software dell’edilizia, creando un portale unico che consenta di verificare regolarità e legalità dei cantieri”

In nome dell’odio e del web

Ci sono parole che prima non si conoscevano e, per qualche brutta vicenda, diventano popolari, quasi di uso comune. Tutti imparano a conoscerle anche se qualcosa del loro significato non è pienamente compreso. Il vocabolo più recente e pericoloso, portato dal web, è “Haters” . Vale a dire, quelli che odiano su internet. Favoriti dall’anonimato, utilizzano sul web un linguaggio violento e lo vivono come fosse un’ arena dove sfogare il loro odio contro tutti con la sicurezza dell’impunità. Spiace notare che, in questo campo, la parità è raggiunta, perché non c’è distinzione tra uomini e donne, giovani e meno giovani, tutti odiano in ugual misura. In questo “gioco” al massacro, a chi odia di più, ci si mettono anche scrittori, giornalisti, politici e via di seguito. Il senso della misura non esiste più e se la parola, talvolta, ferisce più della spada, in questa gara, ce la mettono tutta per essere i primi della classe. L’ultima è quella dello scrittore pluriscortato Roberto Saviano che definisce, il vice premier Matteo Salvini, “Il ministro della Mala“. A parte le querele, che giustamente ci stanno, va rimarcato che lo scrittore ha parlato a sproposito. Delle due, o non sa quello che dice oppure lo sa e anche lui rientra, a pieno titolo, fra quelli che odiano (Haters) e sul ritorno di pubblicità ci marcia.Il fenomeno è tanto allarmante che Vox, l’Osservatorio sui diritti, assieme alle Università di Milano, Bari e La Sapienza di Roma, ha analizzato oltre 2,6 milioni di tweet riferiti alle 6 categorie più bersagliate dai messaggi offensivi, cioè le donne, gli omosessuali, gli ebrei, gli immigrati e i diversamente abili, considerando 76 termini sensibili (tra cui ‘troia’, ‘zoccola’, ‘frocio’, ‘rabbino’, ‘demente’ o ‘ritardato’). Dalla ricerca dello scorso anno emerge una mappa dell’intolleranza che pone le donne, come vittime del 63% dei tweet, a seguire quelle sugli omosessuali al 10,8%, sui migranti al 10%, e diversamente abili (6,4%) ed ebrei(2,2%).Sul caso Savino/Salvini il web si spacca e fa registrare frasi tese ad esprimere solidarietà all’autore di Gomorra contro il vicepremier, accusato di voler “abbattere le opinioni e la democrazia a colpi di querele”, di “zittire il dissenso“, di “minacciare” o “intimidire” chi “con il suo lavoro sta combattendo davvero le mafie”. Altri giudizi, sono di totale segno opposto, come   “Spero ti levi le mutande, oltre alla tua inutile scorta“, “parassita”, “venduto”,   “camorrista e “paraculo“a sostegno del ministro dell’Interno Salvini”. Se sull’odio ci sono quelli che, negli anni, hanno costruito un impero, perché frutta tanto denaro e voti in politica, anche l’ipocrisia e la presunta carità non sono da meno e fruttano altrettanto consenso e denaro.

 

Tommaso Lo Russo

 

Il piccolo Israel presto dimesso dal Sant’Anna

Quando suo padre avrà trovato una sistemazione adeguata, Israel, il bambino nato il 15 marzo prematuro di 29 settimane, verrà dimesso. La mamma del bimbo era una nigeriana, Destiny, 31enne incinta e con un linfoma terminale: si tratta della donna che era stata respinta alla frontiera di Bardonecchia dalle autorità francesi, deceduta dopo il parto. Il bambino, di 4 mesi, è curato  al Sant’Anna di Torino,  pesa quasi 4 chili. Il merito delle sue buone condizioni è dei medici e del personale ospedaliero, con l’ aiuto arrivato dalla Banca del latte della Città della salute.

Lo sbarco dei Saraceni

All’orizzonte apparvero minacciose decine di vele con la mezzaluna. Erano turchi, corsari musulmani che nel Cinquecento passavano il tempo a compiere scorrerie e incursioni devastanti sulle coste mediterranee. Piombavano con rapidità sulle spiagge, incendiavano paesi interi, uccidevano, violentavano, rapivano uomini e donne per fare schiavi e infoltire l’harem, rubavano bestiame e legna. Erano il terrore degli abitanti del luogo. Il 25 luglio 1546 toccò a Laigueglia. Dalla torre di avvistamento del paese ligure (oggi quelle torri sono chiamate “saracene” un po’ ovunque) si distinsero nettamente le sagome delle vele. Erano quelle dei turchi, sempre più vicine alla spiaggia. Lo sbarco dei corsari avvenne su un litorale deserto e assolato, anche i gabbiani erano volati via avvertendo un pericolo imminente, il tintinnio delle scimitarre preannunciava qualcosa di terribile, le urla impazzite degli invasori, pescatori e borghigiani che fuggivano in preda al terrore, le campane della chiesa che suonavano senza sosta ma era ormai troppo tardi. È tutto così vero e reale, sembra che stia accadendo sul serio… È la rievocazione dello sbarco dei Saraceni a Laigueglia, accaduto realmente cinque secoli fa. Una tragica giornata che ogni generazione di laiguegliesi ricorda anno dopo anno, a distanza di centinaia di anni, e la mette in scena con un grandioso spettacolo storico alla fine di luglio. È accaduto proprio così, i fatti sono storicamente accertati. Episodi simili non accadevano solo a Laigueglia ma in tante altre località rivierasche della penisola. Era l’epoca della guerra corsara nel Mediterraneo, un capitolo di storia poco conosciuto e poco studiato. La presenza di quelle torri di avvistamento che disegnavano un tempo la geografia delle coste italiane e, in parte, la disegnano ancora oggi con torri, bastioni e cinte murarie sopravvissute o restaurate, testimoniano che la pirateria sui mari e sulle coste era vissuta dalle popolazioni locali in modo ossessivo e angoscioso tra Cinquecento e Ottocento. Non solo cristiani contro musulmani ma anche cristiani contro altri cristiani convertiti all’islam, pescatori calabresi che diventano corsari e perfino ammiragli della flotta ottomana o figli di sultani che abbacciano la religione cattolica. Il personaggio principale della rievocazione storica è il corsaro Turgut Reis, chiamato Dragut dagli europei, già fedelissimo di un altro celebre corsaro, Khayr ed-Din, detto Barbarossa, figlio di una donna greca, che diventerà il comandante dell’armata navale imperiale di Solimano il Magnifico. Terrore delle isole e delle coste mediterranee, il corsaro Dragut divenne anche il rais di Tripoli libica che i turchi conquistarono ai Cavalieri di Malta nel 1551. Compì centinaia di incursioni, duellò sul mare con la flotta spagnola e con il grande ammiraglio genovese Andrea Doria, saccheggiò Pozzuoli e Castellamare di Stabia nel golfo di Napoli, Laigueglia e Rapallo in Liguria. Davanti a Lipari sbucò fuori come un fulmine da dietro un isolotto e catturò alcune galee dirette a Napoli facendo prigioniero il vescovo di Catania che trovò per caso a bordo e che fu poi liberato dopo quasi un anno di prigionia dietro il pagamento di un riscatto. Non gli andò sempre bene. Fu catturato nel Tirreno e imprigionato a Genova ma fu poi liberato. In galera radicalizzò il proprio odio verso i cristiani e lo mise in mostra nelle successive imprese. Ecco chi era il corsaro Dragut che il 27 luglio tornerà a “terrorizzare” Laigueglia. I piemontesi che trascorrono le vacanze da queste parti sono avvisati. Laigueglia ha conosciuto bene la pirateria turca, sia con Dragut che con il più famoso Khayr al Din, detto Barbarossa. Nel 1543 il paese venne bombardato dal mare dalle navi del Barbarossa. Gli abitanti fuggirono sui colli circostanti ma le navi genovesi costrinsero alla fuga i turchi che stavano per sbarcare. Tre anni più tardi, nel 1546, lo sbarco riuscì invece al pirata Dragut che saccheggiò il borgo e rapì donne e bambini. L’intervento del capitano di Alassio Giulio Berno salvò gli abitanti evitando una tragedia ben peggiore. Anche Laigueglia fece costruire tre torrioni dei quali è rimasto solo quello di Levante. Dragut morì, colpito in testa da una scheggia di pietra, durante il grande assedio turco di Malta del 1565. Tra gli appuntamenti in programma, visite guidate ai luoghi dei Saraceni, un libro gioco su Dragut con il racconto per i bambini e la caccia al tesoro. Ma il momento clou è la serata di venerdì 27 luglio a partire dalle 22.00 con “lo Sbarco dei Saraceni” e la rappresentazione del saccheggio di Dragut al molo centrale. Si tornerà indietro nel tempo di cinque secoli, al 1546. La quiete del paese, con gli uomini impegnati a pescare il corallo in mare e le donne occupate a rammendare e a badare ai figli, verrà stravolta dall’irruzione dei turchi. Oltre 200 figuranti animeranno il bacino d’acqua di fronte al Bastione per dare vita a uno spettacolo pirotecnico e musicale con golette, velieri e piccoli natanti a vela. La lunga “Notte dei Saraceni” si sposterà poi nel centro storico di Laigueglia con feste e concerti musicali fino a tarda notte.

Filippo Re

Giovane aggredito: “Doveroso non restare in silenzio”

Ha raccontato al Corriere della Sera di essere stato picchiato all’uscita della metro Marconi, a Torino, perché gay. E ha fatto denuncia in Questura il 19 enne, finito in ospedale con la frattura della clavicola e di un piede per una aggressione omofoba sabato sera, dopo una serata  trascorsa con gli amici a San Salvario. L’aggressore, ha detto all’edizione torinese del quotidiano “continuava a ripetermi che sculettavo come un frocio, che ero ‘troppo frocio'”. E il ragazzo è poi  stato picchiato davanti a decine di persone che non sono intervenute per difenderlo.”E’ doveroso non rimanere in silenzio di fronte a qualsiasi tipo di discriminazioni. Penso  sia giusto che questa persona paghi per quello che ha fatto”, ha aggiunto.

 

(nella foto del Torinese, la fermata Marconi, dove è avvenuta l’aggressione)