redazione il torinese

CONVEGNO PROTEGGIAMO IL TERRITORIO, SALVIAMO L’UOMO: ESCLUSI ANIMALISTI E AMBIENTALISTI

GLI AGRICOLTORI ORGANIZZANO E LE ASSOCIAZIONI PROTESTANO

Il Tavolo Animali & Ambiente, costituito dalle associazioni animaliste e ambientaliste ENPA, LAC, LAV, LEGAMBIENTE L’Aquilone, LIDA, OIPA, PRO NATURA, SOS GAIA, ha inviato una lettera di protesta alla Confederazione Italiana degli Agricoltori e per conoscenza alla Regione Piemonte per aver organizzato il convegno “Proteggiamo il territorio – salviamo l’uomo” il 18 febbraio presso Palazzo Lascaris escludendo le associazioni animaliste e ambientaliste che da anni si battono in modo costruttivo per risolvere le emergenze dei danni arrecati all’agricoltura. Dichiarano le associazioni: “La questione dei danni arrecati all’agricoltura dalla fauna selvatica è a noi ben nota ed è nell’interesse di tutti affrontare in modo costruttivo le emergenze che nel convegno verranno rappresentate. Da molti anni le associazioni aderenti al Tavolo Animali & Ambiente seguono le vicende legate al controllo della fauna selvatica anche con proposte serie e costruttive. Pensare di escludere dal dibattito e dal confronto soggetti che rappresentano una amplissima parte della società è, a nostro avviso, un errore.” Le associazioni rimarcano che “avviare una crociata per l’applicazione acritica di una illegittima delibera della Giunta Regionale, che con tutta probabilità tra poche settimane verrà sospesa dal TAR, non porterà nemmeno ad affrontare, non diciamo a risolvere, le questioni che stanno a cuore al mondo agricolo.” E concludono: “Da parte nostra la disponibilità al dialogo è sempre presente in quanto non ci sentiamo “controparte” degli agricoltori.”

Per il Tavolo Animali & Ambiente: Roberto Piana Vice presidente nazionale LAC

L’intelligenza? Non è questione di colore della pelle

Dimostrato da uno studio mondiale che l’intelligenza e lo sviluppo neuroevolutivo non dipendono dal colore della pelle, ma sono molto simili tra soggetti di aree geografiche e culturali molto diverse. Sono stati appena pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale Nature i risultati del progetto internazionale INTERGROWTH-21st, finanziato dalla Fondazione Bill & Melinda Gates e coordinato dall’Università di Oxford (UK), che ha monitorato dalla nascita fino ai due anni di età la crescita e lo sviluppo neuroevolutivo di neonati sani ed in buone condizioni ambientali, distribuiti in quattro continenti.  I ricercatori del gruppo hanno dimostrato che le tappe dello sviluppo neuroevolutivo nei primi due anni di vita, per quanto concerne l’apprendimento, il linguaggio e le abilità motorie, sono, così come la crescita corporea, molto simili tra soggetti di aree geografiche e culturali molto diverse, a parità di soddisfacenti condizioni socio-economiche, ambientali e di salute. Al progetto ha partecipato per la componente neonatale e pediatrica, unico Centro dell’Europa continentale, la Neonatologia universitaria della Città della Salute di Torino (diretta dal professor Enrico Bertino).  Questi risultati sono di particolare rilievo in quanto si tratta del primo studio di questo tipo sullo sviluppo neuroevolutivo durante l’infanzia ad essere condotto in vari Paesi del mondo con metodologia uniforme e standardizzata. Nella prima fase dello studio è stato sviluppato da un team internazionale multidisciplinare, dopo accurata revisione della letteratura, un test multidimensionale ad hoc, finalizzato a misurare lo sviluppo neurocomportamentale durante la prima infanzia in soggetti appartenenti a contesti culturali diversi. Il test considera le abilità linguistiche, motorie, visive, uditive, cognitive e di attenzione.  I ricercatori hanno valutato 1307 bambini sani, residenti in aree urbane, adeguatamente nutriti ed in buone condizioni socio-economiche, in 5 Paesi del mondo (Brasile, India, Italia, Kenya e Regno Unito). Questa parte del progetto è stata coordinata per l’Italia dalla neonatologa Francesca Giuliani, dell’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino.  La percentuale di variabilità totale nello sviluppo neuroevolutivo che può essere attribuita a differenze tra le diverse popolazioni è risultata molto bassa, variando dall’1,3% dell’area cognitiva al 9,2% della parte comportamentale. Nell’insieme, dunque, meno del 10% delle differenze nello sviluppo è attribuibile ai geni (nature), il resto è ambiente (nurture). I risultati dello studio sottolineano come le diseguaglianze ambientali e sociali durante la gravidanza e nella prima infanzia abbiano, nei diversi gruppi etnici, il ruolo più rilevante nel determinare le differenze non solo di salute e di crescita, ma anche di sviluppo neuroevolutivo, fornendo un importante contributo per la pianificazione a livello internazionale di adeguate politiche sanitarie e sociali.ll progetto INTERGROWTH-21st aveva già precedentemente dimostrato come da donne sane, ben nutrite, in buone condizioni socio-economiche ed ambientali, nascano neonati con una crescita intrauterina e postnatale simile, almeno fino ai due anni di età, indipendentemente dall’etnia e dall’area geografica di nascita. 



Pierpaolo Berra

L'intelligenza? Non è questione di colore della pelle

Dimostrato da uno studio mondiale che l’intelligenza e lo sviluppo neuroevolutivo non dipendono dal colore della pelle, ma sono molto simili tra soggetti di aree geografiche e culturali molto diverse. Sono stati appena pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale Nature i risultati del progetto internazionale INTERGROWTH-21st, finanziato dalla Fondazione Bill & Melinda Gates e coordinato dall’Università di Oxford (UK), che ha monitorato dalla nascita fino ai due anni di età la crescita e lo sviluppo neuroevolutivo di neonati sani ed in buone condizioni ambientali, distribuiti in quattro continenti.  I ricercatori del gruppo hanno dimostrato che le tappe dello sviluppo neuroevolutivo nei primi due anni di vita, per quanto concerne l’apprendimento, il linguaggio e le abilità motorie, sono, così come la crescita corporea, molto simili tra soggetti di aree geografiche e culturali molto diverse, a parità di soddisfacenti condizioni socio-economiche, ambientali e di salute. Al progetto ha partecipato per la componente neonatale e pediatrica, unico Centro dell’Europa continentale, la Neonatologia universitaria della Città della Salute di Torino (diretta dal professor Enrico Bertino).  Questi risultati sono di particolare rilievo in quanto si tratta del primo studio di questo tipo sullo sviluppo neuroevolutivo durante l’infanzia ad essere condotto in vari Paesi del mondo con metodologia uniforme e standardizzata. Nella prima fase dello studio è stato sviluppato da un team internazionale multidisciplinare, dopo accurata revisione della letteratura, un test multidimensionale ad hoc, finalizzato a misurare lo sviluppo neurocomportamentale durante la prima infanzia in soggetti appartenenti a contesti culturali diversi. Il test considera le abilità linguistiche, motorie, visive, uditive, cognitive e di attenzione.  I ricercatori hanno valutato 1307 bambini sani, residenti in aree urbane, adeguatamente nutriti ed in buone condizioni socio-economiche, in 5 Paesi del mondo (Brasile, India, Italia, Kenya e Regno Unito). Questa parte del progetto è stata coordinata per l’Italia dalla neonatologa Francesca Giuliani, dell’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino.  La percentuale di variabilità totale nello sviluppo neuroevolutivo che può essere attribuita a differenze tra le diverse popolazioni è risultata molto bassa, variando dall’1,3% dell’area cognitiva al 9,2% della parte comportamentale. Nell’insieme, dunque, meno del 10% delle differenze nello sviluppo è attribuibile ai geni (nature), il resto è ambiente (nurture). I risultati dello studio sottolineano come le diseguaglianze ambientali e sociali durante la gravidanza e nella prima infanzia abbiano, nei diversi gruppi etnici, il ruolo più rilevante nel determinare le differenze non solo di salute e di crescita, ma anche di sviluppo neuroevolutivo, fornendo un importante contributo per la pianificazione a livello internazionale di adeguate politiche sanitarie e sociali.ll progetto INTERGROWTH-21st aveva già precedentemente dimostrato come da donne sane, ben nutrite, in buone condizioni socio-economiche ed ambientali, nascano neonati con una crescita intrauterina e postnatale simile, almeno fino ai due anni di età, indipendentemente dall’etnia e dall’area geografica di nascita. 



Pierpaolo Berra

Auto si schianta, muore ragazzo di 19 anni

DALLA LOMBARDIA 

Nuovo incidente mortale sulle strade italiane. Nella notte, in provincia di Bergamo, tra Dalmine e Treviolo, lungo l’ex statale Villa d’Almè-Dalmine, un’auto con a bordo quattro ragazzi è uscita di strada. Uno di loro, di 19 anni, è morto sul colpo nello schianto.  Gli altri tre giovani sono stati trasportati dal 118 negli ospedali della zona: si tratta di due ragazzi di 19 e 23 anni e di una ragazzina di 12 anni.

 

(foto archivio – il Torinese)

LEU INTERVIENE SULL’IMPUGNATIVA CONTRO LA STABILIZZAZIONE DEI MEDICI PRECARI 118

Il Governo giallo-verde ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale il provvedimento con cui la Regione Piemonte stabilizza gli oltre 80 medici che prestano servizio sulle ambulanze del 118 con contratti a tempo determinato. Si tratta di personale che lavora già da anni all’interno del servizio 118 ma che fino ad oggi non è stato possibile assumere a tempo indeterminato.

“Si tratta di un atto gravissimo – è la dichiarazione di Marco Grimaldi, capogruppo di LeU in Consiglio regionale – perché mette in pericolo 80 posti di lavoro a tempo indeterminato e soprattutto costringe inutilmente all’incertezza le famiglie di questi lavoratori che non solo lavorano con la salute dei cittadini piemontesi, ma lo fanno con un’esperienza di molti anni alle spalle”.

Sulla questione interviene anche Walter Ottria, consigliere regionale alessandrino che, sollecitato da alcuni dei medici interessati, per primo tre anni fa si è occupato della vicenda: “la sanatoria è stata la soluzione di buon senso trovata alla fine di un lungo lavoro di confronto tra i precari del 118, l’Assessore alla Sanità piemontese e pure con le opposizioni in Regione, al fine di sanare le situazioni lavorative dei medici di comprovata professionalità, con esperienza pluriennale al servizio del sistema dell’emergenza 118 per il nostro SSN”.

“Quello del Governo è un atto ostile – rincara la dose Grimaldi – se è un problema di competenze, prima di impugnare la decisione regionale il Governo si assuma la responsabilità di stabilizzare lui i lavoratori. Se si tratta invece di una posizione politica del Governo giallo-verde dovranno risponderne davanti ai medici precari e ai cittadini”.

Si tratta ora di capire quali siano le motivazioni del Governo che oggi risultano incomprensibili: “l’impugnazione da parte del Governo – prosegue Ottria – rischia non solo di pregiudicare la vita degli 80 medici precari piemontesi ma anche di mettere in seria difficoltà la continuità del servizio sanitario regionale: in una situazione di persistente mancanza di personale medico, la decisione governativa appare inspiegabile. Tanto più – conclude Ottria – che una simile sanatoria è stata fatta da altre Regioni senza che il Governo abbia mai eccepito in proposito; da questo punto di vista l’impugnazione governativa appare più un atto politico che tecnico”.

LEU INTERVIENE SULL'IMPUGNATIVA CONTRO LA STABILIZZAZIONE DEI MEDICI PRECARI 118

Il Governo giallo-verde ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale il provvedimento con cui la Regione Piemonte stabilizza gli oltre 80 medici che prestano servizio sulle ambulanze del 118 con contratti a tempo determinato. Si tratta di personale che lavora già da anni all’interno del servizio 118 ma che fino ad oggi non è stato possibile assumere a tempo indeterminato.

“Si tratta di un atto gravissimo – è la dichiarazione di Marco Grimaldi, capogruppo di LeU in Consiglio regionale – perché mette in pericolo 80 posti di lavoro a tempo indeterminato e soprattutto costringe inutilmente all’incertezza le famiglie di questi lavoratori che non solo lavorano con la salute dei cittadini piemontesi, ma lo fanno con un’esperienza di molti anni alle spalle”.

Sulla questione interviene anche Walter Ottria, consigliere regionale alessandrino che, sollecitato da alcuni dei medici interessati, per primo tre anni fa si è occupato della vicenda: “la sanatoria è stata la soluzione di buon senso trovata alla fine di un lungo lavoro di confronto tra i precari del 118, l’Assessore alla Sanità piemontese e pure con le opposizioni in Regione, al fine di sanare le situazioni lavorative dei medici di comprovata professionalità, con esperienza pluriennale al servizio del sistema dell’emergenza 118 per il nostro SSN”.

“Quello del Governo è un atto ostile – rincara la dose Grimaldi – se è un problema di competenze, prima di impugnare la decisione regionale il Governo si assuma la responsabilità di stabilizzare lui i lavoratori. Se si tratta invece di una posizione politica del Governo giallo-verde dovranno risponderne davanti ai medici precari e ai cittadini”.

Si tratta ora di capire quali siano le motivazioni del Governo che oggi risultano incomprensibili: “l’impugnazione da parte del Governo – prosegue Ottria – rischia non solo di pregiudicare la vita degli 80 medici precari piemontesi ma anche di mettere in seria difficoltà la continuità del servizio sanitario regionale: in una situazione di persistente mancanza di personale medico, la decisione governativa appare inspiegabile. Tanto più – conclude Ottria – che una simile sanatoria è stata fatta da altre Regioni senza che il Governo abbia mai eccepito in proposito; da questo punto di vista l’impugnazione governativa appare più un atto politico che tecnico”.

Un colpo di pistola al termine di amori e illusioni

È la piccola distesa del lago – nella scena firmata da Catherine Rankl per il Teatro Nazionale di Genova e in scena al Carignano nel cartellone dello Stabile di Torino – Teatro Nazionale sino a domenica 24 -, con la sua stanca immobilità, perennemente eguale, quotidiana, eterna nelle settimane e nelle stagioni (“è colpa del lago, fa gli incantesimi”, dice un personaggio), a raccogliere le vicende della casa di Irina Arkadina, a divenire il grumo più o meno vitale attorno a cui quasi intrappolare chi vi abita e chi vi soggiorna temporaneamente, ad occupare totalmente nei primi due atti di questo Gabbiano cechoviano il palcoscenico per non abbandonarlo neppure negli altri due, sotto le luci teatrali ben in vista, ancora sullo sfondo e a lato, con i sentieri e le passerelle che lo circondano, con i suoi vasti panorami centrati sul sole o sulla luna. È il luogo, nella simbologia del titolo, dove la spensierata felicità di un gabbiano viene all’improvviso, senza un perché, annientata dall’indifferenza di un cacciatore e dove Nina, una giovane ragazza con il suo sogno sempre cullato di diventare una grande attrice, s’invischia nella passione per Trigorin – il grande scrittore di successo e di quel successo innamorato, vanesio, felice se il pubblico parla bene di lui, magari già pronto alle piccole critiche (“non è Turgeniev”) e infelice a suo modo – che per un attimo la sottrae alla noia della campagna, in un inseguirsi di amore e di fatalità, la spinge sui palcoscenici e verso il successo, le dà un figlio e l’abbandona verso quella consapevole distruzione che la riporta alla noia e al sogno di sempre.

Amore e arte sulle rive di quel lago. Mentre si intrecciano dialoghi vuoti, mentre “tutti filosofeggiano”, mentre si costruiscono azioni e parole, infelicità e speranze, il giovane Konstantin vi prepara il suo spettacolo, che ha offerto all’arte di Nina che ama, uno spettacolo diverso, innovativo per gli occhi della madre Irina, per la sua idea antica e senza uscite di teatro, che lo irride e lo distrugge, nella ricerca del consenso di Trigorin, suo amante. Un girotondo d’amore, con i sospiri e le ribellioni, gli innamoramenti e le sconfitte, i turbamenti angosciosi che invadono tanti dei personaggi di Cechov e il loro mal di vivere, campioni di una vita vissuta per necessità, un’altalena di affetti e delusioni e di rimpianti che si riverserà negli anni successivi nel mondo di Zio Vavia, nell’abbattimento del Giardino, nel grido di evasione delle Tre sorelle. L’amore che appiana ogni cosa, il successo e la comprensione, la felicità trovata o ritrovata in un attimo immediatamente distrutte, la sarabanda delle illusioni che travolge tutto e tutti, sino a che un colpo di pistola finale, solitario mentre di là tutti sono impegnati tra le risate in un gioco a carte, conclude ogni cosa. Dal lago della monotonia al colpo secco di Konstantin: di qui – il primo dei capolavori che lo scrittore russo scrisse per il palcoscenico data 1895 (e il regista, nella traduzione di Danilo Macrì, ha scelto quella versione, prima che la censura zarista non s’affacciasse con i suoi interventi) – inizia tanta strada dell’Uomo del Novecento, prendono forma le grandi tragedie, da quel colpo di pistola ci si avvia verso quella lunga crisi esistenziale che tanta parte avrà nel teatro del secolo successivo, si concretizza il nulla dell’uomo e i suoi fallimenti personali e storici, i fermenti sociali (il maestro che narra dei poveri disperati e del furto del sacco di farina), le attese e le lande sconfinate beckettiane, i rapporti immaturi e rabbiosi tra le differenti generazioni (la scena a due tra Irina e Konstantin, dopo il primo tentativo di suicidio), il disagio giovanile e le sconnessioni familiari, gli amori senza amore che hanno fatto anche tanta letteratura e tanto cinema (Maša e la sua unione con il maestro), le idee indecifrabili e insormontabili tra la vita e l’arte, la generale mancanza di ideali, lo smarrimento che avvolge senza remissione ogni individuo.Getta tutti questi ponti verso la nostra epoca Marco Sciaccaluga, con il grande merito di non renderci un dramma vecchio stile ma con l’accorta signorilità di lavorare su una base di strana leggerezza, fin dove gli è possibile, scavando nei caratteri e lasciandone trasparire anche il sorriso, affrontando il tragico in punta di piedi. Non è una leggerezza che si vuole risparmiare gli angoli bui, è qualcosa di giusto e doveroso al servizio di un testo che non ci si stanca mai di vedere e ascoltare. Un testo che coinvolge una decina di ruoli e tutti i ruoli, anche il più piccolo, esige e merita perfetta immedesimazione. Ci riesce Elisabetta Pozzi, non (ri)facendo la grande diva del passato, non troppo poseuse, e sfruttando appieno, con grande autorevolezza d’attrice, i momenti materni; ci riescono i giovani, Francesco Sferrazza Papa come giovanissimo poeta in primo luogo che esprime appieno, in maniera davvero moderna, il proprio personaggio, con la sua passione e la sua intransigenza, il desiderio spasmodico della ragazza amata coniugato con un innocente candore, e Alice Arcuri che, se all’inizio bamboleggia un po’ in quell’irrefrenabile desiderio di salire in palcoscenico, trova presto gli accenti giusti nella passione per Trigorin, ben lontana da smaccate civetterie, e riempie con grande bravura l’ultimo atto con il ritorno a casa della sua Nina. In Stefano Santospago, come Trigorin, affascina la consapevolezza del fallimento ma forse rimane in gran parte inespressa la malinconia e il lasciarsi vivere di cui è vittima anche quel personaggio. Dalla Maša di Eva Cambiale, uno dei più bei personaggi “minori” di Cechov ci si sarebbe aspettato qualcosa in più, nella disperazione come nell’accettazione della propria vuoto esistenza. Con loro, per una serata di vivissimo successo, Federico Vanni, Roberto Alinglieri, Elsa Bossi, Roberto Serpi (perfetto medico Dorn) e Andrea Nicolini, anche autore delle musiche, felicemente sospese sui poveri personaggi cechoviani.

 

Elio Rabbione

 

Le foto dello spettacolo sono di Giuseppe Maritati

 

Nostalgie di Coppa Italia

E’ iniziata nuovamente la Kermesse della Coppa Italia e purtroppo la nostra squadra, la FIAT Torino Auxilium, non è presente dopo averne vinto l’ultima edizione

Per tutti coloro che l’altr’anno si affacciavano chi alla TV e chi, i più eroici e “fortunati” , dal vivo, è un tuffo al cuore rivedere i canestri “ruvidi” del Palazzetto di Firenze e quel campo dove si era vinto in maniera sorprendente ma meritata. Un campo dove si scivola come non mai e i palloni nuovi sono difficili da controllare, ma, d’altra parte, un campo usato poco ha qualche pregio e qualche difetto. Ma a noi, che ormai siamo solo spettatori, lo spettacolo delle “final 8” fa male. Soprattutto dopo aver visto lo spettacolo delle prime quattro partite, dove per spettacolo intendiamo aver vinto o perso all’ultimo secondo e non il vero e proprio gioco. Apro una parte tecnica, da “vecchio” coach di basket, in cui vorrei dire che queste partite “ad onde” (in cui una squadra va sopra di tanto e poi l’altra recupera e poi ancora si ribaltano… ecc. ecc. ) sono indice di carenza gestionale e tecnica della partita da parte degli allenatori, in cui, se proprio volessimo essere pignoli, non è di solito la bravura di uno o dell’altro allenatore a far la differenza, ma gli errori dell’uno o dell’altro a permettere rimonte “storiche”. Un esempio? L’allenatore di Venezia chiama time out sopra di uno a tre secondi dalla fine con palla in mano a Sassari. Sassari non aveva più time out e avrebbe fatto una rimessa non organizzata per l’ultimo tiro. Venezia esaurisce con questo i time-out. Grazie alla presunzione di organizzare una difesa il risultato è che Sassari organizza un ultimo tiro perfetto, e, non avendo più time-out Venezia a un secondo dalla fine butta in campo la palla senza schemi e ovviamente perde. Di esempi in queste quattro partite siamo pieni…ma la dimostrazione viene omessa… . In tutto questo, l’assenza della FIAT Torino è un dispiacere multiplo, in quanto ultimamente, tutti i “disastri” purtroppo accaduti non hanno consentito di essere presenti, ma visti i risultati, non credo che oggi avremmo sfigurato. 

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La gestione dei nostri colori è stata sempre difficile e in alcuni casi, come la Coppa Italia vinta l’altr’anno, addirittura eroica. Ma, a tutti coloro che a tutti i livelli si stanno occupando di regalare da anni emozioni al basket Torinese, dovrebbe andare, anche dai più reconditi ambiti del proprio cuoricino, un piccolo grazie per il sogno vissuto fin qui, che mai era arrivato a vincere qualcosa. Come disse il nostro capitano…non avevamo mai vinto un c…o ..! Ora si sta lavorando per proseguire al meglio, e non è facile, ma lo sport professionistico non è il dilettantismo, non è amatoriale: è un’industria, con tutti i vantaggi e svantaggi del caso. Peccato per non essere di nuovo a Firenze, ma speriamo nel futuro. A tutti coloro che credono in Torino cestistica arrivi un invito: tanti lavorano nell’ombra (e sono sempre coloro che nessuno vede ma senza di loro “lo spettacolo non va in scena”) e sono tutti quelli che non vedete ma che ci permettono di emozionarci e a loro vada il nostro grazie “occulto”; alcuni sono quelli che vanno in campo, e sono il “clou” dello spettacolo e a loro vanno gli applausi e le grida della partita; molti sono i tifosi e hanno bisogno del basket per “vivere”, e quindi, a tutti arrivi l’invito di stare vicino a tutti coloro che lavorano presso la FIAT Torino Auxilium, perché il sogno possa continuare e perché i sogni tornino realtà. Quel pallone che entra nel canestro è il nostro mantra per la salute, quel rimbalzo preso è il nostro adesivo sul cuore, quel passaggio smarcante è l’apertura del nostro respiro. Viviamo di basket: facciamo vivere il basket a Torino. GO on AUX, questa è Torino.

Paolo Michieletto

 

“UN FORTISSIMO GRUPPO DI CENTRO-DESTRA PER RIDARE SLANCIO ALLA CITTÀ’ DI RIVOLI”

Un Centro-Destra ultra compatto ha presentato ieri, sabato 16 febbraio, il candidato sindaco alla Città di Rivoli. Il nome è quello di Andrea Tragaioli, già sindaco di Rosta e originario di una delle famiglie storiche rivolesi. La coalizione che vede alleati Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Democrazia Cristiana, la lista civica “Rivoli nel Cuore” e il Popolo della Famiglia, intende giocare da protagonista per ridare un forte impulso alle azioni di rilancio della Città di Rivoli che e’ uno dei simboli della cintura torinese. Dalla sicurezza e provvedimenti contro la microcriminalità, all’attenzione al terzo settore, il programma promette azioni concrete sul territorio. Laura Adduce segretario della Lega di Rivoli si dice positiva e soddisfatta del lavoro che ha portato alla scelta del programma ed “ora, dopo  anni è arrivato il momento di convincere i rivolesi a cambiare e voltare pagina”. A breve saranno presentate anche due sedi operative della campagna elettorale una nel cuore di Cascine Vica e l’altra nei pressi di Piazza Martiri.

C.V.

"UN FORTISSIMO GRUPPO DI CENTRO-DESTRA PER RIDARE SLANCIO ALLA CITTÀ’ DI RIVOLI"

Un Centro-Destra ultra compatto ha presentato ieri, sabato 16 febbraio, il candidato sindaco alla Città di Rivoli. Il nome è quello di Andrea Tragaioli, già sindaco di Rosta e originario di una delle famiglie storiche rivolesi. La coalizione che vede alleati Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Democrazia Cristiana, la lista civica “Rivoli nel Cuore” e il Popolo della Famiglia, intende giocare da protagonista per ridare un forte impulso alle azioni di rilancio della Città di Rivoli che e’ uno dei simboli della cintura torinese. Dalla sicurezza e provvedimenti contro la microcriminalità, all’attenzione al terzo settore, il programma promette azioni concrete sul territorio. Laura Adduce segretario della Lega di Rivoli si dice positiva e soddisfatta del lavoro che ha portato alla scelta del programma ed “ora, dopo  anni è arrivato il momento di convincere i rivolesi a cambiare e voltare pagina”. A breve saranno presentate anche due sedi operative della campagna elettorale una nel cuore di Cascine Vica e l’altra nei pressi di Piazza Martiri.

C.V.