redazione il torinese

Torino Fashion Bloggers: 5 eventi top

Marzo marzo marzo… pazzariello! Che dite di prendere in mano penna e agenda e di segnarvi quello di cui avete bisogno per affrontare questi ultimi giorni invernali e salutare degnamente la primavera! Ecco i 5 eventi da non perdere!

BARBAROUX 24 – OPENING PARTY

Qual è il desiderio assoluto delle donne (ma anche degli uomini)? Ma chiaro, le S C A R P E ! Da Barbaroux 24 questo sogno non solo si esaudisce perchè si possono scegliere tra tanti modelli di pellami, forme e colori, ma perchè la scarpa dei tuoi sogni… la puoi realizzare direttamente tu! Come fare? Venire con noi all’opening party in Via Barbaroux 24 e scoprire le bellezze di Barbaroux 24, scegliere con un nostro stilista gli elementi necessari per realizzare la vostra scarpetta di Cenerentola! Ma non solo: basterà partecipare a un piccolo contest e incrociare le dita: le vostre limited personal edition potreste riceverle in regalo! Non vi sembra tutto bellissimo?

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24 MARZO – APERTURA DEL TORINO OUTLET VILLAGE DI SETTIMO TSE

È ufficiale, il Torino Outlet Village di Settimo Torinese aprirà il 24 marzo. Ben 19.500 metri quadrati di superficie commerciale capaci di contenere fino a 90 negozi tra le grandi firme della moda, come da Ralph Lauren ad Armani, Victoria’s Secret, Nike. Siete pronte a spendere tutto il vostro stipendio?

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DAL 2 MARZO – Dal futurismo al ritorno dell’ordine

Le mostre d’arte non possono mai mancare e questa volta vogliamo portarvi nel futur…ismo! Dal 2 marzo sino al 18 giugno il Museo d’Arti decorative Accorsi ospita la mostra “Dal futurismo al ritorno all’ordine”. Pronte per immergervi in geometrie a cui potete dare un significato tutto vostro?

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8 marzo – Festa della Donna a Infini.to

La festa della donna? Noi la passiamo al Planetario, perché l’universo femminile è più bello di quello maschile. Infini.to – Planetario organizza una serata al Museo dello Spazio con spettacolo del Planetario, Teatro e Apericena. Un modo alternativo per parlare di stelle e di gossip con le migliori amiche!

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30 marzo – UN NASTRO INTORNO ALLA BOMBA

Volete incontrare Frida Kahlo? Potete farlo!

Lo spettacolo “UN NASTRO INTORNO ALLA BOMBA, storia di Frida” vede come protagonista Frida Kahlo che in una chiacchierata tra amici confessa al pubblico episodi che hanno toccato la sua vita. Un viaggio che parte dalla sua infanzia per arrivare alla sua morte. Non perdetevelo, è il 30 marzo al Cap 10100!

 

Sì può andare a scuola di felicità?

Attraverso un nuovo modo di respirare, l’inner smile e gesti semplici ma efficaci

 

Sì può andare a scuola di felicità? Certo che si. Ne è convinto l’autore dell’omonimo libro, Enea Benedetto, studi in Francia nel campo della sociologia e appassionato di Pnl e delle teorie di Richard Bandler, portavoce anche del movimento “Acton for Happiness”, che ha come scopo principale quello di creare una società più felice per tutti.

” La felicità – spiega Enea Benedetto – non può essere considerata una positività continua e piatta, ma una positività interrotta, in cui sono presenti dei momenti di neutralità alternati a altri in cui ci si avvicina a uno stato di benessere emozionale. Quindi non deve essere intesa come una linea retta stabile, espressione di un flusso continuo. Nel mio libro intitolato “La scuola della felicità” spiego che la felicità personale, il nostro successo e la realizzazione di noi stessi si ottengono soltanto nel momento nel quale i nostri obiettivi e i nostri valori realizzano il “nostro grande sogno”. Esiste, comunque, un metodo per raggiungere la felicità, che consiste nel perseguire un equilibrio nei seguenti cinque settori della vita: creatività e lavoro, spiritualità, campo fisico (il che vuol dire saper instaurare un buon rapporto con il nostro fisico), settore relazionale (ovvero l’amore inteso nel senso più ampio del termine), e finanziario (comprendente una sicurezza di base o la capacità di generare flussi di cassa periodici senza dover lavorare)”.

“Il mio metodo per la scelta della felicità – prosegue Enea – è sostanzialmente semplice e parte da gesti che potrebbero sembrare banali, ma che, invece, rivestono un ruolo fondamentale nella nostra vita, come la respirazione, attraverso la quale ossigeniamo i tessuti e il cervello e, di conseguenza, i nostri sogni. La respirazione che suggerisco non è quella tipica dello yoga, né medica, ma propedeutica alla felicità, e serve a generare un’ossigenazione e un metabolismo di tutte le cellule, tale da permetterne una migliore qualità di vita. Dal metodo della respirazione si passa poi al cosiddetto “inner smile”, ovvero sorriso interiore. La respirazione felice prevede un rapporto 1-4-2, vale a dire 1secondo per l’inspirazione, 4  di ossigenazione e 2 di espirazione finale”.

” Un altro aspetto fondamentale – aggiunge Enea Benedetto – è rappresentato dall’inquadramento dei nostri obiettivi e dalla nostra capacità di fotografare le immagini felici del passato e renderle nitide nel presente. Con ogni mio cliente definisco la sfera della felicità con 5 spicchi diversi, quindi passo alla definizione dell’obiettivo e, solo in un momento successivo, entra in gioco la legge dell’attrazione, secondo la quale i pensieri diventano azioni. L’universo ci restituisce, infatti, tutte le passività e le positività che noi siamo capaci a trasmettergli, secondo la legge in base alla quale noi riusciamo a attrarre ciò su cui ci focalizziamo. Una teoria che sta alla base del mio pensiero è quella elaborata dal sociologo e economista parigino Vilfredo Pareto, che sostiene che l’80 per cento dei nostri benefici derivi dal 20 per cento delle nostre azioni, principio applicabile anche agli investimenti economici . Un’altra teoria che ho accolto pienamente è quella del flusso, elaborata da Mihaly Csikszentmihalyi, docente di antropologia e sociologia negli Stati Uniti. Secondo questo studioso sono otto gli “interruttori” per accendere la “luce della felicità”, ovvero per trasformare situazioni ordinarie in situazioni di flusso: obiettivi chiari, un riscontro immediato, concentrazione sul compito che ci si è preposti, successo del compito, coinvolgimento totale, esclusione degli altri per raggiungere l’obiettivo, controllo assoluto di se stessi e relatività del tempo”.

 

Mara Martellotta

Benedetto espone al Polski Kot

Presso il centro Polski Kot, un angolo stupendo di Polonia a Torino, oggi si inaugura la mostra fotografica di Claudio Benedetto, cui seguirà un concerto. Sì intitola “Polonia Polska” l’esposizione fotografica che inaugura sabato 4 marzo alle 18 presso il centro Polski Kot in via Massena 19/A e raccoglie i lavori fotografici di Claudio Benedetto, vale a dire gli scatti più recenti dedicati al Paese che si affaccia sul Baltico. Sarà aperta a partire dalle 18; tra le 19 e le 21 sarà possibile degustare bigos, la specialità polacca a base di cavoli, funghi e carne, accompagnata da pane nero e birra tipica a 5 euro. Dalle 21 prenderà avvio il Concertino per tastiera dell’artista macedone Marko Chvarko, accompagnato dalla propria voce narrante, che permetterà agli ascoltatori di scoprire uno dei Paesi più affascinanti d’Europa a partire dalla sua musica.

MM

Torino, torna la “Biennale”. Ma la democrazia è anche liberale

Di Pier Franco Quaglieni *

 

E’ stata annunciata la nuova edizione 2017 di “Biennale della democrazia”, l’iniziativa promossa dal prof. Gustavo Zagrebelski e dedicata quest’anno alle emergenze. Sicuramente gli ospiti sono numerosi (quasi 250) e il programma molto intenso ed anche qualificato.Il prof. Zagrebelski  è sempre  rigoroso e i suoi collaboratori sono validissimi. Ma il fatto che i due interventi- clou siano una lectio magistralis del presidente dell’Inps  Tito Boeri ( non certo in veste istituzionale come maitre à penser di una certa ben identificabile cultura ) e la conclusione del guru dell’anticamorra Roberto  Saviano è emblematico dell’aria che tirerà durante l’appuntamento torinese.Lo stesso manifesto della Biennale 2017, creato da Botto e Bruno (“un muro di periferia segnato dai graffiti  che trasmette un vago senso di claustrofobia”,così è stato definito) indica qual è lo spirito unificante dei tanti eventi.Uno dei temi sarà “la difesa del multicultalismo”, con una parola di troppo,la difesa .Infatti confrontarsi su questi temi delicatissimi significa non partire dagli a priori  ideologici,ma mettersi in discussione e permettere un confronto a 360 gradi. E’ certo giusto difendere le ragioni di culture e religioni diverse ,un tempo lontane e oggi vicine,ma non si può poi contraddirsi, disconoscendo filoni importanti della cultura italiana e occidentale,lasciandosi prendere da un”multicultarismo” che ,nell’accezione diventata comune, non è difesa della pluralità liberale,ma abdicazione sottomessa alla nostra stessa identità storica.Novità di quest’anno saranno manifestazioni al nuovissimo Polo del ‘900 e alla scuola Holden, due location emblematiche su cui non è caso di aggiungere nulla. Ciò che appare quasi totalmente  assente è la cultura liberale,quella cultura che vede le emergenze in modo molto diverso da Saviano, ad esempio. Eppure ci sono figure nazionali e internazionali che appartengono alla cultura liberale che potrebbe dare un contributo importante. Democrazia, a meno di  accettarne un’ interpretazione in chiave giacobina, significa confronto senza pregiudiziali ideologiche a tutto campo. Gobetti diceva che era meglio che le opinioni discordassero,perché dallo scontro,oltre che dal confronto,nascono nuove idee. Non è compito della Biennale elaborare “un pensiero progettante”, ma far conoscere posizioni diverse :saranno i cittadini partecipanti a decidere quale possa essere quella più condivisibile dal loro legittimo punto di vista. Va  infatti detto,e non è particolare secondario,che la Biennale è finanziata prevalentemente da enti pubblici. Il pluralismo delle idee quindi dovrebbe essere l’elemento caratterizzante della rassegna torinese. Non ci sembra affatto che sia così. Detto in modo sintetico e semplicistico,sulla Biennale aleggia  più lo spirito di Robespierre che quello di Einaudi padre. In ogni caso, la Biennale non è “un’impresa collettiva della nostra città”,come è stato autorevolmente affermato, perché pezzi importanti di questa città sono stati esclusi a priori. Essa infatti resta anche nel 2017 la manifestazione più significativa del cosiddetto “Sistema Torino”.

 

* Direttore del Centro Pannunzio

ALTISSIMO E SPAGNUOLO, IN SALA ROSSA UN RICORDO IN “ACCOPPIATA FORTUITA”

Il 20 marzo alle ore 12  in Consiglio Comunale a Torino verranno ricordati dalla Sindaca, dal Presidente del Consiglio Comunale  e dell’Associazione Consiglieri Emeriti i consiglieri comunali Renato Altissimo e Carla Spagnuolo. Il primo mancato nel 2015 e la seconda nel gennaio 2017. Non ricordo in passato abbinamenti casuali di questo tipo e non rammento  che si siano svolti a mezzogiorno. Che c’entra Altissimo con Spagnuolo? Uno è stato deputato, ministro, segretario del PLI,l’altra assessore comunale, consigliere regionale del Psi , Presidente del Consiglio regionale del Piemonte e poi nuovamente consigliere regionale di Fi. Carriere e percorsi totalmente diversi. E’ difficile trovare dei legami , se non nel dimenticato da tutti ” Lib-Lab” (la collaborazione tra liberali e socialisti voluta da Zanone e da Craxi ), sostenuto da Altissimo, ma non certo da Spagnuolo. E non vengono neppure menzionati coloro che, di norma, si aggiungono alle voci istituzionali (soprattutto amici dello scomparso/a). Forse a quell’ora si limiteranno a parlarne la Sindaca e i due presidenti. Non mi sembra il modo giusto di ricordare, in accoppiata fortuita, due consiglieri comunali che per un decennio sono stati in Sala rossa  protagonisti di rilievo, oltretutto in tornate amministrative diverse. 

 

Pier Franco Quaglieni

Višegrad, dove la Drina diventò la più grande fossa comune della Bosnia

“VIŠEGRAD.L’odio, la morte, l’oblio” (Infinito edizioni) è l’ultimo libro di Luca Leone e uscirà tra breve nelle librerie. Il volume, con la prefazione di Riccardo Noury e l’introduzione di Silvio Ziliotto, racconta una storia spesso dimenticata o taciuta. Nella primavera del 1992, all’inizio del conflitto che sino alla fine del 1995 insanguinerà la Bosnia Erzegovina, Višegrad venne sottoposta a un intenso bombardamento da parte dell’esercito regolare jugoslavo. Ritiratesi le forze armate, millantando una situazione ormai sicura e sotto controllo, la cittadina della Bosnia orientale finì sotto il controllo di un gruppo paramilitare guidato dai cugini Milan e Sredoje Lukić, che inaugurarono un regime del terrore e dell’orrore.

In pochi mesi la pulizia etnica ai danni dei musulmani-bosniaci – che costituivano il 63 per cento della popolazione locale – venne portata a termine con operazioni di rastrellamento, deportazioni, omicidi di massa e persino attraverso la combustione, in almeno due casi, di decine di civili all’interno di case private. Circa tremila persone vennero uccise e fatte scomparire. Lo stupro etnico ai danni di donne, bambini e uomini divenne pratica comune. Il fiume Drina mirabilmente cantato dal premio Nobel per la letteratura Ivo Andrić si trasformò nella più grande fossa comune di quella guerra. Questo reportage scritto sul campo racconta quelle vicende e, per stessa ammissione di Luca Leone, è un libro corale. Voci, storie, dolori e violenze che riempiono ricordi e incubi, le speranze riposte in una giustizia, che ancora non si è compiuta, prendono forma e aiutano a capire perché ciò che è iniziato a Višegrad è poi finito a Srebrenica in una sequenza terribile e disumana.

 

Višegrad è un esempio terrificante di pulizia etnica e la cattiva coscienza di coloro che hanno troppi scheletri nell’armadio tende a giustificare la rimozione collettiva, motivandola con la pesantezza dei ricordi e del disagio che questi provocano. Alcuni capitoli sono come un pugno nello stomaco; duro, ma necessario. Il racconto, colmo di passione civile e preciso, quasi chirurgico nel mettere in ordine fatti e testimonianze, riporta al clima terribile di quei giorni e di quei mesi dove tutto iniziava: i furti, la distruzione sistematica delle proprietà dei cittadini bosniaci-musulmani, le torture e le sparizioni, l’omicidio e lo stupro di massa. E’ un orribile calvario quello vissuto da migliaia di persone sulla linea di confine tra la Bosnia e la Serbia. Un albergo può chiamarsi “Vilina Vlas”       ( “capelli di fata”, come nelle fiabe) e nascondere tra le sue mura l’orrore puro? A Višegrad è accaduto. E’ lì che avevano il loro quartier generale i “signori neri di Višegrad”, i due cugini Milan e Sredoje Lukić. Due assassini e stupratori, condannati all’ergastolo e a 30 anni dal tribunale dell’Aja, che incutono ancora oggi timore al solo nominarli. In fondo da quelle parti, sulle sponde della Drina, è come se il genocidio continuasse. Per questo ha ragione Luca Leone nel ricordarci che occorre non dimenticare. Anzi: bisogna “leggere per capire”.  Anche se è difficile. Anche se viene voglia di chiudere gli occhi e la mente davanti agli orrori narrati nel libro. Ma bisogna sapere. Perché sulle terre di quella che un tempo è stata la Jugoslavia soffia ancora forte il vento del nazionalismo. E semina un po’ ovunque le spore del negazionismo. E’ pur vero che la guerra appartiene ormai ad un passato lontano, ma il germe della violenza è ancora ben vivo e inquina la vita di tutti i giorni. Bisogna cercare “sotto al tappeto la polvere grigia del dolore e della tragedia che piedi nazionalisti hanno cercato malamente e vigliaccamente di nascondere, dopo aver dato fuoco alla stoppa ed essere rimasti a godersi, applaudendo, l’incendio”.

Questi due decenni post bellici hanno visto di tutto: crisi economica, speculazione, aumento delle disuguaglianze, criminalità e corruzione. Accompagnate dalla mancata o ritardata e parziale giustizia, dall’impunità dei colpevoli alla frustrazione delle vittime, spesso obbligati – gli uni e le altre – a vivere fianco a fianco. Il potere costituito, quello dall’anima nera, vorrebbe dimenticare e far dimenticare cos’è accaduto. Cosa c’è di più catartico che omettere, nascondere responsabilità su crimini e aberrazioni? Il genocidio non avviene a caso, non è il frutto di un incidente, di un raptus dentro una logica violenta. Il libro di Luca Leone – e tutti gli altri che ha voluto dedicare, con coraggio e impegno, alla Bosnia – è di grande importanza perché rappresenta un formidabile antidoto contro il negazionismo. Negli ultimi vent’anni, i serbi bosniaci e la Serbia si sono impegnati a negare il genocidio, a classificare quello che è accaduto come uno dei tanti crimini che vengono commessi durante un conflitto. Così, il negazionismo è diventato una sorta di strategia di Stato. Qualcosa di simile ad una auto-assoluzione considerato il fatto che molti degli attuali politici sono le stesse persone che avevano qualche responsabilità o ruolo nell’apparato politico serbo all’epoca del genocidio. E la loro ideologia è ancora la stessa: un marcato nazionalismo che, negando i fatti, nega le proprie colpe e continua a provocare dolore e sconcerto alle vittime di tanta violenza. Nel libro che offre, appunto, una documentata testimonianza “corale”, parlano uomini straordinari come Amor Mašović ( il presidente dell’ente federale bosniaco per la ricerca delle persone scomparse), Rato Rajakil sindaco di Rudo (“gigante dalle spalle un po’ curve e dalla mente illuminata”) –  o l’ex generale Jovan Divjak, l’eroe serbo che difese Sarajevo. Ma sono soprattutto le donne ad essere protagoniste, vittime, ma anche testimoni determinate, inflessibili. Il dolore di Dzana, Lejla emerge, potente e drammatico, insieme al loro coraggio e a quello di tante altre donne. I racconti di Bakira Hasečić, la “lady Wiesenthal“ della Bosnia, lasciano senza parole. Una narrazione lucida, dolorosa, che strappa le parole e le memorie come pezzi dell’anima. Ogni ricordo è un morso nella carne. Per questo reportage e per tante altre storie e racconti bisogna essere grati a Luca Leone – autore anche di“Srebrenica. I giorni della vergogna” ,  “Bosnia Express” , “I bastardi di Sarajevo” e molti altri testi – uno dei più attenti e informati “testimoni” delle vicende bosniache.

Marco Travaglini

 

Porta Nuova, rientrato allarme bomba

Rientrato l’allarme bomba che, stamane, intorno alle 10,30, davanti alla stazione di Porta Nuova, ha fatto bloccare il traffico stradale. La causa è stata una sacca che, fatta  brillare successivamente dagli artificieri, è risultata piena di vestiti. Era stata lasciata nei pressi della fermata Gtt in corso Vittorio Emanuele all’altezza di piazza Carlo Felice, vicino ai giardini Sambuy.

Tso, a processo in quattro per la morte di Andrea Soldi

Rinviati a giudizio i quattro indagati per il caso di Andrea Soldi, il 45enne torinese affetto da schizofrenia che morì nell’agosto del 2015 durante un ricovero forzato. Si tratta di tre agenti della polizia municipale e di un medico che  dovranno rispondere in tribunale di omicidio colposo. Il processo inizierà il 27 settembre. Nel frattempo non è stato trovato l’accordo sul risarcimento che il Comune di Torino e l’Asl 2 dovrebbero riservare ai familiari di Soldi. Gli enti,  citati come responsabili civili all’udienza preliminare, avevano offerto 400 mila euro, ma i parenti della vittima, secondo quanto si è appreso, ne avrebbero chiesti circa 700 mila.

ALLO SPORTING CLUB LE BANDIERE, CONCLUSA LA PRIMA TAPPA DELLO SLAM NAZIONALE DI PADEL

L’accogliente e bella struttura dello Sporting Club Le Bandiere a Colturano (MI) ha ufficialmente aperto la stagione 2017 di padel ospitando la prima tappa dello Slam, circuito nazionale più importante al quale partecipano i migliori giocatori d’Italia e giunto, ormai, alla sua terza edizione sotto l’egida della Federazione italiana tennis (FIT).

Dal 20 al 26 febbraio sui campi del prestigioso circolo, si sono affrontate oltre settanta coppie di giocatori provenienti da tutta Italia e tesserati in venticinque circoli diversi. Per la prima volta in una tappa dello Slam, i giocatori hanno preso parte al torneo della propria categoria. Cinque, dunque, sono stati complessivamente i tabelloni redatti dal giudice arbitro, di cui tre con conclusione delle sezioni intermedie: uno di terza ed uno di quarta categoria maschile, i cui rispettivi vincitori si sono qualificati per il “main draw” Open con i giocatori più forti di prima e seconda categoria; uno intermedio ed uno Open, entrambi femminili. L’introduzione dei tabelloni a sezioni intermedie (come già avviene per il tennis), voluta dal Comitato nazionale padel della Fit da quest’anno, allungherà le giornate di torneo, ma consentirà ai giocatori meno esperti di iscriversi ad un torneo dello Slam senza incontrare al primo turno avversari di categoria superiore. Lo Sporting Club Le Bandiere ha così fatto da apripista ed è stato chiamato ad un impegno ed uno sforzo organizzativo non indifferente che ha saputo affrontare egregiamente, venendo incontro alle esigenze dei giocatori fuori regione e garantendo a tutti orari adeguati di gioco. Un ottimo risultato, dunque, sotto tutti i punti di vista e grande apprezzamento e soddisfazione anche da parte dei giocatori. Successi come questo non possono che aiutare la crescita del padel in Italia.

 

Al torneo Open si sono iscritti quasi tutti i top players italiani: in campo maschile erano presenti Rocafort, Spector, Toccini, Albertini, Lopez, Cattaneo, Cervellati, Verginelli, Aristotele, Palmieri, Tinti, Fanti, Serafino, Gutierrez (n. 37 del circuito internazionale WPT), Pupillo (Stefano), Viola, Rossi (Lorenzo), Orecchio, Spizzica ed i forti giocatori di casa Trevisan, Severini, Cremona e Carrara, mentre tra i grandi assenti i fratelli Capitani, Burzi, Sarmiento, Pupillo (Alessandro), Sinisi, Bruno, Girodat, Planas; in ambito femminile, invece, erano presenti Testud (già n. 7 al mondo di tennis WTA), Celata, Papacena, Lombardi, Camorani, Maderna, Tommasi, Grimaldi, Pollacci e Campagna, mentre assenti erano le nazionali Moroni e La Monaca.

Nel tabellone Open maschile (prima e seconda categoria) ha vinto la coppia romana Toccini/Rocafort contro quella milanese Lopez/Cattaneo (6-4 6-4) disputando un match combattuto, ma sempre ben controllato dai romani; anche nel tabellone femminile è prevalsa la forte coppia romana già campionessa italiana, Celata/Testud, contro quella milano-bolognese Maderna/Camorani (6-3 6-1), che a sorpresa e con merito in semifinale ha sconfitto la testa di serie numero uno, Papacena/Lombardi, coppia romana incontrastata nel 2016.

La coppia ligure-friuliano Bona/Da Ponte si è aggiudicata la vittoria nel tabellone intermedio femminile (6-2 6-3 sulla coppia milanese Beltrami/Ciarrocchi); mentre nel tabellone di terza categoria maschile, si sono imposti Pozzoni/Zanini su Bosio/Falleni, entrambe coppie milanesi ed, in quello di quarta categoria maschile, Rivera/Sciutto su Marchisio/Rizzitiello.

Il torneo è andato benissimo – dichiara Francesco Busa, proprietario dello Sporting Club Le Bandiere – C’è stato grande entusiasmo ed un livello di gioco molto alto rispetto a quanto visto lo scorso anno quando esordimmo col nostro centro sportivo. Quest’anno abbiamo notato l’ingresso di tanti giocatori di tennis che logicamente hanno alzato l’asticella. In questo nuovo circuito la Federazione ha messo un montepremi molto più alto rispetto al passato ma noi, come club, abbiamo voluto dare un ulteriore contributo restituendo ai giocatori che hanno raggiunto i quarti di finale le spese dell’alloggio.”

 

Da quest’anno tutte le tappe dello Slam avranno un montepremi fornito dalla Fit di 3170 euro, mentre quello previsto al Master finale sarà di 8900 euro. Il successo ottenuto con la prima tappa è di buon auspicio per le altre sette, dove è pensabile che il numero degli iscritti possa ancora aumentare. Il livello di gioco ed il numero di tesserati in Italia non è ancora paragonabile a quelli della Spagna, ma è senza dubbio in netta crescita. Oggi i tesserati padel nel nostro Paese sono circa tremila ed in tre soli anni si è passati da ventinove ad oltre quattrocento campi.

 

In Piemonte, invece, i tesserati di padel nel 2016 erano poco meno di trecento; nel 2017 questo numero è destinato ad aumentare grazie alle diverse iniziative organizzate a livello agonistico ed amatoriale, rispettivamente, dalla federazione e dai circoli. A dimostrare la crescita del padel nella nostra regione e l’impegno dei club, basti pensare che dai cinque campi del 2015, oggi si contano circa trenta campi, di cui solo una quindicina a Torino e nella prima cintura. L’interesse e la passione per questo sport sta crescendo velocemente ed i risultati, in termini di livello di gioco, si vedono già nel fatto che diversi giocatori piemontesi prendano parte a competizioni fuori dai propri confini regionali, per mettersi alla prova con le altre realtà nazionali.

Per la prima volta in un torneo dello Slam, infatti, allo Sporting Club Le Bandiere erano presenti quattro coppie torinesi, di cui tre maschili ed una femminile. In campo maschile, i torinesi (tutti di seconda categoria) hanno preso parte al tabellone Open, ma gli unici ad andare oltre il primo turno sono stati Leonik/De Barros (coppia argentino-brasiliana, ma “torinese d’adozione”), che dopo aver sconfitto la coppia milanese Menati/Pagnuzzato, ha sfiorato l’impresa contro la coppia romana Pupillo/Viola, testa di serie n. 6, arrendendosi al terzo set (6-0 6-7 6-3). La coppia Motta/Raspino ha, invece, dovuto arrendersi contro un’altra coppia romana, Rossi/Rossi, disputando un ottimo e combattuto secondo set, ma rimpiangendo di non essere riusciti ad entrare in partita nel primo (6-2 7-5). L’ultima coppia torinese, Del Grosso/Cannavera, è stata decisamente meno fortunata nel sorteggio avendo incontrato al primo turno il nazionale e giovane talento Cervellati in coppia con Scala: partita a senso unico dove, senza tuttavia sfigurare, la coppia piemontese è riuscita a conquistare pochi games (6-1 6-2). In campo femminile, la coppia Savini/Dolce non è andata oltre il primo turno del tabellone Open, perdendo contro la coppia qualificata (e poi vincitrice) del tabellone intermedio, Bona/Da Ponte. Senza dubbio una brutta partita per le torinesi che non saputo esprimere il loro gioco abituale, ma anche una bella e solida prestazione da parte delle avversarie che hanno meritato la vittoria (6-1 7-5). Unica nota dolente è stato l’infortunio per la neo giocatrice (ed ex tennista 2.5) Dolce, che nonostante lo stop forzato, non vede l’ora di presentarsi nuovamente ai cancelli di partenza delle prossime tappe del circuito Slam.

 MS

Foto di steph.it

Cosa sai sulla pet therapy?

L’espressione “Pet Therapy” è di origine anglosassone e, tradotta in italiano, significa”interventi assistiti con animali”. Si tratta di una nuova tecnica di intervento basata sull’utilizzo degli animali come co-terapeuti in campo medico e psicologico, in quanto capaci di apportare agli esseri umani un senso generale di benessere e benefici fisico-emotivi che, affiancati e integrati alle terapie mediche tradizionali, possono migliorare lo stato di salute di chi si trova in particolari condizioni di disagio. Studi approfonditi e numerose esperienze hanno rilevato che il contatto con un animale può aiutare a soddisfare alcuni bisogni come affetto, sicurezza, relazioni interpersonali e a recuperare alcune abilità che le persone possono aver perduto. Con la Pet Therapy si sono registrati buoni risultati in persone colpite da disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione, autismo, sindrome di Down e demenze senili di vario genere e grado. In Italia si inizia a parlare di Pet Therapy nel 1987 all’interno di un convegno interdisciplinare tenutosi a Milano, riconoscendola progressivamente come un insieme di interventi assistiti con gli animali, fino a sfociare in un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del Febbraio 2003, che riconosce come cura ufficiale l’utilizzo di animali da compagnia a fini clinico-terapeutici. Il 25 Marzo 2015 la Conferenza Stato-Regioni ha approvato l’”Accordo e le linee guida in materia di interventi assistiti con gli Animali”, che stabiliscono regole omogenee sul territorio Nazionale e definiscono gli standard di qualità per la corretta applicazione di questa terapia.

Gli interventi assistiti con animali si suddividono principalmente in tre categorie: le Terapie assistite con animali (TAA), l’Educazione assistita (EAA) e l’Attività assistita con gli animali (AAA).

La Terapia assistita (TAA) è un intervento finalizzato alla cura dei disturbi della sfera fisica, neuro e psicomotoria, cognitiva, emotiva e relazionale di soggetti affetti da patologie fisiche, psichiche e sensoriali.

L’Educazione assistita (EAA) è un intervento di tipo educativo finalizzato a promuovere, attivare e sostenere le risorse e le potenzialità di crescita, relazione e inserimento sociale delle persone in difficoltà.

L’Attività assistita (AAA) è un intervento con finalità di tipo ludico-ricreativo e di socializzazione attraverso il quale si promuove il miglioramento della qualità della vita e la corretta interazione uomo-animale. Gli animali che si possono impiegare negli interventi sono molteplici e la scelta di quello più idoneo è determinata dalle esigenze psicologiche, fisiche e relazionali dell’utente.

Uno degli animali maggiormente utilizzato allo scopo è il cane grazie alla sua indole socievole ed alla sua predisposizione al gioco e alla interazione. Gli interventi con il cane hanno lo scopo di rafforzare l’autostima, la cura dei disturbi emotivi e fungono da base affettiva sicura in situazioni di disagio sociale. Naturalmente non tutti i cani sono indicati per la pet therapy che prevede un cammino specifico di addestramento ed educazione che coinvolge l’animale e la persona. Pertanto il cane ideale deve essere disponibile al contatto e all’apprendimento, non dovrà mostrare segni di aggressività. I cani considerati da pet therapy per eccellenza sono i Golden e i Labrador Retriver in considerazione della loro docilità e socievolezza.

Roberto Bonetto

Redazione Vizialo.it