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Giornalismo investigativo: i vincitori del Premio Morrione

GIORNALISMO: L’INCHIESTA “SULLA LORO PELLE” VINCE L’UNDICESIMA EDIZIONE DEL PREMIO ROBERTO MORRIONE PER IL GIORNALISMO INVESTIGATIVO E IL PREMIO LIBERA GIOVANI

PREMIO BAFFO ROSSO A FRANCESCO ZIZOLA

TESTIMONE DEL PREMIO ROBERTO MORRIONE A CHIARA CAZZANIGA

30 ottobre 2022- Ha vinto l’undicesima edizione del Premio Roberto Morrione per il giornalismo investigativo l’inchiesta “Sulla loro pelle” di Marika Ikonomu, Alessandro Leone, Simone Manda, che ha investigato l’opacità della gestione privata dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio e le ripercussioni sui diritti basilari delle persone migranti. Tutor giornalistico: Sacha Biazzo, giornalista di Fanpage.it

MOTIVAZIONE DELLA GIURIA: L’inchiesta “Sulla loro pelle” dà voce agli ultimi con equilibrio e forza narrativa attraverso immagini e testimonianze, con maturità professionale e attenzione al linguaggio visivo e narrativo. Un lavoro toccante, di attualità, sempre più necessario, che tiene accesa l’attenzione su un tema, quello dei Centri di Permanenza per i Rimpatri, veri e propri luoghi di detenzione di cui si parla sempre troppo poco. TRAILER DELL’INCHIESTA VINCITRICE https://youtu.be/hb5XBVFUzDY

A “Sulla loro pelle” va anche il Premio Libera Giovani, assegnato dagli studenti e dalle studentesse dell’Istituto J.B. Beccari, ai quali sono state presentate in anteprima le inchieste finaliste durante un incontro organizzato con Libera Piemonte.

Sono arrivate in finale: la video inchiesta “Ipossia Montana” di Cecilia Fasciani, Andrea Giagnorio, Sofia Nardacchione che racconta i legami tra spopolamento dell’Appennino bolognese, mafie e fondi del PNRR, tutor Cataldo Ciccolella e Giulio Valesini; inchiesta multimediale “Scatole Cinesi” di Margherita Capacci, Ludovica Meacci, Sofia Turati sui tentativi di ingerenza del Partito comunista cinese in Italia, tutor Francesco Piccinini; l’inchiesta video “Colpo di Lusso in Birmania” di Francesco Boscarol, Ludovica Iacovacci, Priscilla Ruggiero sul commercio di teak e pietre preziose birmane che arrivano in Italia nonostante le sanzioni, tutor Maria Cuffaro; il radio – podcast “Sotto gli occhi di tutti” di Francesco Tedeschi sulle connessioni tra lo sviluppo della chimica nazionale e l’inquinamento chimico in Piemonte, tutor Arcangelo Ferri.

Durante la serata il fotografo Francesco Zizola ha ricevuto il Premio Baffo Rosso 2022 con la seguente motivazione: “Nella sua carriera ha abbracciato percorsi fotografici differenti sempre con l’intento tipico del lavoro giornalistico di indagare la realtà e riportarla nelle sue contraddizioni più profonde o a volte nella sua semplice manifestazione, che sia drammatica o sorprendente. Un mondo raccontato con grande umanità e passione per il pianeta intero. La sua fotografia porta il segno di una scelta etica e professionale, e di un percorso di approfondimento, di inchiesta e di sperimentazione. In ogni suo scatto si trovano intuizione e accuratezza, sensibilità e profondità, tratti distintivi che sono divenuti negli anni esempio per giovani generazioni di reporter.”

La giornalista Chiara Cazzaniga ha ricevuto il riconoscimento “Testimone del Premio Roberto Morrione” con questa motivazione: “Professionista capace di illuminare gli angoli bui della cronaca senza mai abbandonare la passione per la verità, con una grande empatia e attenzione alla storia delle persone. Spinta da uno spirito investigativo tenace e scrupoloso e senza mai lasciare nulla al caso, il suo lavoro di inchiesta è stimolo concreto per i giovani che vogliono affrontare la carriera di giornalista. Una menzione speciale merita il suo lavoro investigativo svolto sul caso Alpi-Hrovatin che ha portato alla riapertura del processo e alla conseguente scarcerazione di Hashi Omar Hassan.”

La Giuria del premio, riservato agli under30, è presieduta da Giuseppe Giulietti e composta da Luca Ajroldi, Paolo Aleotti, Piero Badaloni, Giuliano Berretta, Giulia Bosetti, Valerio Cataldi, Francesco Cavalli, Chiara Cazzaniga, Giovanni Celsi, Enzo Chiarullo, Marco Damilano, Giovanni De Luca, Amalia De Simone, Antonio Di Bella, Alessandro di Nunzio, Lorenzo Di Pietro, Mara Filippi Morrione, Lorenzo Frigerio, Alessandro Gaeta, Diego Gandolfo, Duilio Giammaria, Gian Mario Gillio, Antonella Graziani, Karina Guarino Laterza, Celia Guimaraes, Udo Gümpel, Stefano Lamorgese, Francesco Laurenti, Dina Lauricella, Elisa Marincola, Flaviano Masella, Anna Migotto, Giorgio Mottola, Fausto Pellegrini, Raffaella Pusceddu, Alessandro Rocca, Luca Rosini, Federico Ruffo, Sandro Ruotolo, Mario Sanna, Giorgio Santelli, Pietro Suber, Giovanni Tizian, Maurizio Torrealta, Andrea Vianello.

La serata è stata condotta da Marino Sinibaldi, presidente del Centro per il Libro e per la lettura.

LA RETE DEL PREMIO ROBERTO MORRIONE

Il Premio Roberto Morrione per il giornalismo investigativo è promosso dall’associazione Amici di Roberto Morrione in collaborazione con la Rai, con il contributo di Otto per Mille della Chiesa Valdese, Fondazione Crt, Compagnia di San Paolo, Fondazione Circolo dei lettori, Federazione Nazionale della Stampa Italiana, UsigRai, IND-International Network Distribution, Ordine Nazionale dei Giornalisti, Ordine dei Giornalisti del Piemonte, Associazione della Stampa Subalpina. Il Premio è realizzato in partnership con ANMIL -Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro, Articolo21, Carta di Roma, Euganea Film Festival, Eurovisioni, Italian Contemporary Film Festival-Toronto, Fiera del Libro di Iglesias, I Siciliani, Libera Associazioni Nomi e Numeri Contro le Mafie, Libera Piemonte, OGR Torino, Osservatorio di Pavia, Premio Città di Sasso Marconi, Scuola di giornalismo Lelio Basso, Trame Festival, UCSI. Sono media partner Agenzia Dire, Domani, Fanpage.it, Libera Informazione, Riforma.it, Radio Beckwith, ToRadio, Corriere della Sera Torino, La Repubblica Torino, La Stampa Torino. Si ringraziano Rai News 24, RAI Italia, RAI Radio 1, RAI Radio 3, TGR, Rai Per la Sostenibilità, Rai Teche.

Per maggiori info: http://www.premiorobertomorrione.it

Dematteis presidente di Vol.To Ets

IL CENTRO SERVIZI PER IL VOLONTARIATO DI TORINO E PROVINCIA “DOPO OLTRE 50 ANNI DI VOLONTARIATO, QUESTA È UN’ALTRA SFIDA CHE VOGLIO VIVERE”

Venerdì 28 ottobre l’Assemblea Elettiva dei Soci ha rinnovato le sue cariche sociali: i Vicepresidenti sono Gerardo Gatto (vicario), Francesca Bisacco, Stefano Lergo
e Maria Luisa Reviglio Della Veneria
Luciano Dematteis è il nuovo Presidente del Centro Servizi per il Volontariato Vol.To ETS, Gerardo Gatto è stato eletto Vicepresidente Vicario; Stefano Lergo, Francesca Bisacco e Maria Luisa Reviglio Della Veneria sono gli altri Vicepresidenti. Sono queste le nomine del nuovo Consiglio Direttivo, votato ieri sera in occasione dell’Assemblea Elettiva dei Soci svoltasi al Teatro San Giuseppe a Torino (presenti 100 soci su 144 aventi diritto), chiamata a rinnovare le cariche sociali.
I 15 eletti al Consiglio Direttivo sono Marco Bani, Francesca Bisacco, Francesco Cuoco, Onofrio Di Gennaro, Maria Teresa Wally Falchi, Giovanni Ferrero, Gerardo Gatto, Stefano Lergo, Silvio Magliano, Silvia Meacci, Stefano Meneghello, Maria Luisa Reviglio Della Veneria, Vincenzo Sciortino, Vilma Soncin. Emanuela Glerean e Andrea Toffoletto sono stati confermati per acclamazione come revisori dei conti.

Luciano Dematteis, nato a Torino nel 1942, già Vicepresidente Vicario e Vice Presidente Centro Servizi Volontariato Torino Vol.To dal 2015, una vita spesa nel mondo del Volontariato, è stato anche Presidente e Vice Presidente Nazionale ANPAS dal 1994 al 1996, Presidente e Consigliere Comitato Piemontese ANPAS dal 1996 al 2011, Presidente Centro Servizi per il Volontariato UNIVOL dal 2000 al 2002 e Presidente Centro Servizio Volontariato Idea Solidale dal 2003 al 2014.

Luciano Dematteis, appena eletto nuovo Presidente del CSV Vol.To ETS, ha così voluto commentare l’incarico: “Il mio è un ritorno, ma questa che inizia è completamente una nuova esperienza. A differenza del periodo inziale, adesso quello dei Centri Servizio è un lavoro fatto dal volontariato: non si improvvisa più come capitava un tempo. Oggi è prioritario operare in conformità alle leggi e, soprattutto, è necessario operare perché le nostre attività favoriscano coloro a cui i soldi sono destinati. E poi bisogna essere sempre più attenti ai fondi, cercandone possibilmente anche di nuovi per dare sempre più servizi. Questa carica mi riempie di orgoglio: dopo più di 50 anni di volontario è una sfida che voglio ancora vivere”.

 

Quando al lavoro manca l’etica

Chi abbia almeno la mia età ricorderà senz’altro i consigli dei più anziani, secondo i quali un lavoro andava finito a regola d’arte, occorreva un certo modo di rapportarsi con il committente (o con il cliente se si trattava di vendita). Il guadagno era si determinante ma non era l’unico fattore da considerare.

Purtroppo l’acquisizione di culture che non ci appartengono in materia di economia, di imprenditoria, di organizzazione del lavoro hanno portato ogni settore dell’attività umana a uniformarsi, dovendo ognuno rendere conto solo a tabelle impersonali, schemi predisposti spesso da chi non svolge quell’attività (e, forse, nessun’altra); l’aumento smisurato del ricorso al volontariato ha poi dato il colpo di grazia all’etica.

Mi spiego meglio: ogni professionista, ogni dipendente, ogni artigiano ha diritto alla giusta ricompensa per le attività svolte, su questo non ci sono dubbi. Così come il committente ha diritto a vedersi consegnare una prestazione o una merce corrispondente alla richiesta, del valore pattuito, rispondente ai requisiti di legge se vi siano, durabile nel tempo tipico di quel prodotto.

A quanti di voi è capitato che un lavoro consegnato abbia manifestato in breve tempo difetti che non erano visibili alla consegna? O che, ad un’analisi più accurata, risultasse che erastato realizzato con materiali più scadenti, utilizzando tecniche meno costose, ecc?

Nei casi limite subentra l’aspetto penale perché si parla di vera e propria frode, se non addirittura di truffa ma nei casi più semplici è la mancanza di etica del professionista ad aver fatto la differenza.

Ricordo ancora, quand’ero bambino, che il medico dei miei nonni passava o telefonava anche al sabato o alla sera per sapere se fossero arrivati gli esiti di un esame o se il farmaco prescritto stesse producendo gli effetti attesi; così facendo soddisfaceva due fattori: incrementava la sua esperienza, verificando se la sua diagnosi fosse stata corretta, se i farmaci prescritti fossero stati adatti  per quella patologia e, non meno importante, curava quella che dovrebbe essere, nei medici ed in altre professioni, il motivo principale della scelta: la passione per quel lavoro.

Quanti casi di malasanità si verificavano all’epoca e quanti ora?  Quando esistevano le casse mutua (MALF, INAM, INADEL, ecc) ogni cassa mutua sceglieva i propri medici, l’ambito era più ristretto rispetto a quello attuale di un’intera regione, ed il codice paziente era prioritario rispetto all’IBAN della struttura.

Ora si è solo dei numeri, che non devono consumare più di un tot, altrimenti non si ha più diritto alla terapia: è successo ad un mio parente, affetto da amiloidosi (malattia degenerativa incurabile a carico del cuore), al quale la Regione Piemonte ha sospeso la cura perché con quanto avrebbe speso per lui si sarebbero potuti curare altri pazienti per altre patologie. Però le tasse le versiamo tutti indipendentemente dalle prestazioni che (non) ci erogheranno.

E che dire di artigiani che lavorano in modo approssimativo, utilizzando materiali di scarto facendoli pagare per buoni o dei commercianti di auto che ritoccano al ribasso i chilometri percorsi?

Quando si pensa al malcostume sul lavoro il pensiero corre agli enti pubblici, perché è maggiormente grave la colpa di chi sbaglia, ma anche nelle aziende private non mancano episodi consueti di scorrettezza: la giustificazione è che pochi euro sono niente in confronto al fatturato dell’azienda.

Se modifichi (ed è un reato) i chilometri dell’auto che vendi, prima o poi qualcuno se ne accorgerà (un bravo meccanico sa valutare anche l’usura degli organi in movimento per determinare l’utilizzo di un veicolo) e, se sei il titolare dell’autosalone rischi di chiudere.

Mi viene in mente un allievo che incontrai nella Casa circondariale di Torino: veniva arrestato 1-2 volte l’anno per furto di autoradio; siccome fu lui a parlarmene osai iniziare un discorso in merito. Gli chiesi se avesse mai calcolato, tra quanto guadagnava da ogni autoradio (20 euro all’epoca) e quanto gli costava un avvocato, se fosse davvero proficua come attività? Lo mandai in crisi, perché non si era mai fatto quei calcoli.

L’etica nello svolgimento delle proprie mansioni, però, dev’essere innanzitutto un qualcosa che parte da sé stessi, in chi fa, non un esame che chi riceve effettua al prestatore di opera.  Quando faccio una cosa, quando realizzo un manufatto dev’essere realizzato a regola d’arte, non realizzato alla carlona perché “tanto, chi se ne accorge? “.

Quando anni fa collaborai con l’Opus Dei per un progetto, conobbi gli insegnamenti di Josemaria Escrivà de Balaguer che insegnava a santificare la vita di tutti i giorni, ad essere corretti sempre, sul lavoro come in casa: se sono dipendente di un’azienda non devo fare fotocopie, telefonate (anche se ora sono comprese nel canone) o usare il pc per pratiche private, anche se economicamente il danno è lieve, o portarmi a casa le penne a sfera perché “ce ne sono tante”.

Allo stesso modo un elettricista non deve risparmiare sul diametro dei cavi per guadagnare qualcosa in più, perché dalla sua condotta potrebbe scaturire un pericolo per gli utenti di quell’impianto.

Purtroppo, in una società dove pare valere più chi sa usare la furbizia rispetto alla perizia, tali atteggiamenti sono non soltanto accettati ma quasi incentivati.

Come ho avuto modo di dire in alcune mie conferenze, e come scrivo nel mio libro “Ventiquattro sfumature di vita” è necessariodistinguersi dagli altri, non sentirsi inferiori perché nella nostra onestà siamo una mosca bianca, distinguersi perché ognuno di noi è diverso dagli altri, con le proprie peculiarità.

Sergio Motta

Guerra e pace, intervista all’analista Paolo Magri (Ispi)

C’è spazio per la pace?

“Non è un momento in cui le ragioni della pace hanno molto spazio, credo certamente alla pace, ma fotografo con realismo una fase in cui si parla più di armi che di disarmo, si parla più di guerra che di negoziato ma non dobbiamo smettere di crederci e rimanere idealisti con i piedi per terra e realisti senza sprofondare nel cinismo”. È pessimista Paolo Magri, vicepresidente e direttore dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, analista e noto opinionista televisivo su scenari globali, politica estera americana, Medio Oriente e terrorismo. È pessimista ma lascia aperta la porta alla speranza quando si rivolge ai giovani del Sermig che l’hanno invitato a discutere sul tema “Le ragioni della pace”, una serie di incontri promossi dall’Università del Dialogo.
D Gli scenari di crisi che spaventano il mondo, in particolare la guerra in Ucraina, riecheggiano con forza proprio al Sermig, una vecchia fabbrica di armi che negli anni Ottanta migliaia di persone hanno trasformato in Arsenale della Pace, in un luogo di incontro e di dialogo
R Dobbiamo essere onesti, stiamo vivendo una stagione di grande riarmo, l’obiettivo finale è chiaro, basta vedere il riarmo della Germania e della Gran Bretagna e la stessa Italia si pone il problema di riarmare. L’Europa parla di esercito europeo, il dibattito da mesi è su questo, parliamo di rinascita della Nato e di sviluppo della difesa europea, ma tutto ciò non sarà possibile perché non abbiamo abbastanza denaro da investire nella difesa nei prossimi anni
D  E poi c’è una grave crisi economica mondiale, le prospettive non sono rosee
R Il clima è davvero cupo. I grandi economisti del mondo riuniti di recente a Washington hanno detto che l’ora più buia deve ancora arrivare nell’economia per le tensioni internazionali nel mondo e per il concatenarsi delle crisi che avvolgono il pianeta. Si fa una grande fatica in questo momento a parlare e a pensare alla pace perché siamo nel pieno della tragedia ucraina nel cuore dell’Europa senza tralasciare il fatto che ci sono tante altre guerre in corso nel mondo, con un Medio Oriente in perenne fibrillazione, dalla Siria allo Yemen e alle guerre africane
D È un momento molto complicato…
R Lo stesso Papa ha parlato più volte di guerra mondiale a pezzi con tutti in conflitti ancora in corso e oggi c’è una guerra in più in cui, da una parte, c’è una potenza nucleare che attacca un Paese indipendente e dall’altra parte ci sono la Nato e l’Europa che armano il Paese aggredito e quindi in qualche modo sono in guerra contro la Russia che ha attaccato l’Ucraina con il rischio di una guerra nucleare per cui le ragioni della pace vanno sottolineate con più forza e con un po’ di ottimismo
D Un’altra guerra, dove sono finite le Nazioni Unite?
R L’Onu, in modo clamoroso, ma non è questa la prima volta, interviene solo sulla questione del grano e dei cereali, dimostrando tutta la sua impotenza nell’imporre la pace tra i belligeranti e lasciando a uno come Erdogan, non proprio così affidabile, il ruolo di mediatore tra le parti
D Ma è giusto armare l’Ucraina?
R Una guerra di aggressione è immorale, ha detto il Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin, “chi è aggredito ha il dovere di organizzare la difesa anche usando le armi ma il ricorso alle armi non provochi però mali e disordini più gravi”. Secondo il cardinale Parolin quindi armare gli ucraini è giusto ma la sua è una posizione un po’ diversa da quella del Papa che non ha mai negato il diritto degli ucraini a difendersi ma ha sottolineato con forza l’importanza di arrivare a una soluzione pacifica e a tenere una posizione più equilibrata tra russi e ucraini nonostante tutto
D C’è la guerra, un giorno tornerà la pace ma resteranno le conseguenze del conflitto Ucraina
R Una Russia anche clamorosamente sconfitta potrebbe continuare a creare problemi in nord Africa e in Medio Oriente. Sperando ovviamente che una terza guerra mondiale sia da escludere malgrado i folli pensieri atomici di Putin, uno scenario probabile potrebbe essere una seconda guerra fredda con un mondo nuovamente diviso tra blocchi, da un lato le democrazie e dall’altro i sistema non democratici. Quindi un mondo più regionalizzato anche a livello economico e non globalizzato dove si fanno affari con tutti.
                                       Filippo Re

Una giornata a Biella artigiana

Entriamoinbottega! 

 Sabato 5 novembre: tradizione e innovazione in un distretto a vocazione creativa

Dopo Dogliani che ha aperto i Fatti a mano Tour fuori Torino, ecco la proposta molto articolata di un tour che ci porta in un territorio ad altissima e antica tradizione artigianale, Biella e dintorni. Una tradizione di eccellenza legata alle caratteristiche del territorio che dal noto campo tessile si è andato allargando ad altri prodotti mantenendo inalterate le caratteristiche di tenacia, originalità, visione del futuro, rispetto dell’ambiente. Tutto questo apprenderemo insieme sabato 5 novembre in una giornata che siamo certe lascerà il segno.  

Programma

Ore 7,30 – punto di ritrovo in Corso Bolzano e partenza con Bus turistico e accompagnatore

Ore 9,30arrivo in Biella. Visita del laboratorio e punto di vendita Calzificio di Barbera Sandro & figli

Ore 11spostamento a Sagliano Micca con ingresso e visita guidata esclusiva del Cappellificio Cervo

Ore 13 pranzo

Ore 14,30/15 partenza per Trivero

Ore 15,30 – ingresso e vista guidata del Lanificio Ermenegildo Zegna, porta di accesso dell’Oasi Zegna

Ore 17 – ripartenza per Torino con arrivo previsto intorno alle ore 19

Quota a persona: 80 euro (su base 20 adesioni)

Nella quota di partecipazione sono previsti i seguenti servizi:

Bus turistico per transfer andata e ritorno

Accompagnatore

Assicurazione sanitario /bagaglio

– Visita del Calzificio Andrea Barbera & figli

– ingresso e visita guidata esclusiva del Cappellificio Cervo

– Pranzo (da segnalare eventuali intolleranza, allergie o         esigenze alimentari)

– Ingresso e vista guidata del Lanificio Zegna presso l’Oasi Zegna

La quota non comprende tutto quanto considerato extra rispetto al programma

Per info

Organizzazione tecnica ONEIROS Incoming By IL MONDO in VALIGIA di C. & D. Viaggi sas

per conto di

www.fatto-mano.it  

info@fatto-a-mano.it  

adelaidevalle58@gmail.com chiara.caratto65@gmail.com

Alla Prenotazione richiesto saldo di euro 80 da effettuarsi con bonifico bancario

IT42E36087016006447562123817 intestato a C & D. VIAGGI SAS DI CRISTINA MARIANI & C. CAUSALE : DOGLIANI

oppure: SATISPAY (il mondo in valigia) – o presso i nostri uffici di Via Caraglio 6 Torino

Tel 011.7732249 – Cell 3288811318
www.oneirosviaggi.itwww.mondoinvaligia.itFb e Instagraminfo@mondoinvaligia.it

Al momento dell’iscrizione si prega di fornire copia della carta d’identità e del codice fiscale

LE ISCRIZIONI SONO APERTE E SI CHIUDERANNO IL 2 novembre:

PENALI DI ANNULLAMENTO: 100% della quota di partecipazione per chi annulla dopo il 2 novembre

L’Eurovision come scacchiere geopolitico

L’Eurovision, che ha acceso i riflettori mondiali su Torino nei mesi scorsi, rappresenta da sempre un’occasione irripetibile per comprendere l’Europa, le sue radici e le sue tensioni. Ecco un’analisi dell’evento che esula dal puro spettacolo. 

Anche se conosciuto come un evento musicale e sociale, le sue conseguenze sono strettamente connesse agli eventi di geopolitica. Infatti, esso è nato nel 1956 con lo scopo di consolidare l’unione dei popoli europei dopo laSeconda Guerra Mondiale. Nonostante si celebri la musica come strumento di dialogo tra i popoli, l’Eurovision Song Contest, ha da sempre un ruolo strategico nello scacchiere geopolitico di alleanze, contraddizioni e conflitti tra i Paesi europei partecipanti. Infatti, nel corso degli anni, l’Eurovision è stato considerato come un palcoscenico ideale per far prevalere il proprio soft power. Facendo valere le singole posizioni dei Paesi all’interno del salotto europeo, dai Paesi scandinavi e quelli balcanici post-disfacimento jugoslava a quelli l’area post-sovietica.Sebbene il regolamento vieti di inserire messaggi politici nei testi delle singole canzoni, il divieto è stato più volte infranto, come recentemente è successo quest’anno con la canzone dell’Ucraina. Oltre all’esclusione della Russia dall’evento da parte dell’European Broadcasting Union, –che organizza l’evento – 24 ore dopo l’invasione dell’Ucraina. 

SOFIA SCODINO

Cristina Sartorio: “Medicina Estetica e Social, quale rapporto?”

Il noto medico chirurgo estetico torinese seguitissima sul web riflette sulle linee guida per una sana relazione biunivoca corretta tra due mondi entrambi dalle grandi potenzialità.

“L’importante è esserci”, teorizzava nel secolo scorso, prima dell’avvento della grande rivoluzione digitale, Marshall McLuhan, illuminato pensatore e sociologo canadese. Un assunto, questo, che vale anche per la moderna medicina estetica, sempre più presente su social network e new media.

Strumenti sempre più impiegati dai volti noti della medicina e chirurgia dedicate alla bellezza che appaiono di frequente in tv, adoperandoli anche per l’autopromozione e il lancio di nuove metodologie, approcci e prodotti, anche editoriali, pronti a sbarcare in pompa magna nel grande mercato del benessere.

Ma quali sono, in realtà, i presupposti da tenere ben presenti quando ci si affida al mondo di internet per scegliere un professionista cui affidarsi?

Per Cristina Sartorio, affermato e stimato medico chirurgo estetico torinese con studio a Torino (in Corso Ferrucci, 73) e a Santa Margherita Ligure (entrambi tra i più avanguardistici nel Belpaese) distintasi in Italia per una formazione olistica completa a 360° sul benessere psicofisico della persona vista nel suo insieme, “E’ importante discernere in primis tra la voglia di apparire e quella, invece di comunicare. Il medico riveste sempre un ruolo delicato e superpartes, dal quale va escluso ogni mero coinvolgimento formale e a sé stante dell’ego. Importante, inoltre, anche considerare modalità e linguaggio: è bene semplificare concetti complessi per renderli alla portata di tutti, ma nel pieno rispetto della terminologia e dei parametri di una comunicazione sempre e solo comunque di natura scientifica anche nella forma, oltre che nella sostanza.

Perché, per Cristina Sartorio, fortunata autrice del bestseller ‘La Bellezza dell’Imperfezione’ (Edizioni HCA), titolare ed ideatrice anche della raffinata linea cosmeceutica ‘CriSkin – Sartorial Skincare’ (più informazioni su www.criskincosmeceutical.it), Il consiglio primario è di porre attenzione sempre sulla proattività e la propositività del messaggio: il medico corretto non invita all’azione in quanto tale, ma offre una panoramica la più esaustiva possibile sulle più attuali, moderne e comprovate opportunità di cure e trattamenti disponibili per le varie necessità patologiche ed estetiche. Sottolineando altresì come sia importante il ruolo imprescindibile dell’anamnesi individuale di ciascun soggetto: per il quale la prima visita dev’essere sempre per lo più approfondita e dettagliata sia sul versante fisico che su quello propriamente psichico ed emotivo.

E questo proprio perché il vero benessere, ancor prima di essere esteriore e quindi visibile e condivisibile, è un fatto propriamente endogeno. “Un elemento che nasce altresì dall’accompagnamento a una profonda conoscenza interiore derivata dalla certezza assoluta che il miglioramento, oggettivo e misurabile, programmato e fattibile, è sempre ottenibile. Concludo invitando a valutare anche la coerenza e la relativa continuità del medico con gli strumenti informativi a sua disposizione, comprese piattaforme come ad esempio Linkedin cui è possibile ritrovare i curricula specifici e aggiornati dell’iter formativo ed esperienziale insieme di ciascun professionista. Inclusa anche la periodicità degli aggiornamenti dei contenuti sui vari canali disponibili e l’attualità degli stessi in linea con i trend del momento storico corrente, con ampio sguardo a come la medicina estetica viene a parità di trattamento affrontata anche nel resto del mondo”.

Tutte le informazioni sul sito www.cristinasartorio.com e sulla Pagina Facebook Medicina Estetica Cristina Sartorio e su Instagram al profilo @dr.cristinasartorio.

Scrittura ribelle: arriva l’anti manuale per scrivere bene

Mercoledi 26 ottobre, alle 18.30, l’autrice presenterà il volume edito da Hoepli alla Feltrinelli di Piazza Cln. Moderano: Marta Pettolino e Domitilla Ferrari.

Molti hanno un libro nel cassetto, sognano di pubblicarne uno o forse lo hanno già fatto. Di sicuro, nell’era dei social, siamo tornati alla scrittura. Scriviamo su Facebook, contribuiamo alle discussioni sull’argomento del giorno, ci indigniamo, litighiamo, postiamo le nostre foto su Instagram e le corrediamo di aneddoti, storie, racconti più o meno lunghi.

Sono persino nate nuove professioni, figure che scrivono per conto terzi, che gestiscono le pagine social di enti, aziende, vip o politici. Li chiamano social media manager. Ma si parla anche di content writer, ghost writer, copy writer. E se serve un aiutino per migliorare nella scrittura, ecco che il mercato editoriale ci offre corsi e libri. Manuali, per la precisione. Chi vi scrive però si è imbattuta in un qualcosa che sembrerebbe l’esatto opposto. Il titolo è “Scrittura Ribelle. Antimanuale di scrittura creativa” di Ella Marciello, direttrice creativa, copywriter e communication strategist. La casa editrice è Hoepli e mercoledi 26, alle 18.30, il libro verrà presentato alla Feltrinelli di Piazza CLN.

Ho fatto due chiacchiere con l’autrice per cercare di capire di cosa si tratta.

Ella in che senso “antimanuale”?

Nel senso che di manuali per imparare a scrivere sono piene le librerie e in un’epoca in cui chiunque sembra avere la guida definitiva per ogni cosa, la cosa migliore mi sembrava quella di sedersi un momento e fare una specie di re-start.

Questo saggio non ha la presunzione di insegnare regole, ma modi di essere rispetto al mestiere stesso di scrivere. Insomma, è tutto ciò che non dovrebbe essere un prontuario: fisso, immutato, valevole per ogni persona.

E poi nella forma: a metà tra un saggio, un’autobiografia, un paper. Tocca ambiti insoliti (la musica rock, il punk, l’arte performativa, la riscrittura) e si interroga sull’essere umano scrivente e su come diventare un essere umano scrivente migliore.

Insomma, se i manuali ti sembrano tutti uguali e una sequenza di regole da tenere a mente, da questo anti manuale ti puoi portare a casa un approccio diverso non solo allo scrivere in sé, ma allo scrivere “in te”. Qualcosa di connaturato con la tua esperienza di vita. Perché scrivere è solo una delle forme del creare e non credo sia possibile “impacchettare” la creatività senza pensare a cosa ci muove, a cosa ci affama, a chi siamo e a cosa facciamo nel mondo.

 

 

Questo libro è solo per gli addetti ai lavori, ossia coloro che scrivono per mestiere?

È pensato per chi scrive per mestiere e per chi vorrebbe. Per chi ha sempre scritto ma non ha mai pubblicato. Per chi sta per scrivere qualcosa di nuovo. Tutto ciò che vediamo, da uno spot pubblicitario, un cartellone, un post social, da una sceneggiatura a un volantino o una newsletter fino ad arrivare ai libri, è scritto da qualcuno. Certo, sono scritture differenti con obiettivi differenti ma hanno il loro comune denominatore: comunicare, arrivare a un pubblico definito.

 

 

Oggi si sta molto attenti quando si scrive di tematiche LGBT o che possono sfociare nel body shaming, nel sessismo. Ma non è che scrivere sta diventando un campo minato?

 

Si dovrebbe stare molto attenti sempre, quando si decide di scrivere. Perché l’atto dello scrivere implica quello più esteso di creazione della realtà: quando uso le parole per descrivere o immaginare do un senso molto alto alla mia creatività. Decido consapevolmente di operare delle scelte, dando vita a questo o quello scenario, prediligendo questa o quella prospettiva.

Non si scrive mai a cuor leggero benché si possa scrivere con molta leggerezza, senza opprimere chi legge. Chi ha paura di incappare in body shaming o nel sessismo, insomma, chi teme il famigerato “politically correct” e si trincera dietro al “non si può più dire niente” sta semplicemente ammettendo di occupare e di aver occupato una posizione di privilegio (perché poter condurre il dibattito e decidere chi possa esser oggetto di oppressione- anche linguistica o narrativa- è avere in mano un potere enorme, decidere in sostanza le sorti di chi è altro da te) e che quel privilegio ha paura di perderlo.

Scrivere non è un campo minato, è un campo esteso in cui convivono tantissime soggettività. E scrivere senza ledere la dignità di nessuna soggettività è una sfida che si può vincere solo con una postura di un certo tipo: comprendendo che non siamo noi il centro del mondo.

Oltre a incappare in una valanga di insulti quando si scrive toccando le corde sbagliate, quali sono oggi i rischi di comunicare male sui social? 

 

Qui si aprirebbe una parentesi grandissima che ha due scenari differenti: comunicare come utente o comunicare come marchio. Di nuovo, che tu sia una persona o un’azienda devi tenere a mente la responsabilità che le tue parole hanno, chi vanno a toccare, quali immaginari decidono di aprire, consapevolmente o meno.

Usiamo le piattaforme social come amplificatori del nostro sé e questo non è sbagliato a prescindere ma le conseguenze sono diverse, perché diversa è la moltitudine di persone che puoi raggiungere. Saperlo, fa tutta la differenza del mondo.

E credo dovremmo investire qualche minuto ogni volta che ci accingiamo a scrivere qualcosa e farci alcune domande: posso urtare la sensibilità di qualcuno? Quali conseguenze possono arrecare le mie parole? Sto raccontando tutta la storia o deliberatamente uso il mio scrivere per generare sdegno, indignazione o fomentare sentimenti d’odio? Non fa differenza che tu usi i social per svago o per lavoro perché essere online non è un via libera all’esternazione dei nostri istinti più beceri. Tendenzialmente, se mi trovassi in difficoltà a comunicare un mio certo pensiero nei modi, nei toni e nelle argomentazioni in una conversazione di persona, perché dovrei farlo attraverso un mezzo digitale?

Per una ecologia comunicativa, varrebbe la pena ripartire da qui.

E se non sono in grado di comunicare senza ferire, qualche domanda su me stesso o me stessa sarebbe ora di farsela.

 

 

 

Confesso, ho mentito quando ho detto che ho intervistato Ella Marciello per sapere di cosa tratta il suo libro. Io l’anti manuale di Scrittura Ribelle l’ho già letto. Si tratta di un testo da leggere, rileggere e da mettere in pratica. Numerosi sono infatti gli esercizi proposti.

Samuel Beckett ha cercato in tutti i modi di farci capire che siamo perché comunichiamo. Oggi, con i social, assistiamo a un’ondata di scrittura di ritorno come non succedeva da decenni. E allora forse siamo ciò che scriviamo, per tanto vale la pena porre l’attenzione su come lo facciamo, senza mai dimenticare quello spirito di ribelli che accompagna i curiosi, i creativi e i rompiscatole che vogliono cambiare il mondo.

 Lori Barozzino

L’antologia di Lingua Madre

«Quando parla, tutto acquisisce nuove possibilità, tutto cresce» scrive Diana, che si immerge con la nonna in un rituale mattutino, semplice e potente al tempo stesso, tra poesia e fisicità. Dragana ritrova il legame privato con l’Est in un’altra donna straniera. Karima, Manal e Larissa vestono i panni delle proprie madri, di cui descrivono il coraggio, le paure ma soprattutto la speranza.
Racconti evocativi, intimisti, colmi di tenerezza ed energia, a tratti trasgressivi. Al centro donne di ogni età, con i loro corpi, in un gioco di relazioni affettive vitale e gioioso. La scrittura si fa fiume e scorre lungo una genealogia femminile universale, che accoglie esperienze di vita fatte di solidarietà, relazione, ma anche di erotismo, libertà, desiderio d’appartenenza. Perché “straniere si diventa”, ne sono consapevoli le protagoniste delle storie di questa antologia, che trasformano l’esperienza migrante in un dato di consapevolezza e di forza propositiva, soggettiva e sociale. E la nostalgia che a tratti compare si fa memoria, mai interruzione, e apre al futuro. Ricominciare: da un bignè confezionato con le proprie mani, da un fiore che cresce nonostante tutto o dalla lingua, materia viva che si fa docile al desiderio. Così si restituisce senso alla propria storia, aprendo la strada al riconoscimento, accorciando le distanze.

Esposizione delle fotografie selezionate XVII Concorso Lingua Madre – Premio speciale Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, a cura di Filippo Maggia.

Tra le proiezioni della serata: booktrailer del volume Lingua Madre Duemilaventidue e puntata speciale Spazio Libero – Rai 3 dedicata al Concorso Lingua Madre.

Candiolo, nuovi spazi e crescita della qualità per lo sviluppo dell’istituto

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FONDAZIONE PIEMONTESE PER LA RICERCA SUL CANCRO

Presentato il Bilancio Sociale e di Sostenibilità (dati 2021). Investiti 18 milioni in ricerca e cura. In fase avanzata i lavori del nuovo Onco-Lab,

primo edificio del Cantiere Candiolo.

Operativo il servizio di Hospice “Monviso; in arrivo due nuove modernissime Tomotherapy. L’Istituto ha ottenuto la certificazione di Comprehensive Cancer Center”, attestazione che lo posiziona fra i Centri leader a livello europeo.

Candiolo, 24 ottobreUn Istituto che cresce nei suoi spazi – per curare sempre più persone e nel modo migliore – e nella qualità della ricerca e della cura. È questa la fotografia dell’Istituto di Candiolo IRCCS che emerge dal Bilancio Sociale e di Sostenibilità (dati 2021) della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro.

La presentazione del documento è un importante momento di confronto con gli stakeholder, per raccontare quanto è stato fatto, quanto si sta facendo e quali sono i progetti futuri. Quest’anno in un formato inedito, tutto digitale, trasmesso sui canali del Gruppo Gedi. La giornalista scientifica Daniela Minerva ha intervistato alcuni dei protagonisti: il Presidente della Fondazione Allegra Agnelli, il Direttore Gianmarco Sala, il Vicedirettore scientifico dell’Istituto di Candiolo – IRCCS Vanesa Gregorc e il Direttoredel Dipartimento Chirurgico Felice Borghi.

 “Attraverso i numeri del Bilancio – ha affermato Allegra Agnelli– raccontiamo la dedizione, l’umanità e la competenza delle oltre settecento persone che, ogni giorno, si impegnano nelle attività dell’Istituto. Candiolo non può fermarsi perché deve sempre migliorare per rimanere un’eccellenza italiana e internazionale, per essere attrattivo per i ricercatori di tutto il mondo e stimolarea tornare anche quelli che hanno lasciato lItalia”.

Durante la presentazione del Bilancio, Allegra Agnelli ha anche sottolineato: “Sappiamo di avere al nostro fianco una straordinaria comunità che ci ha sempre supportato. Ed è con questo spirito che abbiamo avviato nel maggio 2021 il cantiere dell’importante piano di sviluppo dell’Istituto, nuove aree da mettere a disposizione di tutti coloro che vi lavorano, dei pazienti e delle persone a loro vicine”.

Assieme al Direttore Sala, le telecamere sono entrare nel primo degli edifici in costruzione del Cantiere Candiolo, l’Onco-Lab. Quasi mille metri quadrati di superficie distribuiti su tre livelli,che ospiteranno laboratori dotati di nuove tecnologie, in cui i ricercatori lavoreranno per la messa a punto di nuove soluzioni farmacologiche, elaborate e testate su linee di cellule tumorali create per le attività di laboratorio. Ulteriori spazi sono dedicati alla diagnostica per immagini. I lavori procedono speditamente e termineranno nei primi mesi del 2023. Nei lotti successivi sono previsti una Biobanca, edificio che raccoglie e conserva i tessuti biologici nell’ottica di future terapie oncologiche, una Protonterapia, trattamento radioterapico molto avanzato, un Poliambulatorio, nuovi spazi destinati alla formazione, alla didattica e a servizi di foresteria per pazienti e familiari. In tutto 26 mila metri quadrati, che vanno ad aggiungersi ai 56 mila esistenti.

Il 2021 è stato un anno importante per la Fondazione: in particolare perché sono partiti i nuovi lavori di sviluppo dell’Istituto e abbiamo messo a disposizione il servizio di Hospice Monviso. La spinta ad andare avanti – ha detto Sala arriva dalle tantissime persone che ci sostengono, in particolare da quelle che hanno deciso di destinare a noi il loro 5X1000: nel 2021 sono state ben 262.248 le firme”. Cui si aggiungono le donazioni dirette (8.500 delle quali attraverso i nuovi canali digitali, Internet e Facebook), i fondi raccolti con la partecipazione ad eventi sul territorio (importante il ruolo delle 26 delegazioni), i lasciti e i legati: “18 milioni di euro investiti nella ricerca e nella cura, oltre a quelli destinati all’avvio del cantiereLa generosità è il tratto distintivo la storia di Candiolo, che ne ha consentito lo sviluppo e il miglioramento continuo. Sono inoltre in arrivo due nuove tomotherapy di ultima generazione, per un investimento di 7 milioni di euro”.


LA RICERCA

La Fondazione ha finanziato importanti progetti e assunto nuovi ricercatori, italiani e internazionali: nel 2021 erano 259 le persone impegnate nei 38 laboratori, che lavorano su studi che interessano tutte le patologie tumorali, collaborando anche con i più importanti centri a livello mondiale. La misura del grande lavoro svolto è data dai lavori pubblicati, che sono stati 309, dalle citazioni (12.800) e dall’impact factor, l’indice che esprime l’impatto di una pubblicazione sulla comunità scientifica, salito a 2,9. L’abbinamento fra la ricerca preclinica traslazionale e l’attività clinica assistenziale, le ricerche finalizzate a ottimizzare la diagnostica, gli studi per predisporre lo sviluppo di nuove cure ci hanno consentito di ottenere la certificazione di “Comprehensive Cancer Center”, attestazione che posiziona il nostro Istituto fra i Centri leader a livello europeo”, ha affermatoVanesa Gregorc, Vicedirettore scientifico dell’Istituto di Candiolo-Irccs. Nel 2021 ha aggiunto abbiamo sviluppato, in particolare, le ricerche nell’ambito dell’immuno-oncologia, dei vaccini, del potenziamento del sistema immunitario e della genomica”.

LA CLINICA

Nell’assistenza clinica il personale impiegato è di 503 unità. Anche nel corso del 2021 l’Istituto, malgrado la dilagante pandemia da SARS -CoV-2, ha mantenuto elevati volumi di prestazioni. Quelle ambulatoriali sono state 1 milione e 347 mila, 8.200 i pazienti ricoverati, 1.220 quelli trattati con tecniche di radioterapia. I protocolli e gli studi sperimentali attivi sono 170. Inoltre, è stato inaugurato il nuovo Hospice Monviso. Per quanto riguarda la chirurgia, a Candiolo sono attive sei sale operatorie, una delle quali “multimediale”: “Qui si adottano – ha spiegato Felice Borghi, Direttore del Dipartimento Chirurgicotecniche mininvasive con la laparoscopia e con il robot, grazie all’ uso di immagini tridimensionali e quadridimensionali. Un tipo di chirurgia che nei tumori del colon retto copre armai più dell’80% degli interventi. Con i protocolli di riabilitazione rapida i pazienti si riprendono in tempi stretti e ciò consente, fra l’altro, migliori risultati oncologici protratti nel tempo.