Il guru del vino Donato Lanati chiamato in Madagascar

Un’impresa eroica che coniuga scienza, cultura, ambiente e territorio, con risvolti economico-sociali

“in Madagascar, vengono prodotti 15milioni di ettolitri di vino: i bianchi sono discreti, mentre i rossi sono imbevibili”

Pochi gli elementi certi e tante le variabili da analizzare

E’ partita dal Madagascar la delegazione malgascia, guidata dall’economista internazionale e procacciatore d’affari governativo Bruno Randri-Anantenaina, giunta settimana scorsa nel Monferrato per incontrare il guru del vino Donato Lanati. Un lungo viaggio di speranza e ambizione, per qualificare e lanciare la produzione enologica della Repubblica insulare, situata nell’Oceano Indiano, al largo della costa orientale africana.

Tra i Paesi economicamente più poveri del mondo e con una qualità della vita ancora bassa per la maggior parte della popolazione, il Madagascar annovera rari esempi di un’eccezionale biodiversità. L’economia nazionale è essenzialmente basata sull’agricoltura, sull’allevamento del bestiame e sulla produzione di oggetti di artigianato. Il riso resta il più importante prodotto del Paese, mentre l’esportazione agricola è centrata su prodotti di ridotto volume e di alto valore, come vaniglia, caviale litchi e oli essenziali. Il cuore del Paese, con le regioni di Fianarantsoa e Antananarivo, è l’altopiano centrale (hautes terres), caratterizzato da rilievi collinari e montani che raggiungono i 1700 metri di altitudine e che proteggono le fertili valli, fondamentali per l’agricoltura. Il tratto più distintivo dell’isola è il colore rosso intenso del terreno (ricco di ferro) che dà il suffisso “Rosso” all’Isola.

La nostra tradizione enologica parte dai vini prodotti per i riti religiosi”, ha spiegato l’economista malgascio durante la visita all’Enosis Meraviglia di Fubine; “poi, con le prime colonizzazioni europee, le coltivazioni sono iniziate a prosperare. Oggi, in Madagascar, vengono prodotti 15milioni di ettolitri di vino: i bianchi sono discreti, mentre i rossi sono imbevibili. Ecco, la motivazione del viaggio in Italia alla ricerca di una collaborazione/cooperazione con Donato Lanati, sommo maestro nell’interpretare ambiente/territorio e dar voce alla vite. Attualmente, il Madagascar è caratterizzato da un’economia di sussistenza e da scarsa industrializzazione, ma riserva grandi potenziali nel turismo, quello solitario e paesaggistico a contatto con la natura. In quest’ambito, riteniamo che il vino sia un elemento importante, una risorsa complementare per elevare la nostra offerta turistica”.

Che a Lanati piacciano le sfide è lapalissiano e che sia un luminare dell’enologia è una certezza inconfutabile ma, questa volta, si tratta di un’impresa davvero eroica, che coniuga scienza, cultura, ambiente e territorio, con potenziali risvolti economico-occupazionali. Una sfida oltre la sfida, che guarda anche al sociale e al riscatto di un Paese, paradossalmente, povero e ricco allo stesso tempo. Certamente, il notevole lavoro sul fronte della viticoltura e della vinificazione svolto in Georgia (dal 2004 sull’altopiano del Kakheti, dove c’erano 4 aziende e oggi, grazie a Lanati, se ne contano 120), Kazakistan e Cile, oltre che in Italia, è tra le dimostrazioni palpabili del suo vincente e lungimirante operato, anche sotto l’aspetto economico-sociale ma, col Madagascar, l’impresa è ancora più grande: è una lotta che si fa serrata contro il tempo e le distanze.  

E’ un invito impegnativo e stimolante allo stesso tempo”, riflette Lanati. “Pochi gli elementi certi e tante le variabili da analizzare, prima di intraprendere un percorso. Tra le certezze: l’eccezionale biodiversità del Madagascar, uno degli ultimi paradisi terrestri; da analizzare, invece: le condizioni pedoclimatiche, le escursioni termiche, la durata e l’intensità delle piogge, le temperature per la dormienza della vite, nonché gli agenti patogeni vegetali e animali. Alla luce di tutti questi elementi, fondamentale risulterà, altresì, la scelta del porta innesto. L’obiettivo? Un vino dialogico, dal cromatismo luminoso e trasparente. Ogni bottiglia dovrà racchiudere un pezzo di Madagascar. Sarà un lungo lavoro che durerà anni”.

La vite accompagna l’uomo da oltre otto millenni e, quando compresa, è in grado di esprimere la cultura e la storia di un territorio: “solo con tale consapevolezza”, sottolinea Lanati, “i malgasci conquisteranno la forza necessaria per interloquire col mondo”.

Con studi e analisi alla mano, potremmo ipotizzare di produrre un milione di bottiglie in una cantina modulare, che non sia solo il luogo di trasformazione dell’uva in vino, ma l’anima pulsante di una terra fiera e orgogliosa. Immagino cantine immerse nei vigneti, disegnati come parchi. Penso a cantine nelle quali vivere un pieno trasporto nella cultura di un territorio dalla storia millenaria. Marketing e comunicazione, poi, completeranno l’opera: l’etichetta dovrà essere geniale, diretta ed essenziale; un vero e proprio biglietto da visita del Madagascar e di tutto il suo comparato agroalimentare”.

Davanti alle sfide più grandi, l’eloquio di Lanati è tornato ad essere un fiume in piena che, tanto, ha affascinato i visitatori malgasci, pronti ad aprire autostrade allo scienziato del vino o, meglio ancora, ad edificare archi vitruviani, già emblema di riscatto e fortuna in altri Paesi del mondo, solcati dalla sapiente mano del guru monferrino.  

  

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