Domande complicate e semplici risposte: elezioni, pessimismo e inflazione

IL PUNTASPILLI  di Luca Martina

Tra 5 mesi, il 5 novembre, l’anno elettorale più affollato della storia si concluderà in bellezza con la chiamata alle urne del popolo statunitense.

Beh in realtà non è esattamente così in quanto a dicembre si voterà ancora in Ghana, Sud Sudan, Uzbekistan, Croazia e Romania ma possiamo certamente ritenere quello americano l’evento più importante del 2024.

Ancora una volta il risultato appare in bilico e lo rimarrà probabilmente sino al fatidico martedì che segue il primo lunedì di novembre (questo prescrive la tradizione).

Il dibattito tra i due candidati, l’attuale presidente Biden ed il precedente Trump, non sta ancora appassionando l’elettorato e anche le loro vicende personali non spostano, per ora, l’ago della bilancia.

Quello che sembra evidente è che la crescita economica degli ultimi, non certo semplici anni, ha rallegrato molto di più gli investitori (il mercato azionario americano ha toccato ultimamente nuovi massimi, il 10% al di sopra dei livelli raggiunti prima dell’esplosione del conflitto russo-ucraino) che i cittadini americani.

Tutti i sondaggi indicano, infattim un diffuso pessimismo e una sostanziale insoddisfazione per lo stato delle cose e gli analisti si interrogano sul perché l’adagio “it’s the ecomy, stupid” (coniato dal consigliere di Clinton, James Carville, che sintetizzava come le fortune del presidente andassero di pari passo con quelle dell’economia) questa volta suoni così stonato.

Il motivo sembra risiedere, più che nella situazione dell’economia (resiliente e resistente anche alla politica restrittiva della Federal Reserve) nell’inflazione che ha eroso il potere d’acquisto di una parte importante della popolazione statunitense.

Ma prima di capire chi imputa a Biden il peggioramento della propria condizione, minandone la popolarità e costringendolo ad un testa a testa nei sondaggi, varrà la pena spendere qualche riga sulla mala bestia dell’inflazione che, dopo essere rimasta ingabbiata per molti anni, è stata risvegliata bruscamente dal binomio epidemia-guerra.

E’ pur vero che dal 9%, raggiunto nel luglio del 2022, la discesa è stata notevole ma da un anno a questa parte sembra essersi arrestato intorno al 3,5%, un livello ancora lontano dall’obiettivo, fissato al 2%, della banca centrale statunitense che per ora non ha alcuna intenzione di tagliare i tassi di interesse (dopo averli portati dallo zero della primavera di due anni fa al 5,50% attuale).

Ma se è vero che un’inflazione del 3% non si discosta troppo dalla media degli ultimi quarant’anni, a fare male è quanto avvenuto tra la metà del 2021 e del 2023: il biennio “horribilis” ha registrato una crescita dei prezzi di prima necessità (cibo ed energia) del 20% e da allora, la moderazione della loro salita, non li ha certo resi più economici né riportati minimamente nei pressi del loro livello pre-shock.

Ecco dunque spiegato il malumore di gran parte dei lavoratori americani: si tratta, in particolare, di quelli con salari più bassi, per i quali il carrello della spesa è diventato molto più caro e di scarso aiuto sono stati i loro (invero modesti) incrementi salariali.

Il concetto è semplice e l’esito brutale: meno soldi hai in tasca e più gli aumenti dei prezzi peggioreranno la qualità della tua vita, costringendoti a fare lo slalom tra offerte e discount (a piedi, per eludere gli aumenti dei costi di trasporto) o a indebitarti (a tassi di interesse molto alti).

Questo serve anche a ricordarci come il concetto di inflazione sia estremamente elusivo e soggettivo: dipende, cioè, totalmente da quelli che sono i propri, personalissimi, consumi.

La situazione difficilmente cambierà nei prossimi mesi ed appare chiaro come una risposta, a coloro che domandassero perché nel Paese che meglio si è ripreso da tutte le brutte soprese del nostro decennio, con un’economia che ha evitato una recessione e la disoccupazione ai minimi storici, serpeggi una così elevata insoddisfazione, esiste e non è poi così diversa da quella fornita dallo staff del presidente Clinton nel 1992:  “Non cercate risposte complicate: in fondo è solo l’inflazione, stupido!”.

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