“La trappola dei ricordi”
L’ho rivista qualche mese fa. Era ospite in Rai della “szia” (per antonomasia) d’Italia, la paciosa simpatica Mara Venier. Due bombe di simpatia! Di chi parlo? Di una donnina, autentica tsunami ( e qui i cambiamenti meteorologici non c’entrano una mazza di niente) di vis comica e bravura scenica. Con lei il tempo se l’è sempre presa proprio comoda. Bé, qualche cambiamento negli anni anche per lei c’è stato, ma quell’aria di eterna ragazzina rompipalle, assolutamente chissenefrega dei tradizionali canoni del politically correct, l’ha mantenuta perfettamente intatta. E guai a mollarla. E guai a chi gliela tocca. E’ la chiave del suo successo. E’ lei! E’ proprio così! Forse dalla nascita. Chi lo sa? Eppure, una bella manciata d’anni fa – primi anni ’80 – lei, di cui sopra, era – pensate un po’- una promettente musicista prestata al palcoscenico della scuola. Sempre palcoscenico per la Luciana. Per la Lucianina, come la chiama il buon Fazio, che a lei dovrebbe fare, un giorno sì e l’altro pure, un bel monumento. E magari anche lei a lui. Ma, insomma, dai. Eddai! Non l’avete ancora capito? L’eterna bambina rompipalle di cui vi parlo è proprio lei. La Lucianina. La Lucianina Littizzetto o minchiassabry, come un po’ d’anni fa amava ripetere. Dunque, la Lucianina prof.? Proprio così. Prof. in carne (poca) e ossa (molte). Quell’ospitata domenicale dalla szia Mara me l’ha proprio riportata, e con infinito piacere, alla mente. Piccola, giovanissima – dimostrava ancora meno dei suoi, credo, 19 anni – visetto sbarazzino, occhi vivacissimi e battuta che già allora non aspettava mezzo secondo per metterti all’angolo, la Lucianina, insegnante di “Educazione Musicale” (diploma al “Conservatorio” e primo anno di iscrizione alla “Facoltà di Lettere”) era un peperino mica da ridere che tutti in via delle Magnolie, alla media “Carlo Levi”, accogliemmo immediatamente con enorme simpatia e anche con un po’ di tenerezza. Nell’“infernal bolgia” delle Vallette. Del resto lei non arrivava da molto lontano. I suoi avevano una latteria – ne esistono ancora oggi? – dalle parti di via San Donato, quartiere in cui vivevano con quell’angelica pargola, per la quale neanche loro immagino si sarebbero mai aspettati un frizzante futuro nel mondo tentacolare della tv e del cinema. Diciamo anche che lo stesso quartiere di San Donato non rientrava, già allora, nei classici paradigmi della Torino “da bere”. Non era insomma la Crocetta. Qualche problemino ce l’avevano anche lì. E a Vallette la Luciana arrivò, forse anche per questo, ben corazzata. Da donnina intelligente, capì subito che per integrarsi in un ambiente come quello – scuola più quartiere – doveva prima ancora di insegnare Musica o a suonare il flauto (com’era di moda a quei tempi) imparare a convivere con i “suoi” ragazzi e con le “sue” ragazze, di cui diventò una sorta di sorella maggiore, cui raccontare i primi filarini, le speranze i sogni le delusioni, ma anche fatti e misfatti del quartiere, miserie, squallori e drammi famigliari. Appena sussurrati o impietosamente urlati fra quelle basse casette e improbabili giardinetti fake english, dove viveva (e vive) un’umanità che tanto aveva da ricevere. Ma anche da dare. E da cui la prof. Littizzetto, per altro, attinse molto in fatto di “storie” e di “gag” comiche utili e ampiamente utilizzate nelle sue prime scorribande televisive. La minchiassabri, su tutte. Nostra alunna, quella Sabbrina, col padretroppopadre con quell’unghia del mignolo lunga un metro e venti che gli serviva da taglierino nel suo lavoro da tappezziere. Personaggio reale, comicamente esaltato in scena dalla Luciana. Che, devo dire, ha poi mantenuto nel tempo un certo piglio “vallettaro”, caratteristica della sua comicità. Trasferitomi, qualche anno dopo, in altra scuola, la persi di vista. Fino al suo exploit sulle scene . Da anonima prof. di “Musica” a famosa star (sono sicuro che il termine la farebbe sobbalzare a molla in altisonanti improperi da betola) dello spettacolo. Di persona ebbi modo di incontrarla ancora nel ’99, in occasione delle celebrazioni del “Centenario Fiat”, organizzate dall’“Ascom”, di cui ero responsabile dell’“Ufficio Stampa”. In quella mitica serata, si esibì sul palco di piazza San Carlo, con una forza tale che, credo, sia riuscita a smuovere e a far sbellicare dalle risa (mancano testimonianze dirette ma non ci sarebbe da stupirsene) perfino il granitico duca Emanuele Filiberto appollaiato arcigno sul suo scalpitante “caval ‘d brons”. Di successo in successo. L’ho rivista ancora, un pomeriggio afoso del luglio di qualche anno fa . Per caso. In via Gioberti girava una scena del fortunato serial tv “Fuori classe 2”. Io passavo di lì per andare in ufficio, lei era in pausa. Ci siamo incrociati. Un flash diventato subito memoria. Il tempo, come un bolide, aveva messo la retromarcia. Forse eravamo nella sala docenti di via delle Magnolie. Chissà? Milani, caz..!, Luciana!. Un forte abbraccio. Era ancora e sempre lei! La star non aveva cancellato la nostra Lucianina “formato via delle Magnolie”. E via Gioberti, con le sue belle case d’epoca e le tracce di un’umanità dal volto e dalla vita per bene (pur se a un passo dal tragico quadro di “miseria e nobiltà” di Porta Nuova), si era trasformata all’improvviso in una delle tante vie sbilenche e un po’ scentrate, ma dai poetici nomi floreali, delle nostre “antiche” indimenticate Vallette.
Gianni Milani
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