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Il MAUTO celebra la corsa leggendaria con una mostra dedicata alla Mille Miglia

12 giugno – 29 settembre

 

UN VIAGGIO LUNGO MILLE MIGLIA

Il MAUTO celebra la corsa leggendaria con una mostra

realizzata in collaborazione con il Museo Mille Miglia di Brescia.

 

Apre la giornata la seconda edizione de “La Millemiglia delle idee”, una maratona di talk con cinque ospiti d’eccezione moderati da Gianluigi Ricuperati.

Performances e visite guidate a seguire.

 

In occasione del primo traguardo di tappa a Torino della 42esima edizione della Mille Miglia, il MAUTO – Museo Nazionale dell’Automobile celebra la corsa più bella del mondo con la mostra UN VIAGGIO LUNGO MILLE MIGLIA: l’esposizione – realizzata in collaborazione con il Museo Mille Miglia di Brescia e visitabile nella project room del MAUTO dal 12 giugno al 29 settembre – racconta la storia della leggendaria corsa, un’epopea durata un trentennio – dal 1927 al 1957 – e per la quale gareggiarono su un percorso di “1000 Miglia” i campioni più celebri del periodo.

 

Il percorso espositivo racconta i tre decenni della corsa, con una particolare attenzione agli anni più significativi: il 1927, data della prima edizione, il rilancio dopo la guerra nel 1947 e il 1957, l’anno del trionfo di Taruffi e del tragico epilogo. A ciascuno di questi anni corrisponde una tappa fondamentale nella storia della Mille Miglia: Brescia, il luogo dove tutto ebbe inizio; Torino, simbolo della ripresa nel dopoguerra; Roma, la tappa che unisce l’Italia da nord a sud e città della vittoria amara di Taruffi.

 

Sono tre i livelli del racconto, ciascuno sostenuto da una specifica tipologia di materiale: il dietro le quinte della gara – illustrato da un’ampia selezione di materiali originali esposti in teca, in gran parte inediti, provenienti dall’archivio Mille Miglia che raccontano i preparativi alla gara, le lettere delle scuderie, i rapporti con gli organizzatori e i materiali degli addetti ai lavori; l’emozione della gara in presa diretta, con fotografie e filmati d’epoca che mostrano i protagonisti della corsa, le loro imprese sulle strade impervie del percorso e la partecipazione calorosa del pubblico; il fascino popolare della gara nel cinema: una selezione di filmati cinematografici – dalla cronaca dell’Istituto Luce al cinema d’autore di Wes Anderson – che rappresentano in maniera spettacolare, controversa e talvolta onirica una gara che ancora oggi affascina e offre spunti di riflessione.

 

LA MILLEMIGLIA DELLE IDEE

12 giugno / dalle h 17 alle h 19 – Talk / Piazza del MAUTO

In occasione della partenza della Mille Miglia da Torino e nella giornata di apertura della mostra – mercoledì 12 giugno, dalle 17 alle 19 – il MAUTO presenta la seconda edizione delle Millemiglia delle idee dal titolo Passaggi e paesaggi. Come la corsa più bella del mondo svela e rivela la storia e la geografia d’Italia: la rassegna di interventi e storie curata da Gianluigi Ricuperati che nel 2023 aveva inaugurato le celebrazioni per i 90 anni del Museo, portando esponenti dell’umanesimo contemporaneo a parlare di cultura dell’Automobile.

Si alterneranno nella piazza del MAUTO nomi di spicco del panorama culturale italiano per esplorare i diversi modi con cui la corsa più importante d’Italia si è intrecciata con le vicende storiche del Paese, con il paesaggio e con i temi, oggi fondamentali, della mobilita sostenibile. 

 

Il link per la prenotazione all’evento è https://ticket.museoauto.com/categoria/un-viaggio-lungo-millemiglia/

 

IL MAUTO IN PIAZZA SAN CARLO CON TRE VETTURE DELLA SUA COLLEZIONE

11 giugno / dalle h 15 alle h 23.30

Esposizione/ Piazza San Carlo

Il MAUTO sarà presente in Piazza San Carlo – martedì 11 giugno, a partire dalle ore 15 – con tre esemplari della sua collezione, ciascuno dei quali rappresenta una tipologia di vettura che ha partecipato a “corse epiche” su strada. La Fiat 8 HP del 1901 ha preso parte al primo Giro d’Italia nel 1901, la Itala 34/45 Pechino Parigi del 1907 ha partecipato e vinto al 1° raid internazionale attraversando Asia ed Europa e la Lancia D24 del 1953 ha preso parte alla famosa Carrera Panamericana attraversando l’America da Nord a Sud.

 

 

Al Circolo del Design “L’ecologia è sociale, in pratica”

La seconda edizione di “Earthrise – Design for a Living Planet”

Fino al 16 dicembre

La presentazione qualche giorno fa, ma c’è tempo fino a lunedì 16 dicembre prossimo per visitare, negli spazi del “Circolo del Design” (via San Francesco da Paola 17, a Torino) la seconda edizione di “Earthrise – Design for a Living Planet”, l’appuntamento culturale annuale “finalizzato a diffondere visioni, ricerche e progetti del mondo del ‘design’ atti a incidere sulla sostenibilità della vita sul nostro pianeta”. Curata da  Salvatore Peluso – giornalista freelance, educatore e curatore indipendente – la mostra presenta al pubblico otto progetti principali, oltre a due progetti speciali con un focus specifico su “L’ecologia è sociale, in pratica”, ovvero sul ruolo del design come strumento progettuale interdisciplinare (che spazia dall’architettura all’economia, dalla teoria politica e sociale all’antropologia, fino alle scienze naturali) attraverso il quale realizzare “piani di sostenibilità ambientale” tramite il coinvolgimento attivo della comunità. Ad accomunare i lavori dei designer e architetti esposti è il loro approccio culturale. “Sono progettazioni – sottolinea il curatore – che nascono dalla riflessione sulle più urgenti questioni sociali emerse in relazione alla crisi ambientale globale, e si sviluppano attraverso azioni collettive che producono un effetto trasformativo sulle comunità in cui questi progetti agiscono”.

“Con la seconda edizione di ‘Earthrise’ – commenta la direttrice Sara Fortunati  al ‘Circolo del Design’ confermiamo il nostro impegno culturale per contribuire a far emergere le voci del design che – attraverso progetti, pratiche e sperimentazioni – riflettono e agiscono su temi sociali e politici urgenti in relazione all’emergenza climatica globale: 10 progetti emblematici in una mostra che vedrà partecipi anche le scuole con le loro studentesse e i loro studenti, un progetto di residenza che lavora attivamente con comunità della città, un programma culturale coinvolgente e articolato per diffondere nuovi approcci sistemici e collettivi radicati in una prospettiva ecologica contemporanea.

L’iter è ricco e decisamente curioso rispetto alla multiforme “creatività” espressa dagli operatori coinvolti in mostra.

Si va dal “Tavolo Fulcrum”, opera del palermitano “Marginal Studio” e caratterizzato da intarsi realizzati con legno di “mango” – pianta alloctona tipica dei Paesi tropicali – al fine di “integrare culture e creare imprese sostenibili” attente agli effetti del riscaldamento globale sulla scelta dei materiali artigianali in Sicilia, alla “PET Lamps”, progetto ideato dallo spagnolo Alvaro Catalàn De Ocòn (“Premio di Design Spagnolo 2023”) e caratterizzato dalla trasformazione di bottiglie di plastica “PET” riciclate in lampadari unici, utilizzando tecniche artigianali tradizionali.

Ancora italiano il progetto del milanese “Studio Gisto” dal nome “Cantiere Aperto”, in cui sabbie ed inerti, macerie di cantieri edili, diventano semilavorati per la realizzazione di nuovi oggetti destinati alla comunità. E italiano è pure “Tabula Bosco Colto”, installazione del Collettivo calabrese “Makramé APS”, volto ad esplorare le ecologie del territorio dell’“avanfossa Gela-Catania” attraverso “terrari” che raccontano le diverse ecologie presenti nella zona. Dalla Germania arriva, invece il progetto del Gruppo di architetti “Raumlabor” impegnati a trasformare in un “ecosistema unico” un bacino pluviale parzialmente contaminato dell’ex aeroporto di Tempelhof e dall’Olanda “Vedere un mondo in un granello di sabbia” di “Atelier NL” impegnato a mappare la terra attraverso “campioni di sabbia” provenienti da tutto il mondo e trasformati “in vetro”. Il pugliese “Post Disaster” è invece un collettivo interdisciplinare di quattro architetti, la cui ricerca utilizza la metafora del disastro – “Post Disaster Rooftop” – come lente territoriale per comprendere le tensioni globali e porta in mostra, prendendo a esempio la città di Taranto, il tema della “lista ONU” delle “zone di sacrificio”HouseEurope!, è un’iniziativa promossa dalla piattaforma di insegnamento e ricerca Station+ (s+)”,  dell’Istituto per il Design ETH Zurigo” e dallo studio di architettura “B+” per promuovere la riqualificazione degli edifici, in luogo della loro demolizione. In chiusura, il decimo progetto in mostra sarà rappresentato dal risultato della “residenza” attivata e ospitata dal “Circolo del Design” dal 16 settembre al 5 novembre prossimi, esito del bando europeo “Culture Moves Europe”, finanziato dall’Unione europea e dal “Goethe Institut”. La residenza coinvolgerà un “designer europeo” che lavorerà su Torino collaborando con comunità, artigiani ed esperti interdisciplinari. L’esito della “residenza” sarà presentato in mostra in concomitanza della “Torino Art Week”.

Gianni Milani

“L’ecologia è sociale, in pratica”

Circolo del Design, via San Francesco da Paola 17, Torino; tel. 331/4321195 o www.circolodeldesign.it

Fino al 16 dicembre

Orari: dal lun. al ven. 14/19

 

Nelle foto: Parte allestimento (Ph. Riccardo Giancola); Sara Fortunati, direttrice “Circolo del Design”; Alvaro Catalàn De Ocòn “PET Lamps” (Ph. OioVivoFoto); Makramé APS “Tabula Bosco Colto”

Sofar Sounds: l’evento musicale misterioso a Torino

E’ un venerdì sera qualunque a Torino, una di quelle serata che portano con il sapore di un’ estate che fa fatica ad arrivare ma che mette ugualmente voglia di uscire. Per questo si va in centro, al civico 45/A di Via Maria Vittoria dove ha sede quella che un tempo era una ex officina trasformata ad oggi una vera e propria boutique di architettura che prende il nome “Officina8A”.

Lo studio d’architetti associati è uno spazio bellissimo in cui, tra ampie scrivanie e pianti rampicanti, si ha la sensazione di essere in un luogo in cui la creatività fa da padrona. Ed è questa la perfetta location che Sofar Sounds Torino ha scelto per ospitare il concerto del mese di maggio.

Sofar Sounds un format internazionale- nato a Londra nel 2009 ed oggi attivo in più di 400 città in tutto il mondo spaziando da Parigi a New York Cityla cui intenzione è quella di trasformare uno spazio inusuale in una location per concerti intimi e delicati dove la musica faccia da padrona assoluta alla scena. Non solo il luogo, ma anche le modalità di fruizione sono diverse da quello a cui siamo normalmente abituati: gli spettatori possono sedersi direttamente per terra o su cuscini e portarsi qualcosa da bere da casa e, proprio da lì, assistere al concerto che prende vita nella stanza. Questo ambiente crea immediatamente un’atmosfera intima data dalla forte vicinanza- fisica ed emotiva- tra l’artista e il pubblico e da vita ad una vera e propria magia.

L’intenzione del format è quella di plasmare un’ irripetibile atmosfera che è non è realizzabile in altri luoghi e che vuole esprimere dal nome scelto per questo evento ovveroSofarche sta per songs from a room”, canzoni da una stanza, ideata dai creatori da Rafe Offer, Rocky Start e Dave Alexander.

Il centro della scena rimane la musica, che viene appositamente scelta dalla squadra di curator di ciascuna città che selezionano gli artisti per la serata tra band emergenti, ma anche cantanti affermati. In alcuni Sofar internazionali hanno preso parte alle esibizioni anche alcuni cantanti che avrebbero poi calcato i palchi di tutto il mondo.

E anche a Torino, l’ultimo venerdì di maggio, questa magia si è ripetuta al Sofar che si è svolto nello studio di “Officina8A” dove per più di due ore si sono esibiti 3 artisti che hanno avuto la capacità di intrattenere il pubblico con la musica da loro scritta e prodotta. Diversi per stili e tipologia di approccio musicale, l’ultimo Sofar Sounds Torino ha ospitato gli artisti Zoë,
Leandro
e il gruppo The Spell Of Ducks. La diversità di genere musicale dei 3 protagonisti ha permesso al pubblico di spaziare su note e stili molto diversi fra di loro dando la possibilità di sperimentare di diversi sound, che hanno reso l’intrattenimento ancora più interessante. L’organizzazione del Sofar Sounds Torino è curata da un impeccabile squadra di volontari che, grazie ad una perfetta organizzazione, gestiscono tutte le sfumature dell’evento: dal marketing, alla scelta degli artisti, passando per la selezione del locale alla comunicazione via social.

Il team torinese è composto da Bruno Bertelli (curator), Giacomo Bera, Elena Rajteri e Giovanni Zabardi (alla produzione), Asya Benedini (alla Direzione artistica), Carlo Conversano
(
fotografo), Vittorio Elia e Alberto Costa (in qualità di videomaker) e da Angelo Tarditi, Matilde Capello (alla comunicazione).

Per partecipare ai prossimi eventi torinesi è necessario inserire la propria email sul sito ufficiale dell’evento (https://www.sofarsounds.com/) e, se selezionati, si dovrà attendere la conferma. Da lì a pochi giorni prima dell’evento verrà comunicata la location, che rimane misteriosa fino all’ultimo momento. Sofar Sounds si conferma, quindi, come un’iniziativa internazionale unica nel suo genere che finalmente anima la notte anche della nostra città.

Valeria Rombolà

Dilettanti allo sbaraglio

Il titolo, per chi abbia almeno 60 anni, porta alla memoria la mitica trasmissione “La corrida” andata in onda per molti anni dove persone che non si erano mai esibite in pubblico cercavano il loro momento di notorietà; va da sé che, comunque fosse andata, non avrebbero creato alcun problema né all’emittente, né a loro stessi né al pubblico.

La ormai imminente tornata elettorale ripropone il problema dei dilettanti allo sbaraglio ma, in questo caso, con il rischio che i danni siano irreparabili.

Non so quanti di voi abbiano avuto esperienze politiche a vario livello (dai Comuni alle Regioni, al Parlamento italiano fino al Parlamento europeo): basta assistere ad una seduta di un Consiglio comunale o di una Giunta per rendersi conto di quanto sia complessa la macchina amministrativa, quanto la burocrazia sia tentacolare, quanto siano farraginose le norme da rispettare e quanto difficile sia riuscire a mettere d’accordo tutti i componenti di un’istituzione.

Io ho cominciato a seguire la politica al liceo, all’età di 16 anni, quando vi furono le Elezioni del Parlamento europeo del 1979 e, dunque, ho accumulato una discreta esperienza, anche se la politica attiva mi vede attore solo da 5 anni, da quando cioè sono stato eletto Consigliere comunale.

Alcune norme, non lo nego, sono ancora ostiche anche per me, perché non tutti i casi si verificano periodicamente e, dunque, ho spesso bisogno di ripassare elementi di diritto amministrativo, il Testo unico degli enti locali, il Codice civile e, soprattutto, di mantenermi continuamente aggiornato ad ogni modifica della legislazione o della giurisprudenza.

Quest’anno, come ogni moda che si rispetti, vedo ovunque perfetti sconosciuti della politica candidarsi nelle liste degli oltre 3500 Comuni che rinnoveranno la loro amministrazione o, se proprio hanno un ego ipertrofico, in quelle regionali. Conosco almeno una decina di persone che hanno accettato la candidatura offerta loro da liste civiche o da partiti e, cosa che mi spaventa come cittadino, pensano di essere in grado, in caso di elezione, di poter gestire la res publica con relativa facilità (“una volta lì imparerò”, “leggerò qualche manuale”, “chiederò a qualcuno più esperto” e così via).

Ho avuto già modo, su queste pagine, di parlare della Sindrome di Dunning-Kruger, cioè di quella deformazione cognitiva per cui gli incapaci totali si sentono totalmente qualificati mentre, al contrario, chi è veramente esperto dubita spesso di sé e delle proprie capacità.

Se a questa distorsione aggiungiamo il bisogno compulsivo di ottenere soldi e fama ecco che la calata dei barbari è spiegata. Qualcuno ha spiegato ai candidati al consiglio comunale che, almeno nei comuni con meno di 5000 abitanti, non vi è stipendio ma solo un gettone di presenza di 18 euro lordi a seduta? Le sedute si tengono, di norma, ogni mese o due, ma se sei onesto lavori, e molto, soprattutto quando non sei in seduta.

Sanno la differenza tra delibera e determina? Tra Consiglio e Giunta? Tra Decreto Legge e Decreto Legislativo? E tra Parlamento e Governo? Quale potere esercita uno e quale l’altro?  Con la scomparsa dell’educazione civica dalle nostre scuole, al disinteresse atavico degli italiani per la politica (quello degli anni ’70 era fanatismo) si aggiunge l’ignoranza mai colmata da letture in privata sede, stante che gli italiani leggono, grasso che cola, un libro l’anno ciascuno.

Per non fare figure da asino vestito a festa, consiglio a quanti abbiano voglia di buttarsi in politica (il termine rende bene l’idea dell’agone politico nel quale si scende con l’elezione) e a quanti siano già candidati, di ammettere con estrema umiltà la propria incapacità, la propria ignoranza e suggerisco loro di seguire, magari in rete, i tutorial di educazione civica, di politica, di diritto amministrativo e costituzionale.

Dato che non ve l’ha ordinato il medico e che, se sbagliate o violate una delle innumerevoli norme, poi sono dolori (per gli amministratori locali non esiste l’immunità) perché non provate per una volta a fare le cose con criterio, in modo serio e professionale, dedicandovi il tempo necessario sottraendolo, e giàqui sarebbe una vittoria, ai giochini sullo smartphone o aiprogrammi TV per decerebrati?

Sergio Motta

L’imbarazzante presentazione…

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File di lampadine illuminavano la festa. I tavoli e le panche di legno, per l’occasione, erano stati rimessi a nuovo da Bepi Venier. Ripuliti, passati meticolosamente con la spessa carta vetrata e tonificati con una mano abbondante di essenza di trementina e poi di coppale, una resina dura, traslucida, delicata d’odore

La scelta del colore, un bel marrone carico, non era stata dettata da ragioni estetiche ma dalla necessità: erano le uniche due latte di vernice che Aquilino Bonello era riuscito a recuperare gratis da un suo vecchio cliente. Dunque, di necessità si fece virtù. La cucina, protetta da una struttura in tubi Innocenti, era stata montata su di un pavimento in mattonelle di ceramica posato da Teresio che in gioventù si era distinto come onesto artigiano piastrellista. Mariuccia era stata nominata, con il consenso di tutti, comandante in capo per le operazioni di cucina. Insieme a due amiche, Luisella e Adelaide, e a tre aiutanti a far da garzoni aveva predisposto un piano di battaglia adeguato. “Mettere insieme pranzo e cena per un oltre un centinaio di commensali per volta non è semplice”, ripeté per giorni, facendosi pregare. Maria era fatta così. Le piaceva fare la preziosa ma era solo scena; in fondo era ben contenta di farsi in due per la buona riuscita della prima festa dei pescatori del lago di Viverone, al campo sportivo di Azeglio. Lo specchio d’acqua dolce era il terzo lago più grande del Piemonte, situato tra l’estrema parte nord-orientale del Canavese e  e l’estrema parte meridionale del Biellese. E quella festa era davvero molto importante. Così come il contributo di Maria. La sua era una presenza indispensabile. Senza i suoi consigli e, quando capitava, senza il suo tocco, non ci sarebbero state quelle cene a base di pescato del lago che ogni mese venivano organizzate all’Osteria del Coregone Dorato. Nell’occasione aveva deciso di chiudere per tre giorni il locale, trasferendosi alla festa. Gran cuoca, dal cuore generoso e senza un’ombra di avarizia, non vedeva l’ora di poter raccontare a tutti i segreti della sua cucina. Immaginiamo che possa apparire come una stranezza, visto e considerato che i cuochi, di norma, sono gelosissimi dei loro segreti. Ma la nostra Maria  era convintissima di un fatto: a fare la differenza non erano solo ingredienti e tecniche ma il tocco, lamano. E su quello non temeva confronti. Un esempio, così a caso? La scorsa settimana, mentre si parlava del più e del meno, ci disse a bruciapelo: “Volete sapere come si fa la pastella per la frittura delle alborelle?” Non abbiamo fatto in tempo ad aprir bocca  che stava già declinando la ricetta. “Dovete versare in una terrina duecentocinquanta grammi di farina. Ci aggiungete due cucchiai di olio extra-vergine di oliva  e un pizzico di sale fino. Versate a poco a poco un bicchiere di birra chiara. Fatelo molto lentamente, sbattendo man mano con una forchetta, così evitate che si formino grumi. Con una quantità d’acqua sufficiente, a occhio, si ottiene una bella crema. Sapete montare gli albumi a neve? Bene. Ce ne vogliono sei. Quando sono pronti, li aggiungete alla pastella, mescolando ben bene dal basso verso l’alto. A questo punto non vi rimane che passarci i pescetti prima di tuffarli nell’olio bollente”. Tirò il fiato solo al termine della lezione,servendoci un gran piattone di quelle prelibatezze poichè Maria, mentre parlava, cucinava.

Gli architravi della nostra organizzazione, oltre a lei, erano Duilio e Giurgin. Per la scelta del vino occorreva un intenditore. Chi meglio di Jacopo di Piverone poteva vantare competenza e passione? Marcato stretto, evitando che si perdesse via in troppi assaggi, indicò nel vino da tavola di un produttore di Carema il migliore in assoluto. “Questo va bene per tutti i palati, anche per quelli più esigenti”, sentenziò, accompagnando le parole con un sonoro schiocco della lingua. Occorreva però una padella bella grande, larga quanto le braccia di Goffredo. Ma a questa aveva pensato Tomboli, che di nome faceva Mariano, operaio in un’impresa artigiana. L’aveva costruita un po’ per volta, sfruttando la pausa del pasto di mezzogiorno. Svuotata con quattro avide cucchiaiate la minestra della schiscèta, si metteva al lavoro. Batteva la lastra, ripiegando il metallo per ottenere un bordo abbastanza alto da non far schizzare fuori l’olio. Il fondo era doppio, robusto. Sul manico, saldato alla padella, aveva applicato un’impugnatura di legno, fissata con quattro viti. Per friggere i pesci in quantità era una cannonata. Se quella di Camogli rimaneva la padella per la frittura di pesce più grande d’Italia, quella di Mariano è la più capiente e robusta del lago di Viverone. Oreste si è fatto avanti per averne una uguale ma Mariano non aveva sentito ragioni. “Paganini non ripete. Non è questione di soldi o di tempo. E’ che una volta fatta una padella così, con tutta la passione che ci ho buttato dentro, non credo di poterne fare una uguale. Per non far brutta figura, rinuncio”. Così, tra mega padelle e tanta buona volontà, la festa di Azeglio si aprì con un successo da non credere: tanti, tantissimi in coda per le razioni di frittura dorata, sfrigolante nell’olio d’oliva. Gli amanti del pesce non avevano che l’imbarazzo della scelta, degustando alborelle, trote, salmerini, tinche, carpe, persici, lucci e soprattutto gli immancabili coregoni impanati e fritti, marinati in carpione, proposti in umido con le verdure e il bagnetto. Come tutte le associazioni che si rispettino, anche la Società Pesca Libera Lago Viverone – dall’impronunciabile e scivoloso acronimo SPLLV – aderiva ad un organismo che di tutela e rappresentanza come la Fips, la federazione della pesca sportiva. Così, nell’intenzione di fare le cose per bene, venne invitato il delegato provinciale, un tal Giampiero Nuvoloni di Chivasso, per un saluto.

Il delegato, un omone di oltre cento chili, dal colorito rubizzo e con una imponente zazzera di capelli sale e pepe, si presentò puntuale. Gli avventori riempivano i tavoli e in gran numero stavano già onorando la cucina di Maria. Lui, guardandosi attorno compiaciuto, si avviò verso il microfono con Giurgin , al quale era stata affibbiato l’incarico di cerimoniere. Schiarita la voce con un colpo di tosse, accingendosi a presentare il dirigente della Fips, Giurgin iniziò a sudar freddo. Si era scordato il nome di quest’omone che, alle sue spalle, pareva incombesse su di lui, basso e mingherlino, con tutta la sua mole. Un vuoto di memoria improvviso e imbarazzante. Come diavolo si chiamava? Nugoletti, Nivolini, Nuvolazzi? Oddio, che guaio. Che fare, a quel punto? Non aveva alternative. Decise di stare sul generico e quindi, con tutte le buone intenzioni, provò a dribblare la difficoltà del momento, pronunciando poche ma decise parole: “Amici, cittadini, pescatori. E’ un onore ospitarvi e un privilegio dare la parola al.. mio didietro”. Le risate, soffocate a malapena, si sprecarono. Il Nuvoloni, che si trovava alle  spalle del povero Giurgin, si ritrovò in mano il microfono. Rosso in volto e schiumante di rabbia, lo avvicinò alla bocca quasi volesse morderlo o mangiarlo. L’altoparlante gracchiava di brutto e questo non aiutò la comprensione. Chi poté udire le parole dell’iracondo delegato Fips giurò in seguito che non fu un discorso particolarmente memorabile. Comunque, dopo meno di cinque minuti, il signor Giampiero, scuro in volto come il lago durante una tempesta, restituì il microfono e se ne andò, incavolato nero, senza guardare in faccia nessuno. Giurgin, affranto, piagnucolava: “Non l’ho fatto apposta. Ero in pallone e mi è venuta fuori così”. La sensazione che tutti ebbero era che, per un bel po’, difficilmente si sarebbe ancora visto da quelle parti il Nuvoloni e, molto probabilmente, anche gli altri della Fips. La festa azegliese, comunque, finì in gloria e allegria, consolando Giurgin con un allegro e chiassoso “prosit”!

Marco Travaglini

“Pittura a bocca”. Tutto è possibile

Prosegue a Torino “Oltranza Festival”, l’arte dell’incontro “contro ogni barriera”, per la totale accessibilità ai luoghi della cultura

Domenica 9 giugno, ore 16,30

“Ho capito che per non essere vittima della mia ‘disabilità’ e di una società che categorizza le persone in diversità inesistenti, bastava soltanto che mi guardassi dentro: per comprendere chi fossi davvero, quali erano le mie potenzialità e cosa avrei potuto dare al Mondo”: in queste parole di grande profondità, coraggio e verità, pronunciate da Francesco Canale, artista poliedrico (pittore, scrittore, autore teatrale/musicale nonché performer) ed imprenditore, nato senza braccia e senza gambe e promotore del “Laboratorio di Pittura a Bocca” inserito all’interno di “Oltranza Festival” (progetto delle Associazioni, affiliate Arci, “Indiependence” e “Soundset APS”), c’è tutta l’essenza di un’impresa – concretizzatasi in un vero e proprio “Laboratorio” – nata dall’idea di “focalizzarsi sulla soluzione e non sui problemi” utilizzando per dipingere, nello specifico caso, non le mani, ma la bocca. Impresa non facile. Ma fattibile, ci insegna Canale.

Dopo aver realizzato una “nuova rampa” che rende agibile a tutti lo spazio sotto palco di “Magazzino Sul Po”, “Oltranza” torna dunque domenica 9 giugnoalle 16,30, questa volta nelle “Raffinerie Sociali” di Via Fagnano 30 int. 2, con la nuova iniziativa dedicata, per l’appunto, ad un Laboratorio di Pittura a Bocca” “Usa la testa Experience”. Finalità, quella di fondere l’esperienza laboratoriale con il divertimento per permettere ai partecipanti di prendere parte non solo ad un “Laboratorio di Pittura” ma anche al “primo gioco al mondo” in cui è vietato utilizzare le mani.

Al termine dell’ “esperienza di gioco e laboratorio”, seguirà un’intervista con aperitivo in compagnia di Francesco Canale intervallata da letture, tratte dal suo libro “Le Corde dell’Anima” (Editore “Scatole Parlanti”) con accompagnamento musicale dal vivo.

Queste nuove iniziative confermano, ancora una volta, la vocazione alla “multidisciplinarietà” propria di “Oltranza Festival” che abbraccia ogni disciplina e che si caratterizza, rispetto agli altri Festival, mantenendo sempre saldo – nell’organizzazione di un evento – l’obiettivo di rendere totalmente accessibili i luoghi della cultura in città. 

Di qui anche il suo impegno nel rendere finalmente accessibile a chiunque, come detto, lo spazio sotto palco ai Murazzi di Torino di “Magazzino Sul Po”, con una nuova rampa da poco installata e ulteriore importante tappa nel lento (ancora troppo lento!) cammino verso una maggiore inclusione sociale da parte della Città.

E questo significa anche – racconta Gigi “Bandini” Cosi, presidente di ‘Indiependence’ – che il Festival non è rivolto solamente alle persone con disabilità, ma a tutte e a tutti, con la convinzione che sia l’incontro l’elemento più potente che sperimentiamo nella vita”.

In piena corsa “Oltranza”, arriverà con il suo ricco palinsesto fino al 15 settembre prossimo e toccherà il culmine nei tre concerti organizzati a “Spazio 211” (ore 19/24), in via Cigna, per domenica 7 luglio.

Il ricavato del Festival è destinato in parte al finanziamento di una “borsa di studio” in “Disability Management & Inclusive Thinking” presso la “SAA” di Torino e in parte alla realizzazione di interventi di abbattimento di barriere architettoniche in circoli culturali non ancora accessibili.

Al progetto di “Oltranza Festival” hanno anche collaborato (insieme a “Indiependence” e a “Soundset APS”) “LISten APS”, “Magazzino sul Po” ed “Anomalia Teatro”, con il sostegno di “Fondazione Time2”, di “Arci Torino” e “Apic” e con la collaborazione di “Si può Fare”, “CPD”, “SAA – School of Management” e “Quattrolinee”.

Per info, programma e biglietti: www.oltranzafestival.it

g.m.

Nelle foto: immagini di repertorio (pittura e giochi) e Francesco Canale

Bennet promuove il talento

Il 2024 di Bennet si conferma come un anno all’insegna della promozione del talento, sul territorio ma anche all’interno all’azienda. Si è svolta infatti  presso la sede di Montano Lucino la cerimonia di premiazione di ‘Il bello di stare insieme’, una delle ultime iniziative promosse da Bennet per esercitare concretamente un ruolo attivo generando valore culturale e sociale.

Il progetto ‘Il bello di stare insieme’ ha visto la collaborazione dell’azienda con gli studenti del corso di Design del Tessile della Scuola Oliver Twist di Cometa, realtà impegnata nell’accoglienza e nella formazione di ragazzi e ragazze. Agli studenti Bennet ha chiesto di disegnare la prossima collezione, la quarta, delle nuove shopper riutilizzabili. La relazione di Bennet con Cometa, già attiva in passato, si è così aperta a una nuova prospettiva: da sostegno economico con contributi diretti o raccolta fondi, si è trasformata in una vera partnership educativa e formativa con lo sviluppo congiunto di un progetto tangibile.

Per la scuola Oliver Twist, fondata nel 2003, si è trattato di un incarico professionale conferito da un cliente esterno. Non un’esercitazione, quindi, ma un lavoro che ha messo gli studenti a confronto con strategie e azioni di comunicazione e design, dalla condivisione di un brief alla realizzazione dei prototipi da portare in produzione. Consigliati da Bennet e dai creativi dell’agenzia di comunicazione di Bennet stessa, DDB Italia, i ragazzi e le ragazze di Cometa hanno sviluppato numerose proposte originali intorno al concept che dà il nome all’iniziativa, ‘il bello di stare insieme’.

La scelta finale è caduta sui soggetti presentati da Vittoria Sommaruga, che con la tecnica del fumetto e un tono di voce sorridente e lieve ha rappresentato i possibili dialoghi tra una pasta a forma di farfalla e un pomodoro, un pezzo di formaggio e una pera, tra il pane ed il cioccolato.

Vista l’alta qualità dei risultati ottenuti, Bennet ha deciso di valorizzare anche altri lavori particolarmente meritevoli: Cristina Croci e le sue bustine del the piene di messaggi; Linda Secchi e l’idea della lista della spesa in cui non deve mancare l’amore; Giulia Villa e i suoi insoliti disegni sull’energia yin e yang dei cibi e Martina Leo con un originale puzzle di frutta e verdura.

Collaboriamo da tempo con Cometa, una delle realtà educative più significative del nostro territorio – ha dichiarato Riccardo Ranucci, direttore marketing e comunicazione di Bennetne conosciamo la serietà e l’impegno verso i giovani. Sono i partner più adatti per incidere in modo responsabile e socialmente utile sul territorio e sulle nuove generazioni. È di straordinaria importanza investire sul futuro e sulla professionalità di chi sta diventando adulto. Volevamo che i giovani delle classi selezionate da Cometa per il nostro progetto entrassero in contatto con il mondo del lavoro e ne conoscessero i meccanismi, pur in un contesto protetto. Mettersi alla prova su progetti reali, che non restano sulla carta ma sono destinati ad andare in produzione, è un buon modo per rivelare talenti e capacità, testando il mondo del lavoro e le logiche che adotta. Bennet è stata premiata con risultati eccellenti e un ottimo sforzo creativo di tutti”.

Gli studenti hanno accettato la sfida della commessa con entusiasmo ma anche timore, vista l’importanza del compito assegnato – ha commentato Silvia Testin, tutor della Scuola Oliver Twist di CometaNel percorso fatto sono stati molto utili i feedback in ogni fase di progetto da parte dei professionisti della comunicazione di Bennet. Hanno aiutato ragazzi e ragazze a concretizzare l’idea creativa e il suo sviluppo. Uno sguardo diverso, esterno alla scuola, sui loro elaborati è stata occasione di confronto e di crescita critica importantissima”.

Il lancio della nuova collezione delle shopper Bennet è previsto per la fine del 2024. Una quota delle borse vendute sarà devoluta a Cometa.

Negli ultimi anni, Bennet ha investito risorse e tempo nella preparazione dei propri collaboratori e nella valorizzazione dei loro talenti, con oltre 30mila ore di training nel 2023, dedicate a tutti i livelli professionali dell’azienda.

Dal people management che attraverso un percorso di sensibilizzazione permette di rafforzare in azienda la cultura del feedback, al percorso di e-learning, dedicato alle cassiere fornendo gli strumenti per interpretare e gestire le obiezioni dei clienti, aumentando così consapevolezza e benessere delle operatrici stesse.

Per i collaboratori che nei punti vendita operano nei reparti freschi di salumeria, gastronomia, ortofrutta sono stati svolti corsi in collaborazione con l’Università dei sapori di Perugia e in partnership con società esterne di alta formazione, per approfondire e migliorare le conoscenze merceologiche e le competenze pratico – operative.

Bennet coltiva inoltre da tempo rapporto diretto con le scuole del territorio, in particolare con gli istituti alberghieri, per i quali struttura con regolarità percorsi formativi utili a orientare gli studenti avvicinandoli al mondo del lavoro nei reparti pasticceria, gastronomia, panetteria.

Essere al centro dell’attenzione del cliente per assortimento, qualità del servizio, richiede una ricerca costante e un rinnovamento continuo di organizzazione e di metodologie – ha aggiunto Adriano De Zordi Amministratore Delegato di BennetCiò che può essere appreso e migliorato può creare inoltre maggiore benessere per tutti. Essere preparati al cambiamento significa saper affrontare le sfide del futuro con la serenità di coloro che conoscono i mezzi per vincerle”.

Elaboriamo il lutto

Il lutto è stato, e per alcuni versi lo è tuttora, uno dei temi più sentiti dall’umanità che lo ha percepito (e lo percepisce) in modo diverso a seconda delle epoche, della cultura e della fede.

La morte di un individuo è vissuta, tanto dalla comunità a lui più vicina quanto, se famoso, da un pubblico molto più vasto, secondo regole codificate, a partire dai momenti immediatamente successivi alla morte, alla diffusione della notizia, all’abbigliamento dei parenti più stretti, all’inumazione o cremazione fino al periodo successivo, che può durare anni nel caso di una vedova in alcune zone anche dell’Italia.

Si ha nei confronti del “de cuius” un’attenzione, un senso del dovere che spesso non gli venivano tributati neppure in vita, temendo di attirarsi la sua ira dall’aldilà.

Il lutto assume spesso un aspetto esteriore quasi teatrale, con cori di donne pagate appositamente per lamentarsi, talvolta per persone che neppure conoscevano; è il caso di alcune zone del sud Italia dove, anche se in maniera minore rispetto ad alcuni anni fa, alcune donne siedono nella stanza dove giace il cadavere (se deceduto in casa) e cantano alcune litanie.

Un esempio famoso di cordoglio collettivo è quello citato nell’Iliade quando Ettore muore e la moglie Andromaca, la madre Ecuba e la compagna di suo fratello Paride, Elena, intonano un coro cerimoniale.

I tempi, poi, hanno modificato enormemente il concetto tanto dellutto quanto della concezione della morte stessa: sempre più persone scelgono la cremazione al posto della tradizionale inumazione sottoterra o della tumulazione in un loculo e, tra questi, alcuni scelgono di conservare le ceneri presso la propria abitazione ed altri di disperdere le ceneri in mare o in altro luogo, rinunciando ad avere un luogo dove recarsi a pregare e vedere l’ultima dimora del proprio caro.

Nei casi di morte improvvisa, soprattutto se il defunto era giovane ed in buona salute, è normale lo scoramento per la perdita improvvisa; immaginate, per esempio, quando muore un figlio, un evento innaturale al punto che in nessuna cultura esiste un vocabolo per designare chi perda un figlio come c’è, invece, per chi perde un genitore.

Molte persone non si rassegnano all’idea di perdere un congiunto che, magari dopo mesi o anni di malattia, riesce cessa finalmente di soffrire; l’egoismo ci fa pensare più al nostro dolore, alla perdita di chi ci è caro, di qualcuno che non potremo più vedere, sentire ed incontrare, anziché pensare che il morto ha finalmente raggiunto la pace.

Pensiamo soltanto alla dignità compromessa dalla necessità di farsi cambiare il pannolone, di essere accompagnato in bagno, messo a letto, vestito, lavato, ancor più se la testa è lucida ed è soltanto il fisico a non rispondere più.

Eppure, quasi nessuno ha mai messo al primo posto la serenità acquistata finalmente dal deceduto anziché il proprio personale dolore.

Avete mai visto i funerali a New Orleans? Il tipico rito funebre locale inizia con un corteo cui partecipano la famiglia con conoscenti ed amici, accompagnati da una banda di ottoni fino al luogo di sepoltura. Le musiche sono cupe, tristi: Al termine della sepoltura, il tono della musica cambia e la banda inizia a suonare motivi allegri, spirituals o melodie per indicare che ormai il corpo è stato “liberato” e la vita ricomincia.

Perché non possiamo anche noi concentrarci sulle sofferenze del corpo che cessano in virtù della morte? Il defunto ci vorrebbe tristi, addolorati per la sua dipartita o preferirebbe saperci sereni perché ha smesso di soffrire?

Uno scritto, erroneamente attribuito a Sant’Agostino, in realtà opera dello scrittore Henry Scott Holland recita:

La morte non è niente. Non conta.

Io me ne sono solo andato nella stanza accanto.

Non è successo nulla.

Tutto resta esattamente come era.

Io sono io e tu sei tu e la vita passata che abbiamo vissuto così bene insieme

è immutata, intatta.

Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.

Chiamami con il vecchio nome familiare.

Parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.

Non cambiare tono di voce,

non assumere un’aria solenne o triste.

Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.

Sorridi, pensa a me e prega per me.

Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima.

Pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. [..]”

Sergio Motta

Torino Pride 2024: “d’amore e di lotta”, in piazza per i diritti

 

Le strade di Torino torneranno a colorarsi il 15 giugno, quando la parata per i diritti e l’orgoglio delle persone LGBTQIA+ sfilerà per le vie del centro cittadino, portando con sé istanze e rivendicazioni di una comunità dalle tante sfaccettature e realtà, ma unita nella richiesta verso un modello di società più aperta, plurale e inclusiva.

Con il claim “d’amore e di lotta”, a sintesi del manifesto politico dell’iniziativa,  è stata presentata in conferenza stampa al Polo del ‘900 l’edizione 2024, luogo scelto dall’organizzazione in quanto riconosciuto come uno dei  punti di riferimento torinesi nei campi della ricerca culturale, storica e sociale, nonché nella diffusione dei valori della Resistenza, dell’antifascismo e della democrazia, valori che per il Pride costituiscono una guida su cui costruire la società del futuro e sui quali da sempre orienta la sua attività. Per la Città di Torino erano presenti il Sindaco Stefano Lo Russo, che ha ricordato l’importanza della lotta per i diritti, con particolare riferimento a quella portata avanti dai comuni italiani a favore delle famiglie omogenitoriali, e l’assessore alle Politiche Sociali.

La parata del Torino Pride si terrà sabato 15 giugno, con partenza prevista alle ore 16.30 da corso Principe Eugenio; da qui il percorso si snoderà lungo corso San Martino, via Cernaia, via Pietro Micca, piazza Castello, viale I° Maggio, viale dei Partigiani, corso San Maurizio, lungo Po Luigi Cadorna, per concludersi in Piazza Vittorio, dove su un palco allestito per l’occasione si terranno gli interventi di promotori, istituzioni e ospiti chiamati a dare voce alle istanze di tutta la comunità. Tra gli ospiti dell’edizione 2024 ci sarà Michele Bravi, cantautore italiano diventato popolare dopo la sua vittoria a X-Factor nel 2013, qui chiamato per portare il suo saluto e il suo supporto.

La manifestazione è organizzata dal Coordinamento Torino Pride, che anche quest’anno, in collaborazione con l’organizzazione del Disability Pride, ha posto particolare attenzione al tema dell’accessibilità: lungo tutto il percorso della parata è infatti prevista sia la presenza di staff volontario a disposizione dei partecipanti, sia quella del servizio della Croce Rossa Italiana mobile; sempre sul tragitto del corteo sono inoltre previsti dei punti di scarico sensoriale, più silenziosi e tranquilli; inoltre, per le persone che hanno difficoltà motorie, in testa alla parata ci sarà il bus City Sightseeing di Torino, oltre ad un servizio di navetta, allestito con la collaborazione di GTT, che da Piazza Vittorio riporterà i partecipanti al punto di partenza; infine davanti al palco sarà predisposta una zona a basso affollamento con posti a sedere, mentre tutti gli interventi che su di esso si susseguiranno potranno contare sull’interpretariato in LIS.

Infine, dalla collaborazione con Torino Fast Track City, anche quest’anno viene ripresa l’iniziativa che vedrà nella zona di arrivo della parata la presenza di un’area dedicata al test rapido per HIV e Sifilide, con personale sanitario specializzato. Verranno inoltre distribuiti materiali informativi e profilattici per promuovere l’accesso sicuro e senza stigmi alla sessualità in tutte le sue forme.

TORINO CLICK

BIWILD, il progetto per i giovani nato dai giovani

al 4 giugno al 7 giugno i primi appuntamenti della seconda edizione del festival dei giovani che animerà il Biellese

Un calendario ricco di attività, performance e workshop ideate da StileLibero a Palazzo Ferrero al fianco della storica Giornata dell’Arte di Cittadellarte – Fondazione Pistoletto in programma il 7 giugno

Concerto aperto al pubblico la sera del 6 giugno a Palazzo Ferrero.

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BIWILD, il progetto per i giovani nato dai giovani biellesi ideato da Città di Biella, Fondazione BIellezza, Associazione Stilelibero e Fondazione Pistoletto Cittadellarte, sta per tornare con un calendario ricco di appuntamenti dedicati al vivere la comunità attraverso esperienze culturali, creative e multisensoriali che sfruttano le potenzialità di un territorio che vanta storia e bellezze. I giovani, autentici promotori di un rinnovato impegno sociale orientato al futuro, sono il fulcro di un programma dedicato che mira a valorizzare le loro esigenze, sfruttando appieno il loro potenziale e coinvolgendoli attivamente

Nel palinsesto, una serie di attività interconnesse si fondono in un contesto che celebra il legame con la natura, dove l’elemento “Wild”, ovvero la “selva”, rappresenta la sfida quotidiana da affrontare attraverso forme espressive contemporanee.

Il programma vedrà susseguirsi diversi appuntamenti speciali a cominciare dal 4-5-6 giugno con la raccolta di workshop e performance legate all’arte in ogni sua forma ideati da Stilelibero fino al 7 giugno con la Giornata dell’Arte di Cittadellarte – Fondazione Pistoletto ormai un appuntamento fisso di inizio estate per i giovani studenti biellesi.

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Stilelibero svilupperà attentamente il tema della natura, dell’arte e dell’incontro culturale negli spazi di Palazzo Ferreroin collaborazione con artisti e figure professionali connesse con il vivere moderno. Si susseguiranno diversi workshop ed incontri culturali, come il laboratorio di arte urbana e street art condotto da Mrfijodor – artista urbano e muralista contemporaneo – nel quale si esploreranno le tecniche fondamentali, come lo spray e il pennello o quello di performing art guidato da Gigi Piana che offrirà uno sguardo inedito sulle possibilità espressive legate al corpo e alle molteplici vie in cui esso dialoga attraverso i linguaggi dell’arte contemporanea.

Artenaute-Dipartimento educazione Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli proporrà in esclusiva per BIWILD 2024 “mimETICA, esplorare la natura attraverso l’arte contemporanea”: un workshop in due giornate che intende legare i linguaggi e i materiali dell’arte contemporanea alla natura. La musica è invece protagonista del workshop “Vox UltraPop” con la partecipazione di Riccardo Ruggeri che creerà un percorso pratico per chi vuole iniziare a prendere consapevolezza della propria voce. Maria Laura Colmegna guiderà , il 4 giugno, l’avvolgente incontro culturale “Parole Selvagge” per esplorare lo strumento del diario quale mezzo di analisi di sé, di narrazione politica e storica. Sempre il 4 giugno alle ore 10.30 gli studenti delle scuole superiori saranno invitati a partecipare al workshop “Intervista a uno scrittore” con la possibilità di partecipare al concorso Una Domanda per autore, nell’ambito del Premio Biella Letteratura Industria, con protagonista Beppe Anderi. Nelle giornate del 4 e 5 giugno dalle ore 13.30, Simone Russo intavolerà una chiacchierata educativa, formativa e di confronto sul tema dell’alcol “mi diverto solo se bevo” che terminerà con la possibilità per gli studenti di preparare un cocktail analcolico. Infine, sempre il 4 giugno, Daniele Statella-Nuvolosa catturerà l’attenzione intorno al tema del fumetto con il workshop “Come creare un fumetto” fornendo spunti, riflessioni ed esperienze personali.

Artigianalità e spiritualità per creare il proprio animale guida attraverso il workshop “My Spirit Animal” condotto da Monica Mauro (Laboratorio la Locomotiva) in programma il 5 giugno: realizzare un manufatto utilizzando l’antica arte della cartapesta e sfruttando materiali di riciclo. Il mondo della navigazione e le sue opportunità saranno invece il tema centrale dell’inedito workshop “I mestieri del mare” condotto da Philippe Rousseau e soci LNI che forniranno un punto di vista professionale, architettonico ed ingegneristico sul mondo nautico a 360 gradi. 

Il fitto programma si conclude il 6 giugno con la produzione immersiva e partecipativa del Teatro Stalker “Steli”, alle ore 21.00 nei giardini di Palazzo Ferrero. Un evento divertente e vivace, “Steli” è una performance straordinaria, interattiva e colorata ideata da Gabriele Boccacini nell’ambito del progetto di ricerca Reaction realizzato in collaborazione con il dipartimento di Educazione del Museo di Arte Contemporanea del Castello di Rivoli (Torino). Gli spettatori diventano protagonisti attivi contribuendo alla creazione di una vera installazione contemporanea, formata da bastoncini colorati, la cui forma sarà definita dalla fantasia e dalla cooperazione di adulti e bambini mentre I performer ne tracceranno le fondamenta. A seguire, dalle 22.00 alle 24.00, chiuderà la serata il concerto “Kaliba” con Riccardo Ruggeri, Giovanni Panato, Giulia Nale, Alessio Fiore e I partecipanti del workshop con un modo diverso di fare “karaoke”. L’evento è aperto al pubblico e non necessita di prenotazione.

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L’ormai conosciuta e riconosciuta la Giornata dell’Arte e della creatività studentesca (GDA), che coincide e celebra l’ultimo giorno di scuola dei ragazzi biellesi delle scuole superiori di secondo grado, si pone come obiettivo, anche per questa edizione, la valorizzazione dell’espressione della ricchezza artistica. Presso gli spazi della Fondazione Pistoletto Cittadellarte, luogo collettore di co-autorialità artistica e di aggregazione giovanile, le idee dei giovani saranno raccolte e condivise attraverso un percorso condiviso di progettazione sviluppato attorno al tema “Espressione artistica, impatto sostenibile: la moda che ispira il cambiamento”. Questo evento inclusivo e totalmente gratuito, ormai inteso come un rituale che dal 1996 scandisce il momento di passaggio tra l’anno scolastico appena terminato e la pausa estiva, si rinnova grazie all’energia dei giovani, attivi promotori, ideatori e co-produttori dell’iniziativa insieme a Cittadellarte e Accademia Unidee.

Il programma della giornata del 7 giugno prevede, oltre alla parata creativa dalle 12.15 a tema “Vintage” che attraverserà le strade del centro di Biellalaboratori artistici espressivi (body painting, murales, foto e video making etc.), musica dal vivo, installazioni artistiche e momenti di dibattito sulle tematiche urgenti del contemporaneo (parità di genere, ecoansia, giustizia climatica, ecofemminismo etc..) che trovano nel dispositivo del “salotto urbano” l’occasione di confronto libero senza pregiudizi. Una giornata per celebrare la vitalità di una città giovane, piena di idee, entusiasmo e creatività, impegno e partecipazione. Nel pomeriggio segnaliamo il corner dedicato a “Fashion Revolution Italia”, in collaborazione con Fashion B.E.S.T Cittadellarte e gli studenti di Accademia UNIDEE, lo SWAP party, la creazione di un punto di ritiro di vestiti usati in collaborazione con Humana Vintage, l’apertura dell’Universario di Fondazione Pistoletto e proiezione del documentario “Junk-Armadi pieni” con protagonista Matteo Ward. A chiudere attività ludiche come il torneo di Calcio Saponato ed i DJ Set seraliTutti i dettagli nel file in allegato.

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BIWILD 2024 è un’occasione, un polo interculturale ed interdisciplinare capace di favorire incontri e relazioni attraverso l’arte in tutte le sue forme, l’espressione e consapevolezza di sè e dell’ambiente che ci circonda; un progetto che accresce il senso di appartenenza e di ri-approprazione dei luoghi del territorio, della cultura delle giovani generazioni grazie ad una partecipazione attiva e diretta dei ragazzi.

 

Per ulteriori informazioni e prenotazioni il sito web ufficiale di BIWILD