redazione il torinese

Ossola, quale futuro due secoli dopo

DAL PIEMONTE Il Regio decreto dei Savoia nel 1818 proclamava la nascita della Provincia dell’Ossola, riconoscendo in questo modo l’identità e l’autonomia delle
vallate alpine. Nel 1944, tra il 10 settembre ed il 23 ottobre, la popolazione
proclamava l’autogoverno democratico della Repubblica partigiana,
episodio cardine della guerra civile in Piemonte. Nel 1978 nasceva,
raccogliendo grande adesione sul territorio, Uopa-Unione ossolana per
l’autonomia che sul suo giornale ricordava l’ammonimento di Jean Jacques
Rousseau: “La vera democrazia può essere raggiunta in collettività
relativamente piccole”.

Il bicentenario della Provincia dell’Ossola è stato
celebrato sabato 6 ottobre in un incontro che ha visto la partecipazione del
direttore della rivista Storia Ribelle, nonché antesignano delle battaglie per
l’autunomia, Roberto Gremmo. Lo storico e politico biellese ha ripercorso
queste tappe in un ambiente particolare, la sala dell’Hotel Corona nella
città ossolana dove nacque l’Uopa. Inoltre ha evidenziato che la strada
dell’autonomia deve seguire un’impostazione pragmatica se vuol portare a
casa dei risultati concreti. E poi intervenuto Luca Bona consigliere
regionale del Piemonte, presidente di Alpi-Associazione libera per
l’industria, proponente di un ordine del giorno, votato all’unanimità dal
Consiglio regionale con il quale si chiede alla Regione Piemonte di
intavolare le trattative con Roma per ottenere maggiore autonomia in
alcune materia, come previsto del resto dalla Costituzione, seguendo in
questo modo la strada dell’Emilia Romagna. Il suo documento ha avuto il
risultato positivo di fare approvare dalla giunta la delibera, che era finita
nel cassetto, dopo il voto di Consiglio e adesso gli argomenti sono in
discussione nelle commissioni. “Tutti ora parlano di autonomie e maggiori
competenze – ha detto Bona – ma manca una classe dirigente in grado di
parlare dei problemi e di gestire le competenze sul territorio”. Bona ha poi
evidenziato il ruolo dell’Europa e la presenza delle regioni nelle istituzioni
europee facendo un esempio: “A Bruxelles il Piemonte ha 4 funzionari, il
Baden Wuttenberg 120. Cosa possono fare ?”. E’ stata poi espresso, in vista
del prossimo referendum per il passaggio della Provincia del Vco, il timore
che questa in Lombardia diventi una provincia di serie B o di serie C. Poi,
suscitato da Roberto Gremmo si è sviluppato un dibattito ricco di
contributi. Alberto Schiatti della rivista “Dialogo euroreginalista” ha
sottolineato come l’Europa attuale sia ben diversa da quella delle regioni e
dei popoli che era stata prefigurata ai suoi inizi, Uberto Gandolfi, docente
di storia e giornalista (che aveva presentato lo stesso giorno il suo nuovo
libro “Milan l’è un gran Milan. Il Vco in Lombardia), figlio di uno dei
padri fondatori dell’Uopa e autore di un testo che ripercorre la nascita, ha
evidenziato come in Ossola sia forte un’attrattiva lombarda, mentre
Emiliano Racca, che ha messo in piedi una pagina Facebook, Vco ​
Piemonte, ha sottolineato l’importanza che la Provincia rimanga
piemontese. Ha chiuso la serie dei contributi al dibattito Massimo Iaretti (nella foto piccola)
presidente di MPP-Movimento Progetto Piemonte che ribadito “la necessità
che le battaglie si facciano all’interno del Piemonte, non andandosene”,
aprendo però all’idea di Gandolfi di uno status differenziato per la
Provincia del Vco, analogo a quello che hanno Belluno in Veneto o Sondrio
in Lombardia. Poi ha avuto parole di apprezzamento per l’impostazione
concreta di Bona, proponendo tavoli di lavoro per arrivare a costituire in
tutta la regione una rete di amministratori autonomisti e regionalisti.

Pavese e “la casa in collina”

Serralunga di Crea è un comune ai piedi del Santuario mariano, dal 2004 patrimonio dell’Umanità dell’Unesco insieme agli altri Sacri monti e percorsi devozionali del Piemonte e della Lombardia. E il santuario appartiene al suo territorio comunale. Il paese, però, adagiato su un colle più basso, appunto una serra … lunga, suddiviso nei tre rioni che intitolati a tre Santi (San Rocco, San Giacomo, San Bernardo) in sé non lascia molto alla storia, oltre ad uno splendido panorama che nelle belle giornate consente la visione dell’arco delle Alpi e della Valle del Po, sino ad intravedere in lontananza Novara, se non la traccia lasciata da Cesare Pavese. Infatti, il Comune che ospita il Santuario di Crea, ospita anche quella casa, quella casa, quei paesaggi, dove Cesare Pavese scrisse “La casa in collina” e che ancora oggi, a parte la targa posta nei suoi pressi, èsi chiama “Villa Mario”. Il legame tra lo scrittore de “La Luna e i falò” e di tanti altri capolavori della letteratura italiana è dovuto alle nozze della di lui sorella, Maria Pavese, con Guglielmo Sini. Guglielmo Sini era uno dei tre figli maschi di Cesare Sini (gli altri erano Mario ufficiale morto nella Grande Guerra e Luigi, poi direttore di Rumianca, cui si aggiunse anche una figlia, Federica), direttore dell’Italcementi, che nel 1920 fece costruire “Villa Mario”, casa con annesso terreno,  intitolata al figlio Mario, come si può vedere dalle M impresse nei pali di cemento che sostengono la recinzione. Fu a Serralunga di Crea che  Pavese trascorse due inverni ed un’estate durante la seconda guerra mondiale e concepì una delle sue opere più belle, “La Casa in collina”. Parlare di Pavese e di Serralunga di Crea (attualmente gli è intitolata la Biblioteca comunale negli spazi che, ancora all’inizio degli anni Settanta occupava la macelleria) vuole anche dire parlare della nipote, Cesarina Sini, classe 1923, scomparsa alcuni anni orsono, all’età di 92 anni, che insieme alla sorella Maria Luisa, nata nel 1928, conservava e perpetrava ai posteri il ricordo dello zio.

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 Insieme alla madre Maria (Cesarina e Maria Luisa erano pertanto figlie di Maria Pavese e Guglielmo Sini) trascorreva ,  soprattutto d’estate, alcuni periodi di soggiorno presso “Villa Mario” dove viveva invece con maggiore frequenza la zia Federica Sini, che tutti in paese conoscevano come la “Tota” Sini, maestra per lunghi anni nella zona. Poi, dopo la scomparsa della mamma prima e della zia poi, Cesarina – che in paese aveva alcune amicizie da sempre, Liliana Patrucco, che viveva a Casale ma aveva fatto le scuole dai nonni a Serralunga e Gina, moglie di Attilio Godino, mitico sindaco democristiano della Valcerrina negli anni Sessanta e Settanta (e padre di Giuseppe, poi sindaco di Serralunga, vicini di casa dei Sini che la ricorda come “una persona sempre allegra, solare, simpaticissima”) – aveva incominciato a trascorrere periodi sempre più lunghi, soprattutto in estate a Villa Mario. E durante queste permanenze erano “mitici” i suoi falò nel prato. Chi scrive l’ha conosciuta personalmente sin da quando aveva i pantaloni corti: i suoi genitori affittarono per l’estate la casa che era stata costruita nella parte superiore della proprietà dal 1967 sino al 1998 e spesso da bambino e da ragazzino andava a giocare nella “Casa di Pavese” e che in virtù della sua conoscenza con la famiglia Sini fece da tramite ad un giovanissimo Marco Giorcelli, per diciannove anni alla guida del bisettimanale “Il Monferrato” allora alle prime armi come giornalista (ma aveva portato alla maturità una bellissima tesina su Pavese) per l’intervista a Maria Pavese avventa nella cucina di Villa Mario,. Ed è anche rimasto impresso nei ricordi della sorella di Cesarina, Maria Luisa che qualche anno fa, fattosi ormai uomo, in occasione dello spettacolo di Umberto Orsini in piazza a Serralunga gli disse: “Si, Massimo, mi ricordo bene di te e di tuo fratello, eravate delle pesti da piccoli, tiravate sempre le code ai gatti”.  Anche questi sono ricordi di un passato che non c’è più e che, con la scomparsa di Cesarina Sini perde un altro importante pezzo, non solo del Monferrato ma dell’intero Piemonte e dell’Italia. Infine un piccolissimo particolare che Serralunga di Crea non ha ancora saputo (o voluto) sfruttare a fondo: qualche anni fa Joumana Haddad, giornalista e scrittrice libanese, conosciutissima nel mondo arabo, ed anche in Italia, al punto che dal 2013 è ambasciatrice di della cultura e dei diritti umani della Città di Napoli, durante una lezione seguitissima di aggiornamento per i giornalisti, tenuta all’Università di Torino ha detto di aver imparato ed apprezzato la lingua italiana proprio leggendo le opere di Cesare Pavese.

Massimo Iaretti

 

 

Il ritorno di Portici di carta

Sabato 6 e domenica 7 ottobre è di scena Portici di Carta, la  libreria  più lunga del  mondo sotto i portici del centro di Torino con i tradizionali due chilometri di bancarelle in via Roma,  piazza San Carlo e piazza Carlo Felice. Portici di Carta 2018 è stato dedicato a Pippi Calzelunghe, personaggio rivoluzionario nato dalla penna di Astrid Lindgren, edito per la prima volta in Italia sessant’anni fa: un’icona in grado di valicare i confini  della  letteratura  per  l’infanzia. Per l’occasione, Valeria  Parrellaterrà – sabato 6 ottobre, ore 18.30, Oratorio San Filippo Neri (via Maria Vittoria 5) –  una lezione dal titolo Pippi maestra di femminismo; gli allievi della Scuola ODS (Operatori Doppiaggio e Spettacolo), coordinati da Stefania Giuliani, leggeranno nello Spazio Bambini estratti del libro e, il Dipartimento Educazione Castello di Rivoli, animerà piazza San Carlo con una grande azione di  pittura collettiva a lei ispirata. Quest’anno a Portici saranno presenti complessivamente 123 librai di Torino e provincia ed editori provenienti da tutto il Piemonte a cui si aggiungono in piazza Carlo Felice ibouquinistes del Libro Ritrovato. I portici di via Roma, piazza San Carlo e piazza Carlo Felice saranno suddivisi in 19 tratti tematici che raggrupperanno in modo omogeneo le librerie e le case editrici a seconda delle rispettive specializzazioni.

“Rete Bianca Piemonte: 2 giorni a Susa per il futuro del cattolicesimo politico”

“Due giorni di riflessione politica e culturale per rilanciare, laicamente, la tradizione del cattolicesimo politico italiano e per riscoprire quel ‘civismo’ politico che resta una carta decisiva anche in vista delle prossime elezioni regionali piemontesi. Al convegno di Susa, che si terrà presso la Casa San Francesco il 6 e 7 ottobre, intervengono politici, intellettuali, giornalisti ed esponenti del mondo associativo e professionale. ‘Le sfide della società contemporanea: globalizzazione, democrazia e cultura’ e’ il titolo del dibattito di sabato pomeriggio aperto da Giampiero Leo con gli interventi di Guido Bodrato, Alberto Chiara, Daniele Ciravegna e Alessio Ferraris. Il sabato sera sarà dedicato al confronto sul profilo politico e culturale di Rete Bianca, il movimento politico nato recentemente a Roma per avviare la ricomposizione dell’area cattolico democratica, popolare e sociale nel nostro paese dopo il tramonto dei partiti plurali e il ritorno delle identità. Domenica mattina il tema ruoterà attorno alla ‘sfida politica dei cattolici popolari nella società contemporanea dopo il voto del 4 marzo: per la presenza e oltre la rassegnazione’. Introdotti da Mauro Carmagnola, intervengono Valentino Castellani, Marco Follini, Giuseppe Sangiorgi e Paolo Viana. Conclude Giorgio Merlo. Il ritorno alla politica attiva dei cattolici democratici e popolari resta il punto centrale del convegno di Susa. E il contributo politico e culturale di Rete Bianca Piemonte rappresenta un momento decisivo ed importante per il rilancio pubblico di questa tradizione ideale”.

Portici di carta: Lo Cascio, Stassi, Cibrario e Rastello

Luigi Lo Cascio si presenta nella veste inedita di romanziere, Fabio Stassi in quella del medico in grado di curare grazie ai libri i problemi della vita. Torna Benedetta Cibrario con un romanzo storico ambientato in una Torino che precede l’unità d’Italia. E poi il libro che raccoglie scritti inediti e sparsi di Luca Rastello, presentato per la prima volta in città. Le autrici del Concorso letterario Lingua Madre.

Donna scomparsa da anni, trovata mummificata in casa

DALL’ABRUZZO La polizia ha trovato un corpo mummificato, con ogni probabilità di Marisa Cristante, nata nel 1932, residente a Pozzaglia Sabina (Rieti). Era vicino al letto in un appartamento di Martinsicuro (Teramo), ed è stato scoperto dal personale della Squadra Mobile e  della Polizia Scientifica, coadiuvato dai Vigili del Fuoco. La scomparsa della donna è di molti anni fa e risultava agli uffici di polizia di Rieti ma, poiché era senza parenti, le ricerche non avevano dato risultati fino a quando non si è scoperto che era proprietaria di un alloggio in un condominio nella cittadina  teramana. Il sindaco di Pozzaglia Sabina ha segnalato al Questore la proprietà dell’immobile e così è stato inviato sul posto il personale della Questura.

Arsenale di armi nel campo nomadi

Un vero e proprio arsenale di armi rubate era  nascosto al primo piano di un capannone nel campo nomadi di via Cascine Forneris a Ivrea. Lo ha trovato la polizia in un servizio di controllo del territorio. C’erano tre fucili a pompa, un fucile da caccia con proiettili e due pistole, una semiautomatica e una a tamburo.

La ricchezza sinistra del Trovatore apre la stagione del Regio

Sarà   il Trovatore di Giuseppe Verdi, diretto da Pinchas Steinberg, sul podio dell’ Orchestra e Coro del Teatro Regio, ad inaugurare la stagione d’Opera 2018- 2019, mercoledì 10 ottobre prossimo alle20. La più romantica tra le partiture verdiane verrà affrontata in uno spettacolo firmato dal regista Paul Curran

 Interprete nel ruolo di Leonora sarà Rachel Willis-Sorensen, in quello di Manrico DiegoTorre, Anna Maria Chiuri vestirà i panni di Azucena e Massimo Cavalletti quelli del conte di Luna. Rappresentato al teatro Apollo di Roma nel 1853, il Trovatore, nonostante l’immensa popolarità conquistata, risulta un’opera stratificata e complessa, tratta dal dramma di ispirazione romantica El trovador di Antonio Garcia-Gutierrez, cui si deve peraltro anche il Simon Boccanegra. Nell’opera emerge la figura titanica di Azucena, schiacciata, secondo le stesse parole verdiane, da una contraddizione letale tra il sentimento materno ed il vincolo filiale, che diventa dissidio tra una visionarieta’ disperata ed un’altrettanto crudele lucidità. Manrico è il simbolo   di un’epoca, affine al cavaliere infelice “desdichado”, presente nel romanzo di Walter Scott, Ivanhoe, prototipo del personaggio bello e disperato, tradito dal Fato e destinato a diventare proverbiale. Non a caso il regista Luchino Visconti ha utilizzato la scena della pira in apertura del suo capolavoro filmico “Senso”. Quelle note sono un simbolo perfetto della sensibilità di un’epoca e le gesta del cantore romantico diventano aspirazione risorgimentale, in opposizione alla smania di ordine del “cattivo”, il conte di Luna. Il Trovatore è forse l’opera più cupa e pessimistica del repertorio verdiano. Si apre di notte nell’atmosfera minacciosa del palazzo d’Aliaferia, con Ferrando che racconta una storia di tenebre e di orrore, che non solo ci fornisce il retroscena per la vicenda che si sta per svolgere, ma funge anche da sorta di introduzione emotiva.

 

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L’opera, come la narrazione di Ferrando, sarà una tragedia di zingari, di vendetta e di morte. Quasi tutte le scene sono notturne o si svolgono all’interno ( o entrambe), e persino l’apertura della seconda parte, con la scena dell’accampamento affacendato di zingari con danze e canti, avviene all’alba, quando le prime timide luci del sole si fondono con quelle ancora più vivide dei bivacchi. Nell’oscurità del Trovatore sono molto importanti i fuochi; la pira viene preparata due volte per l’esecuzione di Azucena, e risulta cruciale ai fini della storia, ed ancor più è l’altro rogo dove morirono sua madre e suo figlio. L’iconografia del libretto di Cammarano è molto ricca di riferimenti a fuoco,  fiamme ed ardore, che hanno un valore sia metaforico sia reale. L’iconografia, insieme al vocabolario, donano all’opera un senso di urgenza. Manrico ordina, infatti, a Roux ” orri” e Manrico esso sembra sempre entrare ed uscire precipitosamente, continuamente proteso all’azione. Quest’opera, baricentro della cosiddetta Trilogia popolare verdiana, rappresenta sempre una sfida per i protagonisti per l’immensa difficoltà vocale delle loro parti. Nel Trovatore, nonostante le somiglianze con l’Ernani, è presente, tuttavia, una carica rivoluzionaria estranea all’opera precedente ed i personaggi risultano più ricchi di umanità e più approfonditi sotto il profilo psicologico rispetto a quelli delle altre opee della Trilogia. L a vicenda narrata risulta più vicina a quella dei casi dell’ambito della vita reale, tutto ciò anche grazie all’incisivita’ della musica, più che per merito del libretto, la cui suddivisione in atti e scene risponde ad un criterio di simmetria ( quattro atti, ciascuno dei quali suddiviso in due scene).

 

Mara Martellotta

SANITA’, BATZELLA (MLI) E OTTRIA (LEU): STABILIZZAZIONE MEDICI PRECARI 118 E’ GRANDE VITTORIA.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMOAccogliamo con entusiasmo la decisione annunciata oggi dall’assessore alla Sanità, Antonio Saitta, di voler stabilizzare con contratti a tempo indeterminato gli 80 medici precari del 118. Finalmente la situazione si è sbloccata, segno che il lungo lavoro che abbiamo fatto finora accanto ai medici è servito”. Lo affermano in una nota congiunta i consiglieri regionali Stefania Batzella (Movimento Libero Indipendente) e Walter Ottria (Liberi e Uguali), che lo scorso marzo avevano presentato in Aula una mozione – a prima firma Batzella e sottoscritta anche da consiglieri di altre forze politiche – con cui si chiedeva alla Giunta di mettere in atto il percorso normativo più idoneo per arrivare alla stabilizzazione. “Con questo provvedimento – spiegano Ottria e Batzella – viene finalmente riconosciuto l’impegno e il lavoro svolto quotidianamente e con grande professionalità dai medici del 118, molti dei quali sono precari da 8-10 anni. Siamo felici di aver lavorato per lungo tempo e con determinazione accanto a loro e di aver contribuito attivamente affinché i loro diritti fossero riconosciuti e venisse garantita la continuità di un servizio essenziale per i cittadini”.