Ottobre 2018- Pagina 51

Luna torinese

Una bella foto di Federico Palumbo: la luna nel cielo di Torino sopra la sede della Fondazione Crt

“DISTINGUERE BENE TRA PREGHIERE DI INTERCESSIONE E MESSE DI GUARIGIONE”

Maurizio Scandurra approfondisce il documento della Conferenza Episcopale Piemontese su un tema così delicato

Riportiamo per intero questo ampio studio, rilasciato in forma di intervista, dal giornalista Maurizio Scandurra sulle pagine di Aostacronaca.it. Studio riassumibile, fondamentalmente, in una sola domanda: pregare domandando, pregare intercedendo per il bene di terzo, proprio come insegna a fare lo stesso Gesù Cristo nei Vangeli, a chi può dar fastidio?

***

La preghiera che implora il riacquisto della salute è un’esperienza presente in ogni epoca della Chiesa, e naturalmente nel mondo attuale. Ciò che però costituisce un fenomeno per certi versi nuovo è il moltiplicarsi di riunioni di preghiera, alle volte congiunte a celebrazioni liturgiche, con lo scopo di ottenere da Dio la guarigione“.

Esordisce testualmente così il nuovo documento intitolato Disposizioni disciplinari circa le cosiddette ‘messe di guarigione’, approvato all’unanimità dai Vescovi del Piemonte e Valle D’Aosta riuniti in assemblea a Susa (To) il 18 settembre scorso, contenente alcune indicazioni sul tema pronte a entrare in vigore il prossimo 1° ottobre.Tale provvedimento, che sta già facendo discutere prelati e fedeli, è stato ratificato da Monsignor Cesare Nosiglia, Presidente della C.E.P. (Conferenza Episcopale Piemontese) nonché Arcivescovo di Torino. E da Monsignor Franco Lovignana, Segretario del medesimo Ente e altresì Vescovo di Aosta. Un testo destinato a suscitare non poco interesse, sul quale tra i primi interviene Maurizio Scandurra, stimato giornalista e saggista. Ma, soprattutto, cattolico e imprenditore da sempre vicino a Santa Romana Chiesa. Ecco che cosa ha dettagliatamente e appassionatamente raccontato ai nostri microfoni.

Buongiorno, Maurizio, ci illustra questo decreto?

Quando le massime Autorità Ecclesiastiche nazionali e locali adottano misure in qualche modo cautelative, v’è sempre da chiedersi il perché. Ho massima stima e fiducia nell’operato di Loro Eccellenze Nosiglia e Lovignana. In un’epoca storica frastornata e frastagliata da fenomeni del cambiamento in atto quali l’espressione di un disagio per lo più populista o simil tale, che investe indistintamente società e uomo contemporaneo a 360°, logico presupporre che esso possa trovare naturale estensione e sfogo anche in ambito religioso.

Ci spieghi meglio, per favore.

Negli ultimi anni, nella Diocesi piemontese sono fiorite qua e là, un po’ come funghi, alcune realtà di preghiera – spesso e per lo più autonome, senza il timone di un sacerdote a esse preposte, e neanche ufficialmente riconosciute dalle Diocesi competenti – che hanno destato non poche perplessità e altrettanto viva preoccupazione. Al contrario di pochissime altre, invece, in perfetto accordo con Chiesa e Diritto Canonico, guidate da preti esemplari e timorati di Dio, e che per nulla meritano una simile, fuorviante penalizzazione.

Può farci un esempio?

Celeberrimo il caso di Domenico Fiume: 38 anni, alias Padre Gabriele, stando a quando si può liberamente e pubblicamente leggere sul web e dai giornali, vescovo ortodosso metropolita scomunicato dalla Diocesi di Asti. Un uomo divenuto mediaticamente noto nell’ottobre del 2017, anche grazie all’interessamento di importanti tv nazionali, per le frequenti ‘messe’ celebrate nel Santuario Santa Maria Rosa Mistica a Ferrere, Bricco Calosso, ridente località delle colline astigiane. All’interno delle sue affollatissime ‘celebrazioni’, della durata anche di due o più ore, anche molte presunte ‘preghiere di guarigione’, amore e misericordia, a detta di chi vi ha partecipato.

La Curia locale, al tempo, come si comportò?

L’allora Vescovo di Asti, Monsignor Francesco Ravinale, con grande afflizione ma altrettanta e dovuta fermezza, gli ha convalidato la scomunica latae sententiae. Persino la Curia Arcivescovile di Torino, nel 2001, invitava a non seguire Domenico Fiume che, come riportano sempre le cronache dell’epoca, si presentava dotato di carismi speciali. Lo stesso fecero qualche anno dopo persino quattro Vescovi del Friuli-Venezia-Giulia.

Quindi, potrebbe essere questa una delle cause all’origine di un tale provvedimento sulle cosiddette ‘messe di guarigione’?

Premesso che non sta affatto al sottoscritto esprimere giudizi o pareri di sorta e in merito su niente e nessuno, i fatti di cui alla precedente risposta di certo non sono passati inosservati agli occhi attenti e vigili dei Vescovi piemontesi. Ma quel che più conta è il discernimento, frutto del ricorso all’invocazione dello Spirito Santo, cui è necessario rivolgersi nella vita sempre, ma anche e soprattutto in ambito giuridico-ecclesiastico, specie quando ci si trova di fronte a scenari del genere su cui val bene la pena di riflettere in misura oggettiva. E mi spiego.

In che senso?

Le cronache, ahinoi, abbondano di pseudo-dentisti, giornalisti senza titolo che esercitano abusivamente la professione. Lo stesso dicasi per avvocati, ingegneri, medici, insegnanti universitari e quant’altro. Per non parlare anche dei commercialisti: celebri i casi di numerosi VIP e non, ‘allegramente’ barbati da consulenti senz’arte né parte, che semplicemente improvvisavano un mestiere millantando titoli e autorità invece mai conseguite e possedute. Per dirla con l’indimenticato Antonio Lubrano, padre della cosiddetta ‘tv di servizio’, “la domanda sorge spontanea”. O, se si preferisce, come invita sempre il caro Gigi Marzullo, “Fatevi una domanda e datevi una risposta”.

E qual è, dunque, il quesito da porsi, secondo Lei?

Possibile che per l’eventuale mala gestio di pochi, a farne le spese in Italia sia sempre la fascia più debole indifesa: ovvero, la devozione popolare, la fede autentica e perfettamente afferente e aderente alle norme del Diritto Canonico e alle Sacre Scritture?

Che risposta dà invece, Lei, Scandurra?

Leggendo integralmente, e con certosina attenzione, il documento emanato dai Vescovi piemontesi, si ha subito l’impressione di un testo sanzionatorio: e, per certi versi, fortemente limitativo su quelle che Detti Ecclesiastici definiscono ‘messe di guarigione’.

Veniamo al dunque.

Tant’è che, al primo punto dello stesso, si ribadisce il ruolo primo dell’Autorità Vescovile alla Quale, dal 1 ottobre in poi, i sacerdoti di Piemonte e Valle D’Aosta devono riferirsi per richiedere un permesso esplicito – nonché, scritto – per poter programmare celebrazioni liturgiche, con lo scopo di invocare da Dio la guarigione.

Quindi, Lei non è d’accordo?

Est modus in rebus. Pur avendo un pensiero libero e argomentato, com’è pieno diritto di ciascuno nel rispetto di ognuno, ossequio comunque l’autorità dei miei Vescovi. Ma ascolto anche il buon senso e le riflessioni critiche costruttive che lo Spirito Santo, attraverso il discernimento sopracitato, suggerisce al mio cuore e alla mia mente: come fedele, uomo e professionista. Come cristiano. In un momento storico in cui una certa parte del Clero mondiale appare non propriamente agli occhi delle masse – con mio immenso, vivo dispiacere – quale testimone credibile dell’esempio biblico di Cristo, per via delle improbe condotte personali di determinati sacerdoti che divengono preda dei media, adottare forme restrittive che rischiano di colpire invece ingiustamente prelati e ministri del culto di indubbia fede, carisma e altrettanto spiccata onestà potrebbe rischiare di ottenere l’effetto contrario.

Quale, Scandurra?

Di far perdere, come nella migliore delle diaspore, anche quei pochi fedeli che ancora credono giustamente che la Messa, così come l’intera vita di Gesù Cristo, sia un sacrificio d’Amore: che può, quando ciò rientra nell’imperscrutabile Volontà di Dio, anche guarire, proprio come narrano i Vangeli. Nel cuore di ogni celebrazione eucaristica è implicita una potenza di guarigione concretizzata dal Signore per opera dello Spirito Santo. E le preghiere di domanda e intercessione non sono altro che il riconoscimento vivo della inconsistente nullità di una comunità umana senza l’adesione e l’abbandono totale al Dio della Vita nella Santissima Trinità rispettosamente invocata e implorata.

Sia più preciso, per favore. Ci aiuti a capire.

Con piacere. Le vocazioni sono termine pressoché scomparso dal dizionario quotidiano, perché faticano a germogliare. E quelle poche di cui il Signore Gesù ci fa dono non bastano a garantire in moltissimi paesi del Piemonte neanche una Santa Messa pomeridiana feriale alle popolazioni, per lo più anziane, che vi abitano. A ciò si aggiunga che l’età media del Clero italiano riafferma il valore medio statistico nazionale in termini di ‘crisi da sovrainvecchiamento’: si accetti questo termine tout court coniato d’emblée, sic et simpliciter. Gli anni passano per tutti.

Che ci siano sempre meno preti, è un fatto oggettivo.

Se non fosse per via di qualche nuovo sacerdote di provenienza extraeuropea, oppure nato nei Paesi dell’Est, dell’America Latina e quivi ordinato, non sapremmo proprio come fare. E neanche basta a coprire nonché garantire l’esercizio del regolare culto settimanale feriale e festivo il fatto che ai sacerdoti rimasti vengano affidate più parrocchie e chiese anche distanti tra loro. Questo vuol dire che, in molte province del Piemonte, per poter assistere a una Santa Messa tutti i giorni, un fedele deve farsi almeno 70/80 chilometri in auto perché i collegamenti via treno o bus nelle località minori scarseggiano. Peregrinando così da un paese limitrofo all’altro, quando basta. E la Celebrazione Eucaristica rischierebbe, quindi, di trasformarsi in un fatto elitario per pochi eletti dotati di auto o accompagnatore, tradendo di fatto la sua naturale vocazione ecumenica.

D’accordo, ma torniamo alle ‘messe di guarigione’: che cos’è che contesta? E poi, ancora: come questa sua riflessione si lega al tema della nostra intervista?

Forse qualcuno dimentica che il Vangelo è una intera proclamazione di guarigione dalla prima all’ultima frase, dall’inizio alla fine: fatto che equipara in maniera oggettivamente incontestabile, quale minimo comune denominatore, tutti e quattro i frutti dell’opera narrativo-biografica a firma Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Proprio Gesù medesimo ha detto delle cose assolutamente straordinarie sulle preghiere di guarigione: le Sue promesse su questi due aspetti sono grandiose, uniche e così forti, che a un esame non sufficientemente attento e profondo, potrebbero persino apparire esagerate.

Può darci un riferimento ai Testi Sacri, per favore?

Esse sono riassumibili in alcune, grandi macro aree: pregare con fede, pregare con costanza, chiedere al Padre nel Suo nome, come Gesù stesso insegna. Cito a suffragio e riprova di ciò proprio le parole di Nostro Signore: “Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete” (Mt. XXI, 22). E ancora: “Ebbene io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Lc. XI,9). La costanza è espressione di fede. Quando siamo costanti nel pregare, quasi sempre è perché Dio ci può esaudire, ma solo se quanto chiediamo è confacente alla Sua Volontà. La costanza è espressione di speranza, sia ben chiaro, e in questo è sinonimo perfetto di preghiera affidata e fiduciosa. Ma il punto più importante è un altro…

Quale, Scandurra?

Esso sta nel fatto che Gesù insiste nel far sì che impariamo a chiedere al Padre nel suo nome. Gesù stesso incalza e torna spesso su questo tema più volte, durante l’intero arco della sua vita terrena. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre mio, nel mio nome ve lo conceda” (Gv. XV,16). E di nuovo: “In verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre mio nel mio nome egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete ed otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv. XVI, 23-24). Il cuore, il fulcro del discorso, però, è quello che viene adesso.

Curiosi di ascoltarlo.

“In verità vi dico: anche chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualcosa nel mio nome io la farò” (Gv, XIV, 12-17). In tre parole, quali sono le istruzioni che Cristo ha impartito agli apostoli e loro successori? Disposizioni ancora oggi valide anche per la Chiesa da Lui istituita? Eccole: diffondere il Vangelo dandone testimonianza con la fede e le opere sulle orme di Gesù, cacciare i demoni, guarire gli ammalati. Vogliamo forse discuterne? È parola di Dio, mica mia. Quelle che, con terminologia inappropriata, vengono genericamente chiamate ‘messe di guarigione’, servono invece soltanto a implorare fiduciosamente la Misericordia Divina a ristoro delle nostre umane miserie.

Lei, invece, come le definirebbe?

Personalmente, preferisco parlare di ‘Celebrazioni Eucaristiche’ – questo è il solo, corretto nome della Santa Messa propriamente, liturgicamente detta -, seguite da un tempo di adorazione eucaristica con preghiere di intercessione per malati, poveri e sofferenti.

Per favore, approfondisca.

Le Sacre Scritture su questo sono chiare: attraverso lo Spirito Santo, disceso sugli Apostoli nel giorno di Pentecoste, Gesù ha conferito loro molti dei suoi stessi carismi. E poiché, come narra il Vangelo di Matteo, più beati di tutti sono proprio quegli ultimi che diverranno i primi, ciò che unicamente mi preme resti di questa lunga chiacchierata è che bisogna fare un doveroso e fermo distinguo.

Quale, gentilmente?

Un conto sono i cosiddetti ‘santoni’ o presunti tali che in molte parti d’Italia potenzialmente si rifanno a titoli, insegne e investiture religiose mai ricevute o autorizzate da chi di dovere, che meritano tutta la ferma asprezza e l’allontanamento possibile, proprio perché rei di confondere le idee e di annacquare cuore e mente alle moltitudini di fedeli già gravati da mali spesso difficilmente curabili e disgrazie irreversibili anche di tipo economico e professionale, ma che con fare supplice e animo puro tutto sperano affidandosi totalmente comunque a un intervento salvifico della Divina Misericordia mossa a pietà.

Che cosa ne pensa, invece, di alcuni gruppi di preghiera cattolici inclini a forti manifestazioni di fede?

Un altro aspetto è cercare di evitare e prevenire schemi e comportamenti estetizzanti ed esteriorizzanti, eccessivi e potenzialmente fuorvianti, fondati per lo più sull’impatto scenico che essi hanno verso chi vi partecipa, come alcune specifiche ritualità ancora purtroppo in voga presso diverse comunità cosiddette del ‘Rinnovamento dello Spirito’. Preghiera è anche raccoglimento nel silenzio e nel nascondimento.

Fortuna che ovunque non è così.

Certamente. Ben altro conto è invece proibire ai sacerdoti in regola (mi si passi il termine), alla fine della Santa Messa, di poter fare una semplice, devota processione eucaristica così carica di rispetto, a seguito di un tempo di adorazione in perfetto accordo con le norme liturgiche del Diritto Canonico, con il Santissimo Sacramento debitamente esposto in un appropriato e rispettoso ostensorio, passando tra la gente in ginocchio: gente che, con gli occhi spesso densi di sincera emozione e in atteggiamento composto, genuino e riverente di totale abbandono alla potenza di Cristo, unica fonte d’amore e vero Medico della Storia, domanda in preghiera nel cuore, con uno sguardo fiducioso al passaggio di Gesù Eucaristia, con contegno, guarigione e liberazione dai mali fisici, psichici, economici, familiari, morali e sociali che la affliggono. E’ negli ultimi e negli impossibili che Dio continua a rivelare la Sua potenza, secolo dopo secolo.

Che cosa si aspetta, infine, caro Scandurra?

La dematerializzazione imperante in atto nella società che disfalda e altrettanto disgrega a fundamentis le secolari e millenarie tradizioni in valore assoluto sulle quali si arrocca la storia della fede di un popolo, tali sono e altrettanto restino, così come la banda che suona a festa nelle patronali di paese, e il suono immutabile e armonioso delle campane. Le chiese sono piene di statue di Santi con tanto di ostensorio e Santissimo Sacramento scolpiti insieme. Vorrà pur dire qualcosa, no? Santi che sono vissuti in epoche in cui la tenuta di uno Stato e la fermezza e la forza del Credo Cristiano si sono conservati e mantenuti indenni agli attacchi del Maligno più per la commozione intensa strappata al Cuore Misericordioso di Dio: che ha concesso grazie straordinarie e impensabili più per via di un atto di sincera devozione da parte di un laico o un religioso, che non per mezzo di lunghi discorsi e riti cerimoniosi frutto di trafile e fitti formulari, più assimilabili a un atto di forma che non a un gesto di fede autentica.

La sua speranza, qual è?

Evitare che venga indistintamente impedito a tutti i buoni e onesti sacerdoti piemontesi e valdostani di rivolgere un’invocazione accorata ed equilibrata all’esposizione del Santissimo Sacramento. Lasciando libero il cuore di costoro, ispirato dalla grazia dello Spirito Santo, di formulare sul momento una fiduciosa preghiera di domanda e intercessione a nome e per il bene della collettività che rappresentano, con tutte le intenzioni singole e comunitarie: fatto che non può essere in alcun modo ritenuto – e neanche lontanamente equiparato – a una forma di ‘abuso o indebita creatività’, in deroga al Rito della Messa di cui al Messale Romano attualmente vigente.

Certo che no, appare evidente…

Il Vangelo è pieno di lebbrosi, vedove, poveri, malati, samaritani e ultimi di ogni tipo che, senza tanta giurisprudenza ecclesiastica e ridondanti introduzioni formali, soltanto chiedendo prima di tutto con il cuore ricolmo di fede al loro incontrare Gesù sul loro cammino (incontro oggi simboleggiato con la processione eucaristica del Santissimo Sacramento che è Gesù Cristo vivo, presente in mezzo a noi), e poi eventualmente in un secondo momento anche con la voce, e altrettanto così appellandosi alla Misericordia di Dio, ottenevano grazie immense e inestimabili proprio per mezzo di Suo Figlio Gesù.

Per quale motivo?

Rispondo ancora una volta, da ultimo, con le parole di Nostro Signore: la loro fede li ha salvati. L’intervento della grazia presuppone un cuore puro e tutto incline alla fede. Alla fiducia in Gesù. Del resto, anche San Paolo era solito dire: “Tutto posso in Colui che mi dà forza”. Confido pertanto nella buona fede e nel buonsenso dei Vertici della Conferenza Episcopale Piemontese, perché non facciano di tutta un’erba un fascio, ma applichino caso per caso il discernimento che deriva dallo Spirito Santo, evitando contenimenti inutili in tal senso a sacerdoti meritevoli e corretti, testimoni autentici e credibili di Nostro Signore Gesù Cristo in questi difficili tempi moderni.

Disponibile a un confronto con la Conferenza Episcopale Piemontese?

Certo che sì, sono per l’unità e il dialogo che edifica e rafforza. Ben lieto, se il piacere è reciproco e condiviso, di partecipare a un incontro interpersonale con gli ugualmente stimati Monsignor Arcivescovo Cesare Nosiglia e Monsignor Vescovo Franco Lovignana su questo quanto mai più che attuale e primario tema, per il bene della Chiesa.

 

L’eredità di un leader

Sergio Marchionne e Torino. Un fil rouge che non si è interrotto neanche dopo l’ improvvisa scomparsa dell’ad di Fca, avvenuta in Svizzera il 25 luglio scorso. A sessanta giorni dalla morte, l’ Ucid di Torino ha voluto ricordare la figura del manager scelto come ad di Fiat a metà degli anni Duemila da Umberto Agnelli, poco prima della sua scomparsa.

E lo ha fatto in una serata a lui dedicata al Polo del Novecento, martedì 25 settembre scorso, proprio due giorni prima del ringraziamento che Detroit ed il mondo statunitense hanno deciso di tributare al manager che, dopo aver salvato Fiat, ha ripetuto l’operazione con Chrysler, unendo le due realtà in un unico gruppo. Testimonianze personali sul manager si sono accompagnate ad una serie di valutazioni prospettiche sul futuro industriale di Torino, affidate a personaggi che hanno segnato la storia della Fiat, quali l’ ingegner Alessandro Barberis, già direttore generale e ad di Fiat, il dottor Paolo Rebaudengo, già responsabile delle Relazioni Industriali del gruppo Fiat e segretario generale della CIDA Piemonte, insieme al segretario generale Fim-Cisl Torino e Canavese, Claudio Chiarle. “Tutti gli americani ricordano – ha affermato il presidente dell’ Ucid Alberti Carpinetti – dove si trovavano nel momento in cui appresero la notizia dell’attentato al presidente Kennedy o quello alle Twin Towers. Analogamente noi torinesi manterremo impresso nella memoria il luogo dove eravamo in quel pomeriggio in cui apprendemmo la notizia della convocazione del cda straordinario di Fca per la designazione dei successori di Sergio Marchionne. L’Ucid è un’associazione di imprenditori cristiani che si impegnano a mettere la persona al centro della propria azione. Credo che Sergio Marchionne mettesse, invece, soprattutto, al centro l’impresa, nella misura in cui la sua esistenza e prosperità potessero essere capaci di garantire il futuro dei suoi lavoratori. Una visione etica diversa, ma non poi così dissimile” “Sergio Marchionne – ha spiegato Alessandri Barberis – è stato un manager che è entrato in Fiat in un momento estremamente delicato della storia dell’azienda, nel 2004, dopo che nel 2002 la Fiat era tecnicamente fallita. Ero stato nominato direttore generale insieme a Galateri al posto di Cantarella e riuscimmo ad evitare che venissero portati i libri in tribunale. Le banche hanno salvato la Fiat in quel momento, ma hanno anche richiesto il rispetto di un piano preciso, quello che sarebbe poi stato l’Accordo di programma con il governo italiano, definito nel 2002″

***

“Ricordo – ha citato Paolo Rebaudengo, che è stato responsabile delle Relazioni Industriali del gruppo Fiat fino al 2012, ed artefice anche dell’accordo di Pomigliano, in seguito alla crisi del 2008 – una vignetta pubblicata dal Washington Post, in cui il neo amministratore delegato Marchionne era ritratto mentre girava in una porta girevole. Lui ironicamente aveva questa vignetta sulla scrivania e si chiedeva quanto tempo avrebbe resistito in quella posizione. A Marchionne si deve sicuramente l’introduzione di un cambiamento dell’approccio al problema sindacale. Appena diventato amministratore delegato, fotografo’ in modo molto lucido le criticità della Fiat ed illustro’ le sue tesi, ponendo a confronto la redditività della azienda con quella delle concorrenti. Il suo realismo è stato alla base del suo successivo accordo con il sindacato. Era un leader assolutamente decisionista, che considerava il tempo una variabile fondamentale, una persona molto rigorosa, soprattutto con se stessa. “La velocità di trasmissione delle decisioni – aggiunge il segretario generale della Fim- Cisl di Torino e Canavese, Claudio Chiarle – era una peculiarità del suo carattere. In Italia, purtroppo, spesso manca questo parametro nelle relazioni sindacali, che troppo spesso sono inficiate da scontri ideologici. Sicuramente questa è la grande eredità che lascia un leader come lui, unita ad un forte senso di responsabilità del proprio ruolo”. I suoi modelli, il fisico Albert Einstein e il filosofo Karl Popper, ispiratori del suo mondo ideale, gli hanno anche permesso in modo profetico di capire che valori essenziali della società contemporanea dovevano essere la multiculturalità ed il pluralismo, in cui il rispetto verso gli altri doveva essere inteso come rispetto per la diversità.

 

Mara Martellotta

SMOG, FLUTTERO E TRONZANO (FI): DOMANI CHIEDEREMO INFORMATIVA SU CAOS BLOCCO DEL TRAFFICO

“Domani come Gruppo di Forza Italia chiederemo in Aula una informativa per cercare di chiarire il caos creato da Regione e Comune di Torino a causa delle differenti delibere in merito al blocco del traffico che stanno creando confusione tra gli automobilisti di Torino e Provincia”. Ad annunciarlo Andrea Fluttero e Andrea Tronzano, rispettivamente il capogruppo e il vice capogruppo di Forza Italia in Regione Piemonte. Concludono i due esponenti regionali di Forza Italia: “E’ evidente che i due Enti non dialogano tra loro. Comprendiamo che ci vi siano divergenze politiche tra Pd e Movimento Cinque Stelle, con l’approssimarsi del rinnovo del Consiglio regionale. Queste tensioni però non possono essere scaricate sui cittadini, in particolare quando in gioco ci sono politiche che interessano in modo diretto la loro salute”.

Il Coni ha scelto Milano e Cortina: Torino esclusa dai Giochi

Da parte del Coni è ufficializzata  la candidatura italiana per i Giochi olimpici invernali 2026: sarà quella di Milano-Cortina. Il presidente Giovanni Malagó lo ha comunicato ai governatori Fontana e Zaia di  Lombardia e Veneto. Così, dopo tanti tentennamenti e indecisioni Torino e’ rimasta esclusa.

I giovani di oggi? Non sempre rassegnati

Si intitola “L’ospite inquietante: il nichilismo e i giovani” il volume scritto nel 2007 dal filosofo e psicoterapeuta Umberto Galimberti, ospite domenica 30 settembre scorso della giornata conclusiva della quattordicesima edizione di Torino Spiritualità, e protagonista di una conferenza tenutasi al teatro Carignano dal titolo ” Non per forza rassegnati”. A distanza di poco più di un decennio dalla pubblicazione del libro, non pare essere cambiata molto la situazione, fatta eccezione per una non piccola percentuale di giovani, che è passata da un nichilismo passivo ad uno attivo, di cui non rimuove l’atmosfera pesante, ma non vi si rassegna. Il filosofo ha di recente pubblicato il volume “La parola ai giovani”, che raccoglie le voci di questi ragazzi, che mostrano un estremo bisogno di essere ascoltati per poter esprimere ciò che tacciono a genitori ed insegnanti, le loro ansie, le loro inquietudini ed i loro problemi. La conferenza al teatro Carignano è stata una vera e propria lectio magistralis con argomento i giovani, in particolare quelli tra i venti ed i trenta anni, che, secondo il filosofo ed accademico, si trovano nella fase della vita umana caratterizzata dalla maggior potenza creativa, dal massimo vigore fisico e sessuale.

***

La società pare trascurare l’enorme potenziale presente in questa fascia di popolazione, che spesso non trova una collocazione nel mondo del lavoro commisurata all’impegno ed al grado della sua preparazione. Scuola e famiglia costituiscono i due più importanti fattori educativi capaci di aiutare i giovani a superare l’apatia e la mancanza di fiducia nel futuro e nel presente.La ricetta indicata dal filosofo, nel corso della conferenza a Torino Spiritualità, è stata quella di insegnare i sentimenti e di trasmettere, da parte di genitori e professori, empatia, proprio come riuscivano bene a fare gli antichi, capaci di tramandare miti e storie legate agli dei ed al destino. “I professori per essere empatici – spiega Umberto Galimberti – non devono trasformarsi in amici o pari dei loro allievi, ma devono dimostrarsi capaci di affascinarli con la cultura. Per questo motivo, se un insegnante si dimostra incapace di essere empatico, lo si deve poter rimuovere dal suo incarico educativo, anche se è di ruolo” Fondamentale è, poi, secondo Galimberti, la presenza di una sintonia tra i genitori e gli insegnanti dei figli soprattutto nella scuola elementare. Rimproverare da parte dei genitori gli insegnanti disorienta i figli dai modelli che devono seguire.

 Mara Martellotta

 

Campionati Italiani a cronometro di ciclismo

Scorre veloce il contro alla rovescia verso giovedì 4 ottobre, giorno in cui si terranno in Piemonte i Campionati Italiani a cronometro di ciclismo. La gara è organizzata dalla Rostese Rodman, in collaborazione con la Regione Piemonte, con gli enti e le amministrazioni locali di Cavour, Campiglione Fenile e Bibiana, i tre Comuni attraversati dal percorso di gara

Due le categorie impegnate: Elite femminile e Open maschile, comprendente cioè Professionisti, Elite senza contratto e Under 23 (quest’ultimi ammessi a patto che non abbiano già preso parte al campionato italiano individuale della propria categoria). La partenza e l’arrivo saranno a Cavour, comune della città metropolitana di Torino posto a sud di Pinerolo e al confine con la provincia di Cuneo. Il via, in particolare, sarà posto in piazza Sforzini, il traguardo in via Giolitti. Rispetto a quanto stabilito in una prima fase la partenza delle due corse sarà anticipato di un’ora; la prova femminile scatterà quindi alle 12, quella maschile alle 13. Gli atleti partiranno singolarmente, a intervalli regolari di un minuto l’uno dall’altro. Il percorso di gara misura 20,5 kilometri e risulta sostanzialmente pianeggiante, disegnato tra i comuni già citati e con passaggio per le frazioni di Gemerello (Cavour) e Fenile (Campiglione Fenile). Le donne percorreranno il circuito una volta, gli uomini due volte. Il livello tecnico dei Campionati Italiani a cronometro sarà elevato e assicurato dalla presenza dei migliori interpreti della specialità in campo nazionale. Tra gli uomini saranno al via il trentino Gianni Moscon (Team Sky) e il torinese Fabio Felline (Trek-Segafredo), rispettivamente primo e secondo nell’edizione 2017 della manifestazione. Con loro correranno a Cavour anche Davide Martinelli (Quick-Step Floors) e il friulano Alessandro De Marchi (BMC Racing Team), che con Fabio Felline ha indossato la maglia azzurra ai Mondiali a cronometro disputati pochi giorni fa a Innsbruck. Occhi puntati, infine, sul giovane verbanese Filippo Ganna (UAE Emirates) e su Mattia Cattaneo (Androni Giocattoli-Sidermec), quinto nella cronometro tricolore dell’anno scorso disputata in Piemonte. In campo femminile saranno presenti le tre detentrici delle medaglie; Elisa Longo Borghini (Fiamme Oro/Wiggle-High5), piemontese di Ornavasso, chiuse in testa sul traguardo di Caluso, seguita dalla friulana Elena Cecchini (Fiamme Azzurre/Canyon-SRAM) e da Silvia Valsecchi (BePink). Presenti altre tre atlete delle Fiamme Azzurre, plurimedagliate a livello nazionale e internazionale, giovanile e assoluto: la vicentina Tatiana Guderzo (BePink), la romana Marta Bastianelli (Alé-Cipollini) e la torinese Rossella Ratto (Cylance Pro Cycling). Al via, infine, le giovani Elisa Balsamo (Fiamme Oro/Valcar-PBM), cuneese, Marta Cavalli, campionessa italiana su strada 2018, e Elena Pirrone (Fiamme Oro/Astana), pochi giorni fa in maglia azzurra nella cronometro iridata di Innsbruck, insieme a Elisa Longo Borghini. 58 in totale gli atleti iscritti, 33 uomini e 25 donne, pronti a darsi appuntamento a Cavour il prossimo 4 ottobre.

ADDIO AL GRAN BAZAR DI ISTANBUL ?

FOCUS INTERNAZIONALE  di Filippo Re

Si vedono e si sentono anche i colori e i profumi del celebre Gran Bazar nel libro che Edmondo De Amicis dedicò a Costantinopoli sul finire dell’Ottocento facendo rivivere con pagine di grande eleganza letteraria la capitale dell’Impero ottomano ormai al tramonto

Arrivato via mare dopo oltre dieci giorni di navigazione il cronista-scrittore ligure, ma torinese d’adozione, rimase stupefatto dalla bellezza della città sul Bosforo “davanti alla quale tutti emettono un grido di meraviglia”. Come altri scrittori, anche il viaggiatore di Oneglia, Torino e Pinerolo, ci accompagna all’interno del Bazar scoprendo aromi e fascino nascosti sotto le volte di quel grande edificio di pietra, un tempo di legno, tra odori di spezie, stoffe e pellame, dedalo di vicoli, portici, fontane e piazzette, sovrastati da cupole che lasciano passare la luce, nel quale “si vedono tante di quelle meraviglie che è molto difficile andarsene senza comprarle” come ammettevano i viaggiatori europei dei secoli scorsi visitando la città dei sultani. È notizia di questi giorni che alcune decine di commercianti del Gran Bazar stambuliota, a causa della crisi economica e del netto calo dei turisti, hanno lasciato Istanbul per riprendere la loro attività sulle coste adriatiche del Montenegro. Non è certo un addio al famoso Bazar che oggi dà lavoro a migliaia di negozianti ma la notizia crea comunque un certo stupore pensando al ruolo vitale che questa struttura, vecchia di oltre cinque secoli, ha rappresentato nella storia di Costantinopoli. Centro commerciale di un tempo, il Gran Bazar era soprattutto il più importante luogo di incontro della capitale ottomana. Tutti i mercanti, musulmani, greci, ebrei e armeni si davano appuntamento nel Bazar per discutere di lavoro, affari e viaggi. Fatto costruire da Maometto II pochi anni dopo la conquista turca della capitale bizantina, l’antico Bazar sembrava una piccola città, con negozi, hamam e moschee, circondata e protetta da alte mura tra il Corno d’Oro e il Mar di Marmara. La giornata cominciava alle otto con la tradizionale preghiera per il sultano e finiva alle sei del pomeriggio. Nel Quattrocento le botteghe artigiane erano almeno duecento, in gran parte al coperto e una parte all’aperto, e i proprietari quasi tutti musulmani. Vi trovavano posto bottegai di sete e tessuti, oro e argento, rubini e turchesi, cappelli, vasi dorati e libri. Il Bazar non era solo un punto di riferimento per il commercio e gli acquisti ma anche un luogo dove si pianificava l’economia e si compravano gli schiavi. Era anche una sorta di Banca. C’erano infatti dei forzieri, ben custoditi dietro le botteghe, dove i residenti potevano nascondere denaro e oggetti preziosi. Ci si fidava finchè un tal giorno, verso la fine del Cinquecento, un giovane ladro svuotò di notte molte casseforti. Il clamoroso furto gettò nella disperazione tutta la città a tal punto che il malvivente, appena catturato, fu impiccato davanti al sultano.

 

Alleanze, ora si deve voltare pagina

di Giorgio Merlo
Di fronte alla progressiva scomposizione/disgregazione del Partito democratico, e’ persin ovvio e  scontato pensare ad una radicale riorganizzazione del campo dell’ex centro sinistra. Un campo  alternativo al sovranismo e al populismo anti sistema e demagogico. Ben sapendo che sarà un
lavoro lungo, complesso e articolato. Ma prima di pensare a come ristrutturare questo campo  politico e culturale, forse è bene chiarire subito che ciò può essere possibile solo se vengono  valorizzati ed esaltati 3 elementi decisivi. Innanzitutto va recuperata sino in fondo la “cultura delle alleanze”. Perché in Italia, come insegna la miglior tradizione cattolico democratica, “la politica e’ sempre stata sinonimo di politica delle alleanze”. Va archiviata definitivamente la cosiddetta “vocazione maggioritaria”, peraltro naufragata con il tramonto politico irreversibile del Partito democratico e, al contempo, va archiviata finalmente anche la strategia renziana – fallita ripetutamente in questi tutti ultimi anni in tutte elezioni locali e nazionali  – che ha negato alla radice la cultura delle alleanze a vantaggio della supremazia esclusiva di un solo partito che, guarda caso, coincideva e si riconosceva con il capo indiscusso di quel partito. Cioè lo stesso Matteo Renzi. In secondo luogo la cultura delle alleanze non può prescindere dalla presenza attiva e responsabile delle singole identità politiche e culturali. Non cartelli nostalgici o ideologici del passato ma quelle culture politiche, ovviamente rilette e riattualizzate, che hanno contribuito a fondare e a consolidare la democrazia italiana. A cominciare dalla cultura cattolico democratica, cattolico popolare e cattolico sociale che in questi anni si è pericolosamente eclissata a vantaggio di un dubbio ed effimero nuovismo che ha manifestato tutti i suoi limiti politici e progettuali. Il che si impone anche per il tramonto, questo sì definitivo, dei cosiddetti “partiti plurali”, ovvero del Partito democratico e di Forza Italia. Ma la riscoperta delle identità –  riformiste, democratiche, di governo e politiche – ha un senso se riescono a riconoscersi in un progetto complessivo. Un progetto di società e di governo, ben sapendo che l’onda lunga populista, demagogica e anti sistema non si esaurirà in breve tempo. In ultimo, ma non per ordine di importanza, la cultura delle alleanze e la riscoperta delle identità prevede anche il ritorno, almeno in linea teorica, dei “leader” politici salutando definitivamente la stagione dei “capi”. Almeno per un campo politico che contrasta la deriva autoritaria, oligarchica e di destra della nostra democrazia e delle nostre istituzioni democratiche. Perché quando un partito si identifica nel suo capo e il suo capo con una coalizione – che poi quella coalizione non esiste, come abbiamo visto e sperimentato con l’ultima gestione del Partito democratico – e’ persin ovvio che cresce e si consolida anche la mala pianta della fedeltà politica, del gregariato e della cortigianeria. Cioè l’assenza di una vera e propria classe dirigente. Vizi e degenerazioni che hanno costellato e accompagnato anche la politica democratica e di molti partiti che pur si rifanno alla prassi e ai valori costituzionali.  Ecco perché, adesso, si deve voltare pagina. Definitivamente. Senza la ripresa di una vera ed autentica “cultura delle alleanze”, il rischio di una deriva autoritaria nel nostro paese e’ semplicemente dietro l’angolo. Tocca alla coscienza democratica e costituzionale di questo paese – trasversale senza che nessuno possa rivendicarne l’esclusiva – arginare questa deriva e creare, al contempo, una alternativa politica, culturale e programmatica seria e credibile.

Al via la settimana dell’allattamento

All’ospedale Sant’Anna Città della Salute di Torino in collaborazione con i Corsi di Laurea in Ostetricia, Infermieristica Pediatrica, Terapia della Neuro e psicomotricità dell’età evolutiva. Latte di Mamma Gocce di Opportunità

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO Il latte della mamma è unico, inimitabile, specifico per ogni bambino, con una composizione ideale per le sue esigenze nutritive e di sviluppo. Fin dai primi giorni è un alimento prezioso, sempre pronto per l’uso, alla giusta temperatura ed igienico e sostenibile per l’ambiente. Il latte materno è l’unico alimento naturale che contiene tutti i nutrienti nelle giuste proporzioni, è facilmente digeribile e contiene una serie di fattori che proteggono dalle infezioni ed aiutano a prevenire alcune malattie ed allergie, offre quindi molti vantaggi per il bambino in termini di salute, crescita e sviluppo psicologico.L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda l’allattamento al seno in maniera esclusiva fino al compimento del 6° mese di vita. E’ importante inoltre che il latte materno rimanga la scelta prioritaria anche dopo l’introduzione di alimenti complementari, fino ai due anni di vita ed oltre, e comunque finché mamma e bambino lo desiderino.Per questo e per molte altre ottime ragioni vogliamo ricordare e festeggiare insieme la Settimana mondiale dell’allattamento materno attraverso

 

OTTO piccole gocce di opportunità

 

Iniziative rivolte alle madri, ai loro piccoli bambini degenti presso l’ospedale Sant’Anna ai loro visitatori (padri, nonni, zii, amici…), agli studenti dei Corsi di Laurea ed ai professionisti dell’ospedale Sant’Anna

 

 

1-La via lattea gli studenti dei Corsi di Laurea* ed i Professionisti Sanitari dell’ospedale Sant’Anna presidiano con poster sull’allattamento e palloncini colorati gli ingressi di corso Spezia 60 e via Ventimiglia 3 dalle 12 alle 14 e distribuiscono qualche segnalibro per ricordare a tutti l’inizio della Settimana mondiale dell’allattamento (1 ottobre 2018)

 

 

2-AllattaMente l’allattamento materno migliora le competenze del neonato ma lo sviluppo passa anche attraverso azioni di supporto allo sviluppo culturale come le iniziative Nati per leggere e Nati per la cultura, che verranno ricordate a tutte le mamme e le famiglie degenti presso le Ostetricie dell’ospedale Sant’Anna (2 ottobre 2018)

 

3 -Family milk gli studenti dei Corsi di Laurea* e i Professionisti Sanitari dell’ospedale Sant’Anna incontrano, durante l’orario di visita, i nonni, i papà ed i familiari (ospedale Sant’Anna ospedale aperto ai parenti h24) nei reparti e ricordano che le madri che allattano devono essere sostenute ed incoraggiate a sostenere l’allattamento materno

 

4- Ecolatte si vuole ricordare alle famiglie dei nuovi nati che si può concorrere alla salvaguardia dell’ambiente allattando al seno ed accudendo il bambino in modo eco sostenibile (distribuzione nei reparti di materiale informativo) (3 ottobre 2018)

 

5 – LattEtico Lettura guidata del nuovo Codice Intenzionale sulla commercializzazione dei sostituiti del latte materno (in pubblicazione per la settimana SAM), a cura di Luisa Mondo, e distribuzione del nuovo Codice nei reparti a cura di Dipsa Direzione Sanitaria e Dipartimento – In aula ci saranno gli studenti del CLO CLIP e del TNPE ed i Professionisti dell’ospedale Sant’Anna e chi altro vorrà esserci

 

6 – Fitness milk Allattamento materno come prevenzione dell’obesità infantile e regolatore del benessere materno. Interverranno il professor Enrico Bertino (Allattamento e dieta Mediterranea) e dottoressa Caterina Carbonara (Programming fetale e obesità infantile)

 

7- Evidentemente latte riunione Coordinatori dei Settori di assistenza e dei Corsi di laurea e con i professionisti sanitari dalle 14 alle 16 per la presentazione del nuovo Protocollo Allattamento, a cura di Francese, Perathoner, Serafini, Carbonara, etc e gruppo allattamento (4 ottobre 2018)

 

8 – Latte in tutte le lingue si chiude la settimana dell’allattamento al Sant’Anna ricordando il valore dell’allattamento in tutte le lingue, in tutti i Paesi e come diritto per tutte le madri e per tutti i bambini. Gli studenti dei Corsi di Laurea* ed i Professionisti Sanitari dell’ospedale Sant’Anna presidiano con poster sull’allattamento e palloncini colorati gli ingressi di corso Spezia 60 e via Ventimiglia 3 dalle 12 alle 14 e distribuiscono qualche segnalibro per ricordare a tutti la Settimana mondiale dell’allattamento (5 ottobre 2018)

 

 

  • Corso di Laurea in Ostetricia Università di Torino
  • Corso di Laurea in Infermieristica Pediatrica Università di Torino
  • Corso di Laurea in Terapia della Neuro e psicomotricità dell’età evolutiva