Scuola: problematiche e proposte per la ripresa

Riceviamo e pubblichiamo / Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani intende segnalare l’interessante contributo dell’ing. Fabrizio Piemontese, fra i tanti pervenutoci, relativo alle problematiche connesse all’inizio dell’anno scolastico 2020/2021.

“Cortese Professore,
ho avuto modo di leggere un recente comunicato stampa di CNDDU
Le scrivo per esprimere il mio completo accordo con le sue considerazioni e per riportare le mie riflessioni.
Spero in tal modo di fornire il mio contributo civico sulla questione, con l’auspicio che possa essere raccolto da qualcuno.
IL CONTESTO PERSONALE
Non sono un insegnante, ma la mia compagna è professoressa di ruolo in un liceo di Roma. Io ho compiuto 50 anni durante il lock down, senza isterismi per il mancato festeggiamento, fin dall’inizio abbiamo rispettato scrupolosamente le precauzioni indicate soprattutto il distanziamento fisico, anche durante l’estate.
IL CONTESTO SANITARIO ATTUALE
Fin dalla prima settimana di agosto era chiaro che i contagi «di Importazione», tra migranti, lavoratori stranieri e cittadini italiani di ritorno da viaggi all’estero, erano circa la metà (oltre 250 su 552 il 07/08/2020).
A fine agosto, con contagi raddoppiati, quasi tutti i giornali attribuiscono la metà dei casi ai contagi durante le vacanze tra i giovani.
Sempre a inizio agosto Massimo Galli, Ospedale Sacco di Milano, affermava su La Nazione «L’età media dei portatori del virus si abbassa. Sono persone che hanno avuto frequentazioni per motivi ricreativi in luoghi affollati, o che provengono da ambienti di lavoro dove sono presenti focolai aziendali». Nello stesso articolo di Alessandro Malpelo, il prof. Galli concludeva: «La mia impressione è che siamo messi meglio, fintanto che identifichiamo i focolai e li fermiamo con misure di contenimento e cautele. Ma non siamo ancora al momento in cui potersi permettere treni e mezzi di trasporto stipati, occorrerà trovare sistemi alternativi per spostare gente al lavoro, a scuola».
Gli esperti sembrano convinti del fatto che sarà inevitabile registrare qualche caso nelle scuole.
I dati di questi giorni dicono che in Germania hanno già chiuso 100 scuole (fonte: Rainews 24) e che a Berlino hanno chiuso 41 scuole su circa 220 (Fonte: Rai RadioTre).
LE STATISTICHE ISS
In questo contesto le statistiche ISS riportano che l’età media del contagio si è abbassata a circa 30 anni, ma non mi sembra che i dati statistici siano facilmente accessibili e disponibili a chiunque. Si tratta di una media pesata o di una media numerica? Inoltre il dato medio complessivo, come insegna la famosa “media del pollo”) potrebbe non essere rappresentativo. Molti degli esperti sembrerebbero concordi sul fatto che il dato numerico dei contagiati “estivi” è sostanzialmente diverso da quello della “fase 1”, pertanto anche se i numeri ora sono paragonabili a quelli di aprile, il confronto non si può porre solo sul piano numerico. Ma allora perchè i dati dei contagi per fasce di età da luglio a oggi non vengono riportati SEPARATAMENTE rispetto a quelli della fase 1? Si noti invece come il grafico allegato, aggiornato al 18/08/2020 sia complessivo per tutto il fenomeno pandemico dal suo inizio, ma non distingue la “fase 1” dalla fase “estate”. Conoscere le fasce di età attualmente più critiche permetterebbe forse di sapere quali potrebbero essere le classi scolastiche più a rischio (anche se poi il ruolo di fratelli/ sorelle potrebbe alterare le probabilità)?
In realtà i dati potrebbero essere analizzati anche dal punto di vista sociologico: pur nel rispetto della privacy, i dati potrebbero essere aggregati per sapere chi si è ammalato in che tipo di situazione lavorativa/ familiare si trova. Non credo infatti che chi abita nelle estreme periferie della capitale o che ha perso il lavoro con il lock down, si sia potuto permettere di fare le vacanze… Quindi il dato che potrebbe emergere da un’analisi di questo tipo potrebbe essere anche imbarazzante per alcuni ceti sociali.
I PROTOCOLLI ITALIANI
Sono uscite le direttive ministeriali, ma mi sembra che queste non affrontino le questioni cruciali. Si parla di ingressi, uscite, distanze, contatti tra alunni di diverse classi, di misurazione della temperatura ecc. Sinceramente a me, dall’esterno, sembrano questioni di “lana caprina”
Innanzitutto, se è vero che la maggior parte dei giovani sono asintomatici e trasmettono lo stesso il virus, non si capisce bene che tipo di sicurezza fornisca la misurazione della temperatura, al netto sulle decisioni su chi e dove la deve misurare.
Ma l’aspetto sostanziale secondo me è la mancanza di assicurazioni sulla qualità dell’aria e del relativo ricambio all’interno delle classi.
A questo si aggiunge la non chiarezza sulle conseguenze della presenza di un caso positivo (che al momento sembra inevitabile): si dice che “potrebbe” comportare la quarantena per la classe. A parte il fatto che in Germania chiudono le scuole e non le classi (infatti ogni professore in genere tiene lezione in più classi nello stesso istituto o, a volte, addirittura in istituti diversi), ma cosa si intende esattamente per classe? Non fanno parte delle classi anche i professori che sono in aula?
E non saranno coinvolti nei provvedimenti sanitari anche coloro che hanno contatti quotidiani con chi è in classe, ovvero i familiari degli studenti e i familiari dei professori??
Stiamo parlano di una categoria professionale, a parole ritenuta indispensabile per il Paese, ma che in pratica non dispone nemmeno di una polizza sanitaria assicurativa fornita dal datore di lavoro (lo Stato) per i rischi a cui è sottoposta.
COSA SIGNIFICA QUARANTENA
Da quanto mi risulta, l’INPS ha chiarito ulteriormente con il Messaggio n. 2584 del 24706/2020 che la quarantena (sia quella con sorveglianza attiva, sia quella precauzionale) è da intendersi come una” circostanza di incapacità temporanea di lavoro, e perciò equiparata alla malattia”.
Ricordo che una indicazione analoga mi era stata inviata dalla azienda di cui sono dipendente, fin dai mesi del lockdown.
Se questa interpretazione è corretta, a prescindere da questioni relative alla perdita di retribuzione nella prima settimana di malattia, a prescindere da questioni inerenti il possibile sovraccarico del sistema INPS (tutte le quarantene dei professori e dei familiari degli studenti), il dato che mi interessa evidenziare è che se quarantena = malattia, allora malattia = interruzione dell’attività didattica. Cioè non si può chiedere a un professore in quarantena di “proseguire in modalità DaD”.
Che tipo di anno scolastico ne verrebbe fuori?
ASPETTI PSICOLOGICI
Se i ragazzi, vista la leggerezza con cui molti di loro hanno affrontato l’estate, sembrano poco preoccupati per una malattia che non sembra colpirli gravemente, lo stesso certo non si può dire per gli insegnanti.
I dati del Ministero della Salute attestano che finchè è stato attivo il numero verde di supporto psicologico si sono registrate oltre 50.000 telefonate (http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_4_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=salastampa&p=comunicatistampa&id=5570). Sono molte le statistiche online che riportano come siamo stati tutti esposti a un forte stress psicologico.
In questa situazione, come si può immaginare che i professori possano affrontare quotidianamente il viaggio verso il “fronte” e preparare le lezioni con la dovuta serenità?
Forse che i professori servono a scuola perchè si ha bisogno di baby sitter perchè le famiglie non sanno dove lasciare i propri figli?
Non saprei, spero di no, anche perchè a me sembra che le istituzioni scolastiche siano state create per altri scopi.
IL SILENZIO SINDACALE
Non ho notato serie prese di posizione del settore sindacale scolastico. Forse perchè molti sindacati si erano “compromessi” all’inizio con posizioni nettamente contrarie alla DaD? Anche qui non so rispondere, nè sono io a doverlo fare. Mi viene però in mente quel proverbio “solo lo stolto non cambia mai idea”.
LA MIA PROPOSTA
Non sono abituato a fare proteste fini a sé stesse, cerco sempre di portare un contributo, Ma come ho detto non sono un professore, il mio è solo il tentativo di dare un contributo a una questione che sta tormentando tante persone, inclusa quella che mi sta accanto.
Per le classi elementari non ho un’idea precisa, anche perchè non so cosa hanno fatto durante la DaD, probabilmente in quel caso è vero che l’insegnamento in presenza è insostituibile. Ma forse la statistica potrebbe dirci se queste classi di età apportano un contributo davvero determinante al numero di contagi.
Lo stesso potrebbe valere anche per prima media e primo superiore (in questo caso con qualche riserva, previa attenta analisi statistica), che devono affrontare un nuovo ciclo di studi.
Per le altre classi secondo me la didattica dovrebbe essere a distanza fino a che la situazione sanitaria non sia sotto controllo (e questo da intendersi come circolazione del virus, non semplicemente come riduzione dei ricoveri o terapie intensive).
Gli studenti dovrebbero andare a scuola (a turno e con programmazione, con accessi controllati e in idonei spazi, magari divisi in 2 classi) solo per sostenere i compiti in classe e le interrogazioni (programmate come per gli esami dell’Università). Questo consentirebbe di disporre di voti e giudizi validi che potrebbero consentire anche di fermare chi non ha mezzi per proseguire.
La concreta prospettiva di andare incontro a una bocciatura “regolare” potrebbe forse responsabilizzare maggiormente quegli studenti che durante la DaD si sono lasciati andare (che poi magari erano gli stessi che non seguivano le lezioni in classe o avevano un rendimento scarso con la scuola in presenza?).
Inoltre l’età dell’obbligo scolastico dovrebbe essere innalzata, per consentire a chi dovesse rimanere indietro a causa di tutta questa situazione di poter recuperare.
La dislocazione dei professori nelle classi dovrebbe essere temporaneamente riformulata per evitare che possano essere sia nelle prime che nelle altre classi.
Le riunioni di lavoro dei docenti dovrebbero essere a distanza.
Insomma, per molte settimane l’Italia è stata additata come esempio a livello mondiale, ma a me sembra che ora si stia perdendo questa prerogativa, prevalendo la tendenza a emulare le decisioni di altri Paesi, prendendo decisioni sulla scia di considerazioni meramente economiche, invece di continuare a fare da apripista per uscire dal “pantano”, guidati da priorità di ordine sanitario, come la tutela della salute pubblica.”
IL CNDDU auspica che si possano trovare concrete soluzioni alle problematiche inerenti all’inizio dell’anno scolastico e accoglie con favore la disposizione del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, in merito alla misurazione della temperatura a scuola, perché fra le tante perplessità che avevamo enucleato, una per la quale si può trovare una facile soluzione è proprio la misurazione della temperatura da non demandare alle famiglie, come tanti esperti sostengono.

Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU

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