COSA SUCCEDEVA IN CITTA’ / Oramai, per me il primo Maggio è un lontano ricordo. Ricordi belli, bellissimi. Sono quattro o cinque anni che non partecipo al corteo di Torino. Il ciarpame anarcoide e gruppettaro la faceva da padrone. Insopportabile. Si presentavano con caschi, manganelli ed altra mercanzia per cacciare quelli del PD a loro dire non degni di sfilare. La polizia glielo impediva. So perfettamente che la mia risposta individuale è al limite del puerile. Con questo rifiuto voglio non sporcare i bei ricordi. Come nel 1975. Libertà e gioia.
I piccoli ( in tutti sensi ) vietnamiti cacciavano i giganti Usa. 1 maggio, a Saigon stanno sfilando i Vietcong. A Torino una gigantesca bandiera vietnamita apriva il corteo dei giovani comunisti. Portata ai lati da fierissimi ragazzi e ragazze. Il copione prestabiliva una sorta di riallineamento all’ inizio di via Roma per poter entrare correndo in Piazza San Carlo. Il rituale comportava gli applausi di chi assiepava i lati di via Roma. Tantissima gente contenta e raggiante.
Sulla sinistra all’ angolo con piazza Castello, come sempre gli zii paterni che avevano raccolto il testimone dei nonni. Il corteo faceva fatica a farsi spazio. Dovemmo aiutare chi portava la bandiera diventata troppo pesante interamente coperta dai garofani. Ci si sentiva in pezzo di Storia, magari non era vero, personalmente mi piace pensarlo ancora ora. Poi l’entrata “trionfale” in piazza San Carlo. Tanta gioia. La giornata non finiva qui. Classico appuntamento davanti al Caffè Torino, due chiacchiere , il tempo di organizzare i posti nelle autovetture e poi via verso le Langhe, meta del pranzo del 1 Maggio. Altro appuntamento classico. Antipasto misto alla piemontese con quel vitello tonnato semplicemente indimenticabile. Vino mesciato da bottiglie che avranno avuto 50 anni. Vino rigorosamente rosso in bottiglie col vetro spessissimo. L’ oste garantiva sempre sulla sua genuinità: “L’ho imbottigliato io ed arriva dalle uve del cugino”. La famiglia era un certificato di garanzia. Barbera a go-go. Sempre tranne che a Clavesana. Lì la faceva da padrone il dolcetto. Spessissimo con quel retrogusto aspro e dolce al tempo stesso. E poi le acciughe al verde che sono tra i 10 piatti più buoni del mondo. Magari la pizza ha sempre il primo posto, ma si aggiudicano il secondo posto incontrastate. A Clavesana dove al ristorante La Posta si abbinava il’ottimo mangiare con una vista spettacolare sulle colline. La vecchia topia che riparava dal sole. Si arrivava alle 14 tirando tardi e continuando con la merenda sinoira. Tanto tempo fa. Tempo rimpianto dove la nostalgia dominava, come il vino del resto. Il colore del ricordo, il sapore del ricordo. Morbidamente e senza rabbia, consapevoli ed orgogliosi delle nostre idee ma non violenti nell’imporle. Violenza equivale a sopraffazione. Nel corteo e nelle mangiate tanta rilassatezza e gaiezza. Appunto, altri tempi. . Il valore della Festa del Lavoro è evidente a tutti. Durante la dittatura fascista non c’era ed è diventata un’ icona di tutte le democrazie. Anche qui cerchiamo di far diventare questa crisi epocale una occasione e non solo una immane tragedia. Difficile e forse improbabile, ma possibile. Buon 1 Maggio a tutti.
Patrizio Tosetto
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