La fede, quella cattolica perlomeno, si basa su tre pilastri esistenziali: relazione, corporeità e parola. La pandemia ne ha portati via due su tre. Dell’Eucarestia, il centro della vita spirituale, non resta che una immagine digitale, la comunità non si raduna più, la carità è fatta con la mascherina o anonimizzata dai cartoni chi può lasci chi ha bisogno prenda. Restano le parole e la Parola.
Per me, prete di parrocchia, cappellano universitario e docente, l’odore delle pecore è diventato elettromagnetico, immateriale, al massimo gel disinfettante. Ma Cristo che attraversa la morte insegna che Covid 19 può essere attraversato, come scrive Paolo, combattendo la buona battaglia e conservando la fede. O addirittura ritrovandola.
Le parole: se ne spendono tante, se ne scrivono di più, se ne urlano troppe. Le parole, oggi, sono preziose: non abbiamo altro per accarezzare le ferite, consolare i cuori, aprire le finestre sul mondo, continuare ad educare. Credere, oggi, significa scegliere le parole con più cura, condividerle con attenzione e parsimonia, rendere prezioso e mai banale quello che ieri davamo per scontato e perennemente disponibile. La Parola oggi è il modo per rendere presente Cristo nelle nostre case, vere chiese domestiche. Per noi consacrati spezzare la Parola, rivelandone l’anima profonda, una missione tanto difficile quanto affascinante. La Parola ossia la Bibbia, non è un libro di formule magiche, né un manuale di sopravvivenza: è la narrazione di una storia in cui è possibile leggere ogni storia, la Storia tutta intera. La fede, in tempo di pandemia, è scoprire allora nella Parola, facendosi accompagnare, quelle parole con cui dare senso al presente per disegnare già oggi il futuro. Così possiamo dare corpo alle relazioni e sconfiggere il male.
don Luca Peyron
La tentazione a uniformarsi ai comunisti fu la maledizione del socialismo italiano che dovette attendere l’invasione dell’ Ungheria del 1956 per iniziare timidamente a rompere l’alleanza con il PCI che continuò nelle amministrazioni locali e regionali ,malgrado l’unificazione socialista di dieci anni dopo.
Apparso sui social lo scorso 9 aprile con il nome Iosorrido, il progetto è già virale ed è un invito a cercare dentro di sé uno o più aspetti positivi di questo momento storico perché, come confermano le neuroscienze, le emozioni positive aumentano i livelli di serotonina e dopamina. Anche se la preoccupazione per il presente e per il futuro sono un tema dominante che accomuna tutti, secondo Odetto e Lercara avere una prospettiva diversa e cercare ragioni per sorridere può essere un aiuto per se stessi e per gli altri. Non a caso la Terapia del sorriso viene praticata nelle strutture ospedaliere per alleviare sofferenza, stati d’ansia e depressione. #iosorrido è quindi un hashtag per sentirsi uniti a distanza e trasmettere forza a chi fatica a ritrovare il bello nel quotidiano; una community in cui la mascherina davanti alla bocca, sinonimo di rispetto per il prossimo, è la dimostrazione che il Covid-19 può fermare i sogni, ma non il sorrido.
Per partecipare è possibile inviare un’email a