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Bambini reclusi: la scuola a distanza genera disuguaglianze

Nessuno si occupa dei 10 milioni di bambini e ragazzi italiani chiusi in casa da settimane.

Già dal Dpcm dell’11 marzo non era inclusa alcuna attenzione specifica circa la condizione di alcuni minori, se non per confermare la chiusura di scuole e attività educative, avviando così formalmente la didattica a distanza.

Si tratta di una svista molto grave dal momento che in altre deroghe sono state tenute in considerazione categorie specifiche come i padroni di cani e gli amanti dello jogging…

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Bambini reclusi e la scuola a distanza genera disuguaglianze

Humour ai tempi del Coronavirus

Un’ancora di salvezza per vivere meglio ed in modo più resiliente. Lo scrittore torinese Gianluigi De Marchi propone due suoi volumi umoristici di recente pubblicazione

In tempi di emergenza Covid 19 le letture umoristiche, come quelle che lo scrittore torinese Gianluigi De Marchi propone attraverso i suoi recenti volumi, sicuramente costituiscono un valido supporto per vivere in modo più sereno fasi emergenziali come quella che stiamo attraversando, non soltanto di natura sanitaria (dovuta alla pandemia da Covid 19), ma spesso complicate anche da difficoltà psicologiche.

Queste sono spesso provocate da un improvviso cambiamento intervenuto nei ritmi e nelle modalità di vita ( causato dal forzato, ma necessario, isolamento in casa e dall’altrettanto fondamentale distanziamento da tenere rispetto al prossimo). In un simile momento storico, certo non facile, la lettura ispirata allo humour può rappresentare un’importante ancora di salvezza per aprire spazi mentali distensivi ed alternativi. Infatti l’umorismo, alla luce di un’analisi esistenziale, mostra la sua relazione con il concetto di “resilienza” psicologica. In psicologia il termine “resilienza” indica la capacità di superare le avversità della vita, di risorgere dopo un trauma, uscendone, come affermava lo psicologo americano David Walsh nel 2008, “rafforzati e pieni di risorse”, all’interno di un processo in costante dinamismo.

E nel suscitare humour attraverso la lettura dei suoi scritti più recenti riesce molto bene lo scrittore torinese Gianluigi De Marchi, che ha all’attivo, nel suo bagaglio letterario, la pubblicazione di volumi di materia finanziaria e romanzi.

Il suo libro umoristico, da poco pubblicato su Amazon, rappresenta un’antologia umoristica LEVEREI, ripetizione dal titolo “NonnoScemo” tratta da alcuni “siparietti” inseriti su Youtube. Raccoglie barzellette, scemenze a raffica, come lui stesso le definisce, condensate in una riga; la sezione intitolata “I grandi film”, che comprende i titoli dei capolavori dello schermo rivisitati e corretti, e l’ultima parte, che tocca diversi argomenti, tra cui l'”umorismo a tema”, vale a dire una sezione variegata capace di includere oroscopi, il festival di Sanremo e personaggi come i Sette nani di Biancaneve, gli eroi del Risorgimento, i “nostri amici stranieri”, la finanza, i proverbi ed i quiz d’intelligenza.

“Un altro libro che ho scritto in questo periodo di isolamento forzato legato alla pandemia – spiega lo scrittore Gianluigi De Marchi – è stato quello intitolato “Nake News”, in cui ho parafrasato la fin troppo in voga espressione delle “fake news”. “Nake news”  (che vuole indicare semplicemente “notizie spoglie e nude”, in contrasto alle false notizie oggi sempre più dilaganti nel mondo) rappresenta una raccolta di episodi significativi della vita di grandi personaggi storici, da Adamo ed Eva, protagonisti della creazione del mondo, fino all’attuale presidente statunitense Trump. Questo libro di carattere antologico riflette, inoltre, il mio amore per la Storia ed i suoi grandi protagonisti, gli eroi, gli artisti ed i letterati, di cui mi è sempre piaciuto indagare la personalità anche dal punto di vista umano, tracciando un ritratto spesso lontano da quello che viene raccontato sui libri di storia”.

Mara Martellotta

 

I due libri possono essere acquistati su Amazon all’indirizzo

 

https://www.amazon.it/peggio-Nonnoscemo-storielle-barzellette-allegria-ebook/dp/B082WB61D2/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&dchild=1&keywords=NONNOSCEMO&qid=1588260069&s=books&sr=1-1

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Oppure richiesti all’autore ai numeri 011841103 – 3356912075

o via mail demarketing2008@libero.it

Tutto ciò che non è donato è perduto

IL COMMENTO  di Paolo Girola / La vera Fase2. Che cosa ci deve insegnare la pandemia

C’è un proverbio indiano che dice “Tutto ciò che non è donato, è perduto”. Mi è tornato in mente in questi tristi giorni, come una luce nel buio di troppe cose andate storte, polemiche politiche, virologi incerti per certezze scientifiche spesso superate da intuizioni empiriche che loro non sapevano spiegare ( …e quindi cure ritardate), imprevidenza, troppa sicurezza andata presto in fumo, poca saggezza e buon senso.

Tutto un “male” che rifiuto di credere prevarrà e spero che ci insegni qualcosa. Troppo il bene fatto da molti che si sono “donati” con abnegazione.  Mi lascia perplesso la caccia alle streghe, e la sensazione che siano ancora una volta solo  “gli stracci ad andare per aria”. Il luogo comune sono diventate le RSA , al centro di una moderna caccia all’untore alimentata da troppa informazione superficiale e scontata. Non credo alla giustizia che cede alla piazza di parenti urlanti , anche giustamente affranti (…spero tutti sinceramente affranti). Non cerchiamo un colpevole a qualunque costo, da portare in tribunale, naturalmente, e buttargli addosso gli errori di tutti gli altri. Errori ce ne sono stati, ma non tutti gli errori sono reati. Cerco di riassumere quanto, secondo me, una informazione meno superficiale e sensazionalistica dovrebbe invece raccontare. In ambito sanitario tanti sono rimasti inizialmente intontiti dallo “tsunami” che gli è piombato addosso, quando non c’erano le mascherine, i guanti di lattice, i camici usa e getta e non c’erano i reagenti e i tamponi per distinguere i positivi dai negativi.

Si è capito perfettamente come, quel poco che c’era, è stato dato solo agli ospedali. Medici di famiglia e RSA escluse. In queste strutture in Piemonte, come mi pare anche altrove, sono scarseggiati subito i dispositivi di sicurezza (di difficile reperimento sul mercato anche internazionale), non sono stati fatti dalle ASL ( le uniche ad averne competenza) gli esami richiesti  I famosi tamponi) per distinguere chi era positivo e chi no. Si è iniziato a farli 40 giorni dopo l’inizio della epidemia. E oggi ancora solo al 50% degli ospiti o del personale sanitario. Difficile se non impossibile separare i sani dai malati asintomatici. Ai medici di famiglia non sono state date inizialmente, oltre ai DPI, direttive chiare su come trattare i malati a casa o nelle RSA ( dove gli ospiti sono curati dai medici di famiglia) . Così si è dilatato il numero di ricoveri in ospedale, di cui una parte è finita nelle terapie d’urgenza. Molti di quelli con patologie pregresse sono morti. Né si sono potuti trasportare subito dalle RSA negli ospedali i casi sintomatici sospetti , pur segnalati. Gli ospedali erano intasati. Troppa informazione finisce per non considerare le carenze di ASL e servizio pubblico, quasi come se i responsabili della RSA volessero liberarsi di fastidiosi ospiti vecchi e malati. Basta una semplice e bieca considerazione per capire l’assurdità di tale accusa: tutti gli ospiti pagano le rette … finchè sono in vita.

Ora tutti dicono che bisogna tornare a una sanità di territorio. Condivido. Ma che cosa significa? Provo a dire che cosa penso io. Significa non chiudere piccoli presidi sanitari, tenere medici, infermieri e oss anche negli ambulatori dei consorzi di paesi. Significa che il personale sanitario deve tornare a visitare anche a domicilio. Io ricordo i “ medici condotti” che andavano di casa in casa tutto il giorno. Oggi spesso, troppo spesso, anche con la febbre ti devi recare negli ambulatori dei medici: con una grave conseguenza che potrebbe essere una delle concause iniziali del contagio, che un malato viene a contatto nelle sale di attesa con molte altre persone. I medici devono tornare a visitare a domicilio, naturalmente adeguatamente riforniti di strumenti di protezione (che dovranno usare sempre anche nei loro studi). Non voglio scatenare una polemica, ma è noto che taluni abbandonano il lavoro di medico ospedaliero, perchè si guadagna lo stesso (o forse di più) facendo il “ medico della mutua”, con orari meno impegnativi: anche solo15 ore di studio alla settimana. Insomma, riconosciuto il valore di tanti medici di famiglia, non bisogna tacere le criticità di un sistema che finisce per trasformarli, troppo spesso, in scrittori di ricette a richiesta. Questa è anche una delle cause dell’affollamento dei pronti soccorso. Ne è una dimostrazione che siano stati svuotati dalla pandemia (per i casi non covid).  Non facciamo che, ancora una volta, tutto in Italia torni come prima, nelle spire della burocrazia, che alla fine fa anche comodo a tanti.

Quali sono i confini della libertà?

Riceviamo e pubblichiamo la seguente lettera aperta, indirizzata al governatore del Piemonte

Egregio Presidente, Le scrivo da Torino, dalla mia abitazione, nella quale vivo “confinata” dal 9 marzo scorso.
Ho ritenuto, per gran parte di questo periodo, di dovermi conformare alle indicazioni di varia natura che mi imponevano di stare a casa, più che per spirito di incondizionata obbedienza, per un personale senso civico di solidarietà e di responsabilità, nella convinzione che il mio sacrificio, come quello della stragrande maggioranza dei miei concittadini, fosse utile e necessario per contribuire a fronteggiare l’emergenza sanitaria. Quando parlo di sacrificio, mi esprimo in termini assoluti, dal momento che ognuno ha il diritto di valutarne la misura in rapporto alla propria persona e non in termini relativi, evitando, in questa sede, di stabilire una scala di valori fra le condizioni di ciascuno. Oggi devo assistere al perdurare della mia condizione di “sostanziale reclusa”, interrogandomi sulle ragioni che mi trattengono ancora dentro le mura domestiche e interrogando Lei che detiene, metaforicamente parlando, “le chiavi della mia cella”.

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Mi permetto di formulare un punto di partenza elementare per le mie riflessioni: la situazione di radicale emergenza che aveva legittimato tutte le rinunce delle settimane passate è di fatto venuta
meno, sostituita da una ben diversa forma di allarme sanitario, che è stata resa evidente alla popolazione come (positivo) risultato delle restrizioni adottate, con la precisazione che quel risultato
deve ora essere mantenuto. A fronte di ciò è stato individuato un unico ed assoluto prototipo di comportamento: il distanziamento  sociale. Conseguentemente, ogni disposizione che consente determinate iniziative e ne proibisce o ne limita altre, trova la propria essenziale ragione nella dichiarata necessità di tenere le persone, in tutti gli ambiti della vita sociale, a distanza di sicurezza. Il senso di responsabilità cui ho fatto riferimento in precedenza mi impone oggi di adeguarmi a questo comportamento, ma la mia coscienza non è più in grado di accettare limitazioni “tout court” della mia libertà di movimento senza poter neppure rendere il principio del distanziamento sociale utile a me e agli altri. In altre parole, Lei mi deve spiegare per quale ragione io non possa circolare liberamente, nel rispetto di questa regola e quindi senza di fatto creare quelle condizioni di pericolo che le disposizioni intendono prevenire. A puro titolo di esempio, non posso capire e non posso accettare, di non potere uscire di casa, mettermi in macchina e recarmi in un qualsiasi posto dove possa diversamente, ma liberamente, recludermi, senza intercettare anima viva o, al più, entrando in contatto con altri soggetti con le stesse modalità di quando esco a fare la spesa.

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Converrà con me, Sig. Presidente, che l’Autorità non possa discriminare i motivi per cui l’individuo esercita un proprio diritto, autorizzando comportamenti classificati come inderogabili e negandone altri ritenuti voluttuari e pertanto sacrificabili. Non è mia intenzione entrare in un dibattito sui diritti costituzionalmente garantiti, perchè non è questa la sede, ma vorrei che fosse chiaro che non è più il tempo di accettare limitazioni immotivate della libertà personale, perchè quel tempo l’abbiamo superato e, prima di farlo, abbiamo tutti abdicato volontariamente a rivendicarla. Adesso che ci è stato detto chiaramente quali sono i comportamenti doverosi e necessari, rivendico il diritto di muovermi liberamente, nel rispetto di quei comportamenti, ma non delle condizioni che le attuali disposizioni presuppongono affinchè sia raggiunto l’obbiettivo. Le libertà possono essere condizionate dalla necessità di esercitarle con determinate modalità, ma non potranno MAI essere compresse fino al punto di escluderle perchè in tal modo non si ponga il problema di come verranno esercitate. Come ho detto, a Lei chiedo delle risposte. Non le chiedo al Governo Nazionale, ma al Presidente della mia Regione, affinchè mi dica, non in nome di quale legge, non in nome di quale autorità, ma in nome di quale idea, di quale logica, di quale ragionamento, diverso dal mio, devo ancora giustificare a me stessa di non poter uscire di casa senza dover spendere una motivazione che posso non avere, ma confidando in un diritto che tutti quanti abbiamo. Con osservanza

Roberta Musso Bona

Coronavirus: virologia e salute mentale

Oggi  proviamo a passare da una spiegazione di VIROLOGIA ad una sulla NOSTRA SALUTE MENTALE in FASE 2.

 

VIROLOGIA

 

Un vaccino è contro una precisa parte del virus, quella che lo fa entrare nelle nostre cellule. In questo modo non può entrare e se tutti facciamo il vaccino, siccome è solo a trasmissione umana, il virus si estingue.

L’immunità naturale, cioè la casuale presenza di anticorpi contro il virus in soggetti che mai lo avevano incrociato, si è invece visto che non esiste per il Coronavirus, per cui saremo costretti a mascherine e distanza sociale fino all’avvento di Terapie e Vaccino.

L’immunità cosiddetta “da guarigione”, che sarebbe oggi a sua volta una terapia estratta dai guariti e data ai malati, è fatta di molti anticorpi diversi verso varie parti del virus, alcune delle quali hanno salvato i pazienti, ma con l’ausilio dei farmaci. Questa è una immunità troppo generica e può assopirsi nel tempo. Inoltre è generica e può essere verso parti del virus che non impediscono l’ingresso nella cellula e quindi la malattia…

Le Terapie sono fondamentali per guarire le persone ammalate, ma non rappresentano affatto una forma di prevenzione. Prendere farmaci in assenza di indicazione medica inoltre può causare gravi effetti collaterali, anche mortali.

In attesa del vaccino dobbiamo allora solo limitare i nuovi focolai. Purtroppo è sicuro che ci saranno nuovi focolai. Bisogna aspettare di fermare del tutto la prima ondata, sapendo che ce ne possono essere altre. Inoltre questa è una pandemia ed il virus non guarda in faccia alle frontiere inventate dall’uomo e neanche al razzismo.

Solo la App IMMUNI ci permetterà di chiudere di nuovo in quarantena solo un centinaio di persone per ogni focolaio, invece di chiudere di nuovo intere città o regioni. Doveva essere la stessa in tutto il Pianeta Terra, ma siccome siamo complicati e c’rocoronè bisogno che sia in italiano la nostra sarà IMMUNI, ma se andremo di nuovo all’estero, dovremo usare quella dei Paesi dove ci rechiamo. La App IMMUNI servirà tutti quelli che vivono in Italia, incluso migranti e turisti.

 

PASSIAMO ALLA NOSTRA SALUTE MENTALE

Se avete capito il discorso precedente, dovrete capire che se chiudere è facile, aprire sarà difficile anche emotivamente e potrà portare ad una serie di scompensi psicologici o psichiatrici, già iniziati durante la quarantena:

 

  • Dal 4 maggio dovremo curare la paranoia da quarantena…

Ok ? puoi restare a casa come l’ultimo giapponese scoperto vent’anni dopo la fine della guerra mondiale ancora armato contro gli USA

Oppure se non sei in Piemonte  Lombardia e altre province ad alta mortalità ancora oggi,  puoi scendere con mascherina, distanza sociale e gioia di vivere.

Se sei in zone dove ancora c’è elevato contagio allora non è paranoia, ma paura che il sistema industriale imponga una apertura precoce.

 

  • Dopo il 4 maggio dovremo curare anche l’ansia da quarantena…

Sicuramente ci saranno nuovi focolai…  Sono inevitabili… Finché non avremo il vaccino…

Se però useremo distanza sociale, mascherine e la App IMMUNI,  verranno messe ogni tanto in quarantena solo gruppi di persone per centinaia e non più intere città o regioni.

 

  • Dopo il 4 maggio avremo vittime della depressione economica da quarantena…

soprattutto se maschio, se separato, se gay oppure se con basso livello di studi,  può decidere di non essere più degno di questa vita e suicidarsi.

Se conoscete persone in queste condizioni aiutatele subito economicamente ma anche portandole in psicoterapia!

 

  • Dopo il 4 maggio scopriremo le vittime di violenza domestica da quarantena…

Soprattutto se donne,  adolescenti LGBTI o adolescenti in crisi.

Se ne conoscete, date loro un tetto dove stare, la forza di denunciare e accompagnatele in psicoterapia.

 

  • L’irritabilità o la persistenza dell’insonnia sono sintomi gravi da quarantena…

Se li avete in casa o conoscete chi li abbia, pur essendo persone fastidiose, aiutatele, accompagnandole in psicoterapia o al CSM.

 

  • L’abuso di disinfettanti, psicofarmaci, antinfiammatori e antidolorifici è un problema grave durante e dopo la quarantena…

Se hai uno psichiatra, chiedi pure subito di farti aiutare, in tutti gli altri casi non assumere mai farmaci di testa tua ed evita abuso anche di disinfettante. L’alcool a 90 gradi sulla pelle, ad esempio, fa entrare meglio virus e batteri! Si può usare quello dai 70 agli 85 gradi, ma senza esagerare e senza MAI ingerire o peggio iniettare disinfettanti!

 

Questi sono i consigli che vi possiamo dare, adatti alla vostra serenità in Fase 2…

Vi consigliamo anche di vedere un’opera teatrale o leggerla Waiting For Godot.

Che potrete tradurre con “Aspettando il Vaccino”.

 

Manlio Converti
Psichiatra

Un “Mondo nuovo” (online) per il Primo Maggio torinese

L’idea arriva via Web da Arci Torino e Comunet / Venerdì primo maggio come giornata dedicata per tradizione ai temi del “ lavoro” (oggi più che mai nella morsa di incertezze e aspettative sempre più oscure e preoccupanti), ma anche come giornata per riflettere on line sugli scenari futuri prospettati dalle nuove emergenze sanitarie e, di riflesso, economiche e sociali per le quali il mondo che ci attende dovrà essere gioco forza un “mondo nuovo”.

Questo il contenuto e l’idea di base che stanno dietro all’iniziativa lanciata da Arci Torino e da Comunet – Officine Corsare (associazione mutualistica non profit, con sede in via Pallavicino a Torino) di una manifestazione di piazza digitale lunga un giorno, che parte con i comizi dei lavoratori per proseguire con dibattiti vari fino a giungere all’immancabile concertone. Il tutto,ovviamente, in chiave virtuale e alla vigilia dell’incombente “Fase 2” (tappa di mezzo per l’uscita graduale – si spera – dall’attuale drammatica crisi pandemica) e con il Paese più o meno pronto alla ripartenza: ma, si chiedono gli organizzatori, “per andare dove?”. La pandemia, che da più di due mesi ha sconvolto il Paese, ha messo a nudo contraddizioni dell’attuale modello di sviluppo, giudicato insostenibile da un punto di vista sociale, ecologico, economico, culturale e politico.
“Per questo motivo, Arci e Comunet organizzano un primo maggio di convergenze e riflessioni per far emergere le urgenze dell’oggi e tracciare i sentieri da percorrere domani – spiega Andrea Polacchi, presidente del Comitato Arci Torino. In attesa di poterci rincontrare, abbiamo raccolto l’adesione di gran parte della comunità culturale e ricreativa del nostro territorio e non solo. Faremo un corteo virtuale, con alla fine gli interventi liberi dal palco. Daremo la parola ad un mondo che dovrà essere protagonista della ripartenza”.
“Protesta e celebrazione si fondono nello spirito del primo maggio. Siamo partiti da qui e dalla necessità di una costruzione condivisa, alla base anche del nostro progetto mutualistico, per elaborare collettivamente nuove visioni e programmi di collaborazione, in una cornice di festa – afferma Anita Marafioti di Comunet. Al centro il mondo del lavoro perché un mondo nuovo è possibile soltanto se poggia sul rafforzamento delle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori e del contesto socioeconomico e ambientale che li circonda”.

La maratona va in onda sulla pagina Facebook del Comitato Arci Torino e di Comunet – Officine Corsare e verrà rilanciata dai partner dell’iniziativa.

Questo il programma

Il via alle 10, la chiusura a mezzanotte. Si parte dalla Costituzione, con la costituzionalista Alessandra Algostino e il responsabile scientifico di “Biennale Democrazia” Massimo Cuono che dialogano sul bilanciamento delle libertà costituzionali.  A seguire, un comizio digitale con rappresentanti sindacali, portavoce dei lavoratori, del terzo settore, del mondo della cultura, del mondo della scuola e con una prospettiva di genere. Al termine, un inno al lavoro, con la musica del direttore del “Jazz Festival” Li Calzi e il duo Righeira e Carlone.
La seconda parte della manifestazione è dedicata alle visioni per un mondo nuovo.  Ad aprire, la lettura inedita della poetessa Mariangela Gualtieri, cui segue il dibattito su arte e cultura come strumenti di democrazia: partecipano Michela Murgia, Tomaso Montanari e Nicola Lagioia.
Nel pomeriggio Cecilia Strada, Enrica Valfrè e Walter Massa rifletteranno sulla tutela dei lavoratori e sul terzo settore con l’architetto e presidente di “Triennale” Stefano Boeri, i Friday for Future e il filosofo Leonardo Caffo. Infine, un focus sulle idee globali in movimento, elaborate dalle redazioni di Che fare?, Jacobin, e Il Tascabile moderato da Irene Dionisio.
Dopo l’interpretazione di Michele Di Mauro tratto da “Le ceneri di Gramsci”, si chiude con un dialogo con il direttore di “Club to Club”, Sergio Ricciardone sul futuro dei concerti ai tempi del Covid 19 e con la musica del tradizionale concertone del primo maggio, a cura di Maurizio Pisani con nomi quali Sud Sound System, Africa Unite, Eugenio in Via di Gioia,  Bluebeaters, The Sweet Life Society, Bandakadabra e moltissimi altri.

g. m.

 

(Nella foto in alto un Primo Maggio degli anni precedenti in piazza San Carlo)

Primo Maggio, #ripartiamodallavoro nella piazza virtuale

Nella piazza virtuale sono invitate a partecipare tutte le le persone che sarebbero andate al tradizionale corteo della Festa dei lavoratori

I sindacati hanno lanciato a Torino lo slogan #ripartiamodallavoro postato sui profili social. E sul sito dell’Ismel (Istituto per la memoria e la cultura del lavoro) sono pubblicate le video interviste a lavoratori e lavoratrici. Venerdì alle 11 diretta Facebook con interviste ai segretari generali dei sindacati e ai rappresentanti delle istituzioni.

 

La sindaca Chiara Appendino parla di un Primo Maggio “diverso dal solito, ma non nello spirito, perché il tema del lavoro è centrale ancor di più oggi. Ringrazio il sindacato che in questa situazione difficile è stato estremamente responsabile», aggiunge Appendino. La prima cittadina invita a pensare “a chi continua a lavorare, come i medici, il personale sanitario, chi assiste gli ammalati. E anche a chi ha perso il lavoro, chi attende la cassa integrazione. Diritto al lavoro significa dignità: un diritto che deve essere garantito».

 

E scende in campo anche l’arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia che inaugura  in occasione della festa del lavoro  un Fondo di Solidarietà, chiamato ”Sorriso – La Solidarietà che riavvicina e sostiene”, da alimentare con  risorse economiche volte a contrastare la carenza di liquidità di molte famiglie, liberi professionisti, esercizi commerciali e piccolissimi imprenditori stanno drammaticamente vivendo”.  Nosiglia dice che le Diocesi di Torino e della Val Susa “con l’aiuto della Fondazione don Mario Operti, hanno già raccolto risorse che permettono di aprire un fondo di garanzia per fornire Prestiti Sociali a chi ha difficoltà ad accedere al credito bancario, nella logica del microcredito”.

Voci dal carcere

Enza Colavito proprio non ci sta e manda una lettera al suo avvocato, dall’eloquente titolo: voci dal carcere. La manda al suo legale Alessandro Paolini. Una lettera carica di rabbia e delusione per essere state lasciate sole, alle Vallette,  lei e le altre detenute

Dalle firme delle detenute si evince che molte non sono solo italiane. Provenienti dai paesi slavi e Nord Africa ed anche una francese. Nessun tampone è stato fatto e le distanze non possono essere rispettate. Gli arresti domiciliari sarebbero l’ unica soluzione. Respinte tutte le istanze presentate dall’avvocato Paolini con l’udienza del 15 aprile saltata per il coronavirus.

Per lei l’alternativa del 22 giugno, quando scadono i tempi per la carcerazione preventiva. Una lettera sicuramente dai toni duri che, mi sembra, stia nei limiti del civismo di una protesta comunque contenuta. Eppure la loro situazione appare preoccupante. Una delle firmatarie  ha la febbre,  è preoccupatissima e ha chiamato la guardia medica. Notizia preoccupante come  lo è, ancora  la lentezza nella nostra Regione nel fare i tamponi. Il Garante dei diritti dei detenuti del Piemonte ammonisce. Stanno aumentando i contagi in tutte le carceri piemontesi. Fuori controllo Alessandria, Saluzzo e soprattutto Torino. Concretamente: o intervenite subito, cioè oggi, o sarà troppo tardi domani. E francamente non si capisce perchè la macchina della giustizia perché non intervenga .Sempre Enza Colavito cerca di trasformare la sua disperazione in speranza appellandosi alla Costituzione: la presunzione d’ innocenza è, per l’appunto un diritto fondamentale. Essere arrestati perché si è indagati non è indice di colpevolezza. Purtroppo siamo un paese di forcaioli che vedono, anzi il più delle volte vogliono vedere la colpevolezza nell’arresto. Va bene tutto fin tanto che non ci riguarda da vicino. Se riguarda gli altri peggio per loro. Ma i diritti sono di tutti e per tutti. La Colavito  – incarcerata per le presunte connivenze con la criminalità organizzata che hanno portato alle Vallette anche l’ex assessore regionale Rosso – potrebbe inquinare le prove o fuggire? La vedo dura, viste le condizioni generali e la meticolosità delle indagini. Poi l’ ultima richiesta (respinta) degli arresti domiciliari era esclusivamente motivata per problemi di salute aggravati dal pericolo del coronavirus. Un atto umanitario che nulla ha che vedere con la colpevolezza. Verissimo che i reati contestati sono gravissimi. Ma è altrettanto vero che i diritti si applicano a chiunque. L’ umanità fa (o dovrebbe fare) parte della giustizia. Altra cosa è la cosiddetta clemenza della corte. Battuta sentita in più film degli anni cinquanta, fatta da difensori d’ufficio svogliati e distratti. Altra cosa è il diritto alla difesa. Ho avuto modo di sentire il Presidente dell’ Ordine degli avvocati quando mia figlia è diventata avvocato. Significando questo diritto ha raccontato un fatto storico a me totalmente sconosciuto. Un importante e famoso avvocato francese ha accettato la difesa di Luigi XVI nel processo che lo condannava alla ghigliottina. Ha accettato pur sapendo che sarebbe stato a sua volta ghigliottinato. Paradossi? Forse, probabile, ma serve a spiegare che nessuno, appunto, deve soprassedere ai fondamentali diritti degli individui.

Patrizio Tosetto

Riflessioni sulla vita in epoca di Coronavirus

È scoppiata un’emergenza epocale, che sarà ricordata nei libri di storia, e ho capito cosa stava succedendo tardi, forse troppo tardi.

È stato come ricevere una botta in testa, sono rimasto stordito ed ho avuto bisogno di un po’ di tempo per riprendermi, riflettendo e meditando su che cosa stesse succedendo.

In sintesi:

  • Il Coronavirus ha dimostrato in modo evidente a tutti la fragilità dell’uomo. Siamo sulla Terra da ben poco tempo in rapporto alla vita del nostro pianeta e, ancor più, dell’Universo. La natura esisteva ben prima di noi ed esisterà molto dopo di noi. Siamo molto arroganti a pensare di essere in grado di governare la natura; è vero, ahimè, l’esatto contrario. Il Coronavirus potrebbe essere letto come un avvertimento, un segnale che la natura ci manda, e che sta a noi cogliere o meno. Passata l’emergenza e ripresa una sorta di “normalità”, dovremo adottare comportamenti adeguati, in modo da accompagnare la natura, non sfruttarla, ed essere consapevoli della nostra piccolezza. Se non faremo così, prima o poi subiremo conseguenze peggiori di una pandemia.
  • Si è molto discusso su come e dove sia nato il virus. Secondo me i complottisti a tutti i costi fanno un pessimo servizio all’umanità. La risposta più logica e semplice è che il virus sia nato da uno “spillover” dagli animali. Ce lo dice la scienza e ce lo ha detto, già tanti anni fa, la teoria dell’evoluzione di Darwin. Voler incolpare i cinesi, gli americani, le multinazionali, la Spectre o l’ONU, è pericoloso perché svia dall’individuare il problema per cercare di risolverlo. Negli ultimi venti anni si sono già verificati molti casi simili, questa volta la combinazione contagiosità / letalità del virus ha innalzato la pericolosità dell’epidemia. Vivere in promiscuità con gli animali, in certe aree del mondo, porta a facilitare i salti di specie dei virus, e di questo aspetto dovremo tener conto se non vogliamo che, un giorno, possa arrivare anche un virus peggiore di questo.
  • Nella gestione iniziale dell’epidemia nel mondo ci sono stati tanti errori, capiremo col tempo se alcuni fossero voluti oppure no. La Cina ha sicuramente sottaciuto molte cose, ad esempio la mortalità, ma anche la pericolosità del virus. Quando è arrivato in Europa i nostri medici virologi sono stati colti di sorpresa dalla contagiosità e dalla mortalità del virus. In questo i cinesi hanno una grave colpa, perché loro l’avevano vissuto in prima persona e avevano l’obbligo morale di avvertire il resto dell’umanità. La comunità scientifica cinese ha messo a disposizione le informazioni scientifiche, è vero, ma ciò che è mancato nello specifico è stata l’informazione sul modo migliore di gestire la malattia.
  • Il resto del mondo extra Cina è stato colto di sorpresa, nonostante alcuni segnali ben evidenti fossero forti e chiari. Alcuni scienziati da gennaio gridavano che il pericolo era grande, ma non sono stati ascoltati per nulla, un po’ come il pastorello che grida “Al lupo al lupo”, dato che le ultime pandemie si erano risolte senza grossi danni. Era necessario chiudere la Cina subito, bloccare i voli per tutto il resto del mondo ed adottare isolamento e quarantena, anche quando non c’erano ancora casi. Un po’ come ha fatto, a Prato, la comunità dei cinesi, che ha messo in quarantena chi arrivava dalla Cina e non ha importato neanche un virus. Oggi dovremmo ringraziare ed ascoltare chi allora ci avvertiva (faccio due nomi, Burioni e Galli tra tutti), invece di prenderli in giro. Purtroppo, anche tra i medici scienziati, c’erano quelli che minimizzavano (la famosa frase “è poco più di un’influenza”, che all’epoca confesso di aver detto anch’io, si è rivelata il peggiore killer, permettendo al virus di propagarsi indisturbato) e ci sono quelli che, ancor oggi, dicono sciocchezze (o che il virus sparirà, speranza di tutti, ma ben lontana dalla realtà, o che i vaccini non serviranno a niente, nelle pericolosissime tesi novax). In una pandemia come questa sono gli scienziati a dover guidare, con buona pace di coloro che gridano allo scandalo della dittatura degli scienziati, perché sono gli unici che possono indicare le soluzioni, almeno dal punto di vista sanitario.
  • L’Italia è stata sfortunata, perché è stato il primo Paese extra asiatico ad essere colpito ed è stato colpito duramente. Noi italiani abbiamo preso un cazzotto da KO. L’ipotesi più accreditata, che personalmente mi convince, è che nel mese di gennaio vi siano stati numerosi ingressi del virus nel nord Italia, e che questo abbia permesso al virus stesso di girare indisturbato per settimane, forse per più di un mese, creando così una sorta di bomba epidemiologica. Tra l’altro l’area più colpita (area produttiva della Lombardia sud orientale), oltre ad avere un clima che probabilmente si adatta perfettamente alla contagiosità del virus, è anche una di quelle più interconnesse con le aree circostanti per l’elevata propensione agli scambi commerciali e sociali. Quindi il posto perfetto per una rapida diffusione dell’epidemia. Potevamo accorgercene prima? Con le informazioni in possesso dei medici lombardi probabilmente no, ci sarebbe voluto un allarme mondiale di alto livello, ma solo i cinesi (e l’OMS) potevano lanciarlo.
  • La reazione italiana è stata tardiva? Secondo me no, in due giorni le aree di focolaio (le famose zone rosse) erano state chiuse e blindate. Il problema è che il virus aveva già circolato molto anche in altre zone e, nel giro di una settimana, il numero di casi è comunque esploso. Siamo stati presi alla sprovvista e qualunque misura epidemiologica in quel momento non avrebbe potuto fermare l’epidemia. Come dire, la frittata era fatta.
  • Il problema, secondo me, è stato dopo. Se vi ricordate, a fine febbraio, i casi erano tutto sommato limitati e molti politici volevano riaprire tutto, chi invitava alla prudenza erano i soliti scienziati poco ascoltati e molto presi in giro (Burioni, Galli e pochi altri). Lì il governo centrale e le Regioni più colpite hanno perso 10-15 giorni che si sono rivelati fatali per la diffusione del virus. Il lockdown nazionale, che è arrivato l’11 marzo, avrebbe dovuto essere varato a fine febbraio o al massimo ai primi di marzo. Avremmo avuto molti meno morti. Certo, col senno di poi, è molto facile emettere sentenze, in quel momento capisco che sarebbe stato molto difficile ed impopolare una chiusura nazionale, ma avrebbe potuto limitare molto la diffusione del contagio.
  • Il resto del mondo ha reagito in ritardo come l’Italia, con l’aggravante che aveva il nostro esempio sotto gli occhi. Per non parlare delle sciocchezze dette da due dei capi di Stato più importanti al mondo, Boris Johnson (che ha pagato personalmente i suoi ritardi, finendo in ospedale con un casco ad ossigeno in testa) e Donald Trump. E hanno pagato anche loro uno scotto di vite umane molto alto. Tutti tranne la Germania. E non è un caso: i tedeschi hanno saputo tracciare i casi, limitare i contagi, averli tutti sotto controllo, e limitare il numero di morti. Perché il numero di morti in Germania è così basso rispetto al resto del mondo? Semplicemente perché, con la mentalità organizzativa propria del popolo tedesco, hanno capito subito qual era il modo migliore per contrastare l’epidemia e l’hanno applicato molto in fretta. Sostanzialmente hanno applicato i manuali epidemiologici senza titubanze, anche se erano più di cento anni (101 per la precisione) che non si vedeva una pandemia di questa portata. Opinione personale, e lo dico da anni, i miei amici ne sono testimoni, la Germania oggi è il miglior posto in cui vivere, almeno dal punto di vista socio-economico.
  • Le immagini dei reparti di Terapia intensiva in subbuglio con persone che non respiravano e che i medici non potevano intubare, quelle dei camion militari che portavano via le bare da Bergamo perché non c’era più posto nei cimiteri, le immagini delle fosse comuni a New York, in cui sono stati buttati i cadaveri delle persone povere o senza tetto, che non hanno fatto in tempo a curare negli ospedali, beh tutte queste immagini mi hanno commosso fino alle lacrime. Non pensavo, in vita mia, di arrivare a vedere immagini così terribili riprese dietro casa nostra. Pensavo che nell’Occidente “civilizzato” certe cose non succedessero. Invece sono successe. Ho in mente anche un filmato che ha scosso la mia coscienza; il presidente della Regione Emilia Romagna, una di quelle più colpite, rispondeva ad un cittadino che gli diceva che non ce la faceva più a stare in casa; gli proponeva di uscire di casa, di togliersi dalle mura domestiche, ma solo per fare un giro all’ospedale di Piacenza nel reparto di Terapia intensiva, dove la gente moriva da sola, senza neanche il conforto della vicinanza di una persona cara. Ecco quel filmato è stato per me come un pugno diretto in faccia; insieme alle altre immagini di cui parlavo, non lo dimenticherò più.
  • Il governo bene ha fatto a istituire il lockdown. In effetti con questa misura, così estrema e mai utilizzata nella storia dell’umanità, ha salvato tante vite umane. Quante non lo sapremo mai probabilmente, anche se sono convinto che siano molte. Forse i messaggi avrebbero dovuto essere un po’ più chiari, si può fare footing sì o no, ginnastica sì o no, portare il cane a fare i bisogni ma solo in prossimità dell’abitazione, ma prossimità quanto? Altri Paesi, in particolare la Germania, sono stati più chiari nelle norme, anche perché la differenziazione per regione non ha aiutato. Secondo me, l’accanimento relativo al footing o alla ginnastica (particolarmente spinto in alcune regioni) è stato esagerato, era sufficiente vietare gli assembramenti permettendo lo sport individuale. Ma a parte questo aspetto, il sacrificio richiesto ai cittadini è stato accettabile, soprattutto in rapporto allo scopo, che era quello come detto di salvare vite umane. La tecnologia ci ha molto aiutato e, anche stando a casa, siamo potuti restare in contatto con amici e parenti.
  • Ovviamente il sacrificio molto più pesante chiesto agli italiani è stato quello economico. Purtroppo, in questa occasione, è emersa ancora una volta la conflittualità salute / lavoro: per la salute pubblica e per sconfiggere il virus dovremmo stare isolati in casa ancora dei mesi, ma è ovviamente impossibile prolungare così tanto il lockdown. Allo stesso modo, per permettere alle famiglie di mantenere il tenore di vita in corso, non si sarebbero dovute interrompere le attività produttive, ma anche questo era impossibile. La soluzione non può che essere quella di trovare un difficile equilibrio tra due esigenze primarie, entrambe prioritarie. Lo Stato deve aiutare chi si trova in difficoltà, a costo di ingrandire il già enorme debito pubblico. Ma, in questo caso, il debito che lasceremo alle generazioni future è strumento indispensabile. E l’Europa deve fare la sua parte; oggi non stiamo parlando di sovvenzionare debito a chi ha truccato i bilanci (come per la Grecia qualche anno fa), ma di venire incontro a chi ha dovuto chiudere attività economiche per bloccare il propagarsi dell’epidemia. Secondo me si tratta di solidarietà minimale.
  • Un’ultima considerazione sull’Europa: ma vi immaginate cosa sarebbe potuto succedere se non fossimo parte dell’euro e dell’Unione Europea? La nostra liretta sarebbe stata spazzata via, i nostri titoli di Stato non li avrebbe voluti più nessuno, l’inflazione avrebbe galoppato (perchè immagino avremmo dovuto stampare moneta) e il Paese sarebbe piombato vicino al baratro di un default. Invece di inveire contro l’Europa, ringraziamo a mani giunte chi ci ha fatto entrare in Europa e nell’euro.
  • Permettetemi solo una parola a favore della cultura. Nessuno ne parla, ma l’industria della cultura è totalmente a terra e si risolleverà con molte difficoltà. Lo Stato deve pensare anche alle migliaia di lavoratori in questo campo, che sono stati colpiti più duramente di altri (un esempio: quando potranno ripartire i concerti musicali? Difficile dire, forse solo nel 2021). Invece questo governo, per non parlare delle Regioni, non si occupa mai di questo settore, lo considera l’ultimo dei problemi. Un presidente di Regione a proposito della querelle sulla riapertura delle librerie, ha detto che non ha capito perché il governo abbia voluto riaprire proprio le librerie. Ecco un presidente così non avrà mai la sensibilità per favorire lo sviluppo della cultura.
  • Solo una riflessione sui governi regionali. Premetto che in tutte le mie considerazioni non ho mai tirato in ballo le beghe politiche interne italiane, e anche quello che sto per dire è del tutto neutro rispetto al colore politico delle regioni. In primo luogo chi ha lavorato bene: il Veneto ha bloccato l’epidemia prima degli altri, complimenti al presidente Zaia e ai suoi consiglieri che hanno fatto le scelte giuste, a volte anche andando coraggiosamente contro le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità. Poi l’Emilia Romagna ha contenuto in modo egregio l’epidemia, anche se alcune province sono state colpite ancora più duramente di alcune province lombarde. Poi la Lombardia. Certo sono stati fatti molti errori, però la situazione è stata talmente grave che ben difficilmente si sarebbero potuti limitare i contagi in modo più significativo con interventi locali. Forse si sarebbero dovute chiudere le province di Bergamo e di Brescia prima, ma l’intervento doveva essere del governo e rientra nei ritardi nazionali di cui parlavo più sopra. Grave invece la gestione delle RSA, dove si sono accese micce in una polveriera, creando qualche scoppio, ossia la diffusione del virus in tutta la struttura. Ma, ahimè, ancora più grave è stata la gestione nella mia regione, il Piemonte. E‘ stato sbagliato tutto, l’approccio nel fare i tamponi (troppo pochi per troppo tempo), la gestione dei laboratori che facevano i tamponi (non si è capito che dovevano essere potenziati immediatamente, era una priorità assoluta), la gestione domiciliare dei contagiati e di chi era in quarantena, totalmente abbandonati, la gestione dei medici e degli operatori sanitari in prima linea, totalmente abbandonati anche loro in termini di aiuti e protezioni, e la gestione delle RSA, che sono diventate importanti focolai oggi non ancora spenti. Secondo me l’assessore e il responsabile dell’emergenza hanno sulla coscienza un po’ di morti in Piemonte; forse è un’affermazione un po’ forte, ma se si fosse gestita meglio l’emergenza, i contagi sarebbero stati molti di meno e di conseguenza anche i morti. Secondo me l’assessore, se avesse un po’ di dignità, dovrebbe dare le dimissioni immediatamente.
  • Il futuro è incerto. Partiremo con una fase 2 (a proposito, in Piemonte vista la pessima gestione non è troppo presto? Non ce ne dovremo pentire con una repentina chiusura?) i cui contorni non sono ancora chiari. Certo, a leggere quanto affermano gli scienziati, dovremo convivere con le tre T: tracciamento, trattamento e test. Il tracciamento dovrà servire ad avvisare chi è venuto in contatto con un contagiato, strumento indispensabile per limitare l’espandersi del contagio. Per questo servirà l’App, che dovremo scaricare sui nostri telefonini. A tal proposito esprimo la mia opinione personale: l’App dovrebbe essere obbligatoria, perché la salute pubblica deve venire prima di qualunque considerazione sulla privacy. E’ più importante la segretezza dei miei dati o la vita umana di centinaia di persone? Io non ho dubbi a rispondere. Trattamento vuol dire che i contagiati dovranno essere seguiti a casa in modo adeguato e che gli ammalati gravi dovranno essere curati al meglio in ospedali attrezzati (separando ospedali solo COVID da ospedali no COVID). Test saranno gli esami sierologici massivi nella popolazione per individuare i contagiati. Aggiungendo le mascherine da portare, soprattutto nei luoghi chiusi, e il distanziamento sociale nei luoghi pubblici (si dice almeno un metro e mezzo), tutto ciò fa sì che non sarà certo un periodo facile. Però starà ai comportamenti di tutti noi impedire che il contagio riparta. In attesa di cure o vaccini che probabilmente potranno arrivare nel prossimo inverno o prossima primavera, sarà la maturità della popolazione a fare la differenza.
  • Un’ultima riflessione, relativa alla vita privata. In questo lungo periodo di lockdown credo che abbiamo avuto tutti più tempo del solito per riflettere su noi stessi e la vita che conduciamo. Anch’io l’ho fatto e sono giunto a due conclusioni molto importanti: la prima è che non vale la pena avere una vita frenetica in cui si passa da un’attività all’altra senza fermarsi mai. Credo che sia necessario per tutti avere ritmi più tranquilli, dedicare un po’di tempo a se stessi, godersi di più l’intimità familiare o comunque le mura domestiche. Socializzare è importante, mi verrebbe da dire indispensabile, ma non a tutti i costi. Imparare a gestire se stessi, interrogarsi e imparare a conoscersi credo che sia un modo per crescere interiormente e in consapevolezza, per essere più sicuri di se stessi. E poi, nelle meditazioni personali di questi giorni, ho scoperto (o forse per meglio dire ri-scoperto) che tutti noi abbiamo bisogno di spiritualità. Intendo dire che dobbiamo ascoltare i nostri bisogni interiori e dobbiamo darci delle risposte, che non possono essere solo materiali, solo razionali. Per me è stato importante riscoprire valori forse in parte perduti, o forse solo assopiti, che aiutano a orientare la propria vita e ad agire sentendosi responsabili delle proprie scelte.

Pietro Romano

Voucher scuola, il bando è aperto

Apre oggi alle 12 e resterà aperto fino alle 23.59 del 10 giugno 2020 il bando per il nuovo voucher scuola, il ticket virtuale per gli acquisti legati al diritto allo studio, che si presenta quest’anno con alcune importanti novità. 

Il voucher può contare su una dotazione finanziaria di oltre 18 milioni di euro, grazie all’integrazione tra risorse regionali e contributo statale per i libri di testo. 

 

Come presentare domanda

Le famiglie degli studenti (o gli studenti stessi se maggiorenni, purché non abbiano compiuto 22 anni e non abbiano già un titolo di studio di scuola superiore), con indicatore Isee 2020 non superiore a 26 mila euro e iscritti nell’anno 2020-2021 alle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado, statale e paritarie, o ai corsi di formazione professionale in obbligo di istruzione possono quindi presentare un’unica domanda per  il voucher 2020-21, per le rette scolastiche di iscrizione e frequenza o, in alternativa, per  l’acquisto di libri di testo, materiale didattico, dotazioni tecnologiche funzionali all’istruzione, attività integrative previste dai piani dell’offerta formativa e trasporti, che comprende anche il contributo statale per i libri di testo.

Come di consueto, le domande possono essere presentate esclusivamente online, attraverso l’applicazione disponibile alla pagina www.sistemapiemonte.it/assegnidistudio, con le credenziali Spid (sistema per l’identità digitale della Pubblica Amministrazione) o, per chi le avesse ancora attive, con le credenziali di Sistema Piemonte usate per i precedenti bandi.

Attenzione: dopo l’accesso al sistema informatico per la presentazione della domanda con le apposite credenziali, è obbligatorio indicare:

a) una casella di posta elettronica valida per:

– ricevere informazioni in merito all’esito dell’istruttoria per l’assegnazione del voucher;

– ricevere il PIN da parte del gestore del servizio,

– recuperare il PIN tramite il sito https://beneficiari.edenred.it/web/ticketservice/recuperapin

Le informazioni di cui sopra saranno fornite esclusivamente alla casella di posta indicata nella domanda, non saranno quindi presi in considerazione indirizzi di posta elettronica differenti.

b) un numero di telefono cellulare valido.

 

Il valore del voucher 

L’importo si differenzia in base alle fasce di reddito e agli ordini di scuola. Si va da un minimo di 75 a un massimo di 500 euro per il voucher libri di testo, attività integrative, trasporti, materiale didattico e dotazioni tecnologiche e da un minimo di 950 euro a un massimo di 2150 euro, per il voucher iscrizione e frequenza. Restano le maggiorazioni per gli studenti con disabilità certificate (importi aumentati del 50 per cento) e con disturbi specifici di apprendimento o esigenze educative speciali (importi aumentati del 30 per cento) e ancora residenti nei comuni marginali del Piemonte (importi aumentati del 30 per cento). Per il “Voucher iscrizione e frequenza” è possibile dichiarare la volontà di utilizzare parte del contributo di iscrizione per l’acquisto dei libri di testo (importo di 150 euro per la scuola secondaria di primo grado e di 250 euro per la scuola secondaria di secondo grado) per le famiglie con un ISEE fino a euro 15.748,78.

 

Tempistiche

Scaduti i termini di presentazione delle domande (ore 23.59 del 10 giugno 2020), gli uffici dell’assessorato regionale all’Istruzione procederanno all’istruttoria e alla definizione della graduatoria, con l’obiettivo di rendere disponibile sulla tessera sanitaria l’importo del voucher a partire da fine luglio 2020. Fino al 30 giugno 2021, le famiglie beneficiarie potranno spendere la cifra presso la rete degli esercizi commerciali, i comuni, le istituzioni scolastiche, le agenzie formative convenzionate, le aziende di trasporto.

 

«Con l’erogazione dei voucher scolastici – spiega l’assessore regionale all’Istruzione, Elena Chiorino – vogliamo offrire un sostegno concreto alle famiglie con figli in età scolare. Un aiuto che quest’anno è ancora più significativo in quanto l’emergenza coronavirus e la conseguente necessità di adottare la didattica a distanza ha comportato numerosi disagi a chi non ha a disposizione la strumentazione tecnica per poter seguire adeguatamente i corsi». «Proprio per questo – prosegue Chiorino – con i voucher sarà possibile acquistare anche tablet e strumenti tecnologici per fare in modo che i ragazzi possano avere tutti gli strumenti necessari per gestire qualsiasi emergenza o necessità, oltre che per poter usufruire di tutti gli strumenti digitali utili anche per lo svolgimento della normale didattica. Per agevolare le famiglie abbiamo anche potenziato il nostro numero verde, che oggi può contare su personale qualificato e formato e in grado, nella stragrande maggioranza dei casi, di rispondere nel merito a tutti i dubbi di genitori e famiglie. «Il nostro obiettivo ultimo – conclude Chiorino – è sempre quello di garantire il diritto allo studio con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, in modo che nessuno venga lasciato indietro o solo».

 

«Siamo lieti  – spiega la presidente del CSI, Letizia Maria Ferraris – della fruttuosa collaborazione tra le istituzioni regionali e il Consorzio, finalizzata ad applicare innovazione e tecnologia al servizio dei consorziati. Obiettivo del CSI è quello di realizzare, grazie alle sue piattaforme, strumenti informatici a favore degli utenti e, in questo caso, delle famiglie con figli in età scolare, in una realtà complessa, in cui si sono trovate con non poche difficoltà».

 

«Come per gli altri servizi di Sistema Piemonte, anche in questo caso il CSI ha avuto un ruolo importante nella realizzazione del sistema informatico che sta dietro al bando dei voucher scuola – spiega Pietro Pacini – Direttore Generale del CSI Piemonte – Ed è qualcosa che ci fa piacere, perché al di là dell’aspetto puramente tecnico e delle soluzioni che abbiamo utilizzato, averlo fatto ha significato affiancare i nostri enti nella realizzazione concreta di uno dei diritti più importanti di una società: quello allo studio».

 

Informazioni utili

Per informazioni e assistenza è attivo, da mercoledì 29 aprile, il Numero Verde gratuito 800-333-444 (dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 18), oppure ci si può rivolgere agli Uffici relazioni con il pubblico o ancora può consultare il sito internet della Regione, alla pagina dedicata:

https://www.regione.piemonte.it/web/temi/istruzione-formazione-lavoro/istruzione/voucher-scuola/voucher-scuola-2020-2021