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Comunicazione dell’emergenza: informazione e disinformazione al tempo della SARS-CoV-2

Fake news, informazione, disinformazione: non è solo la coronavirus di Covid-19 o SARS-CoV-2 a dover essere collegata al termine “pandemia”: già, perché anche il mondo della comunicazione, a qualsiasi livello lo si voglia intendere, è stato contagiato (e non in modo positivo) da una pandemia che ne sta mettendo ancora oggi a nudo sia i pregi che i difetti.

Bisogna ammettere che, in un periodo di scarsa stabilità politica come quello attuale è stato (ed è tutt’ora) molto difficile non tanto comunicare, ma saper comunicare. Il rischio, ormai diventato certezza, è che diverse correnti di pensiero (e non solo politiche) abbiano provato a cavalcare un’onda di “convincimento” della popolazione, prima nella gestione della pandemia nei vari Paesi, e ora nella gestione dell’uscita dalla situazione di crisi: il tutto senza considerare fino in fondo i rischi che comporta la gestione di un fenomeno ingestibile come quello della diffusione incontrollata di un virus soggetto a diverse mutazioni come la Sars-CoV-2.
Le colpe sono da ripartire su molteplici attori, perché da due anni, se da un lato i principali mezzi di comunicazione “tradizionali” come giornali e tv hanno dato voce alle varie ideologie espresse in merito sia da personaggi politici di spicco che del settore sanitario, dall’altra, sui mezzi di comunicazione di nuova generazione, quali i social media, non ha potuto fare altro che imperversare molta disinformazione gestita e provocata soprattutto da troll.
Il numero di contagiati, di ospedalizzati, di morti e, a seguire, di disagi e problemi socio-economici quotidianamente diffuso dai diversi media ha favorito la diffusione di una baraonda di informazioni – e disinformazioni – creando difficoltà in molte Nazioni nella gestione di una corretta e istituzionale informazione. Ciò ha dimostrando una sempre maggiore potenza di “fuoco” rivestita dai social network, spesso cavalcata da abili diffusori di “bufale”, capaci di un non indifferente sciacallaggio mediatico, ed d’altra parte una forte impreparazione della Pubblica Amministrazione nel comunicare e la difficoltà di trovare buoni comunicatori.
Inutile dire che l’evoluzione della comunicazione degli ultimi mesi ha dimostrato una sempre crescente esigenza dei cittadini di essere prontamente informati, il tutto (molte volte) a discapito della qualità delle informazioni ricercate e/o trasmesse.
Su social media e piattaforme digitali di messaggistica istantanea come Whatsapp, Facebook, Messenger e Telegram si è assistito alla condivisione di un numero sempre maggiore di notizie, molte delle quali infondate: eloquente il lavoro delle Forze dell’Ordine che hanno dovuto vigilare e intervenire per chiudere canali creati ad-hoc per ribellarsi al Green Pass e alla diffusione dei vaccini, nonché pagine che spesso incitano all’odio verso le Istituzioni e il settore sanitario, quello stesso settore osannato fino a pochi mesi prima e ritenuto capace di un miracolo nel 2020 alla luce dell’intera collettività. Dalle indagini condotte si è potuto capire ancora una volta come molti profili e molte pagine fossero realizzati appositamente per diffondere notizie false, prevalentemente a scopi denigratori ma non solo: contenuti fuorvianti, conditi con una grande quantità di informazioni travisate od oggetto di un framing tendenzioso, hanno avuto l’obiettivo di mettere in cattiva luce qualcuno o qualcosa e fatto leva sostanzialmente sull’analfabetismo funzionale e sulla diffusa incapacità di crearsi una propria opinione, mostrando i limiti caratteriali (e non) di una discreta fetta di cittadini.
E’ mancata ovunque la presenza di figure professionali capaci di riunire una collettività che, invece, ha visto crearsi quelle che possono ormai ritenersi vere e proprie “fazioni” differenti: nel giro di pochi mesi si è assistito alla crescita di numeri di persone che negano l’esistenza della pandemia e della SARS-CoV-2 e che si oppongono al vaccino, andando contro ogni linea di pensiero logica, alimentando ulteriormente la psicosi collettiva e modificando la percezione della realtà, a fronte di una grossa fetta di popolazione che ha scelto la strada della scienza e della tutela della propria persona.
La Pubblica Amministrazione, da questo punto di vista, ha messo a nudo tutti i suoi limiti: una quasi assente comunicazione istituzionale ha fatto da cornice a comunicatori spesso improvvisati e portavoce di esponenti politici non sufficientemente preparati a rispondere alle domande e alla paura della popolazione, portando a un crollo della tempestività di risposta che il mondo 2.0 di oggi richiede al settore comunicativo.
Soprattutto nelle fasi di emergenza, in cui la criticità è alta e si ha paura per sé e i propri cari, ognuno di noi cerca risposte alle proprie domande. Ed è in questa fase che si deve comunicare meglio, con capacità, utilizzando parole semplici, pochi tecnicismi e possibilmente nessun inglesismo e cercando di non farsi coinvolgere troppo emotivamente, diffondendo messaggi in maniera concitata e allarmante.
Il comunicatore deve essere capace di rivolgersi a una moltitudine di persone con differente età, condizione sociale e culturale. Deve essere in grado di modificare il modo di comunicare secondo le fasce d’età e secondo il mezzo di comunicazione utilizzato. E se la fetta di popolazione che ha fatto proprie le “bufale” dei no vax e i no green pass sono proprio quella tra i 30 e i 60 anni, sia per il loro livello di scolarizzazione, sia per la poca dimestichezza con l’utilizzo delle nuove piattaforme di comunicazione e dei social media, sia per il loro predisposizione a interpretare ogni evento come un complotto o parte di un complotto, occorre saper convincere costoro che la scienza e la tecnologia non è sempre parte di un film di fantascienza ne tantomeno in questo caso, si è spettatori davanti alla tv dove trasmettono una fiction.

Occorre un italiano fluente, semplice, con parole chiare e comprensibile a tutti. E ancora una volta fa riflettere l’importanza di un corretto utilizzo e scelta delle parole e del loro peso. Difatti, infodemia non è l’unico neologismo figlio del Covid-19, o quanto meno venuto alla ribalda mediatica con questa epidemia. Basti a pensare a quanti inglesismi e nuovi neologismi sono usciti in questo periodo di emergenza: da no-green-pass, a lockdown, al “furbetto delle autocertificazioni, dai “furbetti del contagio”, fino al neologismo inglese di “covidiot”.
Dall’altra parte, la Pubblica Amministrazione non ha ancora capito che non può più permettersi di improvvisare nella comunicazione, non può più permettersi di avere orari d’ufficio durante le emergenze, ma deve darsi regole chiare basate su una pianificazione precisa, un glossario chiaro, una rete di comunicatori tra i vari Enti della P.A. che interscambino le informazioni e soprattutto le rendano ridondanti, prendendo una posizione unica nella gestione dell’informazione sulla gestione vaccinale e sanitaria. È anche per questo che a farne le spese, in diverse occasioni, siano stati proprio gli operatori sanitari, spesso stremati da carichi di lavoro massacranti quando non colpiti direttamente dalla malattia, come hanno dimostrato i diversi casi di aggressioni fisiche avvenuti negli ultimi mesi (tralasciando quelle verbali o scritte sui social).
Siamo in stato di crisi e la comunicazione, in stato di crisi, non è la comunicazione di tutti i giorni: il messaggio deve essere modulato correttamente, perché il compito di un comunicatore pubblico è anche quello di orientare i cittadini su quali siano gli stakeholder in grado di diffondere notizie verificate, contribuendo così a isolare le fake news.
Occorre che ci si ricordi che il cittadino non informato adatta i propri comportamenti alle proprie esigenze e si cerca l’informazione per conto proprio, andando a scovare spesso quella più confacente e “comoda” alle proprie esigenze.
Troppo poche sono le P.A. presenti nella comunicazione istituzionale, troppi comunicati stampa vuoti, troppe conferenze stampa lunghe che ripetono dati già in circolazione senza attirare l’attenzione della collettività. Troppe risposte inevase alle domande dei cittadini anche su questioni di poco rilievo ma importanti per il cittadino. Troppi numeri verdi che non rispondono o che rispondono evasivamente. Dall’altra parte, qualche “mosca bianca” ha provato a contrastare questo sistema, come accaduto alla Questura di Alessandria che durante il primo lockdown ha risposto con chiarezza sulla propria pagina Facebook a centinaia di domande dei cittadini, oppure come un sindaco di un piccolo Comune che non ha mai smesso di essere presente a informare i suoi cittadini anche quando era in quarantena.
I principali social network usati dai cittadini sono stati Facebook, Instagram e Twitter. Le pagine dei siti più seguiti sono state quelle del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore della Sanità, ma la caccia dell’informazione utile ha seguito le strade anche dei siti web degli enti locali. In particolare si è evidenziata l’assenza o la scarsa presenza delle ASL.
Gli insegnamenti da trarre, insomma, sarebbero tanti: ma rimane davvero molto da fare nel campo della comunicazione, soprattutto istituzionale, che dovrebbe cambiare traendo insegnamento da questa terribile esperienza.

Dante Ferraris
 

40 milioni in buoni per servizi ad anziani e disabili non autosufficienti

Le linee di indirizzo per l’attivazione prioritaria di misure di inclusione sociale nell’ambito del Fondo Sociale Europeo approvate dalla Giunta regionale prevedono 40 milioni di euro all’anno per finanziare i buoni destinati a persone anziane o disabili non autosufficienti con i quali si potranno, a titolo esemplificativo, compensare i costi per prestazioni di cura fornite a domicilio, pagamento di rette per l’inserimento nelle strutture di residenzialità assistita, servizi di cura a seguito di dimissioni ospedaliere, trasporto per visite mediche, accesso a centri diurni, potenziamento dei servizi di assistenza e cura per persone con disabilità gravi, sostegno finanziario a chi assiste un malato a domicilio.

Nel dettaglio, i buoni destinati a persone anziane o disabili non autosufficienti saranno legati all’Isee socio-sanitario e arriveranno fino a 600 euro mensili. Potranno riceverli coloro che hanno già ottenuto la valutazione sanitaria sul loro stato di salute e/o invalidità, che però non accedono ancora ad alcuna misura di contribuzione pubblica a sostegno di questi servizi, e gli ospiti delle Rsa non coperti da convenzione con la loro azienda sanitaria.

I buoni saranno assegnati tramite due bandi: uno per la domiciliarità e uno per la residenzialità. Se il beneficiario è già o desidera essere utente di Rsa presenterà la documentazione alla Rsa che ha scelto, che gestirà poi l’iter di raccolta della domanda e la successiva rendicontazione alla Regione. Se l’assistenza scelta è domiciliare, invece, l’utente dovrà indicare ai servizi sociali di residenza il servizio di assistenza di cui vuole usufruire (ore di assistenza domiciliare da parte di badante, infermiere, educatore, caregiver familiare, trasporto disabili e cronici, ore nei centri diurni, ecc.). I servizi potranno essere reperiti anche tra gli enti del Terzo settore convenzionati.

“Finalmente usiamo i fondi europei in modo innovativo anche per intervenire su un ambito importante come il sociale – sottolinea il presidente della Regione Alberto Cirio – È la dimostrazione di ciò che ho sempre sostenuto, cioè che pianificate in modo strategico e utile le risorse dell’Europa possono diventare ancora più preziose per rispondere alle esigenze delle nostre comunità”.

L’assessore alle Politiche sociali Maurizio Marrone aggiunge che “è prioritario restituire ai più fragili e ai loro cari la dignità e i servizi cui hanno diritto, per abbattere le disuguaglianze e non lasciare nessuno indietro. Questa misura innovativa è il primo passo per rivoluzionare il welfare piemontese. Grazie ai buoni mettiamo al centro le persone anziane o disabili e le loro famiglie, affermando la loro libera scelta di assistenza. In questo momento di grande crisi andiamo anche a sostenere finanziariamente i caregiver familiari, migliorando la qualità di vita e promuovendo un percorso di presa in carico globale. A chi dai banchi del Consiglio ha provato, invano, a spaventare i più fragili paventando tagli alle prestazioni extra Lea rispondiamo oggi con questo stanziamento, primo importante passo verso la continuità assistenziale, che mira a sanare le ferite storiche del welfare piemontese, dalle liste d’attesa che escludono ancora troppe famiglie da ogni contributo fino alla inaccettabile disomogeneità di qualità e offerta dai servizi di assistenza”.

Dopo 2 anni di pandemia i Testimoni di Geova tornano nei luoghi pubblici

Caro direttore, i Testimoni di Geova, noti in tutto il mondo per la loro attività di evangelizzazione, tornano a contattare le persone nelle strade e nelle piazze di tutta Italia.

La loro attività in presenza era stata sospesa nei luoghi pubblici nel marzo 2020 a causa della pandemia di COVID-19, prima ancora che le autorità emanassero istruzioni in tal senso sulle attività religiose. In tutto il mondo a partire dal mese di giugno 2022 sono riprese le attività di evangelizzazione nei luoghi pubblici ad eccezione del contatto casa per casa, che rimane sospeso. È stata ripresa anche l’assistenza spirituale nelle carceri.

“I Testimoni di Geova di Torino sono regolarmente presenti con gli espositori mobili, pronti a offrire pubblicazioni bibliche gratuite a chiunque ne faccia richiesta”, afferma Daniele Clementi, portavoce dei Testimoni di Geova per il Piemonte. Anche se non è più richiesto dalla legge, quando svolgono quest’opera volontaria, i Testimoni di Geova continueranno a indossare una mascherina come precauzione a tutela della salute propria e degli altri.
Nel periodo della pandemia i Testimoni di Geova hanno adottato misure sanitarie di grande cautela, continuando comunque a contattare le persone attraverso lettere, telefonate e altri metodi virtuali. Anche le riunioni religiose si sono tenute senza interruzioni su una piattaforma di videoconferenze, e dall’aprile di quest’anno sono riprese in formato ibrido (cioè contemporaneamente in presenza e in videoconferenza).

La decisione di tornare a incontrare le persone nelle aree pubbliche arriva giusto in tempo per invitare tutti a partecipare al prossimo congresso online dal tema “Cercate la pace”. L’evento, che sarà suddiviso in sei appuntamenti postati su jw.org nel corso di luglio e agosto, ha lo scopo di aiutare le persone a sviluppare pace interiore e a imparare a vivere in pace con gli altri. In Piemonte ci sono più di 21mila Testimoni di Geova, in più di 238 congregazioni di lingua italiana e altre 64 in cui i partecipanti possono seguire i programmi in ben 16 diverse lingue. Si possono trovare ulteriori informazioni sulle attività dei Testimoni di Geova sul sito ufficiale, jw.org.

Daniele Clementi
Portavoce dei Testimoni di Geova per la Lombardia-Piemonte e Valle D’Aosta

L’Alzheimer e l’inquinamento del pianeta: una relazione pericolosa da far terminare il prima possibile

Nella nostra società, sempre più tecnologica, la popolazione vive in condizioni assai migliori
rispetto alle generazioni del passato e la vita tende ad allungarsi sempre più e, di conseguenza le
persone, con il passare degli anni, sono sempre più soggette a un decadimento fisico e cognitivo.
Quest’ultimo è legato a una più o meno rapida involuzione cerebrale tale da condurre l’anziano in
uno stato, più o meno grave, di demenza. Fra queste forme la più comune è il morbo di Alzheimer,
una malattia progressiva, le cui caratteristiche sono rappresentate per lo più dalla perdita di buona
parte delle capacità intellettive, in particolare della memoria, con conseguenti gravi disagi nella vita
quotidiana, in cui vi saranno notevoli difficoltà per il suo nomale svolgimento.
L’Alzheimer è una malattia inesorabilmente destinata a peggiorare nel corso degli anni. Nelle sue
fasi iniziali, la perdita di memoria è modesta, ma con il progredire della malattia, gli individui
perdono la capacità di continuare correttamente una conversazione e non sono più in grado di
riconoscere il loro ambiente. È possibile rallentare temporaneamente, ma non arrestare, il
peggioramento dei sintomi della demenza e migliorare la qualità della vita delle persone colpite
dall’ Alzheimer e quella dei loro familiari. Le cause dell’insorgenza della malattia comprendono
probabilmente una combinazione di fattori genetici, lo stile di vita e le condizioni ambientali in cui i
pazienti si trovano a vivere. L’importanza di uno qualsiasi di questi fattori nell’aumentare o
diminuire il rischio di sviluppo del morbo di Alzheimer può variare da persona a persona. La
malattia si presenta con il carattere di malattia genetica dominante; oltre l’età, vi è una maggiore
incidenza della malattia nel sesso femminile in proporzione maggiore rispetto ai pazienti di sesso
maschile; inoltre, si devono tenere in debita considerazione le alterazioni dovute a esiti di traumi
cranici. La malattia di Alzheimer rappresenta il 60-80% dei casi di demenza e non fa parte del
corredo sintomatologico involutivo proprio dell’invecchiamento; il maggiore fattore di rischio noto
è l’aumento dell’età, e la maggior parte delle persone affette da Alzheimer ha mediamente circa 65
anni, ma esistono forme in cui la malattia ha un esordio assai precoce.
A tutte le cause fino ad ora accertate, recenti studi hanno dimostrato che l’insorgenza della malattia
sia facilitata, fino al 40% di aumento dei casi, in ambienti in cui vi sia un elevato inquinamento
atmosferico.
Il miglioramento della qualità dell’aria, in particolare in zone in cui vi sia una bassa circolazione di
veicoli a combustione può migliorare le capacità cognitive della popolazione, riducendo in maniera
significativa il rischio di contrarre la malattia. Per inquinamento atmosferico si intende l’alterazione
dell’aria che respiriamo, in particolare nelle aree urbane dove, oltre ai gas di scarico, le analisi
chimiche hanno dimostrato la presenza di composti dannosi, quali metalli e minuscole particelle
sospese nell’aria. La maggior parte delle ricerche si è concentrata su un componente
dell’inquinamento atmosferico noto come particolato fine o PM 2.5 – minuscole particelle sub-
millimetriche 40 volte più piccole del diametro di un capello umano, che vengono inalate
inconsapevolmente, non essendo avvertibile la loro presenza.
L’esposizione a lungo termine, o il trovarsi occasionalmente esposti ad alti livelli di inquinamento
atmosferico, nel lungo periodo risultano pericolosi, poiché si verificano condizioni patologiche in
grado di determinare danni consistenti ai principali apparati dell’organismo perché la struttura del
corpo umano è altamente interconnessa ed è per questo motivo che, oltre a polmoni, apparato cardio
circolatorio e fegato, il danno da inquinamento ambientale, colpisce anche il cervello poiché è
verosimile che, le sostanze inquinanti, veri e propri veleni, raggiungano le cellule cerebrali
attraverso il flusso sanguigno.
Studi sui topi hanno dimostrato una correlazione evidente fra la respirazione di aria inquinata e il
danno cerebrale: i topi che sono rimasti esposti all’aria inquinata proveniente da strade ad alta
intensità di traffico, mostrano cambiamenti biologici, corrispondenti ai danni cerebrali tipici delle
neuropatie degenerative ed in particolare dell’Alzheimer, fra questi un aumento dei livelli della
proteina amiloide, uno dei segni distintivi di tale malattia, anche se i ricercatori puntualizzano che ,
​a seguito di studi di imaging del cervello umano, un aumento della proteina amiloide del cervello,
da solo, non significa necessariamente che possa svilupparsi la malattia di Alzheimer.
Gli studi effettuati in varie parti del mondo hanno infatti dimostrato come gli anziani che vivono in
luoghi con una maggiore riduzione dell’inquinamento atmosferico, possano subire un declino più
lento della loro funzione cognitiva e, di conseguenza, abbiano minori probabilità di soffrire di
qualsiasi forma di demenza.
È dunque importante che si lavori nella direzione auspicata dalle correnti giovanili che chiedono a
gran voce di poter vivere in un ambiente più sano e pulito. Sono loro i futuri fruitori dell’ambiente
di cui adesso le generazioni più anziane sono responsabili, non essendovi più dubbi che la riduzione
dell’inquinamento atmosferico causato, ad esempio, dai veicoli a combustione, può migliorare la
funzione cognitiva dei cittadini e ridurre il rischio di vari tipi di demenza, in particolare il morbo di
Alzheimer.
Un indubbio beneficio, dunque, capace di avere un notevole impatto non solo sulla salute della
popolazione, ma anche sull’economia globale, poiché, a cascata, è causa di insorgenza di malattie
con conseguente aumento delle spese mediche, intasamento delle strutture sanitarie e inevitabile
diminuzione della produttività dei lavoratori. L’inquinamento atmosferico esercita inoltre una
influenza negativa sui terreni, sulle foreste e le acque in genere con un meccanismo che perpetua il
diffondersi di un ambiente insalubre in cui siamo immersi che vede, proprio a causa di queste
condizioni, l’aumento dell’anidride carbonica, il responsabile principale del cambiamento climatico,
di cui proprio in questi giorni vediamo le nefaste conseguenze sul pianeta, in grave sofferenza come
mai è avvenuto prima.
Il legame diretto fra inquinamento e Alzheimer è dunque, senza dubbio alcuno, un ulteriore motivo
per accelerare l’introduzione di abitudini più sobrie nella gestione della nostra vita, a cominciare da
una migliore ottimizzazione del traffico urbano, imponendo una graduale rinuncia alle abitudini
legate ad un ancor troppo eccessivo consumo di combustibili fossili, evitando la follia di quelli che
appaiono inutili e disastrosi comportamenti dell’ essere umano, capaci solo di creare danni
irreversibili al macrocosmo del pianeta che, inevitabilmente, si ripercuotono in maniera negativa,
nel microcosmo rappresentato dalle strutture del nostro perfetto, ma delicato, organismo.
Rodolfo Alessandro Neri

Ezio Gribaudo, artista e uomo libero

Di Pier Franco Quaglieni 

La morte di Ezio Gribaudo rappresenta una grave perdita per Torino perché la sua figura, apprezzata a livello internazionale e dai più importanti e famosi  artisti, rappresenta nell’ambito della vita culturale italiana e torinese in particolare un unicum. Gribaudo e’ sempre stato un artista libero rispetto alle consorterie politiche, un esempio di indipendenza rispetto alla liturgia ideologica che è stata egemonica e soffocatrice.
Se Daverio e’ stato l’anti Argan, Gribaudo è stato l’anti Guttuso. Tanto impegnato,  schierato supinamente il secondo  nei confronti del partito comunista, tanto disorganicamente libero il primo.
Avevamo una profonda comunanza di ideali,  anche se Gribaudo è stato  spesso più intransigente di me. In una Torino dominata dalla feroce egemonia gramsciana fin dai tempi in cui un noto pittore si rifiuto’ di fare lezione perché voleva imporre all’Accademia Albertina una giornata di lutto per la morte di Stalin, Gribaudo ha saputo mantenere le distanze, resistendo alle lusinghe e alle minacce, forte dell’apprezzamenzo nazionale e internazionale della sua opera.  Ricordo perfettamente il conformismo plumbeo del mondo artistico torinese, malgrado lo storico Circolo  degli artisti, presieduto dall’avv. Forchino e poi dall’avv. Tartaglino, fosse una realtà aperta davvero unica. Gribaudo ha saputo steccare nel coro. Ricordo due episodi : la candidatura in Forza Italia nel 1994 non coronata dall’elezione in Parlamento che va a disdoro di un partito che a Torino non ebbe mai la più piccola attenzione per il mondo della cultura, se si eccettua l’assessore regionale Giampiero Leo. E ricordo che per aver concesso l’Aula Magna dell’Accademia Albertina per ricordare Oriana Fallaci fu di fatto rimosso dalla prepotenza sindacale della CGIL dalla carica e sostituito con il solito funzionario del vecchio PC. Gribaudo e’ stato davvero un chierico che non ha tradito.  Ed è di conforto che la figlia Paola, così vicina a suo padre intellettualmente e non solo affettivamente, sia oggi Presidente di quell’Accademia che la presidenza di Ezio aveva onorato facendola uscire dal tunnel di un eterno Sessantotto.

Il coma, la coscienza sospesa per un tempo più o meno lungo e il risveglio

Fra le numerose domande che si pongono i medici riguardo il funzionamento del cervello, molte rimangono ancora oggi senza risposta; negli ultimi decenni sono stati compiuti progressi enormi, impensabili in epoche precedenti la nostra, ma il mistero del funzionamento del cervello è ancora lontano dall’essere risolto completamente.

Uno dei lati più oscuri, nonostante sia fra i più studiati, è quello che riguarda lo stato di “coma”, in cui pazienti che sembrano semplicemente addormentati, risultano del tutto indifferenti, almeno in apparenza, a molte delle stimolazioni cui possono venire sottoposti.
Le domande principali che ci si pone di fronte ad un paziente entrato in coma sono essenzialmente: “Si potrà svegliare di nuovo?”; La sua sensibilità è ancora presente, completa o meno? “
E poi il più angosciante: “Riesce a sentirmi e a capire cosa gli dico?”
Con il termine ‘coma’ si intende uno stato di incoscienza prolungato in cui una persona risulta estranea al proprio ambiente, pur risultando viva e in apparenza addormentata, ma, a differenza di quel che capita durante il sonno profondo, il soggetto non viene svegliato da nessuna stimolazione, anche da quella dolorosa.
Lo stato di coma è provocato da una lesione al cervello che può dipendere da svariate cause; il danno cerebrale può essere dovuto ad un aumento della pressione intracranica, ad un sanguinamento, ad un insufficiente apporto di ossigeno alle cellule cerebrali, o a una alterazione metabolica che è stata causa di un accumulo di tossine, come nel caso di accumulo di ammoniaca in alcune malattie del fegato, o di anidride carbonica provocato da un grave attacco d’asma. Nell’insufficienza renale possono accumularsi anomale quantità di urea e ancora le droghe e alcol assunto in grandi quantità possono causare lesioni neuronali a livello encefalico.
Le cellule cerebrali sono molto sensibili e delicate di fronte a simili agenti traumatici, per cui la lesione può essere, nei casi meno gravi, temporanea ed anche reversibile, ma può residuare anche in una lesione permanente.
La mancanza di ossigeno per alcuni minuti provoca la morte cellulare dei tessuti cerebrali. Il danno cerebrale anossico può derivare da un infarto (arresto cardiaco), un violento trauma cranico da sintomi di annegamento, overdose di droga o da un avvelenamento.
Nel caso di un evento traumatico diretto al capo vi può essere un edema a carico del tessuto cerebrale che, essendo contenuto nella scatola cranica, una struttura rigida ed inestensibile, può aumentare di molto la pressione endocranica determinando una compressione verso il tronco cerebrale in cui sono contenute strutture delicatissime, fra queste le aree responsabili della eccitazione e della consapevolezza, oltre a quelle relative al controllo del respiro e del battito cardiaco.
Nelle persone con diabete si può verificare il coma, quando i livelli di zucchero nel sangue rimangono molto alti. Questa è una condizione nota come iperglicemia. Anche I’ ipoglicemia, o glicemia troppo bassa, può portare al coma. Questo tipo di coma è solitamente reversibile una volta corretto il livello di zucchero nel sangue. Tuttavia, l’ipoglicemia prolungata può portare a danni cerebrali permanenti e coma persistente
Lo stato di incoscienza che si viene a determinare può causare gravi danni: dallo stato vegetativo persistente (se il paziente riesce a svegliarsi) alla morte (se il paziente trascorre molti anni in coma).
Un’altra causa del coma è rappresentata dalle infezioni del sistema nervoso centrale, come la meningite o I’ encefalite
E’ importante notare che la respirazione,il battito cardiaco e la digestione fanno tutti parte del sistema nervoso autonomo e possono continuare la loro funzione in maniera automatica, durante il periodo dello stato di coma, ma altri pazienti avranno bisogno di aiuto per respirare, per mantenersi idratati; sarà necessario assisterli per alimentarsi, un processo che di solito avviene per via endovenosa e che viene impiegato in tutti coloro che entrano in coma.
Esiste un trattamento efficace per il coma? Il trattamento dipende dalla causa. Le persone vicine al paziente in coma dovrebbero fornire ai medici quante più informazioni possibili per aiutare i medici a determinare la causa responsabile di quello stato . Una pronta assistenza medica è fondamentale per il trattamento di condizioni potenzialmente reversibili. Ad esempio, se c’è un’infezione che colpisce l’encefalo, potrebbero rendersi necessaria la somministrazione di antibiotici. Il glucosio può essere necessario in caso di shock diabetico. La chirurgia può anche essere imprescindibile per alleviare la pressione sul cervello dovuta all’edema o per rimuovere una massa tumorale che determina analoga compressione sui tessuti cerebrali.
Purtroppo, più a lungo una persona rimane nella condizione di coma, peggiore è la prognosi. Anche così, molti pazienti possono svegliarsi dopo molte settimane in coma. Tuttavia, nonostante il ritorno alla stato di normale coscienza, possono residuare disabilità significative.
Lo stato di coma raramente dura più di 2-4 settimane. L’esito dipende dalla causa, dalla gravità e dalla sede della lesione. Le persone possono uscire dal coma con problemi fisici, intellettuali e psicologici; alcune persone possono rimanere in coma per anni o addirittura decenni. Un caso riportato nella letteratura medica riferisce di un paziente rimasto in coma per ben 42 anni.
Un caso interessante è quello di un uomo risvegliatosi dopo un coma, insorto a seguito di una rovinosa caduta, dopo ben 19 anni di impossibilità forzata alla partecipazione al normale svolgimento e progressione della vita quotidiana. Il paziente è stato amorevolmente accudito dalla moglie e dai familiari che lo hanno mobilizzato. passivamente, facendo in modo che i suoi muscoli non si atrofizzassero e non si formassero piaghe da decubito.
Al suo risveglio è rimasto sbalordito da tutti i cambiamenti avvenuti nel mondo, che osservava stupito, come se fosse, d’improvviso, venuto a trovarsi in un altro mondo.
Jan Grzebski, un ferroviere polacco venne a trovarsi in coma dopo un incidente avvenuto nel 1988 e e si è risvegliato nel 2007.
A quel tempo, come amava raccontare vi era uno stato di semi povertà nel paese, la carne era razionata, si trovava per lo più solo aceto e per fare il pieno di benzina occorreva sottoporsi a lunghe attese, a causa delle lunghe code che venivano a formarsi ovunque.
Al risveglio, guardava meravigliato gli undici nipoti nel frattempo e le grandi catene di supermercati, che non aveva visto in precedenza, in cui si poteva comprare letteralmente di tutto, ma ciò che più lo ha sorpreso è stato vedere praticamente tutte le persone camminare per strada con i cellulari in mano, senza dubbio uno dei cambiamenti più iconici del 21° secolo, entrato nelle nostre vite gradualmente. Un oggetto a cui ci siamo abituati giorno dopo giorno, ma che, di certo avrebbe stupito chiunque di noi, se assente dagli ani settanta, avesse riaperto gli occhi vent’anni dopo, ignaro di tutto quel che l’inarrestabile progresso, aveva prodotto nel mondo.

Alessandro Rodolfo Neri

 

Il coma, la coscienza sospesa per un tempo più o meno lungo e il risveglio

Fra le numerose domande che si pongono i medici riguardo il funzionamento del cervello, molte rimangono ancora oggi senza risposta; negli ultimi decenni sono stati compiuti progressi enormi, impensabili in epoche precedenti la nostra, ma il mistero del funzionamento del cervello è ancora lontano dall’essere risolto completamente.

Uno dei lati più oscuri, nonostante sia fra i più studiati, è quello che riguarda lo stato di “coma”, in cui pazienti che sembrano semplicemente addormentati, risultano del tutto indifferenti, almeno in apparenza, a molte delle stimolazioni cui possono venire sottoposti.

Le domande principali che ci si pone di fronte ad un paziente entrato in coma sono essenzialmente: “Si potrà svegliare di nuovo?”; La sua sensibilità è ancora presente, completa o meno? “

E poi il più angosciante: “Riesce a sentirmi e a capire cosa gli dico?”

Con il termine coma, si intende uno stato di incoscienza prolungato in cui una persona risulta   estranea al proprio ambiente, pur risultando viva e in apparenza addormentata, ma differenza di quel che capita durante il sonno profondo, il soggetto non viene svegliato da nessuna stimolazione, anche da quella dolorosa.

Lo stato di coma è provocato da una lesione al cervello che può dipendere da svariate cause; il danno cerebrale può essere dovuto ad un aumento della pressione intracranica, ad un sanguinamento, ad un insufficiente apporto di ossigeno alle cellule cerebrali, o a una alterazione metabolica che è stata causa di un accumulo di tossine, come nel caso di accumulo di ammoniaca in alcune malattie del fegato, o di anidride carbonica provocato da un grave attacco d’asma. Nell’insufficienza renale possono accumularsi anomale quantità di urea e ancora le droghe e alcol assunto in grandi quantità possono causare lesioni neuronali a livello encefalico.

Le cellule cerebrali sono molto sensibili e delicate di fronte a simili agenti traumatici, per cui la lesione può essere, nei casi meno gravi, temporanea ed anche reversibile, ma può residuare anche in una lesione permanente.

La mancanza di ossigeno per alcuni minuti provoca la morte cellulare dei tessuti cerebrali. Il danno cerebrale anossico può derivare da un infarto (arresto cardiaco), un violento trauma cranico da sintomi di annegamento, overdose di droga o da un avvelenamento.

Nel caso di un evento traumatico diretto al capo vi può essere un edema a carico del tessuto cerebrale che, essendo contenuto nella scatola cranica, una struttura rigida ed inestensibile, può aumentare di molto la pressione endocranica determinando una compressione verso il tronco cerebrale in cui sono contenutestrutture delicatissime, fra queste le aree responsabili della eccitazione e della consapevolezza, oltre a quelle relative al controllo del respiro e del battito cardiaco.

Nelle persone con diabete, si può verificare il coma, quando i livelli di zucchero nel sangue rimangono molto alti. Questa è una condizione nota come iperglicemia. Anche I’ ipoglicemia, o glicemia troppo bassa, può portare al coma. Questo tipo di coma è solitamente reversibile una volta corretto il livello di zucchero nel sangue. Tuttavia, l’ipoglicemia prolungata può portare a danni cerebrali permanenti e coma persistente

Lo stato di incoscienza che si viene a determinare può causare gravi danni: dallo stato vegetativo persistente (se il paziente riesce a svegliarsi) alla morte (se il paziente trascorre molti anni in coma).

Un’altra causa del coma è rappresentata dalle infezioni del sistema nervoso centrale, come la meningite o I’ encefalite

E’ importante notare che la respirazione, il battito cardiaco e la digestione fanno tutti parte del sistema nervoso autonomo e possono continuare la loro funzione in maniera automatica, durante il periodo dello stato di coma, ma altri pazienti avranno bisogno di aiuto per respirare, per mantenersi idratati; sarà necessario assisterli per alimentarsi, un processo che di solito avviene per via endovenosa e che viene impiegato in tutti coloro che entrano in coma.

Esiste un trattamento efficace per il coma? Il trattamento dipende dalla causa. Le persone vicine al paziente in coma dovrebbero fornire ai medici quante più informazioni possibili per aiutare i medici a determinare la causa responsabile di quello stato . Una pronta assistenza medica è fondamentale per il trattamento di condizioni potenzialmente reversibili. Ad esempio, se c’è un’infezione che colpisce l’encefalo, potrebbero rendersi necessaria la somministrazione di antibiotici. Il glucosio può essere necessario in caso di shock diabetico. La chirurgia può anche essere imprescindibile per alleviare la pressione sul cervello dovuta all’edema o per rimuovere una massa tumorale che determina analoga compressione sui tessuti cerebrali.

Purtroppo, più a lungo una persona rimane nella condizione di coma, peggiore è la prognosi. Anche così, molti pazienti possono svegliarsi dopo molte settimane in coma. Tuttavia, nonostante il ritorno alla stato di normale coscienza, possono residuare disabilità significative.

Lo stato di coma raramente dura più di 2-4 settimane. L’esito dipende dalla causa, dalla gravità e dalla sede della lesione. Le persone possono uscire dal coma con problemi fisici, intellettuali e psicologici; alcune persone possono rimanere in coma per anni o addirittura decenni. Un caso riportato nella letteratura medica riferisce di un paziente rimasto in coma per ben 42 anni.

Un caso interessante è quello di un uomo risvegliatosi dopo uncoma, insorto a seguito di una rovinosa caduta, dopo ben 19 annidi impossibilità forzata alla partecipazione al normale svolgimento e progressione della vita quotidiana. Il paziente è stato amorevolmente accudito dalla moglie e dai familiari che lo hanno mobilizzato. passivamente, facendo in modo che i suoi muscoli non si atrofizzassero e non si formassero piaghe da decubito.

Al suo risveglio è rimasto sbalordito da tutti i cambiamenti avvenuti nel mondo, che osservava stupito, come se fosse, d’improvviso, venuto a trovarsi in un altro mondo.

Jan Grzebski, un ferroviere polacco venne a trovarsi in coma dopo un incidente avvenuto nel 1988 e e si è risvegliato nel 2007.

A quel tempo, come amava raccontare vi era uno stato di semi povertà nel paese, la carne era razionata, si trovava per lo più solo aceto e per fare il pieno di benzina occorreva sottoporsi a lunghe attese, a causa delle lunghe code che venivano a formarsi ovunque.

Al risveglio, guardava meravigliato gli undici nipoti nel frattempo e le grandi catene di supermercati, che non aveva visto in precedenza, in cui si poteva comprare letteralmente di tutto, ma ciò che più lo ha sorpreso è stato  vedere praticamente tutte le persone camminare per strada con i cellulari in mano, senza dubbio uno dei cambiamenti più iconici del 21° secolo, entrato nelle nostre vite gradualmente. Un oggetto a cui ci siamo abituati giorno dopo giorno, ma che, di certo avrebbe stupito chiunque di noi, se assente dagli ani settanta, avesse riaperto gli occhi vent’anni dopo, ignaro di tutto quel che l’inarrestabile progresso, aveva prodotto nel mondo.

Rodolfo Alberto Neri

Il Premio “Alfredo Biondi” al notaio Basso

Il Centro” Pannunzio” ligure ha istituito il Premio “Alfredo Biondi” avvocato penalista, deputato, senatore e ministro liberale di Genova che partecipo’ alla fondazione del Centro Pannunzio in Liguria. Alfredo Biondi, tra l’altro, fu anche il primo difensore di Enzo Tortora.“ Vogliamo ricordare  Biondi, principe del foro e liberale coerente, a due anni dalla morte, con un riconoscimento non effimero- dichiara Pier Franco Quaglieni – che quest’anno andrà al Notaio Luciano Basso, anche lui avvocato che, nella sua giovinezza, partecipo’ ,insieme alla moglie, alla vita del partito liberale di cui Biondi era leader. Il Premio a Basso è un dovuto riconoscimento ai liberi professionisti, una categoria benemerita, non sempre considerata come meriterebbe. Basso, nato  ad Albenga il 29 novembre 1953 e‘ sposato con la dott.  Laura Dagnino, ed ha due figli: Dominic e Sonia che ha adottato con atto moralmente  generoso ed esemplare anche sotto il profilo civico. Diplomato  al Liceo Classico Giovanni Pascoli di Albenga, si è  laureato in Giurisprudenza all’ Università di Genova nel luglio 1977.

Il notaio Basso

Svolge la pratica di Avvocato presso lo Studio del compianto Avv. Donato Cangiano e la pratica Notarile presso lo studio del suo Maestro e mentore il  Notaio Marcello Navone. Nella primavera del 1982 supera contemporaneamente l’Esame di Stato per l’abilitazione alla professione di Avvocato a Genova e il Concorso Notarile. Si iscrive all’Ordine Forense per cancellarsi non appena ricevuta l’attribuzione della Sede Notarile di Ceva (CN), dove esercita la professione e contemporaneamente la funzione di Vice Pretore Onorario per cinque anni. Nell’estate del 1988 ottiene l’assegnazione della sede Notarile di Albenga dove esercita per circa 30 anni la professione in Associazione con il Collega ed amico fraterno, purtroppo prematuramente scomparso, Notaio Angelo Navone; oggi continua la professione in forma autonoma, essendo ormai vicino al traguardo di 40 anni di anzianità. Ha fatto parte per due consigliature del Consiglio di Indirizzo della Fondazione De Mari di Savona. È socio da 38 anni del Lions Club Albenga Host, nel quale ha ricoperto gli incarichi  di Segretario, Cerimoniere e Presidente, oltre ad incarichi in qualità di Officer Distrettuale.

A.I.S.L.A. Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica e il Politecnico annunciano Protocollo d’Intesa triennale

ALLEATI NELLA LOTTA ALLA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA

 

Annunciata in occasione dell’Assemblea nazionale di AISLA la firma del protocollo d’intesa per dare vita ad una grande sfida tecnologica

 

Nel caso delle malattie rare ed invalidanti, la ricerca scientifica non può seguire le regole del mercato e del profitto, ma deve avere come unico scopo la cura e l’assistenza ai malati, a cui non può essere negata anche la speranza nella guarigione, o quanto meno in una vita dignitosa. E in questa sfida la tecnologia può giocare un ruolo fondamentale, per cercare di rispondere alle esigenze dei malati e delle famiglie con soluzioni che vanno dalla progettazione di ausili allo studio di spazi più idonei in casa e in ospedale, fino alle applicazioni dell’intelligenza artificiale e del digitale per semplificare la vita quotidiana e proporre innovative soluzioni di cura.

In occasione dell’Assemblea nazionale dell’A.I.S.L.A. – Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, l’associazione e il Politecnico di Torino hanno annunciato proprio su queste tematiche la sottoscrizione di un Protocollo d’Intesa triennale, firmato per il Politecnico dalla professoressa Claudia De Giorgi Vice Rettrice per la qualità, il welfare e le pari opportunità.

I due partner hanno entrambi, tra i loro fini istituzionali, la ricerca scientifica, la formazione e l’impegno a favore dell’inclusione sociale e questo accordo contribuirà alla realizzazione di azioni di interesse comune che vadano nella direzione dell’approfondimento e condivisione delle conoscenze scientifiche su questa terribile malattia e della promozione e organizzazione di percorsi di formazione del personale sanitario e socio-assistenziale.

Grazie a questa intesa verrà quindi avviato un rapporto di collaborazione non onerosa nel quale le attività didattiche, scientifiche, di trasferimento tecnologico e di disseminazione delle conoscenze dell’Ateneo potranno essere integrate con le attività e le esperienze dirette di Aisla.

Tra i principali obiettivi individuati, l’organizzazione congiunta di eventi per lo scambio e condivisione delle conoscenze, delle informazioni e della documentazione; la promozione di tesi di laurea, tirocini ed esercitazioni in laboratorio degli studenti del Politecnico; l’organizzazione di seminari e convegni nell’ambito dell’Ingegneria Gestionale, del Design per la domotica, della bioingegneria e dell’Intelligenza Artificiale e la pianificazione di attività di didattica innovativa, quali le challenge, per stimolare la progettazione di ausili e di supporti per i malati.

“Questa iniziativa si inserisce nell’ambito delle molte attività che l’Ateneo svolge per accrescere il proprio impatto su società, in particolare per contribuire con la ricerca a migliorare la vita di chi si trova più in difficoltà”, commenta la Vice Rettrice alle Pari Opportunità del Politecnico Claudia De Giorgi, che prosegue: “Inoltre, la nostra è una scuola che sempre più si propone di formare cittadini e cittadine, non solo tecnici, quindi la sensibilizzazione verso determinate problematiche è fondamentale per rendere i nostri studenti e studentesse più consapevoli e attenti”.

 

Nel racconto delle nostre attività svolte nel 2021 e degli obiettivi futuri – commenta Fulvia Massimelli, presidente nazionale AISLA –  la comunità è il fulcro nevralgico di tutte le azioni intraprese. La collaborazione con il Politecnico di Torino ne è testimonianzaRisposte concrete e attività messe in campo sono l’espressione di come l’Associazione sia parte di quel Terzo Settore che è sempre più un pilastro per la nostra società e per il welfare pubblico”.

 

Congresso di apertura dell’anno sociale del Distretto 108 Ia1 del Lions Club

Sabato 16 luglio 2022 dalle ore 9.15

Museo dell’Automobile Corso Unità d’Italia, 40 – Torino

Si terrà sabato 16 luglio il 28° congresso di apertura dell’anno sociale del Distretto 108 Ia1 del Lions Club International. A partire dalle ore 9.15 al Museo dell’Automobile di Corso Unità d’Italia 40 a Torino, si svolgerà l’insediamento del nuovo Governatore Carlo Ferraris in carica per l’anno 2022-2023, con il Primo Vice Governatore Michele Giannone e il Secondo Vice Governatore Roberto Turri. All’ordine del giorno le linee guida del mandato del neo Governatore: si parlerà delle sfide che caratterizzano questi tempi ardui, con una pandemia che ha modificato le nostre abitudini e una guerra di cui non si conoscono né prevedono gli sviluppi, dell’attività associativa e di volontariato in questo contesto e dei Service che permettono alla Fondazione, ai singoli club e distretti, di intervenire sul territorio laddove vi sia la necessità. Seguiranno i lavori congressuali con la presentazione del bilancio e le relazioni distrettuali.

Saranno presenti, tra gli altri: Giovanna Pentenero, Assessora al lavoro e alle attività produttive; Maurizio Marrone, Consigliere Regionale; Sandro Castellana, Past Direttore Internazionale e Membro della LCIF; Elena Appiani, Direttrice Internazionale; l’immediato Past Governatore, il Presidente Distrettuale Leo, i Presidenti dei Club distrettuali.

Il nostro Distretto, nato nel 1995, conta oggi 1.984 soci, suddivisi in 72 club, di cui il 27% sono donne, un dato in crescita lieve, ma costante. Per incrementare l’impegno delle donne e coinvolgere i giovani è stato implementato anche il comitato New voices dice il neo Governatore Ferraris.

Le attività cardine del Distretto si suddividono principalmente in 5 grandi aree: diabete, ambiente, fame, vista, cancro pediatrico“Nell’anno 2021-22, il totale dei fondi donati attraverso i nostri Service ammonta a 66.2822 euro, così suddivisi: area diabete 12.388 euro, ambiente 13.295 euro, vista 49.640 euro, fame 12.2013 euro, cancro infantili 46.015 euro, altro 41.9469 euro. Su Torino città c’è un Service di grande rilevanza che riguarda l’area “fame” grazie al quale al mattino in alcune strutture vengono servite le colazioni agli ospiti” – continua Ferraris.

I Service del Distretto, declinati nelle attività dei singoli club, sono capillari e rispondono a esigenze e necessità del territorio: solo nell’ultimo anno sono state organizzate circa 3 mila attività Service, per un totale di più di 40mila ore di servizio volontario.

Una delle ultime attività in termine di tempo verso la cittadinanza, riguarda l’unico Centro italiano per la raccolta degli occhiali usatiuno dei tre presenti in Europa (gli altri due hanno sede in Francia e Spagna). Nato nel 2003 a Chivasso, raccoglie occhiali usati da tutta Italia e anche dall’estero per donarli a chi ne ha bisogno. Recentissima è l’apertura di una sede torinese del Centro presso l’Educatorio della Provvidenza: in un solo mese sono già state fatte 450 ore di lavoro nell’ambito dell’alternanza scuola lavoro con l’Istituto Plana di Torino e 120 ore socialmente utili.

Durante l’evento di sabato 16 luglio, gli Inni Lions Club International saranno suonati dagli Orchestrali dell’Associazione Filarmonica Castellamonte – Scuola di Musica “Francesco Romana”, che nel 2022 festeggia i 200 anni di fondazione.

L’evento è aperto a tutti i soci.

CARLO FERRARIS

Classe 1950, Carlo Ferraris è laureato in Medicina e Chirurgia con specializzazione in Chirurgia e Oncologia. Nella sua carriera professionale ha ricoperto Ruoli di Direttore di Struttura Semplice e Dipartimentale all’Ospedale Martini di Torino; di Direttore di Struttura Dipartimentale, Direttore f.f.  della S.C. Chirurgia e infine Direttore S.C. Chirurgia all’Ospedale di Chivasso. È stato docente per 10 anni presso la Scuola Infermieri Professionali dell’Ospedale Molinette di Torino.

Autore di più di 50 pubblicazioni in tema di Chirurgia, ha tenuto relazioni in molteplici Congressi Scientifici Regionali, Nazionali e Internazionale, ha eseguito più di 15.000 interventi chirurgici di piccola, media, alta e altissima chirurgia addominale. Attualmente Libero Professionista, presta Servizio presso la Casa Di Cura San Luca di Pecetto Torinese come chirurgo ed endoscopista ed è Direttore Sanitario della GENEA Biomed di Chivasso.