“Gilè”

PAROLE ROSSE di Roberto Placido / Per molto tempo è stato un capo di abbigliamento maschile molto elegante da mettere sotto la giacca. Tutti ricordiamo vecchie foto di famiglia con nonni e antenati lontani in posa e con in vista il gilè dal quale fuoriusciva l’immancabile catenella, per i più abbienti d’oro, alla quale era collegato il relativo orologio

Molti lo chiamavano, con un termine più nostrano, panciotto, in realtà, consultando la Treccani, deriva dal francese gilet, e questo dallo spagnolo jileco, che a sua volta dal turco yelek. L’abbiamo poi rivisto come indumento quasi fondamentale in tutti i film western anche se il gilè a cui idealmente sono affezionato di più è quello raffigurato nel famoso quadro-icona, di Pellizza da Volpedo, il “Quarto Stato”.

Con il passare del tempo è diventato sempre meno un capo di abbigliamento elegante, per uomo e anche per donna, e sempre più un indumento “casual” per andare in moto, a cavallo o, per rispettare le norme del codice della strada, da tenere in auto ed indossare in caso di sosta d’emergenza o di un incidente. Pensavamo che con l’utilizzo automobilistico o come indumento degli addetti ai lavori autostradali, i famosi “lavori in corso”, avesse esaurito il suo utilizzo ed invece, dimostrando una vitalità e versatilità inaspettata, negli ultimi anni è riapparso  prepotente ed è proprio il caso di dire “tirato per la giacchetta” un po’ di qua ed un po’ di là. Iniziarono, sembra la notte dei tempi ma sono passati solo alcuni anni, le “ronde padane” inventate dall’allora Lega Nord, ricordo al proposito un esilarante video del Trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo. Poi sono arrivati, travolgenti, i francesi “Gilet Jaunes” (gilet gialli) con la loro carica di protesta ma anche di devastazione. Senza quasi interruzione, arriviamo ai nostrani gilè arancioni. Sul nuovo ed ultimo fenomeno protestatario vale la pena fare un piccolo approfondimento.

Alla testa di essi c’è un personaggio singolare che definire pittoresco è riduttivo e potrebbe rivelarsi, in una fase così difficile per il nostro paese, foriera di seri problemi. Mai sottovalutare o sbeffeggiare l’avversario, anche quello più improbabile e sgangherato. Male fanno tanti più o meno autorevoli commentatori a definirlo, parafrasando un famoso spot pubblicitario di un noto aperitivo il “cretino biondo” oppure accostare la sua divisa d’ordinanza ad una delle fantasmagoriche e variopinte giacche colorate del “celeste” al secolo l’ex e pregiudicato presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. Mi riferisco al generale in congedo, pensione, Antonio Pappalardo. Ho specificato in pensione in quanto al nostro neo “masaniello” per non averlo specificato durante una pubblica manifestazione nel 2018 gli è costato un anno di sospensione dal grado di generale dei carabinieri da parte dell’allora ministro della Difesa Elisabetta Trenta (M 5 Stelle). Così avvenne, straordinario paese il nostro, che un ministro che in seguito userà un sontuoso alloggio pubblico senza averne più titolo ad affitto quasi simbolico, sanzionò un generale che non specificava di essere in pensione.

Questa non è l’unica “perla” del nostro generale. Nel 1992 ricevette un avviso di garanzia per avere diffamato il Comandante Generale dei Carabinieri Antonio Viesti e la successiva condanna, poi ridotta e successivamente annullata, gli costò la perdita della nomina a sottosegretario alla Finanze nel Governo Ciampi. Stabilì quasi un record, dal 6 al 24 maggio del 1992, meno del “Re di maggio”. E poi nel 2017 rinvio a giudizio per vilipendio del Capo dello Stato Sergio Mattarella, del quale ne chiedeva l’arresto per alto tradimento. Ed ancora richiesta di arresto dell’intero governo e di tutti i parlamentari. Per ultimo, il 31 maggio 2020, l’accusa di assembramento e mancato utilizzo dei dispositivi sanitari, mascherine, nella famosa manifestazione romana dei gilè arancioni.

Non meno controversa ed ondivaga è stata la carriera politica, iniziata nel 1992 eletto alla Camera dei Deputati con il PSDI (partito socialdemocratico italiano) di Franco Nicolazzi e la breve esperienza di Governo, descritta prima, nell’ultimo governo della Prima Repubblica. Nel 1993 si candida, con un neo movimento, a Sindaco di Pomezia (Roma) ottenendo, non capiterà più, un lusinghiero 13% e l’elezione a consigliere comunale. Inizia una cavalcata tutt’altro che travolgente di candidature tutte segnate da miseri risultati. Lascia il gruppo socialdemocratico alla Camera e passa al Gruppo Misto. Sempre nel 1993 si candida, con Solidarietà Democratica a Sindaco di Roma contro Francesco Rutelli ottenendo lo 0,55% dei voti. Passa con il Patto di Mario Segni dal quale va via perché non ricandidato. Anno nuovo, il 1994, nuova candidatura, alle europee con Alleanza Nazionale e nuova bocciatura.

Il primo decennio del nuovo millennio è contrassegnato dall’ennesimo movimento, Popolari Europei, che si colloca a destra della Casa delle Libertà. Si candida alle comunali di Roma ottenendo uno striminzito 0,15%. Sempre nel 2001 alle elezioni politiche si candida al Senato con Lega Azione Meridionale e poi alle regionali siciliane nella lista Biancofiore di “vasa vasa” (bacia bacia) Salvatore Cuffaro. Nel 2007 un ritorno di fiamma con il PSDI, Direzione Nazionale, ed ennesima candidatura nel MpA (Movimento per l’Autonomia) di Raffaele Lombardo. Tutte candidature fallimentari. L’ultima gli permette però di fare una comparsata di un anno nel C.d.A. (consiglio di amministrazione) dello Stretto di Messina S.p.A.

Arriviamo così a questi ultimi anni ed all’ennesima formazione politica, Movimento Liberazione Italia che fa riferimento al Movimento dei Forconi ed ai Gilet Arancioni nel 2019. Con questi ultimi si presenta alle regionali umbre ottenendo lo 0,13% e l’ennesima sonora bocciatura.

Nota di colore, per chiudere questo lungo elenco, la vena artistica letteraria fatta di romanzi, poesie, saggi, composizioni religiosi e rock. Che dire, un vero circo barnum.

La riflessione conclusiva, nella debolezza dei partiti, dei loro rappresentanti e nell’assenza di programmi e progetti, come possano esistere, prolificare ed essere eletti personaggi del genere. Sempre pronti a cavalcare il malessere, il malumore, la rabbia e la delusione di molti italiani. Per questo, nonostante le sonore e ripetute bocciature, che non vanno sottovalutati e presi sottogamba. Bisogna invece dare risposte durissime a questi elementi e movimenti dichiaratamente populisti se non violenti e sovversivi. Più che la variopinta carriera politica del generale in congedo Antonio Pappalardo mi ha lasciato esterrefatto come abbia potuto realizzare quella militare nell’Arma dei Carabinieri con incarichi importanti e delicati.

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