Il loro progetto sarebbe stato quello di uccidere due persone servendosi di un veleno, come nelle spy-stories che spesso si trasformano in realtà. L’episodio è al centro dell’indagine dei carabinieri del Ros negli ambienti dell’estrema destra torinese, nell’ambito della quale sono scattati quattro arresti all’alba. Si tratta di giovani italiani tra i 20 e i 24 anni, nei confronti dei quali si procede per produzione e detenzione di aggressivo chimico, tentato omicidio aggravato e continuato, tentata fabbricazione di arma da fuoco clandestina. Il veleno, la ricina, sarebbe prima o poi , nelle intenzioni dei soggetti arrestati, stato somministrato di nascosto a due italiani che si erano fidanzati con ragazze di cui gli indagati si erano invaghiti. Una delle due vittime era già stata avvelenata lo scorso novembre durante una serata organizzata da Casa Pound in un locale torinese, l’Asso di Bastoni. Il veleno era stato versato in un bicchiere di vodka ma non si era diluito a sufficienza e così il ragazzo aveva solo avuto mal di stomaco e attacchi di vomito.
Agnolotti stellati per i senza cibo
Il Pastificio Artigianale ‘Virgilio’ dona pasta per la ‘Mensa dei Poveri’: e a prepararla la domenica sono i dipendenti
Torino storicamente è una citta attenta al sociale, coltivando ancora oggi l’esempio di alcuni suoi grandi santi da Giovanni Bosco a Giuseppe Benedetto Cottolengo. A quest’ultimo si ispira la ‘Mensa dei Poveri’, creata da un prete carismatico cottolenghino come don Adriano Gennari, che ogni mese sfama circa 6 mila persone. Nei locali di via Belfiore 12 ogni sera centinaia di persone bisognose trovano la cena e alla domenica tanti bisognosi ottengono pani e pizza per il loro pranzo. Quello di domenica 7 aprile sarà un pranzo doppiamente speciale: primo, perchè celebra in anticipo la Pasqua; seondo, perché sarà servito un pasto caldo, con un ricco e fumante piatto di agnolotti, prodotti dal celebre pastificio ‘Virgilio’, i cui titolari Anna Upinot e Davide Benedetto e i loro dipendenti si occuperanno anche di cucinarli e di servirli, insieme ai sempre generosissimi volontari dell’associazione Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione Onlus, che manda avanti la ‘Mensa dei Poveri’ con un lodevole impegno, sotto la guida paterna di don Gennari, che dichiara: “I poveri sono il profumo dell’amore di Dio nel cuore dell’umanità. Le mani e il cuore dei cari benefattori Anna e Davide, che ringrazio profondamente per la generosità, sono preziosi per servire Gesù in loro, insieme all’aiuto prezioso del loro personale”.
Il pastificio ‘Virgilio’ delle cose buone ne fa una ragione d’essere. I prodotti buoni, anzi buonissimi, li fa nel suo nuovo e modernissimo laboratorio di Rivoli, ma a questi accoppia anche le buone azioni.
Una dimostrazione concreta è la decisione di questa rinomata azienda artigianale, che si è affermata per l’eccellenza della sua pasta e di tutta la vasta gamma gastronomica, di far gustare la propria specialità alle persone più bisognose. “Prepareremo degli agnolotti con un ripieno di prodotti del periodo, perché riteniamo possano essere graditi da tutti – annuncia Anna Upinot – E’ un’iniziativa che ci fa molto piacere realizzare e che affronteremo con emozione e con spirito di servizio. Per questo, insieme ai nostri dipendenti, desideriamo avere un contatto diretto con le persone per offrire loro del cibo, ma anche un sorriso, qualche parola, una stretta di mano, gesti dei quali forse hanno altrettanta necessità. Per questo apprezziamo molto e abbiamo deciso di sostenere con un’azione concreta la Mensa dei Poveri e la preziosa attività che don Adriano e i suoi volontari svolgono”. Il pastificio Virgilio è nato nel 2002 in un piccolo negozio di corso Casale 384 e da allora di strada ne ha fatta parecchia. “Abbiamo quattro punti vendita in Torino (oltre a quello storico, in via Mazzini 38, in corso Brescia 13 e al mercato di piazza Benefica) e uno a Moncalieri – spiega Davide Benedetto – L’autunno scorso abbiamo aperto un ampio laboratorio, dove viene quotidianamente realizzata tutta la nostra produzione, che punta sulla qualità, che ci viene riconosciuta dal titolo di “Maestri del Gusto”, ma soprattutto dai nostri tantissimi clienti, che ci premiano con la loro fedeltà. Siamo davvero orgogliosi di aver creato un’azienda solida, all’avanguardia e di dare lavoro a persone, che condividono i nostri valori, tanto da mettersi gratuitamente a disposizione per questa iniziativa”. Che non resta un una tantum, ma sarà ripetuta una volta al mese sino all’estate, e più precisamente anche nelle domeniche 12 Maggio, 16 Giugno e 14 Luglio.
Le colonne di Superga

Ericsson (NASDAQ: ERIC) e Comau portano alla Hannover Messe il Digital Twin abilitato dalla connettività 5G. Questo progetto d’innovazione, attualmente in fase di sperimentazione, rappresenta uno step ulteriore della partnership che lega da tempo le due realtà, che intendono sviluppare nuovi casi d’uso e soluzioni per l’Industria 4.0 e lo Smart Manufacturing grazie alle potenzialità offerte dalla tecnologia mobile di quinta generazione. Comau ed Ericsson presentano la versione digitalizzata di una linea di montaggio in un impianto automobilistico. Indossando appositi occhiali per applicazioni di Realtà Virtuale i visitatori si trovano immersi nella linea di lavoro e possono “muoversi” all’interno di essa, monitorando i parametri chiave del processo e quelli delle macchine quali, ad esempio, vibrazioni, temperatura, pressioni ed assorbimenti. Un pannello di controllo digitale, fruibile in Realtà Virtuale tramite un tablet standard, può identificare le situazioni che potrebbero creare rallentamenti o interruzioni del processo fornendo istruzioni per affrontare il problema efficacemente. Le caratteristiche della connettività 5G permettono di raccogliere un flusso di dati stabile, continuo e massivo, in real-time, che è vitale per i processi di automazione. Grazie alla bassa-latenza del 5G, il Digital Twin presenta informazioni relative al robot reale sotto forma di output visivi, che permettono di capire come evolverà l’attività del robot nella cella. Non solo: dall’analisi dei dati è possibile prevedere malfunzionamenti e individuare quale componente deve essere riparato o sostituito, suggerendo quali azioni effettuare per intervenire in modo efficace. Il 5G diventa la tecnologia abilitante per ogni attività remota di analytics e digital intelligence su tutti gli asset del sistema produttivo. Il progetto pilota presentato ad Hannover è frutto del continuo sviluppo, unito all’impegno in ricerca e innovazione, di Comau ed Ericsson, per abilitare il processo di trasformazione digitale nel manufacturing. “Le nuove tecnologie digitali e interconnesse di Comau forniscono dati di produzione in tempo reale, dove e quando necessario, contribuendo a ridurre i tempi di inattività, migliorando la qualità complessiva. L’analisi digitalizzata dei dati fornisce ai clienti moltissime informazioni sui flussi e i volumi di produzione – informazioni rese disponibili sia localmente che da remoto. Il 5G è un driver abilitante per la trasformazione digitale all’interno dell’ambiente di Industry 4.0, in particolare grazie alla bassa latenza, alla banda larga e alla connettività Plug & Play delle strumentazioni di fabbrica. La demo presentata insieme ad Ericsson mostra come un Digital Twin viene applicato in una linea di produzione”, rileva Maurizio Cremonini, Comau Head of Marketing and Digital Initiatives Platform. “Ampiezza di banda e bassa latenza, caratteristiche della nuova tecnologia 5G, sono i fattori determinanti che permetteranno di accelerare i processi di digitalizzazione e automazione, abilitando casi d’uso all’avanguardia nell’ambito dello Smart Manufacturing e di Industria 4.0”, afferma Magnus Frodigh, Head of Research di Ericsson. “La demo che presentiamo insieme a Comau mostra come l’implementazione del 5G in ambito industriale consentirà di aumentare la produttività, contenendo i costi”. Il Digital Twin verrà mostrato alla Hannover Messe, dal 1° al 5 aprile, presso lo stand Ericsson nella Hall 8.
Al torinese Palazzo Cavour il via alle celebrazioni per il Cinquecentenario della scomparsa del Genio di Vinci
Mostra “apripista”, quella inaugurata sabato 9 febbraio nelle Sale di Palazzo Cavour a Torino, che ben si inserisce nel frenetico tourbillon di iniziative pensate e progettate sotto la Mole (ma anche a Firenze, a Milano, ovviamente a Parigi custode della“Giocanda” – il ritratto e il sorriso in arte più famoso al mondo – e un po’ ovunque su scala internazionale) per celebrare i 500 anni trascorsi dalla scomparsa di Leonardo Da Vinci, il Genio dei Geni, “avente qualità trascendenti la stessa natura – scriveva nelle sue “Vite” il Vasari – meravigliosamente dotato di bellezza, grazia e talento in abbondanza”. Figura simbolo del 2019, Leonardo di ser Piero da Vinci, nato ad Anchiano il 15 aprile del 1452, morì infatti in Francia, ad Amboise – dov’era stato invitato dallo stesso sovrano Francesco I che gli conferì il titolo di “premier peintre, architecte et mecanicien du roi” – nel 1519. Accanto a lui, l’inseparabile allievo Francesco Melzi, Leonardo spirò il 2 maggio di quell’anno. Cinque secoli fa. E l’anniversario cade giusto fra una manciata di mesi. Di qui il fervore commemorativo con cui da tempo e da più parti si mettono in agenda importanti e suggestivi eventi. Ovunque si possa. In ogni modo e maniera. Appigliandosi a qualsiasi frammento di memoria. Di meraviglie dell’arte e della scienza. Di particolari pittorici. Di capolavori creativi o di bizzarre mirabolanti invenzioni. Perché a quel gran Genio che fu Leonardo, fra i massimi archetipi dell’uomo “universale” proprio del Rinascimento, tutto appare (ed è) dovuto. Originale, in quest’ottica, anche la scelta espositiva che a Palazzo Cavour, sotto l’organizzazione di Next Exhibition e la curatela storico-artistica di Nicola Barbatelli, vede idealmente ricreata, fino al 12 maggio prossimo, la Bottega aperta a Milano da Leonardo negli anni ’80 del Quattrocento, in quella Corte Vecchia di fronte al Duomo, dove confluirono numerosi allievi, i cosiddetti “leonardeschi”, i cui tratti pittorici spesso si riflettono e si confondono nelle cifre stilistiche e nei narrati del Maestro. Tanto da renderne incerte, a volte, le stesse attribuzioni. Degli uni e dell’Altro.
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Sono venticinque in tutto le opere esposte. In tre meritano la più assoluta attenzione (ad ognuna è riservata un’intera sala e la custodia in teche di vetro), in quanto opere che con altissima probabilità portano i segni palesi di interventi aggiuntivi attribuibili allo stesso Leonardo o sono comunque espressione di una collaborazione fattiva e concreta fra il Maestro e la sua Scuola. In primo piano, la “Maddalena discinta”, olio su tavola menzionato per la prima volta nel 1929 dallo storico dell’arte Wilhelm Suida (che in allora lo attribuì al Giampietrino, fra i migliori seguaci di Leonardo) e apparso brevemente nel 1949 in una mostra a Los Angeles, per poi misteriosamente scomparire e altrettanto misteriosamente ricomparire in Svizzera, in una collezione privata. Nel 2005 l’opera fu nuovamente esposta alla “Mole Vanvitelliana” di Ancona, suscitando l’entusiasmo del decano degli studiosi vinciani, Carlo Pedretti, che in essa intuì la strettissima collaborazione fra Leonardo e l’allievo Marco d’Oggiono. In particolare, secondo Pedretti, alla mano del Maestro andrebbe riferito “quel paesaggio sullo sfondo fatto di giochi di luce e ombra, così vicino a quello della Gioconda”, non meno che il sorriso ambiguo ed enigmatico
della Maddalena ritratta “in estasi”. Tracce autografe di Leonardo ben accertabili ancora oggi, e pur anche rilevabili in altri due celebri disegni in mostra a Palazzo Cavour: la “Testa d’uomo” ( già esposta alla Reggia di Venaria nel 2012), realizzata a punta metallica con lumeggiature di biacca su carta, opera del Maestro probabilmente “ripassata” da un allievo e lo “Studio da cavalli e cavalieri” (attribuito), eseguito a penna e inchiostro marrone su carta quale “frammento di pensiero” per la Battaglia di Anghiari, grande pittura murale commissionata a Leonardo nel 1503 per il “Salone dei Cinquecento” di Palazzo Vecchio a Firenze e andata tristemente perduta. Accanto a queste, troviamo in parete un’altra ventina di opere nate all’interno della meneghina Bottega leonardesca e realizzate, solo per citare alcuni nomi, da Gian Giacomo Caprotti (il “Salaì”) autore di un luminoso e vivido “Cristo fanciullo”, come dal Giampietrino (al secolo Giovanni Pietro Rizzoli) cui si deve la “Santa Caterina d’Alessandria”, tema trattato anche da Marco d’Oggiono, via via fino a Cesare da Sesto, con il grande olio su tela raffigurante “San Gerolamo in penitenza” e a Bernardino Scapi detto Bernardino Luini con la sua “Marta e Maria Maddalena”, perfetto e suggestivo esempio del caratteristico “sfumato” leonardesco.
Gianni Milani
“La Bottega di Leonardo. Opere e Disegni in Mostra”
Palazzo Cavour, via Cavour 8, Torino; tel. 011/19214730 – 0881178
Fino al 12 maggio – Orari: dal lun. al ven. 10/18, sab. e festivi 10/20, dom. 10/18
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Farmacie rurali, un presidio necessario
Le farmacie rurali rappresentano un presidio importantissimo per le aree montane del Paese. Nei piccoli Comuni sono punto di riferimento della comunità, storico e del futuro, al pari di municipio, chiesa, caserma dei carabinieri, ufficio postale. Per questo Sunifar-Federfarma, rete delle farmacie, e Uncem, assieme a Cittadinanzattiva, a Roma hanno sottoscritto un patto per portare nuovi e migliori servizi nelle farmacie rurali, punto di riferimento in particolare per le fasce più deboli della popolazione. Il Presidente Uncem Marco Bussone ha avviato una preziosa intesa assieme a Silvia Pagliacci, Presidente Sunifar, con l’appoggio del Presidente nazionale Federfarma Marco Cossolo e del Segretario regionale del Piemonte, Andrea Garrone. Le farmacie rurali, tramite la loro associazione, lavoreranno anche con la Strategia nazionale per le Aree interne, al fine di inserire nelle Strategie d’area nuove opportunità. In particolare, l’azione si muove su cinque fronti: p revenzione, servizi di front-office, diagnostica e tele-assistenza, assistenza domiciliare, emergenza-urgenza. Allinterno di queste macro-aree sono stati individuati alcuni servizi di particolare utilità per le popolazioni locali: test diagnostici di prima istanza, screening di prevenzione di patologie di forte impatto sociale (per la prevenzione); prenotazioni, pagamento ticket, ritiro referti (per i servizi di front office); prestazioni di telemedicina, come ecg, holter cardiaco e pressorio, telespirometria (per la diagnostica e la teleassistenza); consegna di farmaci, dispositivi, materiale per medicazioni e consulenza sanitaria su interazioni, alimentazione (per lassistenza domiciliare); defibrillatori ed effettuazione di piccole medicazioni (per lemergenza-urgenza). “Se coinvolte in queste attività le farmacie rurali, disponibili per vocazione a farsi carico dei problemi dei cittadini nelle zone disagiate, possono svolgere pienamente il ruolo di centro di aggregazione socio-sanitaria e costituire un punto di riferimento pressoché esclusivo per lintera comunità, diventando un problem solver, cioè una struttura polifunzionale che dà risposte a tutti i tipi di problematiche, uno sportello che indirizza il cittadino sul percorso più adatto per i suoi problemi”, sottolinea Silvia Pagliacci. “Apriamo una nuova strada – evidenzia Marco Bussone – È necessario per i Sindaci e le Amministrazioni locali costruire pezzi di collaborazione con il sistema privato per garantire nuovi servizi. Così facciamo con Sunifar-Federfarma. Lo abbiamo già sperimentato con Poste, servono nuovi patti per generare opportunità e benessere sui territori. Le farmacie rurali sono importantissime e possono loro stesse essere ‘case della salute’, snodo della telemedicina e della teleassistenza. Uncem firma questa nuova alleanza su temi fondamentali per i nostri paesi”.
L’informatica al femminile
Il libro di Cinzia Ballesio e Giovanna Giordano edito da Neos Edizioni
“L’informatica al femminile – Storie sconosciute di donne che hanno cambiato il mondo”, questo il titolo completo, testimonia la genialità, la competenza e l’impegno di tante donne nel campo dell’informatica a partire da Ada Lovelace Byron che intuì le potenzialità del computer cent’anni prima che ne fosse effettivamente costruito uno, fino alle ragazze del web.
Bambini e futuro? C'è "Be children"
Edi Righi, imprenditore e mecenate, racconta la innovativa Onlus che insegna ai piccoli a diventare uomini
‘Verba docent, exempla trahunt’, scriveva in tempi lontani Sant’Agostino. Le parole conducono, l’esempio trascina, questo è certo. La storia insegna e conferma che sono sempre i cuori nobili a imbarcarsi nelle avventure più grandi.
Specialmente quelle combattute in nome di chi ha fame: di cibo, di acqua, di lavoro e di dignità. Come quello verace di Edi Righi, 67 anni, nativo di Poviglio (RE), fondatore e Presidente di ‘Digital Broker for Children prima’ e di ‘Be Children’ adesso, una Onlus davvero singolare per il metodo con cui trasferisce a culture e popolazioni lontane non abbienti i principi, i mezzi e gli strumenti con cui costruirsi e maturare la propria indipendenza a 360°, alla luce della scala dei valori universali che nella vita contano sopra ogni cosa e fanno la differenza.
Ora per tutti professione pensionato (anche se instancabilmente prodigo nell’aiutare il prossimo), un passato importante da dipendente prima e soprattutto per una lunga carriera con plurime esperienze di pregio nel settore agroalimentare, turistico ambientale escursionistico e naturalistico. Turismo alternativo, insomma, ambito che oggi anche in Italia va per la maggiore e che vede in lui uno dei suoi primi entusiasti, pionieristici precursori.
Buongiorno, Dottore. Da imprenditore a benefattore, il salto è importante. Com’è avvenuto?
Tradisco origini rurali, la mia è una famiglia di contadini e operosi coltivatori. Nella vita ho cercato di unire la vocazione innata al mercato del turismo con l’esperienza maturata nella gestione di aziende agricole e agrituristiche: un connubio in cui ho potuto convogliare ed esprimere tutta la professionalità e il background acquisiti lungo il sentiero dell’esistenza. L’aver orientato con la maturità i miei viaggi intorno al mondo fa parte del processo di formazione culturale e della visione interiore del mondo che una persona si costruisce attraverso il know-how experience che deriva dal percorso imprenditoriale.
Quali le radici di ‘Be Children Onlus’?
La maggior parte delle attività in capo a tale organizzazione non lucrativa di scopo sociale sono legate ad ambienti cattolici, con una accentuata visione terzomondista. Prima di essa è stato il tempo di ‘Digital Broker For Children’, che della suddetta Onlus è stata il fortunato progenitore, nata in seguito all’omonima e stimata azienda torinese che è storicamente stata il primo broker telefonico italiano: compagnia, così come l’ente benefico a essa correlata fondata fra gli altri anche dal sottoscritto e dall’Ingegner Cristiano Bilucaglia, con cui coltivo un fertile e solido rapporto di amicizia che prosegue indefesso dal 2005 proprio poiché fondato su un comune tessuto e orizzonte valoriale umano e professionale, che fa dell’economia della condivisione il suo attore e motore principale.
Sono soprattutto i Paesi poveri i beneficiari dei vostri atti di mecenatismo…
‘Be Children nasce nel 2014 assieme a ‘uBroker SRL’, la start-up milionaria torinese che per prima nel mondo ha ideato un collaudato sistema di fidelity program capace di azzerare le bollette di luce e gas, Canone Rai e accise incluse: altra idea geniale dell’amico Bilucaglia che, dopo aver ideato l’EuroCredito, la prima moneta complementare italiana con cui ha salvato oltre 3mila PMI dalla crisi, gli è valsa nel 2015 il titolo di ‘Imprenditore dell’Anno’ e innumerevoli riconoscimenti da parte delle principali associazioni consumeristiche italiane. Siamo attivi su più fronti: in Asia, Africa e America Latina.
Quali, al momento, le esperienze più significative?
La nostra mission riguarda in primis interventi mirati costituiti da attività di incremento di benessere e miglior condizioni a favore dei bambini che vivono in stato di sofferenza dal punto di vista economico e sociale. E tutto questo concentrando l’azione su dei temi molto precisi. Cambogia, per noi, ha significato bimbe sottratte all’egida della prostituzione, piaga terribile e dilagante in quelle zone difficili. In Congo, Stato infestato da continue guerriglie quotidiane e altrettante lotte clandestine, abbiamo costruito una scuola per l’infanzia primaria alla periferia di Goma, una città incredibile perché possiede ricchi giacimenti e riserve naturali di coltan, materia prima fondamentale nella realizzazione di microchip e cellulari, con un altissimo potere di conduzione elettrica.
Mentre in Tanzania, invece?
‘Be Children’ fa del diritto imprescindibile all’istruzione il perno del proprio agire. Qui le scuole hanno un costo elevato, più o meno 100 dollari all’anno a bambino (che qui sembrano pochi, ma in quel territorio molto disincentivano l’iscrizione scolastica). Per le famiglie che si sono impegnate concretamente a mandare a scuola i propri pargoli, abbiamo pertanto provveduto a regalare una capra gravida per ogni bambino, contando sulla capacità vivace di riproduzione di questi mammiferi e del latte da essi derivato a fini alimentari e commerciali: come dire, sic et simpliciter abbiamo generato in loco una microeconomia funzionale e rodata tale da coprire le spese sostenute dai genitori per la frequentazione dei figli all’ scolastico.
Idee innovative, frutto di un equilibrio sapiente di semplicità, immediatezza e innovazione.
Sono state queste le premesse di fatto che, dopo quattro anni di intensa, e altrettanto silente, operosa attività, a gennaio 2018 ci hanno consentito di avviare le procedure di legge per il riconoscimento ufficiale della nostra ONLUS, traguardo tagliato nel luglio del medesimo anno. E, per festeggiare questo passo importante, ci siamo regalati altri due progetti.
Può approfondire, Presidente?
Il primo, intitolato ‘Una storia di cuore a Leh’, riguarda la capitale del distretto indiano del Ladakh. Una città che, per via del fatto che si trova a 3.500 metri di altitudine, ha una popolazione affetta in numero significativo da cardiopatie, minori in gran numero inclusi. C’è un solo ospedale militare, che per lo più rifiuta i civili se non in rarissimi e gravissimi casi. Grazie al nostro contributo, è stato possibile avviare un iter di ampliamento del nascente ospedale civile insieme alla ‘Ladakh Heart Foundation’. Siamo attivi anche in Colombia.
Con che ruolo e scopo, precisamente?
In quelle terre dilaniate da continui conflitti interni abbiamo recentemente portato a compimento l’iniziativa ‘Giochiamo, ma non alle guerra’, consistente nella formazione di un gruppo affiatato di 100 bambini leaders nelle scuole deputati a formare i loro coetanei proprio perché dotati degli strumenti valoriali, culturali e sociali atti a disinnescare efficacemente la cultura della contrapposizione e del conflitto, sradicandola dal territorio per evitare fenomeni di dannosa moltiplicazione già in tenera età in quelli che un giorno saranno gli adulti di domani.
Quali i suoi compagni di viaggio, in questa preziosa avventura targata ‘Be Children Onlus’?
Fu l’amico e socio Fabio Spallanzani, tenace emiliano come me, uomo dotato di un’invidiabile capacità di sintesi e gestione della quotidianità, a presentarmi Cristiano Bilucaglia: intelligenza intuitiva allo stato puro, molto forte, avanguardisticamente capace com’è di precorrere le evoluzioni delle situazioni che gli stanno attorno, e di come esse possano evolvere. A mio avviso formano un duo che si complementa molto bene. Ci unisce l’amore per il prossimo, e l’innata passione per il tennis, nei rarissimi momenti liberi.
Un po’ come dire, generosità e lealtà.
Grazie alla sensibilità del CDA di ‘uBroker Srl’, possiamo contare su stanziamenti derivanti da parte degli utili aziendali. L’azzeramento delle bollette di luce e gas, oltre a fare felici gli italiani, regala sorrisi e concrete speranze anche al di là del mondo. Ogni progetto di ‘Be Children’ è tarato su economie di scala sostenibili, dove con poco a tanti è possibile fare moltissimo, agendo con successo su più versanti solidali contemporaneamente e su piani di scopo differenti.
Un’ultima domanda, Dottor Righi. Che cosa bolle in pentola per il futuro?
Il Madagascar è la meta del progetto ‘Facciamo scuole e cura’, ed è impostato con un’associazione benefica locale reggiana che si chiama ‘AMGA – Amici di Don Ganapini’, un missionario tuttora vivente impegnato da anni nell’edificazione e ristrutturazione di fabbricati a uso scolastico primario in due quartieri di Antananarivo, due quartieri della capitale. Poiché il fine è quello di “fare dei problemi un’opportunità”, come ripete spesso da una vita intera Cristiano Bilucaglia, forniremo i materiali necessari al completamento delle costruzioni, lasciando le opere di muratura nelle mani dei genitori dei bimbi che lì andranno a studiare. E vivere così l’esperienza umanamente edificante di una scuola convissuta e sudata. Vista come non un dono calato dall’alto, senza fatica né sudore, bensì come il frutto di un operato condiviso a più cuori e a più mani. Ma c’è di più.
Ci dica, Presidente.
Sempre nel medesimo Paese africano, per un ospedale con pochissime disponibilità di ricovero insistente su un’area densamente abitata attorno a cui gravitano 50mila abitanti che ha pochissimi posti, abbiamo già stanziato i budgets necessari a garantire le forniture di gasolio per l’alimentazione dei gruppi elettrogeni necessari per la corrente elettrica, e la dotazione di vaccini e medicini basiche primarie per la cura delle patologie più frequenti del territorio e di cui c’è sempre bisogno. Porteremo a compimento ambedue le attività entro un biennio, e il resto lo mettiamo nelle mani della Divina Provvidenza che, come dice San Giuseppe Benedetto Cottolengo, “fa sempre bene tutte le cose”.
Ha citato il primo grande Santo Sociale Piemontese, che con San Giovanni Bosco ha cambiato il mondo moderno, entrambi primi esempi di riuscito welfare…
Non sono cattolico, buddista né di qualunque altra confessione o movimento religioso: ma, pur avendo una visione laicistica della vita, apprezzo chiunque faccia del bene e fa qualcosa di buono per gli altri. Per chi lo desidera, è possibile sostenere ‘Be Children Onlus’ destinando il proprio 5×1000. Tutte le informazioni sul sito www.bechildren.org. Un piccolo gesto, un grande aiuto.


Torino-Sampdoria, i precedenti tra i due tecnici
Quello di mercoledì sera (ore 21) sarà il nono confronto tra il tecnico granata Walter Mazzarri e il suo omologo sampdoriano Marco Giampaolo. Il bilancio è nettamente favorevole a “WM”: quattro vittorie a zero, con il corollario di quattro pareggi. La prima sfida ha luogo nell’ormai remota stagione 2006-2007, alla seconda giornata, con la Reggina di Mazzarri che ha la meglio per 2-1 sul Cagliari di Giampaolo: esonerato a dicembre (e poi richiamato), l’attuale tecnico blucerchiato “salta” la gara di ritorno. L’annata successiva, la tendenza non cambia, con Mazzarri, nel frattempo passato alla Sampdoria, che prevale sul collega, rimasto alla guida del sodalizio sardo (dal quale verrà esonerato nel novembre 2007): netto 3-0 sull’isola, all’undicesima giornata. La stagione 2008-2009 vede i due allenatori affrontarsi sia all’andata sia al ritorno, con la Sampdoria “mazzarriana” bloccata su un doppio pareggio dal Siena di Giampaolo (che coglie i primi risultati positivi al cospetto di “WM”): 0-0 alla quarta giornata in Toscana e 2-2 al ritorno in Liguria. I due successivi confronti sono relativi alle stagioni 2010-
’11 e 2011-’12. In entrambe le annate Mazzarri è alla guida del Napoli, mentre Giampaolo nella prima è sulla panchina del Catania e la seguente su quella del Cesena (esperienze entrambe concluse con l’esonero): l’attuale tecnico della Sampdoria strappa un 1-1 casalingo alla quarta giornata dell’annata post-Mondiale, mentre la stagione successiva (alla seconda giornata) gli azzurri campani passano per 3-1 sul campo dei cesenati. Dopo un “buio” pluriennale, i due allenatori tornano ad incontrasi nel 2017-’18, in quel di Genova, con Mazzarri da poche settimane alla guida del Toro e Giampaolo sulla panchina della Sampdoria: 1-1 alla ventitreesima giornata (3 febbraio 2018). La tendenza positiva di “WM” nei confronti di Giampaolo continua anche nel confronto del successivo 4 novembre (cioè nella gara d’andata della corrente stagione), con entrambi i tecnici confermati sulle rispettive panchine: roboante 4-1 del Toro a Marassi, con reti granata firmate da Andrea Belotti (12′ e 43′) , Iago Falque (56′) ed Armando Izzo (78′).