La svolta di Achille

Il 12 novembre di 31 anni fa Achille Occhetto fece il suo discorso alla Bolognina. Un discorso per certi versi memorabile e di totale rottura con il passato dei comunisti ed in particolare dei comunisti italiani. Personalmente non ne fui meravigliato.

 

Anzi lo vissi come liberatorio.  Da quello che ricordo non eravamo in molti nel pensarla e soprattutto viverla cosi. Non appartenevo alla corrente dei cosiddetti  miglioristi. Da sette anni ero lontano dalla politica attiva. Solo iscritto. Lavorando per le cooperative d’abitazione diligentemente partecipavo alle riunioni convocate nelle federazioni del Piemonte. Ironicamente ed indicativamente ribattezzate le parrocchie. Anni in cui i partiti, quelli veri, contavano assai. Il discorso di Achille Occhetto fu per molti un fulmine a ciel sereno. Giusto unanno prima , al matrimonio di Marco un amico compagno, al pranzo nuziale tavolata di ex figiciotti. Intorno al tavolo eravamo una dozzina. Tutti tranne il sottoscritto erano  contrari al cambiamento del nome al PCI. Motivazione: noi siamo comunisti italiani,  un’altra cosa.  Magari avevano ragione loro nel mettermi in totale minoranza. Ma io: guardate che sta crollando tutto nei paesi del cosiddetto  socialismo reale. Fui facile profeta.  Da lì a 10 mesi fu abbattuto il muro di Berlino. Capivo comunque che mettersi in discussione era difficile se non impossibile. Ognuno dei presenti , compreso il sottoscritto, faceva i conti con la propria storia e dunque con la propria esistenza. A Torino come del resto in tutta Italia la svolta occhettiana  fu presa con le molle.  Ci vollero 2 congressi e due anni di discussioni per arrivare al Pds. Non fu una passeggiata, soprattutto a Torino dove l’anima dura e pura era storicamente presente, del resto era dove era stato fondato l’Ordine Nuovo di Gramsci e Togliatti. Mille colpi bassi come quello che mi fece Gianni Alasia futuro segretario locale di Rifondazione comunista. Davanti a 500 compagni di Vanchiglia disse che mio padre si stava rivoltando nella tomba visto cosa era diventato il figlio. Carino no? Poi quando l’80 % degli iscritti si espresse per il cambiamento,  diciamo così: superai il trauma dei suoi insulti. Senza retorica fu una grande , forse l’ultima discussione di massa politica nel nostro paese. Il Pci nell’ 89 ammaccato e in stato confusionale era ancora una grande macchina organizzativa.
1 milione e 400 mila iscritti.  A Torino 40mila ed in Piemonte 100mila. 60 sezioni a Torino ed altrettante in Provinca.  Erano tempi che se il Pci presentava un cavallo alle elezioni in Barriera di Milano veniva eletto. Ma l’erosione del consenso elettorale era sotto gli occhi di tutti. Dal 79 in poi e dopo i 35 giorni all Fiat la mitica classe operaia di Torino non era più mitica e si stava consumando e restringendo.
Soprattutto deposte ” le armi della rivoluzione ” non si sapeva con chi governare per il semplice fatto che nessuno voleva governare con i comunisti. Non era tutto. Il punto nodale era l’identità. Andare oltre all’orizzonte del comunismo voleva dire essere diversi a ciò che eravamo stati. Qui le cose si complicarono. Si complicarono e determinarono una sorta di incompiuta ancorché si formo’ il Pds. Concretamente non si ruppe totalmente con il passato. Fu una operazione strumentale? Non penso proprio.
Necessariame si doveva fare ? Assolutamente sì! Su ciò non ho il minimo dubbio. Lo testimonia che cosa è avvenuto in Europa. All’inizio degli anni 70 mediamente i partiti comunisti erano più forti dei partiti socialisti.
Al netto della realtà di Germania e Gran Bretagna. 20 anni dopo, i rapporti di forza a sinistra mutarono a favore dei socialisti con i partiti comunisti che difatto sparirono.
Dal Portogallo alla Francia passando per la  Spagna. Con le irreversibili crisi dei paesi dell’ Est e la dissoluzione. Il tutto non avvenne in Italia confermando la cosiddetta anomalia italiana. Vero che la dissoluzione del Psi e della dc avvenne con tangentopoli. La  Bolognina avvenne mesi dopo la caduta del muro di Berlino e 2 anni prima dello scoppio di tangentopoli fece si che gli ex comunisti , in particolare i dirigenti, si salvassero proseguendo nell’attività. Ironia della sorte, potremmo dire che Achille Occhetto fece il lavoro sporco pur dando a Massimo D’Alema la possibilità di diventare il primo ed unico ( ex ) comunista Presidente del consiglio. Oggi tra i protagonisti di quella stagione vedo tanti rimpianti per occasioni mancate, in alcuni casi rimorsi e tanta nostalgia. Capisco ma non mi adeguo. Anche io ho nostalgia di quella Storia.  Di un pci che era ( anche ) scuola di vita. Rimango convinto che la svolta era necessaria e dovuta. Viceversa saremmo stati travolti dalla Storia e ci sarebbe rimasto  solo il rimpianto di ciò che era nella certezza che non sarebbe più stato. Almeno in  questa vita nulla è eterno e dunque tutto è mutabile.
Sono nostalgico per affetto.  Perché, oggi , non c’è nulla di nuovo e stimolante.
Sono nostalgico perché ho cuore. La ragione ed il cervello mi portano a dire: doveva essere fatto ed è stato fatto. Magari non concluso. Ma si sa che la perfezione non è di questo mondo.

Patrizio Tosetto

 

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