Mercoledì 19 aprile alle ore 18, al Centro Pannunzio in via Maria Vittoria 35H, sarà consegnato il Premio “Francesco De Sanctis – Una vita per la cultura” al medico Gianfranco Falzoni, Presidente dell’Associazione Venariese Tutela Ambiente, che in passato, alla testa di un pugno di volontari, di fatto salvò la Reggia di Venaria dall’abbattimento per far posto ad un quartiere residenziale. Nel 1990 la Reggia era un rudere in completo abbandono: se oggi possiamo vederla così, è grazie agli sforzi ed alla caparbietà di Gianfranco Falzoni alla guida di un gruppo di privati cittadini e ad un raro esempio di volontà politica bipartisan.Il prof. PIer Franco Quaglieni ricorderà il bicentenario della nascita di Francesco de Sanctis che fu esule, professore e ministro aTorino, il dott. Gianfranco Falzoni concluderà l’incontro con una conversazione sulla Reggia : “MIRACOLO A VENARIA”.
Le “Piccole Italie”di Enrico Borghi
Un libro che riaccende l’attenzione sulla “questione territoriale”. S’intitola “Piccole Italie. Le aree interne e la questione territoriale” e arriva in questi giorni nelle librerie. E’ il nuovo saggio – pubblicato da Donzelli – di Enrico Borghi, deputato e Presidente nazionale dell’Uncem. Il libro, con la prefazione di Ermete Realacci, propone una riflessione su cosa sia la politica territoriale, dopo la fine dell’interventismo statale e la crisi del regionalismo, e su cosa possano rappresentare i territori nella sfida della modernizzazione italiana. “Se si guarda alle dinamiche territoriali che hanno interessato il nostro paese negli ultimi cinquant’anni – scrive Borghi – non si possono non considerare le profonde mutazioni di scenario che si sono succedute. Agli anni sessanta, caratterizzati dalla programmazione statale e dalla pianificazione territoriale, sono seguite le stagioni del regionalismo e del federalismo, fino ai più recenti tentativi di riassetto istituzionale, culminati nella mancata revisione costituzionale“. Un percorso che contiene non poche omissioni, soprattutto una: l’aver poco insistito sul ruolo dei territori, e soprattutto delle comunità, al punto di relegarle in una posizione marginale. “Le statistiche e gli indicatori – insiste Borghi – parlano dell’emergere in Italia di una vera e propria ‘questione territoriale’, con una marcata polarizzazione tra territori nei quali si concentrano opportunità, risorse, servizi e investimenti e aree in cui si acuiscono l’invecchiamento, la povertà e la desertificazione. Senza assicurare certezze nel campo dei
servizi essenziali quali scuole, trasporti, sanità, e senza garantire uno sviluppo che si traduca in occupazione, vengono meno i fondamentali diritti di cittadinanza, con il risultato che qualunque iniziativa è votata al fallimento“. La tesi contenuta nelle quasi duecento pagine del libro è che proprio questi siano i nodi da sciogliere e che su questi temi si disputerà la partita del riequilibrio territoriale e del ruolo delle comunità locali. “L’attuazione di politiche in grado di garantire il diritto di opzione e la libertà di scelta di vita necessita di forme politiche che siano luoghi di rielaborazione del pensiero – sottolinea ancora l’autore di “Piccole Italie” – luoghi nei quali riformulare le prospettive all’interno di una visione di bene comune. Solo così la questione territoriale diventa questione nazionale, ed è per questo che le ‘piccole Italie’ possono contribuire in maniera decisiva a salvare la grande Italia“. Un libro utile, con riflessioni che saranno senz’altro in grado di stimolare un dibattito e promuovere scelte che consentano di superare lo strabismo che ha provocato quella disattenzione verso i territori e le periferie che in molti lamentano.
Marco Travaglini
Il Museo del Risorgimento apre a Pasqua
Durante le prossime festività pasquali, sabato 15 aprile, domenica 16 aprile, lunedì 17 aprile e martedì 18 aprile 2017, il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino resterà sempre aperto secondo il consueto orario, dalle ore 10.00 alle ore 18.00 (ultimo ingresso ore 17.00). Costo del biglietto d’ingresso: intero 10 euro a persona, ridotto 8 euro.Negli stessi giorni alle ore 15.30 verrà proposta al pubblico la visita guidata all’esposizione museale. Per accedere alle visite guidate non occorre prenotare, è sufficiente presentarsi in biglietteria con 15 minuti di anticipo per essere registrati nel gruppo. Il costo è di 12 euro a persona (comprensivi di 8 euro per il biglietto ridotto + 4 euro per la quota guida). I possessori di Abbonamento Musei , Torino Card e Royal Card pagheranno solo i 4 euro di quota guida.
Info: www.museorisorgimentotorino.it
(foto: il Torinese9
Pasquetta al castello di Masino
Castello e Parco di Masino, Caravino (TO) Lunedì 17 aprile 2017, dalle 10 alle 18
Anche quest’anno il Castello e Parco di Masino, bene del FAI – Fondo Ambiente Italiano a Caravino (TO), resterà aperto in occasione della Pasquetta, lunedì 17 aprile 2017. Per festeggiare il Lunedì dell’Angelo, il romantico parco all’inglese sarà animato da un grande picnic di primavera, con stand gastronomici, attività per tutta la famiglia, e dai giochi di strada di un tempo.
Come lo scorso anno, torna il grande torneo amicale dei “giochi dimenticati” del Castello di Masino, dove i visitatori suddivisi in squadre si sfideranno a palla prigioniera, tiro alla fune, rubabandiera, tutti giochi dell’antica tradizione oggi a rischio oblio. Ogni squadra, composta di 7/8 partecipanti, potrà gareggiare in diverse discipline: sarà sufficiente iscriversi al torneo dalle ore 10.30 fino a esaurimento posti.
Per la gioia dei palati, sarà presente un mercatino gastronomico di prodotti canavesani, dove si potranno acquistare direttamente dai produttori locali gustose pietanze cucinate sul posto, con le quali arricchire il proprio cestino da picnic.
Grazie alla collaborazione con l’azienda agricola La Cascinassa, adulti e bambini potranno partecipare a laboratori didattici agresti di avvicinamento ai temi dell’ambiente e dell’alimentazione sostenibile sul risveglio della natura, mentre per i più piccoli si terranno laboratori ludici e attività come baby dance e truccabimbi.
Sarà inoltre possibile visitare liberamente alcune aree del castello, come le sale monumentali del piano superiore e dell’appartamento del Vicerè, mentre con un integrazione al biglietto si potranno effettuare visite specialistiche all’Appartamento di Ponente – dalla Galleria degli Antenati all’Appartamento della Regina – fino a esaurimento posti.
Per il ristoro saranno presenti bar, stand gastronomici con piatti della tradizione canavesana e mercatino enogastronomico del territorio
Il calendario “Eventi nei beni del FAI 2017”, è reso possibile grazie al significativo sostegno di Ferrarelle, partner degli eventi istituzionali e acqua ufficiale del FAI, e al prezioso contributo di PIRELLI che conferma per il quinto anno consecutivo la sua storica vicinanza alla Fondazione.
Orario: dalle ore 10 alle 18.
Ingresso alla manifestazione + visita al castello: Intero 11 €; Ridotto (Bambini 4-14 anni): 5 €; Iscritti FAI e Residenti nel Comune di Caravino: 4 €; Biglietto Famiglia (2 adulti e fino a 4 bambini 4-14 anni): 27 €.
Integrazione visita specialistica in Castello: € 4,00
Per informazioni: Castello di Masino, Caravino (TO) tel. 0125.778100; faimasino@fondoambiente.it
Per maggiori informazioni sul FAI consultare il sito www.fondoambiente.it
FESTA DELLA SEMINA 2017 IN CIRCOSCRIZIONE 7
ALESSI(FDI), GARIGLIO(FI), GIOVANNINI(DI), MOISO(LEGA):
Aspettando il Cannabis Parade del 29 aprile, il Centro Destra della Circoscrizione 7 ha voluto festeggiare durante il Consiglio di ieri sera, sul Bilancio con la presenza dell’assessore Rolando, la Festa della semina 2017. Noi in Circoscrizione 7 piantiamo <<Erbe aromatiche: basilico, maggiorana, timo e salvia >>, e il nostro messaggio è stato <<Le erbe aromatiche donano sapore. Gusta la vita non sfuggirla>> Per noi piantare cannabis non è benessere, ma una moda “sballata”! Chiederemo inoltre nei prossimi giorni una Commissione sui Cannabinoidi e un aggiornamento sul consumo di droghe nella nostra Circoscrizione con la presenza del dott. Consoli del Sert.
Johnny Lapio, Classe 1980, conseguita la maturità scientifica, si laurea in Scienze dell’Educazione e si qualifica in criminologia presso l’Università Pontificia. Studia la tromba e il pianoforte (ma è attirato anche dal teatro e dalla pittura) si inserisce ben presto nel filone dell’avanguardia sperimentalista di John Cage, avviandosi alla ricerca musicale e in seguito musicoterapica. Si diploma al Conservatorio dell’Aquila, di Cuneo e all’Accademia di Belle Arti di Brescia. Attualmente insegna Nuovi linguaggi della performance, Musicoterapia e Arteterapia presso L’Accademia di Belle Arti di Brescia. Vince numerosi concorsi, residenze e premi sia musicali che artistici, sia nazionali che internazionali, tra cui Real Presence (Belgrado), Premio Speciale di Presidenza (AIL Roma), Giovani Talenti delle Alpi Latine, Movin’up, Premio Speciale Movin’up e molti altri. Compositore, la punta di diamante della sua musica di avanguardia è senza dubbio la collaborazione in atto dal 2013 con il compositore di fama mondiale Sylvano Bussotti.
A questo possiamo aggiungere anche spettacoli come “Gabbie”, una performance multimediale da lui ideata e creata con certosina attenzione, con la partecipazione di eccezionali artisti come Giancarlo Schiaffini al trombone e Carlo Actis Dato al sassofono. Numerose sono le partecipazioni a rassegne, festival e i luoghi nel mondo in cui la sua musica viene eseguita ed è leader di numerose formazioni recensite da prestigiose riviste specialistiche internazionali; per citarne alcune Porta Palace Collective, Arcote Project, Torino Performing Orchestra. Proprio la critica francese ha definito Johnny Lapio una delle più belle scoperte dell’avanguardia italiana degli ultimi anni. Durante l’edizione 2015 del Torino Jazz Festival, ha partecipato all’eccezionale performance del Museo Egizio, in cui Anthony Braxton ha diretto settanta musicisti per otto ore in versione peripatetica fra gli spazi del Palazzo dell’accademia delle scienze, gioiello barocco di Guarino Guarini. Braxton, rimasto sorpreso dalla creatività di Lapio, l’ha voluto in America nella sua Tri-Centric Foundation, per un’importante tournée nel New Mexico con il sassofonista Chris Jonas. In questa occasione ha partecipato in qualità di trombettista alla Prima Mondiale di “Sketches in the Garden III: Home”. Ma le collaborazioni continuano con Baba Sissoko, Satoko Fujii, Natsuki Tamura, Rob Mazurek e numerosi altri artisti.
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Ha fondato ed è direttore artistico dell’Associazione “Arcote” situata in via Cuneo, realtà divenuta ormai internazionale, fucina di complicità creative generate dal jazz utilizzato anche come mezzo di riqualificazione culturale urbana. Da più di dieci anni l’associazione ha portato in pianta stabile nei quartieri critici di Torino il jazz e le artiterapie mettendo in atto un’azione educativa senza precedenti. L’atelier è fortemente legato alla realtà di Porta Palazzo e dintorni, zona da cui Lapio è partito per diffondere la sua musica nel mondo, progetto che sta attuando attraverso tournee e collaborazioni di calibro mondiale gemellando lo stesso quartiere con realtà artistiche internazionali. Al nostro Johnny, custode geloso dell’anima di Porta Palazzo, si sono spalancate da tempo le strade internazionali e ora l’aspetta una importante e prestigiosa tournee in Giappone, ulteriore occasione per portare il made in Torino nel mondo.
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Avvocato di grido dichiara zero al fisco
Possiede uno studio di 300 mq nel centro storico di Torino, con tanto di affreschi e importanti opere d’arte, oltre una villa in collina e un appartamento al mare. Si tratta di un avvocato di fama internazionale e amministratore delegato di tre società britanniche. Ma dal 2013 ad oggi il suo reddito dichiarato al fisco risultava pari a zero. La Guardia di Finanza lo ha scoperto quando è stato fermato al Valico di Ponte Chiasso con documentazione riguardante le società con sede in noti paradisi fiscali, 4 a Panama e una nell’isola di Jersey in Gran Bretagna. Ora dovrà pagare al fisco imposte su un reddito di 200 mila euro. L’avvocato avrebbe finto di essere separato e fittiziamente spostato la sua residenza nello studio, sostenendo di vivere abitualmente a Londra.
Festival Vivaldi, che successo!
Il Festival Antonio Vivaldi, che sta coinvolgendo il pubblico torinese, e non solo, con concerti, mostre, proiezioni e incontri dedicati alla figura del grande compositore veneziano, è arrivato alla metà del suo percorso.
“Una fra le caratteristiche più rilevanti di questo Festival – evidenzia l’Assessora alla Cultura della Città di Torino, Francesca Leon – è il coinvolgimento di tante realtà culturali, e non soltanto musicali, che hanno permesso di creare un programma così vasto. Sono, infatti, ben 21 le Istituzioni e associazioni che sono state coinvolte. Un vero e proprio sistema che credo sia davvero un esempio di grande coesione di intenti che sarà da modello anche per altri eventi culturali”.
Ieri sera, con un tutto esaurito, il Teatro Regio ha messo in scena, per la prima volta nella sua storia, l’opera vivaldiana L’incoronazione di Dario, dramma in tre atti, su libretto di Adriano Morselli, con Ottavio Dantone alla direzione dell’Orchestra del Regio.
“Il fatto entusiasmante – sottolinea Gastón Fournier-Facio coordinatore del Festival Antonio Vivaldi – è che sono andati esauriti anche tutti i precedenti concerti: le Suonate a due violini di Leclair e Vivaldi, eseguite magnificamente al Conservatorio da Giuliano Carmignola e Mario Brunello, a cura dell’Unione Musicale, quelli dell’Archicembalo, dell’Associazione Concertante-Progetto Arte&Musica, dell’Ensemble d’Archi dell’Orchestra Sinfonia Nazionale della Rai e dell’Astrée dell’Accademia Montis Regalis presso l’Auditorium Vivaldi della Biblioteca Nazionale Universitaria (registrando code prima dell’apertura fino a Piazza Carignano); nonché il concerto dell’Associazione Culturale Organalia presso il Tempio Valdese, il concerto dell’Astrée presso il Castello di Miradolo(in occasione della raffinata mostra Tiepolo e il Settecento veneto), quello delle Otto Stagioni di Vivaldi e Piazzolla al Teatro Regio di Torino e quello dell’Orchestra Filarmonica di Torino al Conservatorio”.
Molto pubblico ha seguito anche le manifestazioni collaterali: L’approdo inaspettato (la grande mostra dei manoscritti torinesi di Vivaldi presso la Biblioteca Nazionale), gli Studi per l’Incoronazione (la mostra sul progetto dell’Accademia Albertina di Belle Arti per le scene e i costumi dell’operaL’incoronazione di Dario di Vivaldi presso il Teatro Regio), la presentazione del libro L’Affare Vivaldi di Federico Maria Sardelli sul destino dei manoscritti autografi di Vivaldi custoditi dalla Biblioteca Nazionale Universitaria (presso la stessa Biblioteca e alla presenza dell’autore), l’Intervista impossibile ad Antonio Vivaldi a cura dell’Associazione Baretti (sempre alla Biblioteca Nazionale), e la Conversazione di Simone Solinas con il direttore d’orchestra Ottavio Dantone e il regista Leo Muscato, responsabili del nuovo allestimento di L’incoronazione di Dario, presso il Piccolo Regio Puccini. “Sapevamo della grande popolarità della musica del Prete Rosso, – conclude Gastón Fournier-Facio –ma vedere tutta la città di Torino, giorno dopo giorno, seguire con tale entusiasmo, al di là di ogni aspettativa, ognuna delle diverse manifestazioni di un Festival così denso e nutrito, è un fatto incoraggiante, che dimostra ancora una volta lo spessore della cultura torinese”. “Grande successo hanno riscontrato anche le dirette su Facebook. Questa formula innovativa – evidenzia l’Assessora Leon – ha raggiunto l’obiettivo di coinvolgere nuove fasce di spettatori e di promuovere il Festival Antonio Vivaldi e Torino. Infatti, oltre 27mila sono state le visualizzazioni per i primi cinque concerti e quindi anche l’utilizzo di Facebook ha avvicinato Vivaldi a nuovi pubblici”. Il format su Facebook, a cura della Città di Torino, dà la possibilità di ascoltare una breve presentazione del concerto, con il contributo di un’intervistatrice e di un artista, assistendo ai primi minuti dell’esibizione musicale all’indirizzo: www.facebook.com/cittaditorino
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Il Festival Antonio Vivaldi continuerà fino al 23 aprile.
Le lettere da Alpinia
Aprire gli scuri e trovarsi di fronte il golfo Borromeo e le sue isole è un’emozione che si rinnova ogni volta che torno a Baveno. Con il passare degli anni i ritorni a casa sono diventati meno frequenti e, quasi a compensazione di queste assenze, si è rafforzata quella sensazione tenue e piuttosto languida che ho sempre negato di provare e che i più chiamano nostalgia. La casa della zia Nina, in fondo al lungolago, a ridosso della curva della Marescialla, in direzione di Stresa, confina con l’imponente parco della villa Branca e offre, dalle sue finestre, un ottima vista del lago. Non importa se oggi pioviggina ( non è una novità, in primavera).
L’isola Pescatori, con la sua forma allungata di antico pesce, galleggia nella bruma lattiginosa, sospesa sull’acqua; l’isolino s’intravede a malapena, mentre il profilo imponente dell’Isola Bella offre allo sguardo la parte superiore del palazzo Borromeo, con la bandiera rosso blu che riposa, zuppa d’acqua, sul pennone. La pioggia non offende la bellezza del lago; semmai la esalta, rendendo più morbidi e flessuosi i contorni delle rive nei riflessi sull’acqua. Come le nostre montagne che, nei giorni del bel tempo, si specchiano nel Verbano, rimirandosi compiaciute e un poco vanitose. Dall’altra parte del lago, più a sud di Laveno, oltre Santa Caterina del Sasso, tra Leggiuno e Angera, dei timidi raggi di sole illuminano i particolari della “sponda magra” fin nelle calette più riparate. Nebbia invece, e pure fitta, verso Fondotoce e l’isola Madre. Scherzi del lago che fa di testa sua, offrendo alla vista ciò che vuole, acquattandosi nella bruma primaverile come un gatto in attesa di spiccare un salto. Dal balconcino, riparato dallo spiovente del tetto, posso vedere la piazza dell’imbarcadero. Il battello delle 8,15, provenendo da Pallanza , dopo aver fatto scalo all’isola Madre, sta per attraccare al molo. Più che vederlo lo s’intuisce, complice la nebbia che avvolge quel tratto di lago, dal singhiozzare strozzato della sirena. Annuncia la sua presenza prima ancora che s’intravveda la sua mole biancastra. Pochi minuti e, con rapida manovra di sagole, verrà fissata la fiancata ai piloni d’attracco consentendo al signor Alvaro di far scorrere la passerella dal molo all’imbarcazione.
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La signorina Carlina, con passo rapido, a dispetto dell’età, scenderà a terra per andare a prestar servizio dal Conte. In più di quarant’anni, mai un assenza, mai un giorno di riposo che non fosse il secondo mercoledì di ogni mese. Una dedizione più unica che rara, certamente non motivata dal magro salario che l’anziano nobiluomo le elargisce. Ah, eccola! Con la borsetta stretta in grembo e la camminata che sbarella lievemente sulla sinistra, testimonianza visiva e traditrice che la dice lunga del peso degli anni e dei lavori domestici. Il bar dell’Uva Matta ha già soddisfatto le abitudini dei suoi clienti più mattinieri. I barcaioli, in attesa di qualche cliente da traghettare sulle isole, chiacchierano tra di loro sotto la pensilina in stile liberty. Sciogliere l’ormeggio dei motoscafi per scorazzare clienti, con questo tempo, non sarà impresa facile. L’unica speranza è che ci siano in giro dei sudditi di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra, abituati al clima uggioso. Tullio, il giornalaio, commenta le ultime notizie con Ezio, il barbiere.
Discussione animata, a quanto vedo: si sbracciano, gesticolano. Si daranno torto o ragione? Boh! E chi lo sa? Intanto, arrancando sui pedali, passa Ermete Righelli, l’anziano postino. La schiena, piegata dal borsone di cuoio a tracolla che, pur non essendo più gonfio di lettere come un tempo, lo fa apparire come un antico ciclista, di quelli con il palmer a tracolla , portato alla cacciatora, che salivano con sforzi indicibili le vette più aspre del Giro e del Tour. Già, le lettere… Oggi se ne scrivono sempre meno. Solo posta elettronica, messaggini, comunicazioni su Facebook. Ormai solo le cartoline illustrate resistono, baluardo francobollato contro l’immateriale modernità. Ma per quanto, ancora? Eppure nelle lettere, scritte a mano, con gli sbaffi d’inchiostro e gli errori corretti tirandogli sopra una riga, si svelavano e s’intrecciavano storie e amori, avventure e ricordi. Ieri sera, appena rientrato dopo la “visita” alla cucina della Maria dell’Osteria dei Gabbiani ( quando arrivo da Torino, non manco mai all’appuntamento con la sua straordinaria frittura di lago ), sono salito in solaio per cercare qualche vecchia rivista da leggere. La zia ne ha conservate moltissime, insieme a pacchi impolverati di giornali d’epoca e antiche guide del Touring. Non le ho mai portate via da qui perché la soffitta ne soffrirebbe, mortificata da quelle assenze ,patendo un addio che ne impoverirebbe i ricordi. E una soffitta triste e svuotata da quel po’ di vita che conserva diventerebbe buia e inospitale. Insomma, morirebbe di solitudine e io non voglio che sotto il tetto della casa della zia ci si intristisca. Dunque, quando voglio leggere le vecchie carte, vengo qui e mi siedo sulla vecchia poltrona che fu del capitano Lenzetti, vecchio lupo di lago che dimorava in una stanza con vista lago affittatagli da zia Nina. Dopo una vita a solcare acque, sfidando tempeste e bonacce, aveva tirato in secca la sua vita per consumarsi in lunghe escursioni sui sentieri che salgono al Mottarone, allo Zughero e al Camoscio. Dietro alla porta m’attende la lampadina attaccata al filo con la peretta per l’accensione. Con le sue quaranta candele e un bel po’ di polvere addosso non illumina un granché ma la luce fioca s’addice alla soffitta.Rovistando qua e là ho messo da parte alcune vecchie copie della “Domenica del Corriere” con le copertine a colori disegnate da Achille Beltrame prima e da Walter Molino poi, efficacissime per raccontare le vicende di quei tempi.
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E’ un piccolo capitale, visto che oggi le copie sono ricercate da migliaia di appassionati. Non a caso si tratta del settimanale più collezionato d’Italia. La zia Nina ci teneva tanto alle sue copie della Domenica del Corriere, nata come inserto domenicale del Corriere della Sera, nel 1899, recapitata in omaggio agli abbonati del quotidiano ma anche venduta separatamente in edicola al prezzo iniziale di 20 centesimi.Il successo era dovuto al semplice fatto che, a differenza dei quotidiani dell’epoca, la Domenica del Corriere dava ampio spazio alle fotografie e ai disegni. Così, anche il fornaio Adelmo Brovelli e il boscaiolo Teresio Ognissanti, analfabeti loro malgrado, potevano farsi un’idea dei fatti del mondo mentre la zia e le sue amiche leggevano con avidità le cronache e gli articoli di grandi firme come Indro Montanelli che diresse il giornale fino al 1946.E’ sempre stato divertente guardare la tavole a colori e leggere le didascalie. Gran parte sono dedicate alle montagne, agli alpini, all’eroismo della grande Guerra e alle disgrazie. Curiosità e propaganda si mischiano e rendono bene l’idea di cosa si intendesse comunicare all’epoca. Mi fa sorridere la storia dei turisti assaliti da aquile sul Mottarone, illustrata da Beltrame sul numero che uscì a metà maggio del 1931. Anche la didascalia che accompagna il disegno offre l’immagine di una lotta senza quartiere: “Un gitante, suo fratello e la sua figlioletta, soffermatisi a riposare durante una escursione sul Mottarone, in località di dove si domina la vallata del Lago d’Orta, vennero assaliti da tre aquile, una delle quali tentò di ghermire la bambina, I due uomini iniziarono una battaglia a colpi di bastone, riuscendo, dopo lunga lotta, ad abbatterne e catturarne una, e a mettere in fuga le altre”. E che dire di quest’altra, degli inizi d’agosto di quel medesimo anno? “ Mentre guidava sul Lago Maggiore, presso Angera, un “fuori bordo„ appena acquistato, un ingegnere milanese, per una falsa mossa, cadeva in acqua e colpito dall’elica annegava. Una signorina che accompagnava l’ingegnere, terrorizzata, non seppe fermare il motore e allora l’imbarcazione prese a girare vorticosamente, evitando per miracolo una barca carica di bambini. Il battello andò poi a sfasciarsi contro la riva”. Morto l’ingegnere, salvi per il rotto della cuffia i pargoli, che fine aveva fatto la signorina che accompagnava lo sfortunato motoscafista? Una domanda che non avrà mai risposta. Girovagando nel sottotetto m’imbatto nello scaffale d’angolo, tra la finestrella dell’abbaino e l’attaccapanni dove giace, impolverato, un vecchio e liso soprabito. Ci sono diversi faldoni per archiviare i documenti. Su ognuno, in bella grafia e a grandi caratteri, è indicato il contenuto. Uno, in particolare, attira la mia attenzione. S’intitola “Lettere da Alpinia” e contiene un po’ di tutto. Mi colpisce una busta ingiallita dal tempo, bordata di fiorellini di un lilla ormai sbiadito. Contiene una
vecchia lettera, scritta a mano da una calligrafia ordinata e ben leggibile. “Nina carissima, oggi Annarella e io,abbiamo visitato il nostro giardino Alpinia. Ti ricordi quante volte ci siamo state,insieme? Ora, nonostante tu non possa ancora muoverti da Baveno ( Ndr. La zia, a quell’epoca, complice una rovinosa caduta, era costretta a casa, “agli arresti domiciliari”, come raccontava a noi nipoti ) e non possa vederlo con i tuoi occhi, non preoccuparti: è sempre una meraviglia! Il dottor Iginio e il giardiniere Tronchetti lo tengono curato come un bijoux, con i vialetti puliti, le aiuole fiorite, ordinate, e tutte quelle piante alpine così minuscole e pure così forti e resistenti. Oggi c’è un bel sole e lo sguardo può sconfinare in Svizzera e sulla pianura padana. Dalla balconata del Belvedere, incombente sul lago Maggiore e sulle isole, si vedevano piccolissime le case di Stresa e Baveno e,ancor più in là, Pallanza e Intra. Nina, con un solo sguardo abbiamo abbracciato le principali vette della Val Grande, dal Togano alla Laurasca, dal Pedun fin giù nel Verbano dove domina la Zeda. E ancora, più in la, il monte Disgrazia,in Valtellina. E le Grigne, all’estremità delle Alpi Orobie che incombono dalla sponda orientale del Lago di Como, fino al Legnone , la cima più alta della zona di Lecco. Che imponenza, tutte queste vette! Che sarebbero i nostri laghi senza i monti? Così, sedute al tavolino dell’Alpino Fiorente, ci siamo dette: dai, scriviamo a Nina! So bene che tu vorresti buttar via le stampelle e incamminarti fin qui.. Ma, vedrai: è solo questione di tempo e di pazienza. Intanto, ti abbracciamo forte! A presto! Tua Clotilde… Ps. ( ti saluta anche Annarella)”.
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Alpinia è davvero un gioiello della natura. Un esempio più unico che raro di tutela di un bene pubblico sottratto alle grinfie dell’interesse privato. La collina dove sorge, con la sua affascinante posizione panoramica, alla fine del anni ‘20, faceva gola a tanti. Il terreno era comunale e furono offerti non più di venti centesimi al metro quadro. La proposta giunse alle orecchie di un gruppo di “innamorati della montagna” che, guidati da Iginio Ambrosini, convinse il Podestà stresiano a non cedere alle lusinghe e conservare al godimento pubblico quel dosso di terra acida e silicea, incolto e improduttivo. “Tanto magro è il suolo quanto pregiato l’ambiente”, si disse. Troppo bello perché ne godessero in pochi, lasciando tutti gli altri a bocca asciutta. Che farne? Venne lanciata un’idea: trasformarlo in un giardino di piante alpine. Così, il 28 gennaio del 1934, nell’aula di segreteria del Municipio di Stresa, vedeva la luce “Duxia” poi ribattezzato, dieci anni più tardi, in Alpinia. Un’avventura riassunta nelle lettere, ritagli di articoli, intere pagine delle riviste d’epoca, dettagliatissime mappe, corredate da minute osservazioni a matita e tante foto in bianco e nero e a colori,scattate con le prime Ferrania. Descrizione dei fiori e piante, appunti su semine e donazioni che arrivavano – grazie agli scambi con gli orti botanici universitari – dai quattro angoli del mondo. In alcuni quadernetti la zia aveva diligentemente annotato, tra l’altro, le essenze dell’orto di guerra, dove si coltivavano – tra il 1942 e il 1944 – piante ad uso alimentare mentre il giardino svolgeva un’azione di “portentoso calmante per lo spirito in questi tempi turbinosi”. Storie di piante pioniere, belle e tenaci. Piante montanare, capaci di vivere sul magro, unite strette nel difendersi, cedevoli alle carezze dell’aurora e resistenti all’infuriare della bufera. Le più adatte a rappresentare lo spirito della montagna. Intanto, dall’abbaino filtrano i raggi del sole che, timido, si fa strada tra le nuvole. Sbircio fuori: ha smesso anche di piovere. Prima di ripartire farò un salto al giardino.La zia, ne sono più che certo, approverebbe.
Marco Travaglini
Il centro storico di Giaveno si veste d’arte. Le facciate di alcuni suoi edifici verranno, infatti, impreziosite con affreschi che riproducono le litografie realizzate da Francesco Gonin per l’edizione “quarantana”, l’editio princeps, de “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, pubblicata nel 1840. A promuovere l’iniziativa, dal titolo “Omaggio a Gonin”, è l’Associazione Proprietari Immobili Centro Storico (Pics) Onlus di Giaveno.
Gonin è un artista che ha attraversato con la sua vita e la sua opera tutto l’Ottocento; la sua figura è stata legata anche a Giaveno. Nato, infatti, a Torino nel 1808, morì nella cittadina della val Sangone nel 1889. La sua specializzazione pittorica fu quella dei ritratti a carattere storico, tra cui sono celebri “I vespri siciliani” e “Carlo Magno al passaggio delle Chiuse”, e delle incisioni di opere letterarie, quali le Poesie scelte di Carlo Porta e Tommaso Grossi nell’edizione del 1842. Fu tra i primi artisti in Italia a sfruttare le potenzialità della tecnica della litografia. Ritratti storici e affreschi da lui realizzati si possono oggi ammirare presso diverse dimore di casa Savoia; decoro’ anche una sala della stazione ferroviaria di Porta Nuova, un tempo sala d’attesa del re. Le litografie originali per l’edizione de 1840 dei Promessi Sposi, che gli richiesero anni di lavoro, dal 1839 al 1842, si possono ammirare presso il Civico Museo Manzoniano nella sala IX.
In occasione della presentazione del progetto “Omaggio a Gonin”, in programma a Torino venerdì 14 aprile nella Sala Viglione a palazzo Lascaris, con la partecipazione della vicepresidente del Consiglio regionale, Daniela Ruffino, saranno esposte due edizioni de “I Promessi Sposi”, quella a fascicoli della Quarantana, il cui titolo originale è “I promessi Sposi- Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni. Edizione riveduta dall’autore”, stampata dalla tipografia Guglielmini e Radaelli di Milano, e un’edizione in volume del 1869, oltre a due autoritratti del pittore, risalenti al 1828 e al 1878.
Mara Martellotta