redazione il torinese

Il Premio Gianfranco Bianco

La nostra è una società che presenta nel panorama italiano, ma non solo, un mare di Premi. Uno di questi, a cui sono particolarmente legato, è quello che la Associazione Nomen dedica al giornalista televisivo Gianfranco Bianco, recentemente scomparso, per quella che è la malattia del secolo: il cancro e terrorizza tutti. Gianfranco, ci convisse per tre lunghi anni che sono un’eternità e ti sconvolgono la vita fino a quando la vita incontra la Signora che prima o poi tutti chiama a rapporto. Lo conobbi ai tempi in cui seguivo Consorzio Piemonte e il cane Lupo italiano del mitico presidente dell’Etli Mario Messi (anche lui scomparso). Bianco, nato a Borgo San Dalmazzo in provincia di Cuneo, comincia la sua carriera giornalistica nel quotidiano della diocesi di Fossano La Fedeltà  per poi approdare alla Gazzetta del Popolo e Rai e quindi alla Rai nel 1982. Una sorta di globe trotter della notizia, preciso, puntuale, affabile, infaticabile e disponibile. A lui si deve il successo del concerto di Ferragosto di Elva, sperduto paesino dell’Alto Cuneese. Il Premio, istituito dall’Associazione “Nomen Cultura” con il Patrocinio del Comune di Borgo San Dalmazzo, vuole mantenerne viva la memoria nel tempo e per farlo istituisce riconoscimenti, nel ricordo del cronista Gianfranco Bianco scomparso nel 2016, ai personaggi che si sono distinti. Quest’anno i Premi, sono stati assegnati, giovedì 29 novembre ore 18.00, presso la Biblioteca Civica Anna Frank, palazzo Bertello, Borgo San Dalmazzo, durante un convegno moderato dal sociologo Giovanni Firera a: Silvia Rosa-Brusin, giornalista e conduttrice televisiva italiana, vice capo redattore TG3 Leonardo, a Biagio Fabrizio Carillo, Tenente Colonnello dell’Arma dei Carabinieri, attuale comandante dei NAS del Piemonte Orientale, criminologo e scrittore e coautore de La Saga di Lola, a Fiorenza Barbero, scrittrice e giornalista della testata La Fedeltà, di cui Bianco aveva fatto parte, a Samuele Devidé, per la tesi su: “L’impatto del diritto europeo sul diritto successorio italiano tra patti successori e diritti dei legittimari”; e a Letizia Revello, per la tesi: “Dall’intervista al libro: Nuto Revelli tra documento e narrativa“.

Beccati i baby vandali che rapinavano e devastavano

I carabinieri hanno sgominato una baby gang protagonista di  furti e atti vandalici a Torino. I sette adolescenti, denunciati, tutti in età compresa tra i 15 e i 17 anni, di origine marocchina. Le accuse sono per rapina aggravata in concorso e danneggiamento. Due erano già stati arrestati nei mesi scorsi per rapina. Sei  tra loro sarebbero i vandali che hanno devastato nella notte tra il 1° e il 2 maggio la piscina Cecchi, in borgo Aurora, dove avevano gettato nella vasca teloni e materassini, spaccato i mobili degli uffici e degli spogliatoi, sporcato i pavimenti e rubato un defibrillatore. Sono inoltre  accusati di sei rapine ai danni di 11 coetanei minacciati con cocci di vetro, al Valentino e ai Murazzi. 

ETICITA’ E RISPETTO DELLA MERAVIGLIA

GIVERSO GIOIELLI, storica gioielleria in Torino (78, corso Bramante – Torino – Tel. +39 011.6964485 – www.giversogioielli.it) ancor prima dei suoi gioielli, parla di tutela della salute e dell’ambiente, di reciprocità, correttezza, trasparenza, equità e legalità, parla soprattutto di ETICITA’
Una meravigliosa iniziativa la loro, anzi, osiamo dire una assoluta regola che li porta a procedere nei confronti di un’innovativa creatività , che non solo risponde al risultato di un’unicità che parla di purezza e serietà , ma che si plasma all’unisono con le risorse umane più confacenti all’argomento.
Come tutte le belle storie il profilo del curriculum di Giverso Gioielli si ispira quasi ad un film d’avventura , raccontato con l’autenticità di un’esperienza vissuta in tutta la sua profondità e bellezza. Marco Giverso, uno dei figli, giovane imprenditore di 34 anni, pioniere di questo progetto di eticità, racconta che il metallo deve arrivare da miniere che rispettano l’ambiente e i diritti dell’uomo con standard elevatissimi. Questa scelta matura durante un suo viaggio nella città di Dungu, nel Congo, che lui intraprende per una collaborazione volontaria in prima linea tramite la cooperazione internazionale nella Repubblica Democratica del Congo per gestire progetti di recupero di bambini soldato fuggiti dalla guerra, vittime di salute fisica e mentale, che a loro volta vengono curati e reinseriti nel mondo del lavoro oppure, se in età scolare, reinseriti a scuola per la loro istruzione.
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Nell’ambito di questa esperienza Marco Giverso si integra a tutto tondo nella vita di questi bambini vivendo al loro fianco, partecipando agli usi e costumi della popolazione locale. Durante una giornata nella foresta, lungo il fiume, Marco si tuffa con i bimbi che stavano giocando nell’acqua. Uscito dal fiume comincia a percepire forti pruriti e un arrossamento della pelle notevole che non andava via in alcun modo. Scopre, dopo un’attenta ricerca, che nell’acqua ristagnava una grossa quantità di mercurio proveniente da una miniera d’oro situata a una decina di chilometri a nord del fiume, che buttava, senza alcuna accortezza ambientale, grosse quantità di mercurio durante l’estrazione dell’oro. Altamente a rischio diveniva quindi la salute dei bambini e della popolazione del luogo che accedeva in quell’area, non solo per il contatto con un’acqua non pura, ma anche per causa di eventuali malattie scatenate in conseguenza dell’assunzione di cibo, quale ad esempio il pesce , che ovviamente proviene dal fiume. Una volta tornato a Torino, Marco sensibilizza la sua famiglia, e suggerisce di utilizzare solo più “oro etico” con tracciabilità certificata.
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Rivolta il suo stato di fatto, cambiando radicalmente il metodo di lavoro. Acquista così solo più oro da chi aderisce alle regole ambientali e sociali. Approfondisce quindi la possibilità di acquistare l’oro in modo differente dai soliti canoni presenti sul mercato dell’oro cosiddetto comune per la lavorazione dei suoi gioielli, evitando quindi totalmente di rischiare di incappare in quell’impatto ambientale così dannoso per l’essere umano e per l’ambiente. Una scelta coraggiosa la sua, e davvero esemplare. A seguito di un’estesa ricerca, la famiglia Giverso decide quindi di utilizzare un oro ottenuto grazie a tecniche estrattive in linea con i più alti standard ambientali e sociali presenti al mondo, dando quindi origine ad una produzione 100% certificata e tracciata di oro etico. Giverso si conferma quindi come prima e unica azienda in Piemonte – sono quattro sul territorio nazionale – a utilizzare Oro Etico al 100%: le fonti certificate sono due: oro da miniere su piccola scala, cooperative di minatori e piccole raffinerie certificate Fairmined e oro conforme alla Chain of Custody dell’RJC certificato dalla LBMA good delivery. E’ molto importante conoscere la provenienza e le modalità di estrazione delle materie che caratterizzano il lavoro di Giverso Gioielli, ed è per lo stesso motivo che questa bellissima azienda si rifornisce e si avvale direttamente dalle miniere che conoscono personalmente e che operano esclusivamente con il supporto di manodopera locale.
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Oltretutto l’estrazione avviene con tecnologie amiche dell’ambiente, al fine di proteggere la natura, tutelare i minatori ed esentare bambini dal lavoro, facendo lavorare il personale in posti sicuri e con uno stipendio adeguato. Una grande ispirazione quindi questa di Giverso Gioielli, estrapolata da un’esperienza vissuta in prima persona. I forti danni causati dalle miniere d’oro del territorio e da coloro che non badano alla salute dei propri lavoratori e di un’ambiente che sicuramente chiede di essere rispettato nel suo equilibrio e magnificenza, hanno incentivato questo percorso di eticità indirizzando l’attività artigiana verso una strada davvero innovativa. Con Giverso Gioielli si aprono anche a ventaglio collaborazioni di gusto e intelletto, capaci di contribuire all’affermazione di una cultura d’impresa in grado di legittimarsi come soggetto davvero capace di perseguire il suo scopo, senza pregiudicare al tempo stesso il benessere della comunità in cui è inserita. Giverso non si si propone inoltre, con le sue eclettiche collezioni, come una forma d’arte altamente creativa, e si presenta come una vera e propria scuola dell’essere, capace di trasmettere con il suo operato la capacità di focalizzare l’attenzione dei suoi clienti soprattutto nel rispetto di ciò che davvero desiderano, nella bolla di un microcosmo tutto da scoprire, dove anche le creazioni, in questo caso i gioielli, rappresentano quasi involontariamente la preziosità della bellezza ,della calma, dell’equilibrio e della pace. Una carezza al business davvero singolare!
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Monica Di Maria di Alleri
Informazione promozionale

“RIDE” DI VALERIO MASTANDREA AL TFF

Nelle sale italiane il 29 novembre e in 110 copie, distribuito da 01 Distribution, Ride è l’unico film italiano in Concorso al 36° TFF. Ci rivela un Mastandrea inedito, non più attore ma regista. In realtà, come ha ricordato egli stesso durante la conferenza stampa del TFF, il debutto come regista è stato con il cortometraggio “Trevirgolaottantasette”, nel lontano 2005. Il corto, interpretato da Jasmine Trinca ed Elio Germano, si aggiudicò un prestigioso Nastro d’argento al 62°Festival Internazionale del Cinema di Venezia. Il tema, quello delle morti bianche. Il titolo, particolarmente significativo, corrisponde alla media delle persone che ogni giorno, secondo i dati del 2004, morivano in seguito ad un incidente sul lavoro. Come lo stesso regista ebbe a dire all’epoca, “ Il mio non è un film di denuncia. E’ uno sguardo dal basso su chi fa lavori socialmente utili, ma molto precari per quanto riguarda la sicurezza e le condizioni contrattuali”. E a chi gli chiese a quel tempo se si trattasse di una prova generale per il debutto al lungometraggio, rispose : “ No, non ancora. C’è un tempo giusto per fare le cose e non è ancora arrivato. Però sono molto tentato”. Ed eccoci qui, dunque, con questo film. A chi gli chiede se la tematica delle morti bianche rappresenta per lui una sorta di ossessione, risponde che “ il tema delle morti bianche non è la mia ossessione, ma soprattutto è da anni che su questa tragedia non è cambiato nulla, anzi qualcosa è cambiato in peggio. So che la stampa è in buona fede, ma spesso si occupa di una morte del genere per tre-quattro giorni, poi la notizia scompare. E poi voglio dire che il lavoro non va festeggiato come si fa per il 1 Maggio, ma va reclamato”.

 

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La storia di “ RIDE “ è ambientata nelle ventiquattr’ore che precedono il funerale di un giovane operaio, morto in fabbrica. Gli sono sopravvissuti la moglie e il figlio di dieci anni , mentre tutto attorno crescono l’attesa e il raccoglimento per il giorno del funerale. Amici, conoscenti ed estranei si aspettano un certo modo di portare il lutto, un modo stereotipato che non appartiene a chi soffre per davvero. “ Lasciatemi libera di non piangere” dice Carolina nel film. E’ una richiesta di indipendenza, culturale, intima, politica. Molti hanno parlato di una regia che rispecchia “leggerezza, impegno, dolenza e umorismo”, ma è un film profondamente tragico, anche se qualche “scappatoia “ comica alleggerisce la tematica sostanziale. “ Non riesco a piangere, non posso sentirmi in colpa , lasciatemi in pace” : è un “ grido metaforico di sincerità e autonomia intellettuale”, come l’ha definito qualche critico. E gli fa eco lo stesso regista : “ Sì, è un film sincero,spontaneo, che rispecchia il mio modo di essere. Si gioca come si vive, come ebbe a dire un calciatore. Di me c’è il tono, le mie contraddizioni umane e professionali . E’ difficile entrare in contatto con la naturalezza delle nostre emozioni. Bisognerebbe dare la colpa a quanto la società ci condiziona, impedendoci di vivere in maniera autentica anche il nostro dolore. La morte bianca diventa così il simbolo dell’ipocrisia .Negli anni della ricerca costante della felicità dobbiamo anche chiedere il permesso per stare male come si deve. A pensarci bene è logico. Solo abitando davvero il buio possiamo farci accecare dall’amore per la vita “. Nel cast : Chiara Martegiani ( Carolina ) , compagna nella realtà di Mastandrea; Renato Carpentieri ( il padre); Arturo Marchetti ( il figlio ); Stefano Dionisi; Milena Vukotic .

Helen Alterio

Una Montagna di Fuoriclasse

29 Novembre 2018 Orario 9-13
Laboratori Didattici presso:
Istituto Comprensivo A. Peyron
Re Umberto I
Via Ventimiglia 128/Via Valenza 71 
Soggetti proponenti:
Decathlon, AICR, Summer Camp Terre
Alte, Val di Fassa Running, CAI Uget,
Museo Nazionale della Montagna
Ore 14-18
Incontro con Alberto Tomba
presso il Centro Sportivo 2D Lingotto
Via Ventimiglia 195/A 

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Come si diventa un Fuoriclasse: Alberto Tomba lo spiega ai Bambini delle Elementari a Torino
Fuoriclasse Network, società che si occupa di intrattenimento “extra scolastico” di bambini e
ragazzi in età scolare in Italia, organizza presso l’Istituto Comprensivo A. Peyron-Re Umberto I di Torino in data 29 Novembre 2018 l’evento “Una Montagna di Fuoriclasse”, giornata all’insegna dello Sport e della Montagna, con l’obiettivo di promuovere i valori sportivi e la cultura della montagna in tutti i suoi aspetti (naturalistici, salutistici, sportivi ed etnografici). Le attività inizieranno in mattinata con laboratori incentrati sull’attività all’aria aperta e sui corretti stili di vita che è bene i bambini imparino ad adottare fin da piccoli. I laboratori coinvolgeranno circa 700 bambini, tutte le classi della scuola primaria Re Umberto I e le classi prime della scuola secondaria A. Peyron. Il Museo Nazionale della Montagna, il CAI Uget e la Val di Fassa Running si focalizzeranno sulle tante attività all’aria aperta che è possibile svolgere in montagna (sport e montagna sono infatti binomio d’eccellenza, l’Italia vanta da sempre campioni illustri in questo ambito). Summer Camp Terre Alte impegnerà i bambini in attività ludiche in lingua inglese mentre Decathlon completerà il quadro facendo toccare con mano ai ragazzi le attrezzature e i materiali più adatti per svolgere le attività viste nei laboratori precedenti.

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Grande importanza nella giornata è altresì data ai corretti stili di vita e alle sane abitudini alimentarile cui basi devono essere gettate fin dalla giovane età per cercare di prevenire e limitare piaghe quali, ad esempio, l’obesità infantile, fenomeno in costante crescita negli ultimi anni in particolar modo nei ragazzi tra i 6 e i 17 anni. In questo contesto, molto importante sarà l’intervento dell’Associazione Italiana Cuore e Rianimazione, Onlus nata nel 2016 che si occupa, tra le altre cose, della promozione, del sostegno e della gestione di iniziative rivolte ad informare esensibilizzare il mondo della scuola e i giovani sulla diffusione delle malattie cardiovascolari. Verranno date ai bambini infomazioni sui corretti stili di vita e su come questi influenzino in maniera sensibile la nostra salute, si spiegherà come attivare i soccorsi in caso di emergenza e come intervenire in caso di arresto cardiaco, conoscendo ed utilizzando il defibrillatore su cui i bambini saranno formati (con attività adatte alla loro età). Nel pomeriggio, presso il Centro Sportivo 2D Lingotto, la giornata entrerà nel vivo con l’evento più atteso: ospite d’eccezione sarà infatti Alberto Tomba che parlerà ai ragazzi dei valori che lo hanno accompagnato nella sua incredibile carriera di atleta e fuoriclasse. Nello sport, come nella vita, i risultati sono frutto di lavoro, impegno e sacrifici: vittorie, cadute, la ripresa, la gloria…un vero fuoriclasse non si arrende mai e Tomba cercherà di spiegare proprio questo concetto ai bambini. “Quando mi hanno proposto questo incontro ho accettato immediatamente, perché anch’io da bambino ho avuto l’opportunità di praticare sport diversi e di potermi dedicare a quello che preferivo con il supporto della mia famiglia. Non bisogna mai dimenticare che la pratica dello sport è sacrificio ma anche divertimento, ed è questo mix mi ha permesso di raggiungere grandi risultati. Sono felice di poter trasmettere la mia passione e la mia energia a questi giovani, parlerò anche di come la sconfitta serva a correggersi e migliorarsi, e di come non ci si debba mai arrendere di fronte alle difficoltà, nello sport, come a scuola o nella vita, ed ad avere sempre aver fiducia in se stessi.

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Davanti a lui i più piccoli faranno il loro “giuramento” (in stile “giuramento dell’atleta” alle
Olimpiadi), promettendo solennemente di impegnarsi a seguire il motto “mens sana in corpore sano”: esercizio fisico, alimentazione, determinazione e soprattutto..voglia di provarci sempre e non arrendersi mai di fronte alle difficoltà o ai piccoli/grandi insuccessi della vita (a partire da un brutto voto a scuola!). “Tomba è il Fuoriclasse dello Sci per eccellenza, incarna pienamente i valori nei quali anche noi crediamo” racconta Sara Canavesi, organizzatrice dell’evento e responsabile di www.ScuolaSci.org “Alberto è stato scelto per questo evento non solo per i suoi grandi risultati sportivi, ma anche (e soprattutto) per i valori che lo hanno sempre contraddistinto durante tutta la sua carriera, per la sua capacità di non darsi mai per vinto, di rialzarsi, di continuare a rimanere in vetta per tanti anni trovando sempre nuovi stimoli e superando mille difficoltà. Tutte qualità queste che lo portano ad essere un esempio anche per le generazioni che sfortunatamente non hanno assaporato le emozioni di vederlo gareggiare e vincere di persona”. “Una montagna di Fuoriclasse” è un’interessante iniziativa che coinvolge pubblico e privato, per una giornata che si spera possa diventare un appuntamento annuale nelle Scuole con altre tematiche da sviluppare.

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Tanti i partner che hanno aderito all’iniziativa: SKYWAY Monte Bianco, Mediares, Fiat Auxilium (presente con la Mascotte AX e un giocatore della squadra), Bounce, Viviparchi, il Museo
Nazionale dell’Automobile, La Mole, il Regno del Sale , Linea Azzurra, Natale è Reale, Parco
Avventura Fontainemore e Leolandia (oltre a tutti i soggetti coinvolti nella realizzazione dei
laboratori) formano il Team dei “Fuoriclasse” che ha messo gratuitamente a disposizione visite
guidate, laboratori, gite, ingressi omaggio o altre esperienze di “squadra” per le classi dell’Istituto
Comprensivo A. Peyron. Un modo per far ulteriormente conoscere realtà che si impegnano per la
diffusione della cultura della montagna, dello sport e dei suoi valori e dei corretti stili di vita
(alimentari e di comportamento) secondo il principio “mente sana in corpo sano”.

Torna la mediazione?

Di Giorgio Merlo

Dunque, anche i giallo/verdi scoprono la mediazione. Cioè quella “cultura della mediazione” che è stata la cifra distintiva dei cattolici democratici impegnati in politica. Quella mediazione che ha permesso alla politica italiana, dal secondo dopoguerra in poi, di salvaguardare il pluralismo, di rafforzare ed estendere la democrazia, di valorizzare le autonomie locali e, soprattutto, di comporre gli interessi contrapposti. Insomma, con la “cultura della mediazione” la politica italiana ha evitato derive autoritarie e sbandate peroniste. E questo grazie, in modo prevalente se non esclusivo, alla cultura del cattolicesimo politico e ai suoi migliori interpreti che si sono succeduti nelle diverse fasi storiche. Certo, poi la politica italiana e’ cambiata profondamente e la radicalizzazione ha preso il sopravvento con un carico demagogico, propagandistico e qualunquista che ha travolto quel modo di fare e di essere in politica che per svariati decenni ha permesso all’Italia di poter essere fedele ai principi costituzionali.

 


Ora, anche l’attuale governo – e nello specifico la Lega e i 5 stelle – riscopre la mediazione attorno
ad un provvedimento centrale per un paese: la tradizionale legge finanziaria. Dopo un muro contro
muro con l’Europa fatto per rivendicare le proprie buone ragioni, e anche per cercare di restare
fedeli ai rispettivi elettorati, si è arrivati alla conclusione che occorre “mediare” per evitare una
sostanziale delegittimazione con pesantissime ricadute di natura economica e finanziaria. Certo,
un metodo che può scontentare pezzi di elettorato dei rispettivi partiti ma che, lo dobbiamo pur
riconoscere, introduce nell’attuale dialettica politica quel minimo di cultura di governo che resta
indispensabile e necessaria per qualunque forza politica che si candida a guidare pro tempore gli
italiani. E’ altrettanto indubbio che cultura delle mediazione, cultura di governo e senso delle istituzioni non possono essere a lungo declinate da forze e movimenti che sono in parte estranei a quel bagaglio culturale e politico. Ed è questo il motivo decisivo per far tornare protagonista nello scenario politico italiano quella cultura cattolico democratico, popolare e sociale che resta l’unica vera novità capace di qualificare e rafforzare il tessuto democratico del nostro paese e dare forza e qualità a quell’afflato riformista altrettanto necessario ed indispensabile. Perché, come sempre capita, e’ meglio l’originale della copia. Anche e soprattutto quando si parla di “cultura di governo” e “cultura della mediazione”.

Quei giorni in piazza Statuto preparando la rivoluzione

Claudio Bolognini è un uomo innamorato della sua città, di Torino. Claudio Bolognini è specializzato nel raccontare piccole storie che fanno la Storia. Innamorato della nostra città e in particolare legato alla sede della Barriera di Milano, fondamentale per la storia del PCI, dove riformisti e rivoluzionari convivevano e trovavano sintesi nelle lotte operaie. Dove il padrone era sempre il padrone.Ora si è cimentato nella ricostruzione degli scontri tra manifestanti e polizia nel luglio 1962.E la tecnica di racconto è fondamentale ed estremamente accattivante. Tra ricerca documentale e personaggi talmente verosimili che diventano reali grazie alla penna dell’autore. Le testimonianze come piccoli fiumi ricostruiscono le vicende. La precisione fino alla tignosità del ricercatore storico fanno il resto. Il quadro d’ insieme è fatto da nitide fotografie di ciò che è successo: i fatti sono noti. Dopo quasi un decennio non si scioperava alla Fiat. La faceva da padrone il Sindacato Sida, denominato sindacato giallo perché direttamente finanziato da Fiat, un  non sindacato. Cgil Cisl e Uil indicono per la prima volta lo sciopero unitario.  Ma la Uil molla subito e firma un accordo separato. Tre giorni di scontri tra operai e polizia in difesa della Sede Uil. Per decenni questi scontri furono una icona degli estremisti di sinistra come prova generale di una possibile rivoluzione.  Perché? Le masse superarono partito e sindacato con i dirigenti nettamente contrari agli scontri di piazza.  Si cominciò nel dire che le masse sono più a sinistra degli iscritti ai partiti comunisti e la base degli iscritti più a sinistra dei dirigenti.Fu sicuramente vero che molti picchettanti si arrabbiarono molto con la Uil. Come è verissimo che dirigenti sindacali e del PCI buttarono acqua sul fuoco.

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Telefono a Claudio : quali sono i personaggi inventati?Mi risponde: tutti. Talmente reali che prendono corpo nel racconto. Io a Barriera di Milano ci sono nato. Ho sentito i racconti di chi ha partecipato. E leggendo ho riconosciuto nei personaggi il reale. Dal sottoproletario teppistello all’operaio in cerca della sua emancipazione. Persino la violenza diventa cosa naturale, la rivoluzione è solo rinviata, è dietro l’angolo. Non era allora così come non è così oggi. Ma a noi piaceva pensarlo.  Il racconto è talmente accattivante che ti fa ” vivere bene ” la violenza, che non è un buon viatico . Almeno per i nostri tempi. Claudio parteggia palesemente per i manifestanti. Direi forse esagerando un po’, che parteggia per i rivoltosi.O quasi. I fatti di Piazza Statuto sono divenuti negli anni ’60 una icona delle cosiddette forze extraparlamentari che accusavano il PCI di essere diventato un partito revisionista e riformista. Grande insulto per allora. Diventa naturale presentare il libro giovedì sera alla libreria Comunardi di via Bogino. Altra icona e punto di riferimento di quella sinistra che fino all’ultimo ha sperato nella rivoluzione. Magari rivoluzione meno violenta e più democratica possibile. Usciamo falla politica e dalla ideologia per planare negli annali della storia, una storia per i diritti dei lavoratori.  Una storia da capire. Forse da non condividere fino in fondo. Ma pur sempre da capire, con una sua dignità e forza morale.

Patrizio Tosetto

Il “Pannunzio” ricorda Marisa Bellisario

Venerdì 30 novembre alle ore 18, al Centro “Pannunzio” in via Maria Vittoria 35H, verrà ricordata, a 30 anni dalla scomparsa, Marisa Bellisario donna e imprenditrice di grande successo e notorietà. Partecipano: Valeria Ferrero, referente per il Piemonte della Fondazione “Marisa Bellisario”, Bruna Bertolo, Marina Rota,Nino Boeti, presidente del Consiglio Regionale del Piemonte. Modera Emanuela Truzzi.

Un aiuto per i bimbi abusati

“Curare i bambini abusati”è il titolo della giornata di studi che si svolge martedì 4 dicembre a partire dalle ore 9 nell’Aula magna della Cavallerizza Reale di via Verdi 9, a Torino. Organizzata dalla garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza Rita Turino in collaborazione con il Coordinamento italiano dei Servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia (Cismai), l’iniziativa si propone di fare il punto sui percorsi riparativi e di cura a favore dei minori vittime di abuso sessuale. Dopo i saluti istituzionali dell’assessore alle Politiche sociali Augusto Ferrari, della consigliera regionale Valentina Caputo e dei presidenti degli Ordini degli Assistenti sociali e degli Psicologi del Piemonte Barbara Rosina e Alessandro Lombardo, prendono il via le relazioni degli specialisti, introdotti e moderati dal referente regionale Cismai Enrico Quarello.

Intervengono la neuropsichiatra infantile Marinella Malacrea, il professor Claudio Longobardi del dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, la presidente Cismai Gloria Soavi, la psicologa della Cooperativa Paradigma Elisabetta Novario, la direttrice del dipartimento materno infantile dell’Asl Città di Torino Maria Rosa Giolito, responsabile dell’Equipe multidisciplinare Cappuccetto Rosso. La garante regionale dell’Infanzia e dell’adolescenza Turino concluderà i lavori.

Chance Festival, la terapia della scrittura

La scrittura come forma terapeutica, come antidoto alle insicurezze e alle difficoltà della vita quotidiana

Chance Edizioni, in collaborazione con LM Productions, darà vita a Torino allo Chance Festival: quattro giorni dedicati alla letteratura con tanti eventi ospitati da circoli Arci di Torino: La Cadrega, in via Principessa Clotilde 23, l’Ultima Thule di via Cigna 39 e il B-Locale di via Bari 22. Tra le varie iniziative in programma, particolare risalto sarà dato al progetto #scriverecura, un workshop dedicato alla scrittura introspettiva e strutturato in tre singoli incontri durante i quali i partecipanti saranno accompagnati in un percorso di emersione e ricerca profonda delle proprie emozioni attraverso vari esercizi composti da domande, scrittura e riflessioni. Alla base di #scriverecura, l’idea che la scrittura possa essere un’utile alleata per   esternare sogni e timori, insicurezze e difficoltà, coscienza e fiducia; per indagare dentro al proprio vissuto in maniera istintiva, evocando quelle parti che si vogliono tenere nascoste, che si ignorano, o sulle quali non ci si sofferma per ragioni di frenesia o di distaccamento emotivo. Addentrarsi in queste zone d’ombra permette di avere un approccio più spontaneo e coinvolto nei confronti della propria quotidianità. Ogni singolo incontro avrà la durata di un’ora e mezza circa e sarà così strutturato: 15 minuti di introduzione e di illustrazione del testo che si scriverà, 45 di esercizi pratici e mezzora di lettura e confronto. Il festival proporrà altri tre eventi serali: giovedì 29, alle 21.30, la Chance Edizioni presenterà al B-Locale i suoi progetti editoriali e anticiperà le prossime pubblicazioni. Interverranno alcuni giovani autori come Lorenzo Moffa, Stefano Re, Davide Tarò e Andrea Stella. Seguirà un live acustico di Giniswild. Sabato 1 dicembre alle 21.30 all’Ultima Thule chi vorrà potrà sottoporre il proprio manoscritto agli esperti della casa editrice e partecipare alla selezione per la collana di racconti Caleidostorie 2019. La serata sarà poi dedicata a un dibattito sul mondo editoriale curata dal collettivo artistico Le Rumate e arricchita dalla performance Another world di Elena e Martina Cappai e dal live acustico degli Afu.Lo Chance Festival si chiuderà al Circolo La Cadrega con una serata dedicata a Fabrizio De Andrè e la presentazione del libro Una storia di ieri di Ludovico Salemi.

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Per consultare il programma completo e per l’iscrizione al workshop è possibile visitare il sito www.chanceedizioni.com o visitare la pagina Facebook di LM Productions.