Prosegue la pubblicazione sul “Torinese” di commenti da parte di esponenti politici e di articoli e opinioni sul caso Giordana in Comune. Riportiamo qui di seguito il post che il capogruppo Pd a Palazzo Civico, Stefano Lo Russo, ha scritto su Facebook
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La rassegna stampa di oggi sul caso di #Appendino e delle dimissioni di Paolo Giordana è impietosa, a tratti forse fin esagerata. Leggendola ripenso ai lunghi mesi trascorsi, da quel lontano 30 giugno 2016. Mi tornano in mente coloro che, compresi alcuni miei compagni di partito, ci e mi hanno spiegato che eravamo “esagerati” nella nostra opposizione, che in fondo Appendino era “brava”, “intelligente”, “capace”. Ripenso a coloro che ci e mi spiegavano che in Consiglio Comunale dovevamo stare zitti, non dovevamo più parlare, correggere, controllare e denunciare le cose che non andavano. Zitti. Fermi. Ripenso a coloro che in una sorta di isteria catatonica collettiva, nazionale e cittadina, la vedevano addirittura Premier. Mi tornano in mente alcune celebri interviste sdraiate, le paginate in nazionale, i rotocalchi televisivi. E purtroppo anche le spallucce alzate da un conformista “milieu” quando denunciavamo con tutta la forza possibile in quel momento le
degerazioni di un sistema di potere che si andava velocemente e visibilmente insediando, opaco e per questo pericoloso, come un virus. Un sistema opaco, dove era evidente a chiunque avesse un minimo di cognizione di causa che c’erano finti ruoli formali – gli Assessori, i Consiglieri Comunali – chiamati a ratificare in silenzio e ruoli sostanziali, veri. Altro che “onestà” e “trasparenza”. Altro che “casa di vetro”. Si stava insediando a Palazzo Civico un sistema decisionale inedito, in cui i tradizionali pesi e contrappesi tra forze politiche e tra Giunta e Consiglio, che sono comunque a mio parere un bene necessario per la democrazia e per evitare le degenerazioni, erano saltati, trascinati via dal “nuovo corso”. Liste di proscrizione per i dirigenti comunali “cattivi” e “riottosi” e anche qualche cambio di casacca di basso profilo per evitare ritorsioni e conservare pezzi di potere e
qualche piccolo privilegio. In questi mesi abbiamo visto tollerare urla e scenate isteriche del Capo di Gabinetto, ora ex, e talvolta umiliazioni pubbliche di dirigenti e assessori comunali in riunioni interne e con esterni. Tutto concesso, tutto permesso. Colpevolmente. Concesso dai consiglieri comunali del #M5S, eletti con tante speranze e aspettative e palesemente immersi in un gioco più grande di loro. Zittiti quando intuivano ma non capivano cosa stava succedendo alle loro spalle, sulle loro teste. Credo che in fondo abbiano sempre avuto la sensazione di essere usati, ma forse solo ora stanno cogliendo il come e il perchè. Concesso anche da alcuni Assessori, in questo assai simili ai Consiglieri. Fintamente selezionati attraverso una finta selezione sui CV ma in realtà espressione di gruppi che avevano permesso l’ascesa di Appendino. E rimossi senza tanti complimenti quando non erano allineati al volere del vero gruppetto di comando oppure troppo fragili, come nel caso della Stefania Giannuzzi. Rileggere questa lunga fase oggi mi lascia comunque perplesso. Perplesso
soprattutto su quanto fosse fragile il sistema di pesi e contrappesi politici, di come siano fragili alcune persone che rivestono ruoli di responsabilità in questa Città, Assessori e Consiglieri, che in questi mesi non avevano nessun bisogno di chinare la testa e baciare la pantofola del sedicente “Richelieu” de noartri. Lo stesso da cui oggi prendono le distanze con disinvoltura e in alcuni casi malcelata soddisfazione. Si sono liberati di un peso, ma non basterà purtroppo a mascherare il vuoto di proposte forti e l’inadeguatezza. I problemi sono tutti lì, sul tavolo. E non è l’uscita di scena di Giordana che li risolverà. Anzi, forse li aggraverà pure. La crisi strutturale di Appendino, la sua inadeguatezza al ruolo che ricopre e soprattutto la mancanza di visione e soluzioni per il futuro di Torino restano lì. Purtroppo per noi e per Torino. Si apre adesso una nuova fase, inedita, della vita della Città. Una Città in difficoltà, alla quale dobbiamo dare una mano. Questo uno dei compiti, il principale, che in questo momento ci compete. Pensare al futuro di Torino. Giordana è (forse) passato. Appendino passerà, come sono passati altri prima di loro e come capiterà ai loro successori. Torino invece resta, ed è a Torino e al suo futuro che dobbiamo guardare coinvolgendo in questo lavoro le energie positive economiche, sociali e politiche e tutti coloro che non vogliono arrendersi al declino.
Stefano Lo Russo

Partendo dall’arrivo a corte nel 1887 del ventiquattrenne Abdul Karim inviato a consegnare una medaglia, il mohur, che onori la sovrana e il suo regno, passando attraverso i primi sguardi e i primi sorrisi che fanno dire a Vittoria sessantenne “attraente” e che danno il via ad una amicizia tra colei che governa mezzo mondo e colui che da semplice impiegato delle carceri indiane passa al ruolo di “mushti” (maestro), di confidente, di importatore della cultura indiana, di membro di corte con moglie e suocera nerovestite al seguito, di insegnante di Indi e di Hordu, di sconosciute prelibatezze culinarie, di amico intimo, forse di innamorato, di colui che per la gran vicinanza ha sempre le orecchie tese anche per quel che riguarda la politica (ma pure di colui che un giorno fu beccato con le mani nel sacco a rubarsi gioielli dell’amata: “basato su fatti veri”, siamo avvisati all’inizio, “per lo più”). È chiaro che l’erede Bertie e la corte intera, servitù compresa, faccia aria di sommossa salvo poi ritirarsi nelle proprie stanze al primo urlo della vegliarda. Tutto suona sì simpatico, da svagato
intrattenimento, a tratti ridicolo tuttavia, si preme sulla solitudine di lei che – sia detto tanto per sfatare per quel che si può il quadretto di vedova inconsolabile e timorata e puritana – già dopo la morte dell’amatissimo Albert aveva cercato e trovato conforto tra gli ardori di John Brown, già avvinazzato uomo di fiducia dello scomparso principe consorte e ti rendi conto che la passata incisività era tutta ben altra cosa, che il quadro della discendente all’indomani della morte di Lady D era dipinto con colori e con tratti personali ben più profondi. Va da sé che la rivolta non può avvenire che con il trapasso della sovrana, che ogni documento che possa ricordare “l’unione” (quanto mai allargata?) viene distrutto e Abdul cacciato, salvo poi ritrovarlo in patria, pochi anni dopo, davanti alla statua della “sua” regina a ricordare i giorni che furono.
Tutto è sontuoso, visivamente bello, i palazzi scelti per l’ambientazione, gli abiti, i particolari, le inquadrature, tutto è ricostruito con l’aiuto delle fotografie d’epoca (e chi lo voglia può anche fare il debito paragone tra l’originale Abdul e l’attore Ali Fazal che oggi lo impersona) ma tutto tremola come quel budino che viene servito a tavola e che tanto interessa a Frears, come i primi piani, come gli occhi ripetutamente “descritti”, come i visi della corte genuflessi e spaventatissimi. Chi resta ben salda in piedi è la prova superba di Judi Dench (per la seconda volta veste gli abiti e la corona di Vittoria, era già stata La mia regina con John Madden nel ’97), testarda, irascibile, rattristata e sola contro tutti, sognante, capricciosa, una gamma tutta da vedere d’espressioni che unica cerca di rimetterti un po’ in accordo con un film per altri versi davvero zoppicante, di pura illustrazione e quasi non necessario (dove persino il nostro Puccini, canterino con la Manon Lescaut, suona imbarazzante, come la sovrana: ma forse Frears è convinto di doversi qui omaggiare guardando al precedente Florence).
“In due ore noi facciamo dimettere chi si fa condonare una multa per un suo amico mentre, al governo, Renzi e Gentiloni nominano sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi,
Degli sconosciuti, nella notte, hanno tentato di dare fuoco a un clochard nei giardini Madre Teresa di Calcutta
La cronaca: stadio strapieno come ai bei tempi, 80 mila spettatori, e Milan che parte subito molto forte, già al 3’ Buffon mette i guantoni per respingere una pericolosa punizione di Rodriguez e poco dopo è Asamoah a mettere una pezza su Kalinic. I bianconeri, però, non si scompongono piano piano cominciano a imporre il gioco, prima azione pericolosa di Dybala poco prima del 20′.

ECCO IL TABELLINO…
di Pier Franco Quaglieni
articoli pesantemente antisemiti. E’ interessante invece vedere che cosa scrive Calvino del giovane Scalfar :<<Ti conoscevamo come uno disposto a tutto pur di riuscire ,ma cominci a fare un po’ schifo>>. La storia futura di Scalfari ,cominciando dal rapporto con Pannunzio, per poi passare all’”Espresso”, a “Repubblica”, a Carlo De Benedetti rivela la lungimiranza del giovane Calvino. Anche il suocero torinese di Scalfari Giulio de Benedetti ,direttore de “La Stampa”, quando mi parlava di Scalfari ,era molto critico con lui. Alla luce di tutto ciò, fu non senza ragione che Mario Pannunzio lasciò detto che proibiva la presenza di Scalfari al proprio funerale. E così accadde.
ama i micro virtuosismi della luce>>. Attraverso la luce e le ombre il pittore crea la magia della neve .C’è anche chi lo ha accostato a Giacomo Grosso e a Cesare Maggi. Ha scritto Claudia Ghirardello: << In punta di piedi… nelle straordinarie nevicate di Silvio Brunetto si entra in punta di piedi… l’aria è rarefatta ed il respiro si fa quasi sospeso. È la magia del semplice, nella purezza del creato. Tale artista è attratto prepotentemente dalla natura, dal paesaggio, di montagna in particolare, ma anche dal contesto cittadino. È il vissuto che, rivivendo l’input del fanciullino, mediante pennellate talora ragionate, più spesso guizzanti, trascina come per incanto l’occhio dell’osservatore entro il quadro e gli dona pace>>. Io amo molto le sue opere e alcuni luoghi storici di Torino, da Palazzo Carignano alla Gran Madre , li rivivo al mare attraverso le sue opere appese alle pareti di casa, che mi ricordano una Torino che mi piace.
della gioia e della luce, il buio intristisce, ma ,di questi temp, è anche fonte di pericolo.Solo le zone ben illuminate sono più sicure.Possibile che l’Amministrazione grillina non lo colga ? Le luci d’artista scelte per piazza San Carlo e in passato per piazza Carignano, non vanno bene. Vanno semplicemente rottamate come frutto dell’estro di un artista molto originale ,ma totalmente fuori dalla realtà.
La barboncina Susy, il Po, alcuni segreti drammatici
pescatori e cacciatori. Spesso un pollo del suo pollaio fatto arrosto. Alla sera gente che abitava nei paesi vicini, si trovava nella trattoria per mangiare cose semplici e cantare in allegria. Ricordo una sera che cantavano “Marina” a squarcia gola. Eravamo andati ad un matrimonio a Moretta e si concluse la serata con le acciughe al verde lungo il Po in quest’aia con pochi tavoli rustici di legno e qualche sedia, una diversa dall’altra. Io ero un ragazzino, gli altri avranno avuto, chi più chi meno, quarant’anni. C’era la spensieratezza acquisita dopo gli anni tragici della guerra, vivendo il miracolo economico degli Anni Sessanta. C’era la capacità di accontentarsi di poco, una grande virtù contadina. Un mondo scomparso. Una volta il marito della ostessa raccontò a mio padre certi misfatti di partigiani della zona, che seppellirono i corpi di alcuni ammazzati nel bosco vicino. Solo anni dopo mio padre mi spiegò e mi parlò di quelle storie terribili, un sangue dei vinti di cui non ha parlato neppure Gianpaolo Pansa.
omunale di Torino e venne eletto nel 1960 in una lista ispirata dal partito radicale che raccoglieva anche altri tra cui Franco Antonicelli. Il suo ultimo mandato in Consiglio comunale fu all’insegna di posizioni di sinistra molto esplicite che trovarono il consenso del giovane Diego Novelli alle prime armi in quel Consiglio come cronista. La simpatia di Novelli nei suoi confronti suscitò in me un’istintiva antipatia per Villabruna. Poi l’età tarda e la malattia lo portarono a vivere a Torre Pellice in una struttura assistita. Non aderì nel 1968 al Centro “Pannunzio” perché lo ritenne su posizioni troppo moderate ma nel 1971, all’atto della sua morte, Arrigo Olivetti volle che venisse commemorato dal Centro. Ad assistere a quel ricordo venne Valerio Zanone da pochi mesi eletto Consigliere in Regione. Saragat, nel suo messaggio come Presidente della Repubblica, parlò di Villabruna liberale. E sicuramente era stato uno dei pilastri del liberalismo piemontese, più di Alpino e di Catella che non ebbero mai una vera coscienza liberale, ma al massimo liberista e conservatrice. Resta la sua onestà da uomo del Risorgimento ,quando non esitò a dimettersi da Ministro per coerenza con una scelta. Gli altri fondatori del Partito radicale non perdevano nulla uscendo dal PLI, diversamente da Villabruna che fece un atto di coraggio.
tempi, quando per circa tre decenni riuscirono a imporre di mandare la gente in pensione a cinquant’anni, a quaranta e qualche volta perfino meno, e chiamavano “Conquiste” questo delirio contro l’anagrafe e contro l’aritmetica. Grazie alle loro lungimiranti Conquiste oggi noi andiamo in pensione a 70 anni e i nostri figli neanche la vedranno, la pensione. Hanno perfino il coraggio di protestare, di parlare; giornali e giornalisti hanno il coraggio di dargli corda, di prenderli sul serio, di consultarli come la Pizia.
Non
L’uomo non si cambia
TORIE DI CITTA’ di Patrizio Tosetto
il singolo episodio della multa. Ma si è fatta qualche domanda in proposito? Non abbiamo diretti rapporti con esponenti del suo movimento o partito pentastellato. Nonostante ciò rumors di un malcontento sulle scelte sul personale c’erano già da oltre un anno. Perché? Non ascolta più …era la risposta quasi scontata. Ma forse con Giordana il caso è inverso. Non è lei che la scelto lui ma è Giordana che ha scelto lei. Questo sì, se fosse fondato, sarebbe maggiormente inquietante. Le insoddisfazioni di Giordana quando era del Pd erano note. Insoddisfazioni, si dice, perché non aveva fatto carriera da alto burocrate in Comune. Cara Appendino, capiamo la sua giovane età e comprendiamo dunque la sua inesperienza. Ma proprio non ne sta proprio azzeccando una. Ed è sinceramente impossibile addossare le responsabilità alla passata amministrazione. Sindachessa, ora che farà? Non siamo solo curiosi ma molto preoccupati per la nostra città.
Il maniero sarà aperto in serale per l’evento dedicato ai bambini e ragazzi fino a 13 anni

