Torna la mediazione?

Di Giorgio Merlo

Dunque, anche i giallo/verdi scoprono la mediazione. Cioè quella “cultura della mediazione” che è stata la cifra distintiva dei cattolici democratici impegnati in politica. Quella mediazione che ha permesso alla politica italiana, dal secondo dopoguerra in poi, di salvaguardare il pluralismo, di rafforzare ed estendere la democrazia, di valorizzare le autonomie locali e, soprattutto, di comporre gli interessi contrapposti. Insomma, con la “cultura della mediazione” la politica italiana ha evitato derive autoritarie e sbandate peroniste. E questo grazie, in modo prevalente se non esclusivo, alla cultura del cattolicesimo politico e ai suoi migliori interpreti che si sono succeduti nelle diverse fasi storiche. Certo, poi la politica italiana e’ cambiata profondamente e la radicalizzazione ha preso il sopravvento con un carico demagogico, propagandistico e qualunquista che ha travolto quel modo di fare e di essere in politica che per svariati decenni ha permesso all’Italia di poter essere fedele ai principi costituzionali.

 


Ora, anche l’attuale governo – e nello specifico la Lega e i 5 stelle – riscopre la mediazione attorno
ad un provvedimento centrale per un paese: la tradizionale legge finanziaria. Dopo un muro contro
muro con l’Europa fatto per rivendicare le proprie buone ragioni, e anche per cercare di restare
fedeli ai rispettivi elettorati, si è arrivati alla conclusione che occorre “mediare” per evitare una
sostanziale delegittimazione con pesantissime ricadute di natura economica e finanziaria. Certo,
un metodo che può scontentare pezzi di elettorato dei rispettivi partiti ma che, lo dobbiamo pur
riconoscere, introduce nell’attuale dialettica politica quel minimo di cultura di governo che resta
indispensabile e necessaria per qualunque forza politica che si candida a guidare pro tempore gli
italiani. E’ altrettanto indubbio che cultura delle mediazione, cultura di governo e senso delle istituzioni non possono essere a lungo declinate da forze e movimenti che sono in parte estranei a quel bagaglio culturale e politico. Ed è questo il motivo decisivo per far tornare protagonista nello scenario politico italiano quella cultura cattolico democratico, popolare e sociale che resta l’unica vera novità capace di qualificare e rafforzare il tessuto democratico del nostro paese e dare forza e qualità a quell’afflato riformista altrettanto necessario ed indispensabile. Perché, come sempre capita, e’ meglio l’originale della copia. Anche e soprattutto quando si parla di “cultura di governo” e “cultura della mediazione”.

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