Il quotidiano la Repubblica da’ notizia della morte di un ragazzino 14enne della provincia di Alessandria che ieri pomeriggio si è buttato dalIa balaustra dei Murazzi in corso Cairoli. Non è ancora chiaro il motivo del gesto estremo. Avrebbe inviato un sms ai genitori prima del suicidio. Diversi i passanti che hanno visto il giovane buttarsi. Sul posto sono giunte le volanti della polizia e i soccorsi, ma il quattordicenne era morto sul colpo.
Ad accogliere il visitatore negli ampi spazi espositivi della “Fondazione Giorgio Amendola – Associazione Lucana in Piemonte Carlo Levi” di Torino, c’è un vigoroso “Autoritratto” – uno dei tanti realizzati dal pittore in una carriera artistica durata poco meno di cinquant’anni, dal ’26 al ’75 – in cui Carlo Levi (Torino, 1902– Roma, 1975) fissa la propria immagine, con tanto di pennello e tavolozza fra le dita, improvvisando ampie e vigorose giravolte di colore, tese a fermare nell’essenzialità del gesto“quella faccia fulva di leone sazio dopo il pasto”, come amava simpaticamente descriverlo l’amico Sion Segre Amar, scrittore torinese, anche lui di origini ebraiche, scampato all’Olocausto come rifugiato, fino al termine del secondo conflitto mondiale, in Israele. L’opera è un olio su tavola del 27 ottobre 1935, realizzata da Levi in Basilicata – Lucania, in “lingua” fascista – nei primi mesi (saranno complessivamente nove, interrotti nell’aprile del ’36 con la grazia ottenuta per la conquista etiopica) di condanna al confino per sospetta attività antiregime, prima a Grassano, la sua “piccola Gerusalemme” e poi ad Aliano, modesto centro in provincia di Matera, teatro per questo indomito “torinese del Sud”, di un’ esperienza fortemente toccante sul piano umano, da cui nascerà, a metà degli anni ’40, il suo“Cristo si è fermato a Eboli”, appassionato racconto e affascinante diario intimo in cui “Aliano” diventa “Gagliano”, imitando la pronuncia locale. E in cui troviamo tutto quel mondo “serrato nel dolore e negli usi – scriveva lo stesso Levi – negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente”, che si fa soggetto tragico, arcaico e magico in quelle trentanove opere (in maggior parte oli su tela, ma anche disegni e bozzetti preparatori) assemblate, fino al 28 febbraio del prossimo anno, nei locali della torinese “Fondazione” di via
Tollegno, d’intesa con la “Fondazione Carlo Levi” di Roma e il “Polo Museale della Basilicata”. Il periodo preso in considerazione è l’arco di un ventennio compreso fra i mesi vissuti da confinato politico ad Aliano (alle spalle gli anni torinesi di Gobetti e la scuola di Casorati, l’Ecole Parisienne e i Fauves e Modigliani, così come il fervore europeista dei “Sei”) e i frequenti successivi ritorni, dal dopoguerra in poi, in quella terra del Sud, in quei luoghi – e accanto a quella gente dai volti tanto più dignitosi quanto più imbarbariti dalla miseria – che il pittore aveva così profondamente scolpito nel cuore e nella memoria (anche come politico eletto per due volte negli Anni Sessanta al Senato della Repubblica) tanto da desiderare di farne il luogo della sua sepoltura. E, ancora oggi, nel cimitero di Aliano “la tomba di Carlo Levi – scrive Giuseppe Lupo – è un pavimento di mattoni rossi, nuda nella sua disadorna verità”, protetta da un muretto di cinta, che s’affaccia su quella “Fossa del Bersagliere”, strapiombo giallo e calcareo, oltre cui degrada la valle dell’Agri, e di cui abbiamo in mostra un olio del marzo ’36 a documentare la durezza di un paesaggio fatto di sparsi carrubi e geometrici calanchi, di verdi, di blu, di gialli e grigi, che paiono, con forza sempre più espressionista, cercare rifugio nello spazio minimo dell’azzurro del cielo. Paesaggi, quello di “Aliano e la luna” su tutti, e poi i volti.
Tanti. Indimenticabili. Pensosi. Rassegnati. Ma vivi. Come nel delizioso sguardo nero di “Tonino” o in quelli di “Antonio, Peppino e il cane Barone” entrambi del ’35. Negli occhi, l’idea di un possibile futuro riscatto. Pur con gli scialli neri, i capelli scarmigliati de “La figlia della Strega” del ’36 e il dolore fatto carne viva per il funebre “Lamento per Rocco Scotellaro”(1953 –’54), il sindaco poeta di Tricarico, dai capelli rossi e “dal viso lentigginoso” – morto giovanissimo a trent’anni nel ’53 – cantore de “L’uva puttanella” (oltreché autore di poesie di intenso vigore), con cui Levi si legò di fraterna amicizia (dedicandogli vari ritratti) e che volle protagonista
“ideale” del suo epico telero “Lucania ‘61”, cinque enormi pannelli in cui c’è tutto “il dolore antico” e il “coraggio di esistere” del suo Sud e che il pittore dipinse su invito di Mario Soldati, per rappresentare la Basilicata alla grande mostra organizzata a Torino per il primo Centenario dell’Unità d’Italia; opera oggi custodita in Palazzo Lanfranchi a Matera e di cui la “Fondazione Amendola” possiede una ragguardevole riproduzione fotografica. Che , fatta eccezione per un possente “Ritratto di Giorgio Amendola” del ’66 – posto accanto alla scultura in bronzo realizzata da Gianni Busso per i cent’anni dalla nascita dello statista – rappresenta il punto d’arrivo di una
mostra che ancora una volta rilegge a fondo lo stretto legame dell’artista torinese con la terra lucana. “Un legame di dare e avere – scrive bene Marta Ragozzino, direttrice del Polo Museale della Basilicata – che ha contribuito, da un lato, ad innescare la miccia delle trasformazioni che hanno portato alla Basilicata moderna (ndr: Matera, Patrimonio dell’Unesco 1993 e Capitale Europea della Cultura 2019) e, dall’altro, ai cambiamenti personali di uno dei più grandi intellettuali del secolo breve”.
Gianni Milani
“Carlo Levi e la Basilicata: dal confino a Italia ‘61”
Fondazione Giorgio Amendola, via Tollegno 52, Torino; tel. 011/2482970
Fino al 28 febbraio 2019 – Orari: lun. – ven. 10-12,30/ 15,30-19; sab. 10-12,30
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Nelle foto
A CAPODANNO E VERSO L’EPIFANIA, COMPRA IN VALLE

A CAPODANNO E VERSO L'EPIFANIA, COMPRA IN VALLE

Torna il rischio incendi nei boschi piemontesi
Da domenica 30 dicembre è in vigore in tutto il Piemonte lo stato di massima pericolosità per incendi boschivi: a dichiararlo è stata la Regione, sulla base delle condizioni meteorologiche previste dal Centro funzionale Arpa
Tutto il Sistema antincendi boschivi ha intensificato il monitoraggio sul territorio e si raccomanda ai cittadini di prestare la dovuta attenzione e rispettare le regole richiamate nel provvedimento: entro una distanza di 100 metri dai terreni boscati, arbustivi e pascolivi sono vietate le azioni che possono determinare anche solo potenzialmente l’innesco di incendio, quali accendere fuochi e fuochi pirotecnici, far brillare mine, usare apparecchi a fiamma o elettrici per tagliare metalli, adoperare apparati o apparecchiature che producano faville o brace, fumare, disperdere mozziconi o fiammiferi accesi, lasciare veicoli a motore incustoditi a contatto con materiale vegetale e combustibile, accendere lanterne cinesi, o compiere ogni altra azione che possa creare comunque pericolo mediato o immediato di incendio. La legge regionale n.15/2018 già prevede che su tutto il territorio è vietato l’abbruciamento all’aperto derivante dai residui delle attività agricole nel periodo compreso tra il 1° novembre e il 31 marzo di ogni anno. Oltre a rammentare che le violazioni di legge sono punite anche penalmente, è utile infine far presente che la collaborazione dei cittadini può essere decisiva nel segnalare tempestivamente al numero unico di emergenza 112 anche le prime avvisaglie di un possibile incendio boschivo. Fornendo informazioni il più possibile precise si contribuisce in modo determinante nel limitare i danni all’ambiente, consentendo a chi dovrà operare sul fuoco di intervenire con tempestività, prima che l’incendio aumenti di forza e di capacità distruttiva. La cessazione dello stato di massima pericolosità sarà stabilita dal Settore Protezione civile e Sistema antincendi boschivi al venir meno delle condizioni meteorologiche di rischio. Per ogni altra informazione consultare www.regione.piemonte.it/protezionecivile/
Classe dirigente, quanta differenza con il passato…
Dunque, non so se siamo ancora in una stagione dove è pressoché proibito fare confronti con la classe dirigente del passato. Nello specifico con quella della prima repubblica e dell’inizio della seconda. Faccio questa domanda perché l’informazione dominante, per anni, ci ha propinato il dogma che tutto ciò che appartiene al passato, in particolare alla classe dirigente della Dc e dei partiti di governo, e anche di opposizione dell’epoca, e’ da rispedire al mittente senza appello. In sostanza e’ da condannare politicamente e culturalmente. E forse anche nello stile e nel metodo. Curiosamente, da qualche mese, qua e là riaffiora la tentazione su alcuni organi dell’informazione dominante – pochi per la verità – di un rimpianto della vecchia e tanto bistrattata classe dirigente del passato. E, nello specifico, proprio di quella democristiana. Ora, al di là del rimpianto o della nostalgia – dipende dai punti di vista delle singole appartenenze – un dato e’ ormai certo: chi ha predicato in questi ultimi anni la rottamazione, chi ha esaltato come un lusso l’incompetenza, chi ha teorizzato l’inesperienza e la mancanza di professionalità politica, non può adesso lamentarsi dei risultati che sono sotto gli occhi di tutti. E lo dico a prescindere dalle legittime scelte politiche di ognuno. Certo, sarebbe un’operazione persin troppo facile elencare gli opinion leader, gli intellettuali da salotto e i frequentatori dei vari talk televisivi nonché i leader politici che per anni hanno teorizzato la necessità di delegittimare tutto ciò che era riconducibile al passato. Salvo poi, adesso, rendersi conto che tutto ciò era solo e soltanto propaganda. O meglio, l’eterno vizio di assecondare le mode contingenti e di rincorrere il vincitore di turno. Non a caso i vari commenti dei “giornaloni” – peraltro il più delle volte scritti da milionari e disponibili a cambiare opinione a seconda del potente di turno – invocano a gran voce il ritorno di una classe dirigente autorevole, competente, radicata nel territorio e soprattutto politicamente qualificata. Certo, e’ un esercizio complicato sostenere oggi la necessità di avere una classe dirigente politica autorevole dopo aver demolito scientificamente quella del passato. O meglio, dopo aver liquidato lo strumento partito – o Dc o altri partiti della seconda repubblica poco importa – e i relativi dirigenti e’ quantomai rischioso, adesso, rinobilitarne il ruolo, la funzione e l’eredità. Ma il tema di una rinnovata e soprattutto preparata classe dirigente politica e’, ormai, all’ordine del giorno
dell’agenda politica italiana. Quando i “giornaloni”, attraverso i loro opinionisti pongono il tema ripetutamente non è più possibile eluderlo. Si tratta di capire, d’ora in poi, quali saranno le parole d’ordine che gettano le basi per un ritorno di qualità della classe dirigente politica. Perché, com’è ovvio, senza i partiti democratici al proprio interno e con una definita identità culturale, difficilmente potrà nascere anche una classe dirigente preparata ed espressiva. Cioè, in ultimo, se i giornaloni e l’informazione dominante continuano a sostenere che la personalizzazione e i “capi” sono strumenti sempre più indispensabili nella politica contemporanea – e quindi continuando a demolire i partiti democratici e a premiare quelli che sono e restano espressione del “capo” – sarà molto difficile ricostruire una classe dirigente dal basso e, soprattutto, attraverso percorsi democratici. E tutto ciò per sventare il pericolo che, come già ci insegnava nella prima repubblica Carlo Donat-Cattin, “la cooptazione dall’alto non preceda il momento della legittimazione democratica dal basso”.
Segui le novità della #MarinaMilitare live su Twitter (@ItalianNavy #ProfessionistiDelMare #ilTuoFuturoèilMare) o sul sito della Marina Militare (www.marina.difesa.it)
E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (nr.102 del 28.12.2018 – 4^ Serie Speciale) e terminerà il 28 gennaio il bando di concorso per l’ingresso in Accademia Navale dei futuri ufficiali della Marina Militare . Nel 2019 sono 110 i posti disponibili per la 1^ classe dei corsi normali dell’Università del Mare che offre un’opportunità formativa esclusiva e avvincente per ragazzi e ragazze che vogliono investire da subito sul proprio futuro, per diventare veri professionisti del mare.
Tanti e variegati sono infatti i percorsi di studio e gli indirizzi professionali a seconda del Corpo di appartenenza: in Scienze Marittime e Navali per il Corpo di Stato Maggiore, in Ingegneria Navale, Ingegneria civile e ambientale, Ingegneria delle Telecomunicazioni per il Corpo del Genio della Marina, in Medicina e Chirurgia per il Corpo Sanitario Militare Marittimo, in Giurisprudenza per il Corpo di Commissariato Militare Marittimo ed in Scienze dell’Amministrazione e Governo del Mare per il Corpo delle Capitanerie di Porto.
Lo slogan della campagna per l’arruolamento #IlTuoFuturoèilMare rappresenta la sintesi di un percorso impegnativo ed ambizioso con il quale i ragazzi e le ragazze dovranno confrontarsi con le proprie capacità e aspirazioni per garantire a se stessi un futuro da protagonisti con il mare. L’Ufficiale di Marina, sia che ricopra ruoli di tipo operativo, che tecnico-logistico o di supporto, conduce una vita dinamica, piena di soddisfazioni professionali ed umane e di grande responsabilità in quanto vene chiamato da subito a condurre team di uomini e donne, oltre alla gestione dei mezzi e delle risorse a disposizione della Forza Armata.
Questo concorso costituisce quindi un’occasione irripetibile per i giovani che vogliono intraprendere una carriera ad alta specializzazione in un ambiente lavorativo in cui ogni persona è un elemento imprescindibile di un ingranaggio perfetto, partendo comunque da un patrimonio unico di tradizioni, storia e valori etici e morali fondamentali per formare i leader del futuro, capaci di operare con professionalità e spirito di sacrificio in molteplici contesti per la sicurezza e la salvaguardia del Paese e a beneficio della collettività con una naturale propensione alla tutela dell’ambiente marino.
Per conoscere meglio la realtà dell’Accademia Navale, nei giorni 19 e 26 gennaio l’Istituto aprirà le porte ai visitatori che potranno così scoprire le varie attività svolte dagli allievi. Sulla pagina dedicata del sito www.marina.difesa.it sarà possibile trovare tutte le informazioni necessarie per partecipare al concorso.
Carta addio. La Regione diventa digitale
Prosegue l’impegno della Regione Piemonte per la completa transizione al digitale, intesa come definizione di sistemi, servizi e modelli organizzativi che sfruttano pienamente la tecnologia attualmente disponibile
Negli ultimi mesi le varie Direzioni regionali hanno compiuto notevoli passi in avanti verso questo traguardo da tagliare per la fine della legislatura: è proseguita l’individuazione e la ridefinizione delle procedure e dei processi amministrativi da rendere adeguati ad una gestione totalmente informatizzata migliorando le produzione di documenti nativi digitali e riducendo il ricorso al cartaceo, sono state attivate le operazioni necessarie per predisporre un unico modello comune per tutte le componenti dei processi (fasi, strumenti, informazioni, comunicazione, produzione). I risultati finora ottenuti sono estremamente soddisfacenti: la percentuale media di documenti conformi al modello nativo digitale prodotti nel 2018 dalla varie Direzioni è stata del 96,1%, con punte superiori al 98%; l’incremento complessivo rispetto al 2017 è stato del 12,5%. In questo periodo si sta in particolare procedendo alla definizione di un data base dei processi dell’ente, che permetta di rispondere a tutte le esigenze di rilevamento, controllo e verifica delle informazioni. Seguirà l’individuazione di un software gestionale e di reportistica che costituirà lo strumento esclusivo per rispondere a tutte le esigenze operative, con specifico riguardo alla ridefinizione semplificata delle procedure, all’individuazione di attività standardizzabili o trasversali, alla gestione totalmente informatizzata dei processi. Tra le iniziative avviate, si segnala quella della Direzione Promozione della Cultura, del Turismo e dello Sport, che ha messo a punto un supporto informativo legato alla gestione dei contributi regionali erogati ad enti e istituzioni culturali, turistici e sportivi che mira a dematerializzare gli iter amministrativi, ridurre i tempi di elaborazione dell’istruttoria, della graduatoria e dei controlli della spesa, mantenere un rapporto costante con i richiedenti per una maggiore trasparenza sull’operato della Pubblica amministrazione. Per rinnovare all’intero assetto organizzativo dell’ente le motivazioni alla base della scelta digitale, l’Amministrazione regionale ha avviato ultimamente un’azione di informazione diffusa per ribadire che digitalizzare fa bene all’ambiente, crea nuove opportunità di
lavoro, apre nuovi segmenti di mercato, offre prospettive di innovazione, abbatte le barriere architettoniche e sociali. Una sfida quindi non solamente tecnologica, nonostante la tecnologia sia fondamentale e necessaria, ma soprattutto comportamentale: è necessario che i funzionari siano consapevoli che il pensiero digitale deve influenzare il miglioramento dei servizi pubblici e l’eliminazione dei processi e delle norme inutili, e non semplicemente automatizzare i processi esistenti. Insomma, un’operazione che deve reinventare il modo in cui i servizi pubblici sono concepiti, disegnati, gestiti e fruiti, e che ha inoltre lo scopo di rafforzare il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda europea 2030 e la promozione dell’informazione del Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID) come primo fattore per la piena realizzazione della cittadinanza digitale.
(cs) www.regione.piemonte.it
E’ nato il primo Ambulatorio di patologia eredo-familiare femminile – BRCA
sull’onda lunga di Angelina Jolie, afferente alla Ginecologia e Ostetricia 4 dell’ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino, diretta dal dottor Saverio Danese
Tale servizio è dedicato alle donne affette e non affette da patologia tumorale, che sono risultate positive ai test genetici BRCA o che hanno familiarità tale da rendere probabile una patologia a trasmissione ereditaria. Il carcinoma della mammella resta la prima causa di morte tra le donne tra i 40 e i 50 anni. Il tumore ovarico è il sesto tumore più diagnosticato tra le donne e la quinta causa di morte per tumore nelle donne di età compresa tra i 50 e i 59 anni; sicuramente si tratta della neoplasia ginecologica a peggior prognosi nel mondo occidentale: la sopravvivenza a 5 anni non supera il 40% contro l’89% del tumore mammario. La mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 accresce rispettivamente il rischio di cancro al seno ed alle ovaie e le donne portatrici di mutazioni di tali geni hanno un’elevata probabilità (circa il 60%) di sviluppare un tumore mammario nell’arco della vita. Le mutazioni di tali geni conferiscono anche un rischio di carcinoma ovarico stimato nell’ordine del 40% per il BRCA1 e del 20% per il BRCA2. “L’apertura dell’ambulatorio dedicato alle pazienti con mutazione BRCA va a rispondere ad una esigenza sempre più sentita sull’onda del fenomeno Angelina Jolie e delle numerose notizie sull’argomento che vengono dai Media. Al Sant’Anna ci occupiamo di questo argomento da anni sulle pazienti affette da patologia tumorale – spiega il dottor Danese, Responsabile del Day Hospital Oncologico – ma era venuto il momento di dare un punto di riferimento certo, dove si possano trovare notizie corrette sull’argomento, sulle terapie preventive e per le donne non affette, sull’opportunità o meno di eseguire il test.” Lo screening per il BRCA1 e BRCA2 è strategico per ridurre il rischio delle donne positive. Essere portatrici di una mutazione di questo tipo non equivale affatto ad una condanna automatica, poiché, con un programma di controlli seriati, se anche il tumore si manifesta, viene spesso diagnosticato in tempo utile per essere curato e la prognosi non è molto diversa da quella della media generale delle pazienti, ma questi controlli spesso sono lasciati al giudizio del singolo ginecologo curante. “L’obiettivo dell’ambulatorio è quello di creare un vero e proprio percorso personalizzato per la gestione delle donne BRCA mutate, che necessitano di attenti monitoraggi ginecologici sia pelvici che mammari, cosi come emerge dalla Linee guida nazionali ed internazionali, in accordo con la Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta, diretta dal dottor Oscar Bertetto” spiega la dottoressa Elisa Picardo, medico della Ginecologia e Ostetricia 4. “L’istituzione di questo servizio è un tassello fondamentale per rendere ancora più completa l’offerta diagnostico – terapeutica del nostro ospedale – sottolinea il porofessor Paolo Zola, responsabile della SSD di Organizzazione e coordinamento percorsi in Oncologia ginecologica pelvica – un passaggio fondamentale per la corretta presa in carico delle donne a rischio eredo-familiare, oltre ad essere argomento di ricerca scientifica” Per potervi accedere è necessario prenotare presso la Segreteria unificata Sant’Anna “Breast Unit / Pelvi / DH Oncologico”, aperta dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle ore 15, tel. n. 011 3134377. La sede è l’ambulatorio F di via Ventimiglia 1 al primo piano ed i medici che vi operano sono Saverio Danese, Elena Bertone, Marco Mitidieri ed Elisa Picardo. “Attualmente i familiari che hanno ereditato la mutazione non sono quasi mai presi in carico adeguatamente dal Servizio Sanitario nazionale. Succede così che le donne a rischio genetico siano costrette a gestirsi da sole (capire dove andare a fare i controlli, parlare con i vari professionisti coinvolti, decidere cosa fare tra sorveglianza e chirurgia profilattica) – riferiscono le pazienti stesse attraverso le Associazioni ActoPiemonte Onlus ed In seno alla vita Onlus – troppo spesso le persone non trovano risposte, o trovano risposte sbagliate basate su pregiudizi o ignoranza”.
Capodanno, “botti selvaggi” nonostante i divieti
