Aprile 2018- Pagina 5

Teatro Regio, parla Vergnano

Volontariamente in questi giorni, dopo le mie dimissioni dalla carica di Sovrintendente annunciate il 18 aprile, mi sono astenuto dal rilasciare dichiarazioni, ma, dopo quanto emerso nelle ultime ore, ritengo giusto, per salvaguardare l’immagine del Teatro Regio, fare alcune precisazioni. Per quanto riguarda la tournée in America del maggio 2019, abbiamo lavorato molto, affidando anche a una società di fundraising la ricerca degli sponsor necessari a coprirne l’intero costo. Purtroppo non si sono trovati i fondi e neanche in America sono riusciti a trovare ulteriori risorse. Il Regio aveva un accordo secondo il quale entro il 30 aprile 2018 avrebbe dovuto confermare la propria presenza a New York, Chicago e Washington. Ieri ho quindi scritto ai nostri contatti in America, per comunicare loro che, con grande dispiacere, il Consiglio di Indirizzo – seguendo le norme di legge – ha deciso di non autorizzare una trasferta che non aveva un bilancio preventivo in pareggio. Purtroppo i teatri americani avevano già annunciato le loro Stagioni 2018/2019. Aggiungo inoltre che, nel tardo pomeriggio di ieri, 26 aprile, il M° Noseda ha mandato una comunicazione ai giornali affermando che non aveva più intenzione di proseguire la propria collaborazione con il Teatro Regio. Decisione di cui prendo atto e che nulla ha a che vedere con la legge n° 367 che prevede che la nomina di Direttore musicale decada insieme a quella del Sovrintendente che l’ha nominato. Auguro al Regio di trovare presto la tranquillità necessaria a proseguire il grande lavoro svolto in questi anni e riconosciuto a Torino e nel mondo.

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 Walter Vergnano

Veglia per il piccolo Alfie

Ieri sera a Torino, sulle gradinate del duomo veglia di preghiera per il piccolo Alfie. Decine di torinesi si  sono ritrovati per recitare il rosario per il bimbo di Liverpool, con candele e cartelli #Pray4Alfie. Presenti la deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli e il dirigente FdI Maurizio Marrone che invitano la sindaca  Appendino ad aderire a nome della Città al reclamo presentato al Human Right Council dell’ONU da alcune  associazioni torinesi.

LE CICATRICI: I TRATTAMENTI PIU’ UTILI PER MIGLIORARLE

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Victor Hugo diceva: “La giovinezza è la stagione delle pronte suture e delle cicatrici rapide, a quell’età le facce parlano apertamente e la parola è inutile: ci sono giovani di cui si potrebbe dire che la loro fisionomia discorre“.

Anche nella spensieratezza e nella magica interpretazione dell’arte gli inestetismi prendono a volte il posto delle meraviglie, come quando per esempio i giapponesi riparano un oggetto prezioso rotto, valorizzandone la crepa riempiendo la spaccatura con la colatura di oro puro. Nascono così le cosiddette “cicatrici d’oro“. Essi credono infatti che, quando qualcosa abbia subito una ferita ed appartenga ad un’antica storia, la crepa diventi sinonimo di bellezza rendendo così all’arte la sua preziosità.

 

Ma nell’epoca corrente, la più metropolitana, difficilmente le deturpazioni della pelle divengono vezzo nè tantomeno cosa facile da sfumare o da far sparire definitivamente. Molto spesso poi, l’inestetismo di una cicatrice diviene tramite assolutamente negativo per la consapevolezza di noi stessi e del nostro essere volto alla propria “apparenza positiva“.

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Come sostiene il Dott. Luca Spaziante, Specialista in chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, “Cicatrice e psiche spesso hanno un effetto molto contrastante sull’individuo”. Lo rammenta anche un sondaggio condotto da Opinion Health nel Regno Unito su 1000 persone. L’impatto psicologico di una vita “segnata” da una cicatrice su alcune persone può diventare così pesante a tal punto da far cadere l’individuo in una depressione profonda. Il ricordo poi perpetuo dell’evento traumatico che ha causato la cicatrice potrebbe benissimo diventare una ferita che non segna solo il fisico, ma anche la mente. Infatti molte donne intervistate a riguardo di questo fenomeno dichiarano di non vivere più serenamente neppure il rapporto con il proprio corpo e con il proprio partner. La disarmonia tra cicatrice e psiche è agevolata dal fatto che sovente non viene chiesto un aiuto o un consiglio nemmeno al proprio medico. Si tende sempre a dire : “tanto non si può fare nulla“, quando invece è assolutamente errato. Il percorso di accettazione di una cicatrice non è certo focalizzato sull’ignorare la cicatrice facendo finta che non esista, ma nel prendere coscienza dello stato di fatto e agire facendosi aiutare da specialisti seri e preparati.

Il Dott. Spaziante descrive la cicatrice come un tessuto fibroso che si crea per riparare una lesione (patologica o traumatica) ed è dovuta alla proliferazione del derma e dell’epidermide lasciando un segno sulla pelle più o meno inciso. Nel processo di cicatrizzazione si possono presentare svariate alterazioni. Queste avvengono per eccesso (cicatrice ipertrofica) o per difetto (cicatrice atrofica). Nella cicatrice ipertrofica il tessuto dermico si forma in ampia quantità rimanendo spesso molto in rilievo e dolente, mentre nella cicatrice atrofica il tessuto è del tutto insufficiente e le ferite, che apparentemente sembrano rimarginate, a volte si riaprono. La cicatrice può apparire piana, rilevata o infossata, di un colorito più chiaro o più scuro rispetto al tessuto circostante; su di essa non sono presenti né peli né aperture ghiandolari né solchi cutanei.

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La terapia delle cicatrici – aggiunge il Dott. Spaziante – cambia in rapporto al tipo di cicatrizzazione. E’ fondamentale distinguere la cicatrice ipertofica dal cheloide ai fini terapeutici: nel secondo caso è bene evitare l’asportazione chirurgica che rischierebbe di peggiorare la situazione. Nel caso di cheloidi i trattamenti più indicati restano la crioterapia, l’infiltrazione di corticosteroidi e l’applicazione di gel/cerotti al silicone. Il camouflage rientra ovviamente in un “rituale” solamente momentaneo, ma assolutamente non efficace al fine di eliminare il problema radicalmente. Il laser CO2, invece, è un trattamento efficace e sicuro in grado di determinare una importante contrazione delle fibre collagene ed elastiche presenti nel derma, rendendo così la cute molto più tonica. La profondità del trattamento è basata fondamentalmente sulla quantità di energia CO2 utilizzata e dal numero di passaggi eseguiti anche a seconda della patologia del paziente. Il laser CO2 emette radiazioni nella banda degli infrarossi che distruggono le cellule per vaporizzazione del contenuto acquoso. La durata delle sedute dipende ovviamente dall’entità, dal numero e dalla localizzazione anatomica delle cicatrici da trattare.

Per le cicatrici inestetiche, non cheloidee, si consiglia spesso una revisione chirurgica. Cicatrici depresse, sporgenti, orientate male rispetto alle normali pieghe e rughe della pelle, possono compromettere l’equilibrio estetico di alcune zone delicate del corpo. Le alterazioni che maggiormente possono beneficiare di questo tipo di strategia terapeutica sono le cicatrici post-traumatiche del volto e le cicatrici post chirurgiche. Gli interventi di revisione delle cicatrici implicano una profonda conoscenza di tutti i meccanismi di riparazione dei tessuti in modo da poter intervenire con un tempismo corretto al fine di una buona guarigione.

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La chirurgia plastica ricostruttiva – conclude il Dott. Spaziante – utilizza tutte le moderne tecniche chirurgiche per migliorare il più possibile l’aspetto estetico e funzionale delle cicatrici. Nei casi più complessi le cicatrici vengono asportate totalmente o parzialmente, riorientando e riposizionando i margini per renderle più “naturali” e dunque “meno visibili“. Purtroppo le cicatrici non si possono cancellare radicalmente, ma sicuramente si può migliorare di gran lunga il loro aspetto, attenuandone gli inestetismi associati e rilassandone le retrazioni cicatriziali. Come spesso sottolinea il Dott. Spaziante ai suoi pazienti: “Non esistono cicatrici invisibili, esistono cicatrici belle e cicatrici brutte“, che dipendono in parte dall’esperienza del chirurgo ed in parte dalla capacità di cicatrizzazione del paziente. Anche in questo caso quindi basta approfondire l’argomento con medici altamente specializzati, senza avere il timore di chiedere nè di affrontare il problema.

Scriveva Paulo Coelho: “Non permettere alle tue ferite di trasformarti in qualcuno che non sei“.

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TORINO –  ALBA –  ASTI

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Appendino al Coni per promuovere Torino olimpica

La sindaca Appendino ha fatto visita al presidente del Coni, Giovanni Malagò, per dirgli che “Torino sta lavorando con un impegno forte della città e di tutto il territorio metropolitano” in vista delle scadenze per i Giochi olimpici del 2026 per i quali il capoluogo piemontese si candida. Per la prima cittadina quelli torinesi sono ” impianti per fare un intervento importante di rigenerazione urbana. Torino lavorerà per presentare una progettualità convincente. Non dover rifare infrastrutture e avere impianti esistenti è un punto di forza ma ora lavoriamo e aspettiamo il governo che è una gamba importante nella scelta della candidatura”. Diplomatico  Malagò ha risposto: “ora è doveroso confrontarci, come fatto con Cortina e come faremo a breve con i vertici di Milano”.

FCA, TRONZANO (FI): “GRUPPO INDUSTRIALE IN CRESCITA. MA QUALE FUTURO PER TORINO E MIRAFIORI?”

“I risultati positivi di Fca, che ha chiuso il primo trimestre con un utile in crescita del 59 per cento, dovrebbero far ben sperare anche per le attività del gruppo industriale a Torino. Purtroppo i segnali sono invece contrastanti e preoccupanti, come dimostra il nuovo ricorso a giornate di cassa integrazione nel mese di maggio a Mirafiori, Orbassano, None e Volvera”. 

Così il consigliere regionale di Forza Italia, Andrea Tronzano, commenta i dati sull’andamento aziendale di Fca e sulla situazione occupazionale nel nostro territorio. 

“Nel percorso di superamento della crisi economica, a Torino e in Piemonte resta prioritario il sostegno e il rilancio dell’industria automobilistica e del suo indotto. Lo stabilimento di Mirafiori in particolare – prosegue il consigliere – è per storia e potenzialità lo snodo principale e cartina di tornasole della produzione del settore nel nostro territorio”. 

“Negli ultimi anni sono state fatte tante promesse per il rilancio del sito industriale ma i risultati sembrano lontani. Quali sono i progetti e le prospettive? Chiedo che il presidente Chiamparino e la sindaca Appendino, – conclude Tronzano – al di là delle parole, si attivino e chiedano ufficialmente ai vertici di Fca, a nome delle istituzioni che rappresentano,  quali sono, una volta per tutte, le intenzioni nei confronti di Mirafiori e dei lavoratori del gruppo”.

Famiglie bisognose, ecco il bonus gas

Di Patrizia Polliotto*

In tempo di crisi, sono disponibili utili strumenti legislativi messi a disposizione dall’Esecutivo per arginare la difficoltà all’accesso ai cosiddetti beni di primo consumo. Si tratta di Bonus previsti per diversi settori. Uno di questi riguarda il gas. Che cos’è, e come funziona? E’ disponibile uno speciale bonus per le famiglie bisognose e numerose. L’agevolazione si applica al consumo del gas naturale distribuito attraverso la rete nazionale, e non mediante i distributori di bombole o di GPL. Il bonus Gas e il bonus Luce rientrano nel pacchetto di misure definite bonus Energia, previsto dal Decreto Ministeriale 28 del Dicembre 2007, e la sua applicazione è resa disponibile grazie alla collaborazione delle amministrazioni comunali e delle regioni italiane. Il decreto ministeriale prevede che, per poter disporre del bonus energia, le famiglie devono soddisfare dei requisiti di reddito e di numero: e, una volta certificato il diritto ad ottenere la riduzione, questa viene applicata direttamente nella bolletta del gas. Altro requisito specifico per ottenere il bonus, oltre a presentare una DSU o un ISEE validi, è che esso deve essere fruito per l’utenza attivata nell’abitazione di residenza, altrimenti non è richiedibile. Per presentare la propria richiesta al Comune, occorre semplicemente adire lo sportello abilitato. I moduli da compilare li si possono trovare sui siti del Ministero del Tesoro e del Ministero dello Sviluppo economico.

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*Avvocato, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori.

Il Castello del Drosso

7 / Questa è la storia breve di un castello la cui disposizione interna si presenta come un lungo susseguirsi di stanze e saloni. Anche le leggende hanno bisogno di tempo per crescere e diventare adulte.

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Esse nascono in forma di “incipit“, nell’infanzia diventano “premesse”, “la trama” si forma nell’adolescenza e si sviluppa nell’età adulta, quando diventano vecchie si tramutano in solenni e saccenti “finali”. La leggenda del Castello del Drosso è ancora una “bambina”, ma le basi sono buone, la piccola diventerà una grande e coraggiosa Valchiria.


È metà pomeriggio di una giornata senza precisi impegni, il sole sta a mezz’asta, inizia ad illuminare le cose di traverso allungandone le forme. D’improvviso l’idea di una gita, una telefonata, pochi accordi e in un lampo sono in macchina con il mio odierno compagno di avventure, il mio impavido papà. Appena oltre i confini cittadini si trova il Castello del Drosso, un’antica grangia cistercense dotata di forti mura e torri massicce, un tempo sotto l’influenza dell’Abbazia di Staffarda, divenne in seguito proprietà dei Vagnone. L’edificio è visibile dalla strada, se uno sa dove guardare. La sua imponenza è ovattata dall’attuale posizione isolata, spersa in mezzo ai campi coltivati, e dallo stato di abbandono che lo sta lentamente divorando.


La sua presenza si inserisce nell’orizzonte senza saltare all’occhio, un bambino lo disegnerebbe senza staccare la matita dal foglio, sullo stesso piano degli alberi che lo affianco su entrambi i lati. Accanto alla torre antica vi è una moderna gru che appartiene al cantiere aperto appena davanti al castello. Da lontano i contorni si perdono, antico e moderno si fondono e danno vita ad una creatura ibrida e sterile, una mostro di Frenkenstein architettonico che per ora è solo un’illusione ottica. Lasciamo la macchina poco distante e percorriamo a piedi una strada sterrata, arriviamo a costeggiare la zona dei lavori, immobile come la condizione del castello.Prima di cercare un modo per addentrarci nella struttura decidiamo di proseguire per ammirare l’aspetto esterno della costruzione. Imbocchiamo un sentiero stretto e leggermente fangoso che costeggia i campi circostanti; la stradina, leggermente in discesa si incurva verso destra e prosegue poi diritta, conducendoci proprio sotto la roccaforte e regalandoci una prospettiva da cartolina. Subito estraggo la reflex e scatto molte fotografie, mi sposto da un’angolazione all’altra come stessi eseguendo un’approssimata ed incerta danza della pioggia.


Il cielo azzurro intenso, già tendente al blu Bondi, fa da sfondo neutro alla struttura in primo piano, due porticati paralleli sostengono sulle proprie spalle altri due piani e altre due torri. I porticati sporgono in avanti, rispetto al resto del corpo della costruzione, svolgendo anche la funzione di terrazzo, a loro volta sprofondano nel terreno della colina sulla quale si ergono. Dal basso, la posizione in cui mi trovi, si intravvede l’antico rosso della parete dietro il porticato del primo piano, il resto delle mura, malate di vitiligine, sono color ocra pallido con chiazze tendenti al bianco. Soddisfatta dei miei scatti cartolina-ricordo, propongo di risalire il sentiero per provare a intrufolarci all’interno del castello. Riusciamo nel nostro intento, anche se con meno facilità rispetto ad altre situazioni in cui mi sono trovata; la fatica però è decisamente ripagata dalla vista che ci si prospetta davanti: sbuchiamo a fianco dell’edificio, il sole delle cinque pomeridiane esalta il color mattone delle alte mura, è come se il castello arrossisse in risposta ai commenti che facciamo riguardo alla sua possanza e al suo bell’aspetto. La costruzione è circondata da un grande giardino, in cui si trovano una fontana scavata, un pozzo decisamente fiabesco, adornato di edera verde dalla base fino all’arco a cui si agganciava il secchio, un grande albero che mi permette di scattare un’altra cartolina-ricordo e, infine, una preziosa cappelletta privata, nascosta timidamente dietro grossi alberi verdeggianti.


È questa piccola costruzione che più mi attrae e che preferisco esplorare per prima. Gli affreschi alle pareti e sul soffitto piangono lo splendore di un tempo, la muffa li sta lentamente ingoiando, e il verdone dell’umido sta cancellando l’oro dei trompe l’oeil. Sopra l’ingresso si legge ancora una vetusta scritta in latino: timentibus deum nihil deest, “a coloro che temono Dio non manca nulla”, parole forti e solenni, degne di un castello come quello del Drosso.Il complesso è di origine medievale, già agli inizi del 1100 si hanno notizie del castello e del suo intorno rurale. Inizialmente era alle dipendenze dei monaci di Staffarda, poi di quelli di Torino, divenne proprietà dei Gorzani nel 1334, da loro passò ai Vagnone. La storia del castello è abbastanza travagliata, ebbe molti proprietari dopo i Vagnone, e nel 1496 si trovò in una surreale situazione di frazionamento che lo vedeva conteso tra più padroni, fino al momento in cui, nel 1539, il Conte Gugliemo Gromis di Trana riuscì ad avere ragione sugli altri pretendenti, ma solo nel 1860 la famiglia Gromis riuscì ad acquistarlo per intero. L’aspetto esteriore del castello è frutto delle varie trasformazioni che ha dovuto subire epoca dopo epoca, per essere sempre al pari con le mode del tempo; guardandolo ora, dato che non ha mai sfigurato in periodi passati, forse siamo noi che dobbiamo porci qualche domanda.


Usciti dalla piccola chiesetta privata, ci addentriamo all’interno della decisamente più ampia struttura che ci si pone davanti. Il primo salone che incontriamo fa da specchio al resto dell’edificio: pareti un tempo minuziosamente decorate stanno lentamente cedendo all’inevitabile trascorrere del tempo, la delicatezza degli ornamenti va scomparendo irreparabilmente, e tutto avviene in silenzio, come si addice ad un valoroso condottiero, che, per quanto stremato dalle ferite, muore in silenzio, senza rendersi supplice di nessuno. È un complesso enorme, ci mettiamo un po’ a girarlo tutto, ogni antro ha il suo fascino, ogni raggio di luce che si insinua mette in risalto qualche dettaglio. Mi è rimasta impressa una nicchia interna, sul cui soffitto erano stati dipinti gruppi di uccelletti canterini, che sembravano ancora emanare gioiosi cinguettii. Mi colpisce la presenza casuale ed improvvisa, in alcune stanze, di alcuni mobili decontestualizzati. Al centro di un salone abbiamo trovato un divano a tre posti, impolverato e consunto, aveva l’aspetto di un viandante perduto, che rimane immobile perché non conosce la lingua e non può chiedere informazioni; anche al piano terra c’è uno frammento di anni ’60, un tavolo apparecchiato, qualche sedia, un frigorifero ed un piano cottura fanno pensare che qualcuno abbia deciso di potersi trasferire lì, ma l’impossibilità di chiudere gli spifferi deve averlo fatto desistere.


Su tutto grava un silenzio rigoroso, che pretende rispetto e che indubbiamente riesce ad ottenerlo. Quando usciamo il sole è al limite dell’orizzonte, il castello è ormai in ombra, lo guardo e mi ricorda un valoroso combattente, un vecchio generale innamorato della propria divisa, con lo sguardo fiero, che non si spaventa di fronte all’invincibile decadimento. C’è chi dice di aver visto delle figure fluttuanti affacciarsi alle finestre, altri iniziano a giurare che ci siano delle luci che si accendono e si spengono sulle torri, ma per ora sono solo parole inconsistenti. La leggenda sta nascendo ma deve ancora formarsi, tuttavia ci sono delle ottime basi per una futura storia di fantasmi: un castello abbandonato che scolorisce al sole, dimenticato nel silenzio della periferia e che, come ultimo dettaglio, fu costretto ad ospitare il comando Torino Sud dell’esercito tedesco durante l’occupazione nazista.

Alessia Cagnotto

 

Per Fca utile netto in crescita del 59%

Fca termina il primo trimestre 2018 con un utile netto a +59%, per  oltre 1 miliardo di euro. L’utile netto adjusted vede un incremento  del 55%. Cala l’indebitamento netto industriale, di 1,1 miliardi di euro e i target 2018 sono confermati con ricavi netti a 125 miliardi di euro, ebit adjusted maggiore o uguale a 8,7 miliardi di euro, utile netto adjusted di 5 miliardi, liquidità netta industriale di 4 miliardi. Il cda del Gruppo ha  autorizzato il management a sviluppare un piano per la scissione delle attività di Magneti Marelli.

Noseda dice addio al Teatro Regio

Si era dimesso  Valter Vergnano, il sovrintendente, con un anno di anticipo, e ora il Teatro Regio dovrà fare a meno  anche di Gianandrea Noseda, il direttore musicale. Dichiara Noseda:  “la qualità che lo ha portato alla ribalta della scena internazionale non è stata minimamente tenuta in considerazione”, riferendosi al prestigioso teatro. Il casus  belli è  l’indicazione di Graziosi alla sovrintendenza. “Con profondo dispiacere – aggiunge Noseda – non intendo rendermi disponibile a continuare la relazione con il Teatro Regio per i progetti in programma dalla stagione 2018/2019. Rispetterò invece gli impegni presi questa estate con i festival di Montreaux, Stresa e con il MiTo Festival di Torino”.

CORSO DI AGGIORNAMENTO PER AMMINISTRATORI DI CONDOMINI

Ape Confedilizia Torino propone a partire dal 4 maggio 2018 i nuovi corsi di aggiornamento riservati agli amministratori di condominio

Le 6 lezioni si terranno nella sede di via Nota 3 ogni venerdì dalle 14,30 alle 17,30.

Il ciclo di incontri si concluderà il 15 giugno 2018, questi gli argomenti:

4 maggio – Controversie condominiali: ipotesi e sistemi di risoluzione. Impugnativa assemblea condominiale. Casi pratici;

11 maggio  – Sicurezza nei condomini. Casi pratici;

18 maggio  – Esecuzioni mobiliari;

25 maggio  – Ecosisma bonus;

8 giugno –  Recupero crediti e condominio: i rapporti con i fornitori e le aziende proponibili;

15 giugno – Approfondimenti relativi alle restanti materie di cui all’art. 5 del D.M. 140/2014 ed esame finale

Per info ed iscrizioni segreteria@apetorino.it tel. 011/5214218.

 

Ufficio Comunicazione

Ape Torino Confedilizia