redazione il torinese

Via Germagnano, demolite baracche al campo nomadi

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Ieri e oggi, martedì 20 e mercoledì 21 novembre, gli Agenti del Reparto Minoranze Etniche con l’ausilio degli Agenti del Reparto Operativo Speciale della Polizia Municipale hanno provveduto all’abbattimento dei rifugi di fortuna e a rimuovere le roulotte nell’insediamento non autorizzato del Campo nomadi di via Germagnano. Tutto è avvenuto nella più ordinata modalità, senza particolare opposizione dei nomadi presenti. Durante l’operazione sono stati denunciati 4 cittadini di nazionalità slava per violazione dei sigilli e occupazione del suolo.  L’operazione è ancora in corso e porterà alla geolocalizzazione delle porzioni di territorio poste sotto sequestro.Il sequestro di aree all’interno dei campi abusivi di via Germagnano è cominciato giovedì 15 novembre. Nelle aree denominate “Amiat”, “Ponte”, “Slavi” c’erano 28 rifugi di fortuna e roulotte abbandonate, sempre utilizzate come abitazione.

 

(foto archivio)

“Io la ricordo”, le poesie di Graziella Minotti

“Io la ricordo” è la nona silloge poetica di Graziella Minotti Beretta. Si dice spesso che la poesia è lo specchio della vita e quella di Graziella Minotti  parla un linguaggio semplice e diretto, descrive emozioni e sentimenti importanti. Anche in questa raccolta non smentisce se stessa e con le parole  spinge chi legge a soffermarsi un attimo a pensare, a non lasciarsi trascinare dall’affanno a cui ci obbliga la vita di ogni giorno. I versi della Minotti, di solito ironici, delicati e, al tempo stesso, profondi, si velano, in quest’ultima opera di malinconia, quasi di tristezza, come se una preoccupazione, un senso di precarietà la spingessero a rivelarsi, attraverso allusioni sottili, ma persistenti. Queste poesie non raccontano solo il bello, l’amore felice, i giorni gioiosi. A volte narrano sentimenti più oscuri, velati, avvolti in quella bruma che ovatta le giornate d’inverno. Anche per questo sono importanti, forse anche più delle altre. Cardarelli sosteneva che la poesia poteva essere definita come espressione della fiducia di parlare a sé stessi. E in fondo, in tutte le poesie della raccolta, Graziella parla proprio a se stessa, rammenta i suoi ricordi, le gioie e le amarezze, svela i suoi intimi pensieri, gli affetti e le paure e lo fa pubblicamente, esponendosi con coraggio. Ritroviamo gli abbandoni forzati di “Addio miei monti”, il ricordo delle “madri” (quella biologica e quella adottiva), della famiglia e degli amici, l’amore prorompente per la natura in tutte le sue espressioni, stagioni e colori e, infine, il dolore. Come racconta Roberto Vecchioni in una delle sue più belle canzoni anche Graziella ha “conosciuto il dolore”, quello che cerca di disarmagli la vita, che passa accanto “come un’ombra sottile sfiorente”. Armata dei suoi versi lo affronta e lo sfida in tutte le poesie, una dopo l’altra. Per questo le dobbiamo una doppia gratitudine: per i sentimenti che esprime e per l’amicizia che generosamente ci accorda. Roberto Benigni scrive che “la poesia ci aiuta a compiere un’esperienza irripetibile di libertà, è finzione e ritmo, ma ci aiuta a intraprendere un grande viaggio alla ricerca di uno sguardo. Quello sguardo che solo le donne posseggono e che ci introduce nel punto più segreto del mondo”. Sono convinto che chi conosce Graziella Minotti Beretta non faticherà a immaginare in lei lo stesso sguardo con il quale accompagna la forza delle sue parole.

Marco Travaglini

A proposito di fascia tricolore

di Pier Franco Quaglieni

Il vice sindaco di Torino Guido Montanari, guru della decrescita felice, parteciperà alla manifestazione no-tav dell’8 dicembre indossando la fascia tricolore. Una scelta sbagliata che rivela poco senso delle istituzioni perché il vicesindaco , facente le  funzioni del sindaco , quando indossa la fascia tricolore, rappresenta tutta la Città, non solo la maggioranza. Montanari è in buona compagnia perché molti sindaci valsusini indossano la fascia per manifestare contro l’alta velocità ferroviaria, ormai da anni. A mio modo di vedere un abuso che andrebbe sanzionato. Forse questi sindaci dovrebbero rileggere  le norme che regolano l’uso della fascia che riguarda esclusivamente le occasioni ufficiali, istituzionali. In una parola , le iniziative promosse dal Comune o altre manifestazioni  di carattere istituzionale a cui partecipano in rappresentanza della loro città. Una circolare del Ministero degli interni ai prefetti richiama  il dovere di indossarla “con consapevolezza  e decoro” il che toccherebbe anche l’abito indossato da chi porta la fascia. Certi abbigliamenti casual  non appaiono infatti consoni. Chi ricopre una carica pubblica  , dice l’articolo 54 della Costituzione , deve ispirarsi a “disciplina e onore”. È in quel contesto che va considerato anche l’uso della fascia  che ,dopo la infausta riforma del titolo V della Costituzione, consente di aggiungere al simbolo della Repubblica, quello del Comune. Ma i sindaci non devono mai dimenticare la loro funzione di  capi dell’amministrazione e di ufficiali di governo. Quest’ultima  funzione e’ caduta nel dimenticatoio. 

Quella sciarpa rappresenta l’unità giuridica dello Stato. Aver sottratto i sindaci al giuramento prestato davanti al prefetto, che ha rappresentato un’affermazione delle autonomie locali, ha forse fatto perdere di vista che il Sindaco deve saper esercitare una funzione pubblica senza appiattirsi nel settarismo di parte e nel localismo tanto amato dai leghisti. Altrimenti  quella fascia tricolore  possiamo utilizzarla anche per avvolgere  gli asparagi di Santena, durante la fiera, spesso cinti da un nastro tricolore. In cinque anni di mandato solo due volte ho indossato la fascia: il matrimonio di un amico che sposò la donna sbagliata e ricordò quel giorno con fastidio fino a che non riuscì a divorziare. Un’altra volta, quando andai ad una manifestazione del IV novembre che allora non veniva di norma  celebrato perché considerato festa della Vittoria e quindi da rifiutare  in quanto militarista e nazionalista. Ma allora, anche negli anni terribili del nascente terrorismo e della contestazione violenta, i sindaci, anche quelli comunisti, avevano il senso delle istituzioni barcollanti che oggi mi pare ci sia molto meno.

Monumenti in azzurro contro il tumore alla prostata

 Arriva a Torino la campagna nazionale di informazione . In Piemonte si stimano 2.900 nuovi casi nel 2018. Alla tavola rotonda del 21 novembre sarà presente anche l’ex calciatore Roberto Bettega

I Musei Reali, la Statua di Atleta e la cupola del Guarini si illuminano di azzurro fino al 25 novembre   per la sensibilizzazione sul tumore alla prostata. Fa tappa a Torino “Novembre Azzurro”, la prima campagna nazionale, organica e coordinata sul tumore alla prostata promossa da Europa Uomo, l’associazione italiana che da oltre 15 anni è impegnata nel campo dell’informazione sulle patologie prostatiche. “Fai luce su di te” è il claim della campagna – patrocinata dal Ministero della Salute, dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero ei Beni e delle Attività Culturali – che punta a promuovere maggior consapevolezza della malattia nell’universo maschile, e a fornire strumenti per affrontarla. Per una settimana nel capoluogo piemontese sarà distribuito materiale informativo nelle piazze, presso le farmacie e gli studi dei medici di famiglia delle città. Sono inoltre in programma iniziative di sensibilizzazione con le scuole: tra gli obiettivi della campagna, infatti, c’è quello di far partire il cambiamento culturale di consapevolezza e conoscenza del proprio corpo sin dalla giovane età. Il 21 novembre alle ore 18.00, i Musei Reali ospiteranno inoltre la tavola rotonda a ingresso libero “L’uomo e la prostata: falsi miti e reale informazione”. L’evento (a ingresso gratuito) sarà presieduto dal Prof. Paolo Gontero, Direttore della Clinica Urologica dell’Ospedale Molinette e membro del Comitato Scientifico Europa Uomo Italia Onlus, al quale prenderanno parte: Silvio Falco, Direttore generale dell’A.O. Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, Umberto Ricardi, Direttore Dipartimento di Oncologia dell’A.O. Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, Oscar Bertetto, Direttore Dipartimento Rete Oncologica Piemonte e Valle d’Aosta,Roberto Bettega, ex calciatore e dirigente della Juventus e l’avvocato Maria Laura De Cristofaro, presidente di Europa Uomo Italia Onlus. Il 21 novembre l’ingresso al museo sarà gratuito per tutti gli uomini a partire dalle 17.00. In Italia si stimano 458.000 persone con pregressa diagnosi di carcinoma prostatico, circa il 30% dei maschi con tumore; oltre 14 milioni di uomini sono a rischio per fascia d’età, familiarità o altri fattori. Solo per il 2018 sono stimate circa 35.000 nuove diagnosi, 2.900 dei quali in Piemonte (Fonte: Rapporto Aiom-Airtum 2018). Il carcinoma prostatico è divenuto, nell’ultimo decennio, la neoplasia più frequente nella popolazione maschile nei Paesi occidentali, e rappresenta oltre il 20% di tutti i tumori diagnosticati a partire dai 50 anni di età. Dopo il Lazio, la Calabria, la Campania, e il Piemonte, la prossima tappa sarà in Lombardia dove, grazie al patrocinio del Ministero per i beni e le attività culturali, si illuminerà di azzurro il Napoleone Bonaparte a Milano. “Abbiamo deciso – sottolinea De Cristofaro – di parlare a tutti gli uomini attraverso il linguaggio dell’arte, scegliendo delle statue simbolo di virilità maschile. Il tumore alla prostata è una patologia che incide moltissimo sul vissuto, come il tumore al seno: ma se le donne sono più abituate ad occuparsi della propria salute e a parlare con i medici, gli uomini sono meno inclini alla prevenzione. La prostata non deve essere più un tabù e nell’uomo deve aumentare la consapevolezza che le buone abitudini sono alla base della conoscenza del proprio corpo. Con Novembre Azzurro, per la prima volta in Italia si organizza una campagna organica in 5 regioni, con particolare attenzione a quelle meridionali; il nostro obiettivo è di estenderla, entro il 2022, a tutto il Paese”.

Gipo: l’uomo, l’artista e il politico

“Ël 6 ëd via Coni, l’é na cà veja che gnanca na volta, l’era nen bela”; così comincia una delle canzoni più conosciute di Gipo Farassino, nei pressi di Porta Palazzo, a Torino, dove tutto ebbe inizio e dove il musicista nacque

Uno dei più importanti cantautori piemontesi proveniva da uno dei quartieri più poveri della città, ma fu proprio questa condizione a diventare la sua fortuna, ad essere protagonista delle sue canzoni sia in torinese che in italiano. A lui è dedicata la mostra “Gipo Farassino. L’uomo, l’artista, il politico”, promossa dal Consiglio regionale del Piemonte in collaborazione con la “Fondazione Caterina Farassino”, creata nel ricordo della figlia prematuramente scomparsa. Il vernissage si terrà a Torino mercoledì 21 novembre 2018, alle ore 17, nella Sala Viglione di Palazzo Lascaris, sede dell’Assemblea regionale. Parteciperanno l’altra figlia dell’artista, Valentina, presidente della Fondazione e il giornalista Bruno Quaranta.  La mostra sarà invece visitabile presso la Biblioteca della Regione Piemonte “Umberto Eco” di via Confienza 14, dal 22 novembre all’8 gennaio. “Farassino era un vero artista, un talento raffinato che conosceva a fondo il mondo dei grandi cantautori italiani e stranieri, che, ricambiati, lo ammiravano” ricorda il presidente del Consiglio regionale del Piemonte Nino Boeti. Storica fu l’amicizia con Fabrizio De Andrè, con cui condivise la poesia e con cui era solito passare le serate dopo i concerti, bevendo e cantando. I cimeli presentati nella mostra mantengono intatta la capacità di evocare in pochi tratti quell’universo e farlo sembrare, allo stesso tempo, lontano e vicino. Gipo ha attraversato i momenti più difficili della storia del nostro paese, le contestazioni del Sessantotto, quelli bui all’inizio degli anni ottanta, sapendo raccontare con un sorriso dolce-amaro ciò che stava succedendo nella sua città di operai, di quelli che avevano il Sangone come unico mare e che sognavano il riscatto dalla loro condizione. Dal 1987 al 1994 è stato segretario della Lega Nord Piemont, entrando successivamente alla Camera dei Deputati e poi nel Parlamento europeo. Assessore regionale all’Identità piemontese, nel 2005, proprio dopo la morte della figlia, decise di tornare al suo primo amore, la musica.

‘QUARTIERE PULITO’ A SAN GIUSTO

Tesio: “Comune virtuoso, ma la sensibilizzazione è fondamentale”
 
Circa quattro quintali di rifiuti abbandonati, duecento volontari suddivisi in quattro gruppi, decine di sacchi per raccolta differenziata, tantissimi bambini.
 
“Quartiere Pulito”, il progetto ecosolidale promosso dall’associazione volontari di Protezione Civile della Comunità di Scientology – PRO.CIVI.CO.S. onlus, sabato 17 novembre ha fatto tappa a San Giusto Canavese che ha patrocinato l’iniziativa con la collaborazione del Gruppo Comunale, di Legambiente Basso Canavese e della Società Canavesana Servizi. Per l’occasione è stato coinvolto anche il Gruppo Comunale di Foglizzo.
 
Pur trattandosi di un comune virtuoso, molto pulito, sensibile alla raccolta differenziata e alla protezione dell’ambiente  –  spiega Beppe Tesio, presidente PRO.CIVI.CO.S. e coordinatore del progetto –  la sensibilizzazione rimane fondamentale .”
 
I bambini, armati di pinzoni e sacchetti, assieme ai loro genitori ed insegnanti, hanno raccolto cartacce, mozziconi di sigarette, bottiglie di plastica e lattine nelle vie di San Giusto, rendendosi conto di quanto sia importante l’attenzione di ogni singola persona.
 
Più critica la situazione nella campagna circostante dove, lungo i sentieri rurali si trovano parecchi rifiuti abbandonati o piccole discariche.
 
Guidati dall’Assessore Simona Amore abbiamo raggiunto il Gruppo Comunale di Foglizzo in una zona confinante tra i due comuni, in aperta campagna. Dal bosco abbiamo asportato pneumatici, sanitari, bidoni, abbigliamento, bottiglie, frigoriferi e altri rifiuti abbandonati da tempo. Oltre a parlare di un ambiente migliore è necessario agire e quest’oggi abbiamo dimostrato che siamo tutti uniti in questa direzione, ma possiamo fare molto di più.
 
Il buon senso e il buon esempio, l’essere attivi e rispettosi degli altri e dell’ambiente, principi universali che PRO.CIVI.CO.S. promuove anche distribuendo gratuitamente a tutti i partecipanti, una guida al buon senso per una vita migliore scritta da L. Ron Hubbard.
 
Dobbiamo ringraziare il Sindaco Giosi Boggio, tutta l’amministrazione comunale e la cittadinanza per la calorosa accoglienza e la fattiva collaborazione, senza la quale l’iniziativa non sarebbe stata possibile. L’intenzione di tutti – conclude Tesio – è di ripeterla presto con ancora maggiore coinvolgimento.

ARGENTO A CANESTRO: IL GSPM TORINO SI LAUREA VICECAMPIONE ITALIANO DI BASKET

Prestazione superlativa da parte del Gruppo Sportivo Polizia Municipale di Torino ai campionati italiani ASPMI di basket, disputatisi nei giorni scorsi a Firenze

 

 Sulle rive dell’Arno, infatti, gli uomini di Gerolamo Cherchi (allenatore-giocatore) si sono laureati vicecampioni nazionali, chiudendo al secondo posto alle spalle della corazzata Venezia 1, campione uscente e favorita della vigilia, e migliorando la terza piazza conseguita nel 2017. «L’intero campionato si è dimostrato equilibrato, con diverse squadre pronte a lottare per il podio e partite giocate punto a punto – ha asserito Cherchi a margine del torneo –. Torino ha effettuato un percorso fantastico, concludendo il suo girone al primo posto e senza mai conoscere l’onta della sconfitta, nonostante tre gare tiratissime contro Venezia 2, Firenze 1 e Reggio 1. La vittoria del raggruppamento ha portato Torino direttamente alla finalissima contro Venezia 1, dove però, contro i temibilissimi ventenni lagunari, non c’è stato nulla da fare. Torino è rimasta agganciata all’avversario per metà incontro, ma dal terzo quarto in avanti Venezia 1 è riuscita a mettere a segno lo strappo decisivo, terminando la sfida con 30 punti di vantaggio». Un ko che tuttavia non ridimensiona la performance della compagine subalpina: «I nostri tre “giovani”, Franco Modafferi, Paolo Gai e Alessandro Penz, hanno lottato e giocato al meglio delle loro possibilità – ha proseguito Cherchi –, supportati da noi senatori (Gerolamo Cherchi e Gianpiero Ammaturo, ndr). In particolare, Modafferi si è rivelato un autentico dominatore sotto i tabelloni, Gai un difensore arcigno, pronto a combattere su tutti i palloni, e Penz un formidabile tiratore dalla distanza, capace con le sue “bombe” da tre punti di risolvere diverse situazioni a nostro favore nei momenti cruciali delle partite». Oltre al meritato argento tricolore, i vigili piemontesi si sono anche tolti la soddisfazione di vedere un proprio atleta sollevare il trofeo riservato al vincitore della gara delle triple: il riconoscimento è andato ad Alessandro Penz, che ha ereditato, di fatto, il premio dal suo compagno di squadra Modafferi, trionfatore nel 2017.

 

Alessandro Nidi

“Leonardo Opera Omnia” affascina a Fossano

Diciassette capolavori dell’arte riprodotti a grandezza naturale e in alta definizione mettono il visitatore di fronte alle opere originali di Leonardo da Vinci. Si possono ammirare a Fossano in tre sedi diverse, al Castello degli Acaja, al museo diocesano e nella chiesa della Santissima Trinità. In un colpo solo balzano davanti agli occhi le opere pittoriche del maestro fiorentino (1452-1519), a 500 anni dalla morte, conservate nei musei, nelle chiese e nelle collezioni private di tutto il mondo, dal Louvre all’Ermitage di San Pietroburgo, dal museo d’arte di Cracovia alla National Gallery di Londra. Dopo il successo di pubblico e di critica ottenuti lo scorso anno con la mostra dedicata a Caravaggio, Fossano ci riprova quest’anno con ottimi risultati. È folla nei weekend per contemplare le opere di Leonardo nella mostra “Leonardo Opera Omnia”, curata da Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, tra i massimi esperti d’arte a livello internazionale, e promossa dal Comune di Fossano, Diocesi di Fossano e dalla Rai. La Dama con l’Ermellino, La Gioconda, Ginevra de’ Benci, la Madonna del Garofano, San Girolamo Penitente, l’Adorazione dei Magi, la Vergine delle rocce, Ritratto di Musico e ancora San Giovanni Battista, la Scapigliata e L’ultima Cena, esposta, a grandezza naturale, nella chiesa dei Battuti Rossi, gioiello del barocco piemontese. Sono tutte riproduzioni di opere di Leonardo da Vinci presentate nelle loro dimensioni reali utilizzando modernissime tecniche digitali in modo da mettere il pubblico virtualmente di fronte all’opera originale. Acquisite con il contributo di numerosi fotografi professionisti, le riproduzioni sono conformi alle opere autentiche e in altissima risoluzione. Sono inoltre dotate di un sistema di retroilluminazione sofisticato che permette di regolare l’intensità luminosa e la temperatura di colore. La mostra è visitabile, con un unico biglietto, nelle sale del Castello degli Acaja, al Museo diocesano in via Vescovado 8 e nella chiesa della Santissima Trinità o dei Battuti Rossi, in via dell’Ospedale, fino al 13 gennaio 2019. Venerdi’ dalle ore 15.00 alle 19.00, sabato, domenica e festivi dalle 10.00 alle 19.00. Prossima mostra al Castello degli Acaja, Raffaello.

Filippo Re

Pd, ritorna il Pds. Dov’è la novità?

di Giorgio Merlo
Francamente trovo un po’ stucchevole la polemica attorno alle tre candidature a segretario nazionale anche arrivano dalla filiera Pci/Pds/Ds. La trovo stucchevole soprattutto dopo l’esito del voto del 4 marzo. Insomma, il 4 marzo, tra le molte altre cose, ha detto in modo chiaro che l’esperienza del cosiddetto “partito plurale” a “vocazione maggioritaria” e’ politicamente archiviata.


Il 4 marzo, oltre ad aver registrato una sconfitta storica ed epocale per quel partito nato appena 10 anni prima, ha segnato anche l’inesorabile ritorno delle identità politiche. Identità che saranno
necessariamente aggiornate e riviste rispetto al passato ma sempre di identità si tratta. A
cominciare da quella cattolico popolare e cattolico democratica che in questi ultimi anni si è
pericolosamente eclissata al punto di diventare, di fatto, irrilevante e del tutto marginale nella vita politica italiana. È nata una nuova destra che ha sostituito ed azzerato definitivamente il vecchio e tradizionale centro destra. Resta per il momento, anche se un po’ fiaccata, una identità antisistema e demagogica interpretata dal movimento dei 5 stelle. All’interno di questo contesto, e’ del tutto naturale, nonché scontato, che anche la sinistra si riorganizzi. Ritornando, seppur in forma aggiornata, al tradizionale partito della sinistra italiana. Una sinistra che in questi anni e’ stata devastata e quasi distrutta dalle politiche del renzismo – con il plauso conveniente e di comodo di moltissimi esponenti della filiera Pci/Pds/ Ds – e che adesso, com’è ovvio, deve essere radicalmente ricostruita. Dalle fondamenta. E qui arriviamo al punto decisivo e qualificante. E cioè, come ci si può stupire se 3 esponenti che arrivano dalla storia politica e culturale del Pci/Pds/Ds si candidano alla guida di un partito che punta a ricostruire la sinistra dalle fondamenta? Come ci si può stupire se, dopo il voto del 4 marzo e la fine del partito plurale e a vocazione maggioritaria, si punta direttamente a ridefinire e ad affinare il pensiero e la cultura della sinistra italiana? Ma chi dovrebbe guidare un partito che ha quella “mission” specifica ed esclusiva se non chi arriva direttamente da quella tradizione? Ecco perché le polemiche, o lo stupore, non hanno più senso di esistere. Al di là degli obiettivi, dei posizionamenti e delle piroette dell’ex segretario del Pd Matteo Renzi. Occorre prendere atto che si è aperta una nuova fase politica e storica. È del tutto inutile, nonché controproducente, continuare la litania del partito a vocazione maggioritaria e plurale quando le circostanze storiche che hanno dato vita al Pd veltroniano sono ormai un semplice ricordo del passato. Quella stagione e’, ormai, alle nostre spalle. Chi pensa di riproporla meccanicamente rischia di far naufragare anche il progetto oggi incarnato, seppur con sfumature incomprensibili, dai 3 candidati di sinistra per rilanciare un partito di sinistra. Semmai, e questo è un altro punto politico non secondario, si tratta di capire se è utile avere 3 candidati di sinistra, a cui si aggiungono altri candidati minori ma sempre provenienti dal medesimo ceppo culturale, per centrare lo stesso obiettivo. E cioè, riproporre nel dibattito pubblico italiano il ruolo e il profilo di un partito che ha l’ambizione di rilanciare la sinistra italiana dopo le recenti e ripetute sconfitte elettorali. Di questo si tratta e non di altro. Altroché polemiche e scontri un po’ stucchevoli e del tutto fuori luogo.