Settembre 2017- Pagina 39

Da tutti i partiti appello al ministero per salvare i fondi della linea 2 del Metro

L’obiettivo è far sì che i requisiti per confermare il finanziamento siano rappresentati dall’avvenuto affidamento dei servizi di ingegneria e non, come previsto, dalla consegna del progetto
Da Torino arriva al ministero delle Infrastrutture  la richiesta bipartisan affinché sia modificato il decreto di
concessione dei contributi per la progettazione preliminare della linea 2 della metropolitana. L’obiettivo è’ far sì che i requisiti per confermare il finanziamento siano rappresentati dall’avvenuto affidamento dei servizi di ingegneria e non, come invece previsto, dalla consegna del progetto. La richiesta e’ contenuta nella lettera della sindaca Chiara Appendino, siglata da tutti i partiti politici a conclusione  dell’incontro convocato in Comune (presenti il presidente della Regione Sergio Chiamparino, i parlamentari e i consiglieri regionali piemontesi) per fare pressione sul governo ed evitare di perdere tutti i fondi per la progettazione, ben 10 milioni di euro. “Siamo convinti che la collaborazione istituzionale, di cui il nostro territorio ha dato più volte ampia dimostrazione, anche in questa occasione consentirà di percorrere insieme una strada comune – e’ scritto nell’appello – con l’unico interesse di portare beneficio al nostro territorio”.

SALUTE, SU RICHIESTA DELL’ON. BRAMBILLA IL MINISTERO PRECISA: “GLI ANIMALI DOMESTICI POSSONO ENTRARE NEI SUPERMERCATI”

Lo dice il ministero della Salute: gli animali domestici possono entrare nei supermercati. Parla chiaro la nuova nota esplicativa, richiesta a nome della Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente dall’on. Michela Vittoria Brambilla, firmata dal direttore generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione, Giuseppe Ruocco, e inviata nei giorni scorsi agli assessorati alla Sanità delle Regioni e delle Province autonome: il chiarimento toglie ogni pretesto agli operatori che hanno scelto la via del divieto e dà ragione a quelli che hanno adottato, per conciliare l’igiene con le esigenze di una più vasta clientela, accorgimenti diversi: carrelli speciali, borse etc. In relazione alla necessità, prevista dal regolamento europeo 852/2004, di impedire che “l’accesso degli animali domestici nei luoghi dove gli alimenti sono preparati, trattati o conservati” possa essere “fonte di contaminazione ” , la nota spiega che l’operatore del settore alimentare “ha l’obbligo di stabilire, in autocontrollo, quali siano le potenziali condizioni in cui si può verificare contaminazione degli alimenti da parte degli animali presenti nei locali e adottare tutti gli accorgimenti opportuni, formalizzandoli in procedure scritte di autocontrollo”. Il divieto d’accesso agli animali potrà essere previsto “soltanto qualora non possa gestire in altro modo il rischio di contaminazione”. Aveva originato l’equivoco una nota ministeriale del marzo scorso, che sembrava obbligare tutti gli operatori, per rispettare il regolamento europeo, a prevedere il divieto d’accesso agli animali. Molte imprese, soprattutto nel nordest, si sono rapidamente adeguate. In realtà non c’è alcun obbligo, se non quello di evitare la contaminazione. La nuova nota, firmata dal dottor Ruocco, è stata “molto apprezzata” dagli animalisti. “La precisazione – osserva l’ex ministro del Turismo, che per fare chiarezza si era rivolta direttamente ai vertici del dicastero – non dà adito a dubbi, è quantomai opportuna, rassicura gli operatori che con la Federazione hanno firmato un protocollo d’intesa sul libero accesso dei clienti con animali al seguito e toglie ogni alibi a chi se l’è cavata esibendo il solito cartello “io non posso entrare”. Con appropriati accorgimenti, le imprese della grande distribuzione possono benissimo accogliere clienti accompagnati da animali domestici. Questo è il senso e il valore della norma”. Firmatarie di accordi con la Federazione, promossi e siglati nel 2016 dall’on. Brambilla, sono le catene Conad e Despar-Aspiag, che si sono impegnate non solo ad agevolare l’accesso dei clienti accompagnati da animali, con borse e carrelli speciali, ma anche a collaborare con le associazioni animaliste riunite nella Federazione per raccolte alimentari “di solidarietà” per gli animali ospitati nei rifugi. Conad, infatti, ha un “format” dedicato specificamente agli animali: una catena di Petstore, già una quindicina in Italia con tante nuove aperture in programma, che uniscono la migliore offerta commerciale all’aspetto solidale. In ogni negozio, infatti, è presente un punto raccolta alimenti per animali sfortunati gestito dalla Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente. Dida: l’on. Michela Vittoria Brambilla, portavoce della Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente con Francesco Pugliese, Ad del gruppo Conad alla firma dell’accordo di collaborazione per la raccolta solidale nella catena di pet store del gruppo Conad

Feste di fine estate, Pro Loco tra nuove norme di sicurezza e “buone pratiche”

L’obiettivo della Regione è aumentare il livello qualitativo dei pasti somministrati e favorire la conoscenza dei prodotti tipici del territorio, in modo particolare quelli garantiti dalle denominazioni di origine e dai marchi di qualità

Un po’ in tutta Italia le tradizionali rassegne estive hanno subìto un tracollo a causa delle misure di sicurezza imposte dalla prudenza dettata dalla drammatica esperienza di piazza San Carlo a Torino dello scorso 3 giugno. Per mettere tutto in regola dal punto di vista della sicurezza i costi sono elevati. Nel frattempo, in Piemonte, L’assessore all’Agricoltura, Giorgio Ferrero, ricorda il “vero e proprio decalogo di buone pratiche che la Giunta regionale propone a tutte le associazioni no profit, a partire dalle Pro Loco, che svolgono attività di ristorazione collettiva in occasione di fiere, sagre ed altre manifestazioni enogastronomiche. L’obiettivo è aumentare il livello qualitativo dei pasti somministrati e favorire la conoscenza dei prodotti tipici del territorio, in modo particolare quelli garantiti dalle denominazioni di origine e dai marchi di qualità”. “Alle associazioni che aderiscono all’accordo – prosegue Ferrero – viene chiesto di mantenere vive le tradizioni locali, promuovere prodotti, preparazioni e bevande della zona, cucinare pasti di buona qualità a prezzi accessibili al grande pubblico ed in conformità alle norme sulla sicurezza alimentare, realizzare sinergie con i produttori agricoli locali, impostare i menù su principi di sostenibilità ambientale ed eticità. Questo anche in considerazione che feste, sagre e manifestazioni gastronomiche da iniziative di animazione locale si sono molto spesso trasformate in eventi che attraggono il turismo e aiutano lo sviluppo economico. In questo contesto, garantire la qualità dei pasti e proporre le eccellenze alimentari è un elemento importante nella valorizzazione dei territori e delle rispettive specificità in chiave turistica ed economica. Il decalogo precisa gli elementi che compongono il “pasto di qualità”: dalle tecniche di cottura, che devono rispettare salubrità, principi nutritivi e gusto, alle materie prime, per la maggior parte fresche e di stagione, di produttori locali e il più possibile garantite da denominazioni di origine e marchi di qualità. Anche il servizio deve essere svolto favorendo l’impiego di stoviglie in materiali riciclabili e il più possibile compostabili. Necessario anche puntare a una riduzione degli sprechi alimentari e dei rifiuti, da smaltire in modo corretto”. 

L’eccidio di Otranto

Il 28 luglio 1480 i turchi sbarcano sulle coste del Salento portando morte e distruzione. Una strage senza precedenti, diventata nei secoli leggenda per il valore con cui gli otrantini difesero la loro città. Il 14 agosto ottocento prigionieri furono decapitati. Le loro ossa sono conservate in cattedrale.

Ogni anno, ad agosto, nella Terra d’Otranto torna il tempo del ricordo, della memoria e della rievocazione storica per ricordare la tragica estate del 1480. Dal mare in tempesta spuntarono all’improvviso le vele nere della flotta turca, presagio di imminenti bombardamenti. Le mura di Otranto erano troppo deboli e crollarono sotto i colpi delle bombarde saracene nonostante l’accanita resistenza degli otrantini che impedirono ai nemici una conquista rapida e incruenta. Le scimitarre ottomane fecero strage uccidendo migliaia di persone. A distanza di oltre 500 anni, la Perla del Salento racconta quel che accadde tra luglio e agosto del 1480 e commemora l’eccidio e l’eroismo dei suoi martiri con cerimonie e processioni. Per le vie della cittadina salentina restano ancora oggi le tracce di quel drammatico evento. Le grandi palle di pietra che si vedono nelle viuzze bianche, in salita e in discesa, su e giù per il centro storico, accanto a portoni ed edifici o conservate nel cortile del castello sono proprio quelle che durante l’assedio volarono dalle galee turche e sfondarono le difese di Otranto. Era l’inizio della fine. Alcune vie portano i nomi dei martiri mentre i resti umani di centinaia di otrantini, tra ossa e teschi, furono recuperati e sono ben visibili in cattedrale dall’inizio del Settecento dietro alcune grandi vetrate nella cappella al fondo della navata destra e sotto l’altare si trova il ceppo della decapitazione.

Su un colle, poco sopra la città, una chiesetta votiva indica il luogo dove avvenne l’ultimo massacro con l’esecuzione di centinaia di cittadini. Le secolari torri di avvistamento che ancora si reggono in piedi attorno a Otranto e lungo la penisola salentina ci ricordano che il nemico arrivava spesso dal mare, dall’Adriatico e dai Balcani. L’Albania non è lontana dalle coste pugliesi e in giornate serene e limpide non è difficile scorgere le montagne albanesi o quelle montenegrine. Il crollo delle mura di Costantinopoli sotto il fuoco dei cannoni del sultano spense per sempre la fiamma dell’Impero Romano d’Oriente. La “seconda Roma” era caduta nelle mani di Maometto II il 29 maggio 1453. Ma le ambizioni del giovane sultano, appena ventunenne, guardavano più lontano, puntavano all’Europa, al Vecchio Continente, al cuore della Cristianità. Compiere scorrerie lungo le coste mediterranee e riempire le imbarcazioni di schiavi cristiani non era più sufficiente. Dopo aver preso la Roma d’Oriente era giunto il momento di piantare le bandiere verdi dell’Islam nei Balcani e da qui partire per avvicinarsi a Roma. È in questo scenario che il Conquistatore prepara dall’Albania lo sbarco della flotta della Mezzaluna sulle coste pugliesi. È il 28 luglio 1480. Provenienti dal porto albanese di Valona quasi 20.000 turchi a bordo di 90 galee e 48 galeotte mettono piede sul litorale salentino, nella zona chiamata Baia dei Turchi, scaricando dalle navi 1600 pezzi di artiglieria tra cui centinaia di bombarde, armi, munizioni e viveri. All’interno delle mura di Otranto meno di 10.000 abitanti, pochi quelli armati, attendono l’assalto degli ottomani guidati dall’ammiraglio dell’Impero Gedik Ahmed Pascià, un rinnegato greco o albanese, detto “lo sdentato”, il cui piano era molto ambizioso. Non si fermava infatti alla conquista della Puglia ma prevedeva uno sbarco a Napoli, in Sicilia e in Sardegna per poi puntare a Roma. In sostanza voleva impadronirsi di gran parte della penisola. Le difese di Otranto sono deboli e vengono facilmente sfondate dai colpi dell’artiglieria turca. La piccola guarnigione aragonese, a protezione della cittadina, si ritira appena si rende conto della potenza di fuoco dell’armata di Costantinopoli. Il 10 agosto i turchi sono già dentro le mura di Otranto e il muezzin sale in cima al campanile per chiamare i musulmani alla preghiera.

Ahmed Pascià ordina di rastrellare tutti i superstiti maschi di età superiore ai 15 anni mentre le donne e i bambini sono ridotti in schiavitù. Il 13 agosto Otranto è un mucchio di cadaveri e rovine. Diecimila otrantini muoiono combattendo e alcune migliaia, in fuga, vengono uccisi per le vie della cittadina pugliese o fatti prigionieri e ridotti in schiavitù. La tragedia di Otranto è diventata leggenda per il valore con cui gli otrantini difesero la loro città e per il coraggio con cui respinsero la capitolazione chiesta dal nemico gettando in mare le chiavi della città. La rocca sta per soccombere e gli aiuti non arrivano dall’Europa, né da sovrani né da prìncipi e neppure dai veneziani che invece appoggiano segretamente le operazioni militari dei turchi. All’interno del Duomo, che verrà usato dai turchi come stalla per il bestiame, avviene uno dei massacri più orrendi della conquista. In cattedrale trovano rifugio molti superstiti come l’anziano vescovo Stefano Pendinelli che viene sgozzato sull’altare della chiesa insieme ad altri religiosi e a molti civili. Il 14 agosto, vigilia dell’Assunta, si consuma l’atto più agghiacciante della vicenda: ottocento prigionieri cristiani vengono condotti sul colle della Minerva e decapitati su una lastra di pietra… “contarono i primi cinquanta, fra cui capitai anch’io, e ci avviarono al colle della Minerva, in file di cinque, legati alle corde. C’era un grande silenzio. Arrivati sullo spiazzo ci fermammo. Il Pascià sedeva alla turca su un tappeto rosso davanti al padiglione, la mezzaluna d’oro sulla berretta, il boia era pronto. Allora alzai gli occhi e vidi una grande luce su tutta la campagna e gli oleandri che slungavano i rami nel cielo, bianchi e rossi. Quegli oleandri del colle furono l’ultima cosa che vidi in vita mia. Chi l’avrebbe mai detto (dal romanzo di Maria Corti “L’ora di tutti”, 1962, in cui ogni racconto è narrato in prima persona dai vari protagonisti della battaglia di Otranto). Oggi quel colle si chiama la “collina dei Martiri”, nella parte alta della cittadina, dove si trova un tempio a ricordo di quella tragedia.

Decisero di farsi decapitare piuttosto che arrendersi e pagare la tassa di “protezione” come sudditi o convertirsi all’Islam rinnegando la propria fede. I loro cadaveri furono lasciati insepolti per un anno, fino all’estate del 1481, quando Otranto fu riconquistata dalle forze cristiane e i loro corpi degnamente sepolti. Non fu una passeggiata la riconquista di Otranto. Dopo vari tentativi e mesi di preparazione la cittadella salentina fu ripresa dagli Aragonesi, guidati da Alfonso d’Aragona, figlio di Ferdinando, re di Napoli. Sfruttando la notizia della morte improvvisa di Maometto II e delle rivalità scoppiate tra i suoi due figli, Bayezid e Cem, gli aragonesi ebbero la meglio sul corpo di spedizione ottomano, indebolito da un anno di permanenza in terra pugliese. Ma come sostengono alcuni storici, la riconquista di Otranto fu possibile anche grazie ad una specie di “guerra batteriologica”. Sulle teste dei turchi assediati in città e privi del loro capo Ahmed Pascià, gli aragonesi lanciarono carcasse di animali infetti ed escrementi di ogni genere diffondendo la peste e convincendo così i musulmani ad arrendersi. Nel 1539 Papa Paolo III avviò il processo canonico per assegnare agli Ottocento “decollati di Otranto” lo stato giuridico di santi. Ma si dovranno attendere oltre due secoli prima che nel 1771 Papa Clemente XIV li dichiari beati per poi autorizzarne il culto. Il 12 maggio 2013 gli 800 otrantini trucidati sul colle della Minerva sono stati canonizzati da Papa Francesco, secondo quanto aveva già annunciato Benedetto XVI a febbraio dello stesso anno.

Filippo Re

 

Dopo le ferie torna la “Festa dei vicini” per socializzare in condominio

“Prima di scegliere una casa nuova scegli il nuovo vicino” (proverbio arabo)

Per l’undicesimo anno consecutivo la Città di Torino e l’Agenzia Territoriale per la Casa aderiscono alla rete dei partecipanti alla Giornata Europea dei Vicini: l’appuntamento torinese è fissato per sabato 16 e domenica 17 settembre. Nata nel 1999 nel 17° Arrondissement di Parigi, su iniziativa di Atanase Périfan e dell’associazione Paris d’Amis, la Giornata Europea dei Vicini è promossa dall’associazione European Neighbour’s Day ed è un appuntamento ormai consolidato, che si prefigge di contrastare l’isolamento e l’individualismo che troppo spesso caratterizzano i quartieri e i condomini delle grandi città. I numeri sono importanti: 20 milioni di partecipanti, distribuiti in 36 Paesi, 1400 partner. In Italia, la Festa è patrocinata da Anci e Federcasa, l’associazione nazionale degli enti di edilizia sociale.

Un patto per il rilancio dell’Europa

La proposta di rilancio del progetto europeo mediante l’istituzione di un Bilancio separato dell’Eurozona, con la nomina di un Ministro del Tesoro europeo (nell’ambito della Commissione), è stata ripresa da molti think-tank europei, da autorevoli economisti e dallo stesso Presidente Macron, e va sostenuta con convinzione.

Ma la necessità di raggiungere l’unanimità tra gli Stati membri dell’UE, la complessità dei meccanismi decisionali dell’Unione, le reazioni nazionalistiche in molti Stati e quelle dei cittadini (spesso provocate da interessati agitatori) di fronte al fenomeno migratorio, allontaneranno nel tempo ogni buon proposito che sottragga potere agli Stati per rafforzare il ruolo della Commissione. Mentre il processo di unificazione europea richiede risultati in tempi brevi, che vadano incontro alle aspettative dei cittadini.Fermi restando gli obbiettivi a medio termine, si può sperare, dopo le elezioni in Germania, nella stipula tra gli Stati più avanzati dell’Eurozona di un “Patto per l’Europa” che adotti una serie di provvedimenti da realizzare immediatamente, con strumenti nazionali, per avviare a soluzione quei problemi comuni che affliggono, in misura diversa, tutti gli Stati europei e che sono ostacolati dalla mancanza di risorse finanziarie aggiuntive, necessarie allo scopo.

 

Si dovrà, in sostanza, utilizzare la farina del diavolo (gli accordi intergovernativi) per migliorare la cooperazione tra gli Stati partecipanti e rendere possibile la progressiva istituzione del bilancio separato dell’Eurozona, per ambire poi a obbiettivi più ambiziosi (che rimangono il vero scopo dei federalisti), su alcuni temi fondamentali.Sicurezza interna ed esterna – Va ribadita l’adesione al programma dell’Alto Rappresentante Federica Mogherini per quanto riguarda la creazione di un servizio integrato di “intelligence” europeo, la costituzione di un consistente Eurocorpo, con partecipazione diretta dell’Italia, nel quadro di misure organiche di difesa comune attraverso lo strumento principe, previsto dal Trattato di Lisbona, della cooperazione strutturata permanente. Sviluppo economico e lotta alla disoccupazione – Fatta salva la necessità di rispettare le norme del Fiscal Compact, realizzando il riequilibrio del disavanzo di bilancio, secondo le indicazioni della Commissione (avviando, progressivamente, la riduzione del debito pubblico), maggiori risorse europee per investimenti, accanto ai proventi da attivare con un’adeguata “spending review” e un’agguerrita lotta all’evasione fiscale, faciliterebbero gli Stati più in difficoltà a far fronte ai loro impegni.

 

È inoltre necessaria una forte riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle imprese produttive europee e sul lavoro dipendente, riducendo il “cuneo fiscale” (troppo elevato in tutti i Paesi UE e in particolare in Italia). Si migliorerebbe così la produttività del lavoro, dando fiato alla domanda interna di beni e servizi, ormai asfittica per mancanza di capacità di spesa e per la crisi di fiducia nei cittadini. In Italia una riduzione del cuneo fiscale compresa tra 8/10 miliardi di euro, all’anno, sosterrebbe adeguatamente la ripresa economica in atto e la domanda interna. Non si può prescindere dall’aumento sia degli investimenti pubblici e privati nel settore delle infrastrutture, nell’innovazione tecnologica, nella formazione del capitale umano, nella produzione di beni pubblici sia degli investimenti necessari per un Piano Marshall europeo per l’Africa, diretto a stimolare nei Paesi africani uno sviluppo endogeno, per raffreddare le spinte migratorie e stabilire con essi nuove relazioni, su un piano di parità. Esistono già il Fondo europeo per gli investimenti strategici del Piano Juncker, lo European Emergency Trust Fund for Africa e il Piano europeo per gli investimenti esterni (recentemente istituito), gestiti dalla Commissione, tramite la Banca Europea degli Investimenti, e sotto il controllo, democratico, del Parlamento europeo. Dotati di adeguate risorse, possono essere segmenti del futuro bilancio separato dell’Eurozona.

 

Lotta al riscaldamento climatico – Dopo le dichiarazioni di Trump di volersi sottrarre agli accordi di Parigi sulla riduzione del riscaldamento climatico è necessario che l’UE, come dichiarato da molti suoi leader, accentui i suoi impegni, assumendo ancora una volta la funzione di guida nella difesa dell’ambiente che le è stata unanimemente riconosciuta (a partire dal Summit di Rio de Janeiro e dal Rapporto Brundtland). Tutti gli indicatori sulla salute ambientale del Pianeta portano a considerare che l’evoluzione del clima medio terrestre e le sue conseguenze siano ancora peggiori di quelle assunte dall’ONU a Parigi ed evidenziate in passato dai climatologi dell’IPCC.

Nonostante la riduzione del prezzo del barile di petrolio verificatosi nel 2016/2017, con l’introduzione di una carbon tax il sorpasso nella convenienza nei costi di produzione di energia “pulita” rispetto a quella di origine fossile, sarebbe netto e indiscutibile. Facendo rientrare, progressivamente, negli introiti programmati il gettito addizionale proveniente dai settori ancora soggetti a ETS (Emissions Trading System), il gettito complessivo potrebbe oscillare per i paesi dell’Eurozona da circa 126 miliardi a 150 miliardi all’anno.

 

Deve essere richiesta, poi, l’istituzione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie e modificata l’imposizione sui proventi delle compagnie informatiche (quali Google, Facebook, Apple, ecc.) ora prevalentemente basati sul luogo di residenza del soggetto o della sua stabile organizzazione invece che sul luogo di origine dei ricavi, riguardanti beni immateriali. Si tratta di realizzare una consistente riduzione progressiva, in un arco pluriennale, dell’imposizione diretta sulle imprese produttive e sui lavoratori dipendenti per trasferire il carico fiscale sulle imposte indirette, di consumo dei carburanti, sulla speculazione finanziaria e sui prodotti realizzati nell’economia digitale, fino ad ora sottratti a tassazione. A fronte di una consistente detassazione di legittimi profitti delle imprese e dei salari, il cittadino sopporterebbe un modesto rincaro del prezzo della benzina alla pompa (stimabile in 10 centesimi di euro al litro) e nel costo dell’energia, destinato a ridursi per la maggior efficienza ed economicità degli impianti. Ritengo quindi possibile un “Patto per l’Europa” tra un gruppo di paesi dell’Eurozona – con funzione di “magnete” per gli altri – realizzabile mediante normative nazionali, ma coordinate, aventi lo stesso contenuto o contenuto analogo (ad esempio, la carbon taxintrodotta nell’ordinamento nazionale potrebbe tenere conto del diverso carico sulle accise già esistenti). Dette misure avrebbero un orientamento europeo, finalizzato alla realizzazione di un Bilancio separato dell’Eurozona, da istituire non appena le condizioni socio-politiche lo consentiranno.

 

 

Roberto Palea

*Membro del Consiglio Direttivo e già Presidente del Centro Studi sul Federalismo

Da Colleretto al Nasdaq

Da Colleretto Giacosa, piccolo centro delle Terre del Chiusella alla “Grande Mela”, New York, il passo è sicuramente grande ma non impossibile. O almeno pare. Alle 22 di un giovedì di luglio  è suonata la campanella di chiusura della Borsa di New York, in una giornata che ha segnato l’ingresso ufficiale tra le nuove aziende quotate al Nasdaq di Sienna Biopharmaceuticals, una delle più giovani e promettenti realtà americane in ambito dermatologico, che in squadra ha anche la forza di un know how tutto italiano.

I laboratori di ricerca dell’azienda californiana hanno infatti base al Bioindustry Park di Colleretto Giacosa, parco scientifico a pochi km da Ivrea specializzato nelle scienze della vita. Qui è stata messa a punto Topical by design, tecnologia all’avanguardia per diminuire gli effetti collaterali dei farmaci dermatologici. La piattaforma permette infatti di concentrarne l’effetto a livello epidermico, evitando che vadano in circolo nel sangue. Un’innovazione assoluta nel settore, che Sienna ha fatto sua nel dicembre scorso acquisendo per 150 milioni di dollari Creabilis, azienda specializzata nello sviluppo di terapie per infiammazioni diffuse della pelle (come psoriasi e dermatite atopica), che nei laboratori del Bioindustry Park ha sviluppato e continua a portare avanti la ricerca.

«Siamo molto orgogliosi sottolineano Fiorella Altruda, presidente di Bioindustry Park, e Alberta Pasquero, amministratore delegato  – perché il know-how che sostiene la crescita di questo progetto ha forti radici in Italia.”  Gli investimenti generati dalla quotazione in borsa supporteranno i prossimi passi della ricerca, a cominciare da un nuovo test sulla molecola SNA 120, che punta alla definizione del primo farmaco topico al mondo contro il prurito. Verrà poi testata sull’uomo la molecola SNA 125, rivolta alla cura della psoriasi e della dermatite atopica. Parallelamente verrà portato avanti lo studio finale di un trattamento laser dell’acne, un’innovazione tra le più avanzate al mondo che usa nanoparticelle d’argento sulla pelle da trattare per potenziare l’efficacia del laser.

 

Massimo Iaretti

 

I DOCENTI DEL POLI SCIOPERANO. ANCHE PER I FONDI ALLA RICERCA E AL DIRITTO ALLO STUDIO

“Agli studenti assicuriamo il recupero degli esami e delle sessioni di laurea”
Lo sciopero dei docenti del Politecnico di Torino, con l’adesione di 255 professori, che hanno sottoscritto il documento di protesta, e’ incominciato oggi con un’assemblea. “Agli studenti assicuriamo il recupero degli esami e delle sessioni di laurea”, spiega all’Ansa Carlo Ferraro, professore di Motori Termici per trazione che ha raccolto 23mila firme dando inizio alla mobilitazione nazionale. I professori non chiedono soltanto lo sblocco degli scatti d’anzianità, ma un piano organico di assunzioni, finanziamenti alla ricerca e miglioramento del diritto allo studio. “Se
l’università italiana in questi anni è andata avanti tanto da piazzarsi all’ ottavo posto nelle classifiche mondiali – ha aggiunto Ferraro – è un miracolo italiano grazie al suo personale, docenti, tecnici-amministrativi. Questa è una ricchezza che il Paese non deve perdere, invece stanno facendo di tutto per perderla”.

Sessantacinquenne torinese investito sulle strisce: gravi le sue condizioni

L’uomo è stato investito da una coppia di pensionati. Il marito, che era alla guida dell’auto, ha dichiarato alla polizia municipale di non aver visto il pedone.

Alle 11e30 di questa mattina, un uomo di 65 anni è stato investito in via Santa Teresa all’angolo con Piazza Solferino. L’uomo è rimasto gravemente ferito ed è stato immediatamente trasportato all’ospedale in codice rosso. Il pedone stava attraversando la strada sulle strisce pedonali quando una Fiat punto, guidata da un pensionato e con a bordo la moglie, ha investito l’uomo prendendolo in pieno. L’incrocio è regolato da un semaforo quindi gli agenti intervenuti sul posto in queste ore stanno cercando di capire chi tra il pedone e la macchina avesse la precedenza. Via Santa Teresa è rimasta chiusa per permettere alla squadra infortunistica della municipale di fare i dovuti rilievi; intanto l’uomo versa ancora in gravi condizioni ma sembrerebbe essere fuori pericolo di vita.