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Isolamento e senso di appartenenza

“Solo adesso che la vedo invecchiare mi accorgo di amare la mia casa… E ricordo dei tempi primordiali, dei paterni nuraghes, quando l’uomo amava la sua casa fino alla morte, e vi si seppelliva per diventare una cosa stessa con le sue pietre.”

Ora che ho qualche anno in più, colgo appieno anch’io il senso delle parole che Grazia Deledda scrisse in un articolo pubblicato sulla rivista La Riviera Ligure nel 1916. Il semiconfinamento prolungato cui sono stato costretto a causa della pandemia ha concorso a rendere più solido tale sentimento di appartenenza. Come sostiene Sandra Petrignani (La scrittrice abita qui, Neri Pozza, 2002): “I viaggi nelle case sono viaggi nelle vite. O forse è il contrario. Ma non importa. Una casa è un destino comunque.”

Paolo Maria Iraldi

L’utopia infranta di Adriano Olivetti 

Di Marco Travaglini / Sessantuno anni fa, il 27 febbraio 1960, durante un viaggio in treno da Milano a Losanna moriva improvvisamente, a causa di una emorragia cerebrale, Adriano Olivetti

La sua scomparsa lasciò orfana della sua guida un’azienda presente su tutti i maggiori mercati internazionali, con oltre 35mila dipendenti, di cui oltre la metà all’estero, e un progetto culturale, sociale e politico di grandissima complessità, dove fabbrica e territorio – in particolare Ivrea e il canevese – erano “indissolubilmente integrati in un disegno comunitario armonico”.

Adriano Olivetti era nato a Ivrea l’11 aprile del 1901, secondogenito di Camillo Olivetti e Luisa Olivetti Revel. Laureato in Ingegneria Chimica industriale al Politecnico di Torino iniziò nel 1924, poco più che ventenne, a lavorare come operaio nella fabbrica di macchine per scrivere fondata dal padre Camillo nel 1908 a Ivrea. Nel 1932 venne nominato Direttore Generale dell’azienda di Ivrea, diventandone il Presidente sei anni dopo, subentrando al padre e guidando con decisione l’Olivetti verso gli obiettivi dell’eccellenza tecnologica, dell’innovazione e dell’apertura verso i mercati internazionali. Una particolare cura venne dedicata al design industriale, al punto da vedersi assegnato, nel 1955, il prestigioso Compasso d’Oro per meriti conseguiti nel campo dell’estetica industriale, e al miglioramento delle condizioni di vita dei dipendenti. Imprenditore, intellettuale e politico, le sue idee innovative per delle riforma sociali in senso comunitario sono ancor oggi attualissime e testimoniano la sua capacità visionaria. Adriano Olivetti fu capace di portare l’ azienda di famiglia a competere alla pari con i giganti del mercato mondiale della sua epoca, trasformando la città “dalle rosse torri” nella capitale dell’informatica, riconosciuta recentemente dall’Unesco nella sua lista del patrimonio mondiale come “Ivreacittà industriale del XX secolo”. Un sogno industriale, quello di Adriano Olivetti, che logicamente mirava al successo e al profitto ma proponeva anche un progetto sociale che implicava una relazione del tutto nuova e compartecipativa tra imprenditore e operai, oltre a un rapporto qualitativamente alto tra quella che era stata la “fabbrica in mattoni rossi” e la città, capoluogo del Canavese. Gran parte della storia intellettuale e sociale dell’esperienza olivettiana che trasformò Ivrea nella “Atene degli anni ‘50” è raccolta nei libri pubblicati dalle Edizioni di Comunità, la casa editrice fondata nel 1946 da Adriano Olivetti.

Tra i tanti c’è anche l’agile e interessante volumetto intitolato “Discorsi per il Natale” che raccoglie tre testi scritti da Adriano per le feste di fine anno, fotografando alcuni dei momenti più importanti della storia della fabbrica di Ivrea. Nel primo discorso, datato 24 dicembre 1949, l’imprenditore racconta i primi anni del dopoguerra per condividere il sollievo e l’orgoglio della compiuta ripresa dell’azienda dopo la difficile esperienza del fascismo e del conflitto mondiale. Nel secondo, sei anni dopo, il 24 dicembre 1955, Adriano Olivetti rievoca proprio quel discorso per ripercorrere i nuovi traguardi della fabbrica, che ha assunto ormai una dimensione internazionale ma non ha mai perso di vista le proprie radici morali, memore degli insegnamenti del fondatore Camillo. E dice, tra le altre cose: “Tutta la mia vita e la mia opera testimoniano anche – io lo spero – la fedeltà a un ammonimento severo che mio padre quando incominciai il mio lavoro ebbe a farmi: “Ricordati” –mi disse– “che la disoccupazione è la malattia mortale della società moderna;perciò ti affido una consegna:devi lottare con ogni mezzo affinché gli operai di questa fabbrica non abbiano a subire il tragico peso dell’ozio forzato, della miseria avvilente che si accompagna alla perdita del lavoro”.

Una grande lezione morale alla quale, nei fatti, accompagnò il suo agire di imprenditore illuminato. Olivetti esprime così la volontà di ringraziare i lavoratori della fabbrica per la loro partecipazione a qualcosa di più grande, a una comune dimensione di riscatto del lavoro che, per usare le stesse parole di Olivetti,“non si esaurisce semplicemente nell’indice dei profitti”. Nell’ultimo discorso della breve raccolta, pronunciato in occasione del Capodanno del 1957, alla vigilia del cinquantenario della fondazione della Olivetti ( nell’ottobre del 1908) l’augurio dell’imprenditore di Ivrea, ormai all’apice del successo, è quello di non perdere mai di vista, nell’anno e negli anni a venire, il senso di giustizia e di solidarietà umana che è alla base di ogni vero progresso e rappresenta il valore più profondo e ultimo di tutta l’esperienza olivettiana. Vi è l’orgoglio per quello che lui stesso definisce “lo spirito della fabbrica” e una potente visione di futuro. Resta, leggendo quelle pagine, il rammarico per ciò che potevano essere l’Olivetti , l’industria italiana e il modello sociale del paese se l’utopia di Adriano Olivetti non si fosse spenta dopo la sua improvvisa e tragica morte in quel sabato di fine febbraio, quando non aveva ancora compiuto sessant’anni.

Il mito (e gli sbagli) di Agnelli con Quaglieni su Fb

Domenica 7 marzo alle ore 18 sul canale social Fb, pagina del centro Pannunzio, lo storico Pier Franco Quaglieni aprirà le manifestazioni per il Centenario della nascita di Giovanni Agnelli con una lezione su “Agnelli, la Fiat oltre i miti“.

Il prof. Quaglieni ha conosciuto personalmente l’avvocato Agnelli e parlerà dei suoi rapporti con Mario Soldati. Dichiara Quaglieni “Voglio far rivivere un grande protagonista dell’Italia del secolo
scorso, del suo stile, del suo ruolo di Presidente della Fiat ed anche dei suoi errori. Oggi quello che resta della Fiat, ha totalmente perso lo smalto di Agnelli e non è più un’industria ne’ torinese ne’ italiana, una svolta che Agnelli non avrebbe permesso.”

Wonder Talk a sostegno di Fondazione Paideia

Appuntamento sabato 27 febbraio 2021 dalle ore 15 alle 18 in diretta streaming

Torino, 24 febbraio 2021. La comunicazione è dialogo e i dialoghi sono parole meravigliose che ci mettono in connessione con gli altri. Nasce con questo intento l’iniziativa Wonder Talk organizzata dallo studio Zandegù; un pomeriggio di parole sulla comunicazione con Chiara Gandolfi, Luisa Carrada e Stefano Guerrera a sostegno dei progetti di Fondazione Paideia. L’appuntamento è sabato 27 febbraio dalle 15 alle 18 in diretta streaming.

Tre ore di evento dedicate alla comunicazione che avranno come focus tre topic: la personalità, la chiarezza e la community. Interverranno rispettivamente la verbal designer Chiara Gandolfi che progetta l’identità dei brand dal punto di vista del linguaggio, a partire da nome, payoff, testi e tono di voce. Gandolfi incoraggia le aziende a essere eccezionali e a dimostrarlo. A riconoscere la propria diversità, valorizzarla, esprimerla con forza e farla diventare il motivo potente per cui le persone le scelgono, i competitor le stimano (o non le sopportano), i clienti tornano e comprano ancora.
Approfondisce il tema della chiarezza la business writer Luisa Carrada. che offre alle organizzazioni la tecnologia più antica e potente, quella che non cambia mai, si adatta a tutti i dispositivi, è leggerissima e sempre con noi: le parole.
In tema community interviene infine Stefano Guerrera, content creator, influencer, esperto di comunicazione web e social media manager.

Marianna Martino, titolare di Zandegù, modera l’incontro e alla fine di ogni intervento ci sarà spazio per le domande in chat.

“Noi di Zandegù abbiamo conosciuto Paideia nel 2017 e abbiamo potuto apprezzare da vicino il loro impegno quotidiano e la passione che mettono nella cura delle famiglie e dei bambini che seguono. Sono attenti e generosi e il loro lavoro è importantissimo. Nel nostro piccolo vogliamo dare una mano ai bambini con disabilità e alle loro famiglie: l’attenzione ai bisogni di tutti passa anche da una buona comunicazione e Wonder Talk vuole essere un momento di incontro aperto e generoso, che fa del bene” dichiara Marianna Martino, titolare di Zandegù

“Siamo grati a Zandegù – racconta Fabrizio Serra, direttore della Fondazione Paideia – perché da anni sono al nostro fianco con la loro energia e creatività: un evento saltato per l’emergenza sanitaria, come l’asta benefica tradizionalmente organizzata a Natale, ha portato a ideare un nuovo evento, con l’obiettivo di sostenere i bambini con disabilità e le famiglie che incontriamo ogni giorno. Grazie a tutto il team e agli speaker coinvolti per la loro vicinanza e generosità”.

Un evento che fa del bene
Wonder Talk costa 15€ a persona (per partecipare a tutti e 3 i talk) e tutti i proventi dell’evento di beneficenza Wonder Talk andranno a sostegno delle attività di Fondazione Paideia, onlus di Torino che, dal 1993, si occupa di bambini con disabilità e delle loro famiglie. Il 2020, con la pandemia, è stato un anno che ha impattato in modo drammatico sulla vita di molte famiglie con bambini disabili: Paideia è al loro fianco per offrire sostegno economico, supporto psicologico, attività di terapia e tutto ciò di cui i bambini, ma anche i loro genitori, fratelli e sorelle, hanno più bisogno.

Iscrizioni
Per partecipare è necessario avere un account Facebook (la diretta sarà trasmessa su un gruppo chiuso, una volta confermata l’iscrizione verrà inviato il link per partecipare).
Non ci sono limiti di posti. Una volta confermata l’iscrizione e il pagamento, verrà inviata un’e-mail con tutti i dettagli per partecipare alla diretta.
Maggiori informazioni sull’evento: https://zandegu.it/prodotto/wonder-talk/

Zandegù è uno studio di Torino che, dal 2012, si occupa di formazione su comunicazione e marketing e lo fa per freelance, piccole ditte, artigiani, professionisti e aziende. I corsi, gli ebook e le consulenze mixano teoria e pratica e forniscono strumenti concreti da applicare al lavoro. Per le attività si avvalgono di una rete affidabile di professionisti del settore, coinvolgendo docenti e autori, per offrire una conoscenza multivoce e a 360° del mondo della comunicazione online.

Ciao, siamo Marianna e Marco.

Exodos supera i 100 mila visitatori, in 35 “tappe”   

Dal 26 febbraio al 28 marzo nuova esposizione della mostra sulle rotte migratorie, di 12 fotoreporter e videomaker

L’inaugurazione venerdì 26 febbraio, alle ore 17, al Ricetto per l’Arte di Almese (To)

In quattro anni, oltre centomila visitatori in 35 esposizioni, tra cui quella del settembre 2018 al Parlamento Europeo: questi i numeri della mostra Exodos| Exit – rotte migratorie, storie di persone, arrivi, inclusione, che  da venerdì 26 febbraio sino a domenica 28 marzo si potrà visitare al Ricetto per l’Arte di Almese (To), in Borgata San Mauro.
L’esposizione numero 36, voluta dal Comune di Almese con l’Associazione culturale Cumalè, è patrocinata da Regione Piemonte e Unione Montana Valle Susa. Realizzata dall’associazione Allievi del Master in Giornalismo Giorgio Bocca e dalla Regione Piemonte, affronta il tema osservandolo da tre diversi punti di vista: quelli dell’esperienza e della narrazione internazionale, del sistema di accoglienza e degli strumenti di inclusione della Regione Piemonte.
L’inaugurazione avverrà venerdì 26 febbraio, alle ore 17, nella struttura medievale che ospita la mostra. Per l’allestimento di Exodos è stato scelto un percorso tematico, per guidare il pubblico nei vari momenti che scandiscono la quotidianità di chi dalla propria terra intraprende il cammino con l’obiettivo di raggiungere un mondo migliore. Nell’itinerario espositivo, l’attenzione è rivolta alle fasi salienti di questi viaggi: il “Mare”, trampolino e naufragio verso il miraggio di un nuovo mondo; la “Strada”, attraverso i campi, i fiumi, le lande desolate delle terre di nessuno; l’arrivo davanti alle “Barriere”, fatte di reti, muri, confini; i “Campi”, luoghi di attesa, di riposo, di speranza, di paura; “Incontri” tra società, turisti e migranti.
Sono immagini e video realizzati da dieci fotoreporter (Mauro Donato, che nel marzo 2018 venne arrestato in Serbia per un equivoco e poi rilasciato; Marco Alpozzi, Max Ferrero, Mirko Isaia, Giulio Lapone, Matteo Montaldo, Giorgio Perottino, Andreja Restek, Paolo Siccardi e Stefano Stranges) e due videomaker indipendenti torinesi (Stefano Bertolino e Cosimo Caridi) tra il 2014 e il 2016 in alcuni dei momenti e dei luoghi più drammatici dell’emergenza profughi, come le isole di Lesbo e Kos, la frontiera di Idomeni, la giungla di Calais, ma anche i Balzi Rossi vicino a Ventimiglia o il mare al largo di Lampedusa. Si sono poi aggiunte immagini di Stefano Tallia, Stefano Rogliatti, Carolina Lucchesini e Simona Carnino.
«Questa mostra, in cui crediamo molto, rinnova l’interesse del pubblico per un tema contemporaneo molto dibattuto ed analizzato: quello delle migrazioni – afferma l’assessore regionale all’Immigrazione, Fabrizio Ricca -. Siamo felici che oggi questi scatti continuino a interessate il pubblico e a porre domande su un argomento tanto complesso».
Per il suo valore culturale e di sensibilizzazione, la mostra Exodos ha ottenuto l’apprezzamento e il riconoscimento della Medaglia del Presidente della Repubblica, il patrocinio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Alto patrocinio del Parlamento Europeo, ed il patrocinio dell’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Gli orari di apertura, in situazione di zona gialla, saranno di mercoledì dalle 10 alle 12,30 e di venerdì dalle 10 alle 12,30 e dalle 15 alle 18 (lunedì, martedì e giovedì su prenotazione). In altro caso, dal lunedì dal venerdì su prenotazione; sabato dalle 15 alle 18 e domenica dalle 10 alle 12,30 e dalle 15 alle 18. Info: Associazione Culturale Cumalè, cell. 328-9161589; cumale.ass@gmail.com

Silvia Tabasso, prima Presidente donna dell’UCID

Per la prima volta al vertice dell’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti di Torino 

L’UCID ( Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti) di Torino ha,per la prima volta nella sua storia, una presidente donna, Silvia Tabasso, eletta all’unanimità lunedì 15 febbraio scorso, durante le elezioni per il nuovo Consiglio Direttivo. Succede a Alberto Carpinetti, che ha guidato l’Associazione dal 2014 al 2020, e resterà in carica  per il triennio 2021/ 2024.

 

Silvia Tabasso è entrata nell’Ucid più di venti anni fa, parallelamente al suo ingresso nel mondo del lavoro. Il padre, imprenditore, era ed è ancora socio dell’Ucid. Proprio Silvia Tabasso aveva pensato allora, con la sorella Valeria ed alcuni amici, di fondare il Gruppo Giovani dell’Ucid, che esiste tuttora e rappresenta il perno della componente giovanile dell’associazione. Ha lavorato per sei anni nell’azienda di famiglia nel settore grafico e ha poi vissuto all’estero, seguendo il lavoro del marito, tra Messico e Germania. L’educazione cattolica ricevuta in famiglia si è tradotta in lei in un  costante impegno cattolico anche nel mondo dell’impresa e del lavoro e, parallelamente, all’interno dell’UCID, dove, in collaborazione con altri giovani, anni fa è giunta a elaborare la Carta dei Valori del giovane imprenditore”, che ha poi appeso dietro la sua scrivania. Nella sua esperienza lavorativa, ha anche studiatoper diventare Cerimonialista di Stato e ha poi fondatoun’agenzia di eventi, dal nome Eventum. Torino, in quegli anni, era diventata fulcro di incontri di carattere internazionale, quali la ratifica di trattati internazionali, la visita di Primi ministri e Capi di Stato, e la duplice visita del Pontefice.

La decisione, maturata nel 2019, di lasciare l’agenzia, per stare accanto alla sorella Valeria, colpita da un tumore raro, è stata un’ulteriore conferma della presenza della fede e dellasolidarietà nel suo cammino, che ora ha visto il suo impegno concretizzarsi a favore di un’associazione, l’UCID, che riunisce imprenditori e professionisti nello spirito e nei valori cristiani. Uno degli obiettivi del suo mandato è e sarà quello di lavorare, all’interno, sulla formazione e la crescita personali e, all’esterno, a livello territoriale, quello di dare un contributo al modo di pensare e recepire la cultura a livello imprenditoriale, con una posizione predominante data ai giovani, che saranno chiamati a farsi promotori dell’Hub piemontese dell’Economy of Francesco.

 

L’UCID è un’associazione che si sviluppa anche a livello interregionale e nazionale, fondata nel 1947, che raggruppa imprenditori, dirigenti e professionisti che, facendo propri i valori cristiani, riflettono sul ruolo dell’impresa nella società attuale e nell’economia.

In tale prospettiva ed impegno il ruolo dell’UCID è quello diporre al servizio della comunità le esperienze, le conoscenze e i talenti dei soci. La centralità della persona umana, la salvaguardia dei beni della terra e il corretto esercizio dell’impresa e della professione sono i capisaldi che costituiscono la base etica dei soci che vi aderiscono.

 

La neo presidente della sezione di Torino dell’Ucid, Silvia Tabasso, ha fatto proprie le parole di San Paolo VI: Noi non accettiamo di separare l’economico dall’umano”, nella convinzione che la sfida da parte dell’UCID oggi sia, come cristiani, quella di testimoniare le professionalità nelle imprese e, come imprenditori, di portare Gesù nel mondo del lavoro.

 

Con la nuova Presidente è stato eletto il nuovo Comitato di Presidenza e il nuovo Consiglio

Presidente: Silvia Tabasso

Vice Presidenti: Domenico Baldassarre, Roberto Icardi, Marco Lazzarino

Assistente Spirituale: Don Daniele Bortolussi

Mara Martellotta 

UCID Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti Liberi Professionisti

Gruppo Regionale e Sezione di Torino

Corso Palestro 14 , 10122 Torino.

Per informazioni: ucid@ucidtorino.it 0118122083

Sito www.ucidtorino.it

 

 

Pandemia, errori e responsabilità di una difficile gestione

Caro Direttore, ho letto con interesse l’articolo  di Pier Franco Quaglieni sul “Torinese” a proposito del ministro della Sanità. Esso pone l’accento sull’esclusione delle farmacie per il piano vaccinale cov e del mancato aggiornamento piano pandemico.

Vorrei aggiungere qualcosa che forse serve a chiarire due aspetti meramente tecnici.
1) la procedura per la vaccinazione covid non sembra neppure a mio parere adatta alle farmacie perchè prevede i seguenti passaggi successivi alla prenotazione nel luogo, giorno e ora precisi.
Chi si presenta deve essere accolto da qualcuno che misura la temperatura e riceve un foglio su cui dichiara di non avere in quel momento determinati sintomi, oltre alle proprie generalità.
In seguito viene registrato da personale che ha accesso ai file con dati sensibili e riceve 6 fogli da compilare (medicine, malattie croniche etc) e due con la spiegazione inerente il suo vaccino che terrà con sé. Tempo di compilazione circa 5′ per me e immagino di più per altre persone meno abituate alla compilazione inerente ad argomenti medici.
Questi fogli vengono quindi riconsegnati e si accede alla vera e propria vaccinazione dove un medico da una letta e chiede dettagli eventualmente , oltre a dare rassicurazioni su ciò che si sta facendo.  L’iniezione richiede 2′ incluso vestirsi e svestirsi. A questo punto si sta in una  sala seduti e distanziati per almeno 15′ in caso si verificasse un evento avverso.
Alla seconda iniezione si riceve un foglio con le proprie generalità, le date di inoculo, il tipo di vaccino, il numero del lotto e della fiala.
Ecco le sembra che tutto ciò sia compatibile con i ritmi di una farmacia? O con la privacy necessaria? O con la sicurezza indispensabile?
Questa descrizione dettagliata deriva dalla mia esperienza e posso dire che questa modalità organizzativa mi ha molto rassicurato alleggerendo quel minimo di ansia verso un evento totalmente nuovo. Altro è se i farmacisti tutti dessero disponibilità per vaccinare insieme a medici, infermieri, ostetriche e financo veterinari!  Sarebbe una grande prova che i volontari di tutte queste categorie fossero divisi in scaglioni per orari e giorni al fine di arrivare alle 400.00 vaccinazioni al giorno (giorno e notte 18 ore).
Il mancato piano pandemico era responsabilità di Guerra. Non del ministro Speranza. La scelta di Arcuri credo sia stata del Governo.
Ha ragione chi sottolinea gli errori commessi fin qui : una bufera del genere non poteva essere gestita senza errori, oltretutto in un Paese gravato da lungaggini burocratiche  e nel quale  si cerca sempre il super uomo capace di toglierci dai guai (vd articolo di Fubini sul Corriere di oggi 22). Perchè i guai sono certo legati alla pandemia, ma sono conseguenza anche di una mentalità diffusa per cui non si lavora di anticipo aggiustando le cose che non funzionano in tempo utile per quando arriverà la bufera.
Vale per la rete idrica, per l’erosione, per i vaccini. Negli ultimi anni si sono comperati e buttati milioni di fiale di antiinfluenzale: una delle conseguenze dell’ignoranza diffusa in medicina come in ogni campo scientifico. Ma la TV di stato parla d’altro!
Onestamente tutti noi avremmo fatto errori con l’arrivo della pandemia e in questi casi le cose in parte si aggiustano in corsa: ora c’è un gruppo ben affiatato e credo una catena di comando che è in opera da un anno. Veramente ci sentiamo di dire che cambiando adesso le persone di questa catena  avremmo maggiori garanzie? Non lo so.
Condivido molte delle sue critiche sulle Regioni e sui linguacciuti. Lavorare e non parlare. Lo sottoscrivo.
Quello che non mi sarei aspettato da un liberale, però, è attaccare un ministro con parole che fanno riferimento alla sua provenienza e alla piccolezza del suo partito oltre che del suo atteggiamento di “piccolo, grigio funzionario lucano di un partitino”.
Speranza può esserci antipatico, lui e il suo partito, ma va criticato sulle singole cose malfatte di cui è responsabile. Ricordandoci di esplicitare sempre per ciascuna una possibile  soluzione .

Sandra Chiodi 

A.I.P.S. ricorda Fiorenzo Alfieri con un premio a CasaOz

L’Associazione Italiana Paralisi Spastica Onlus (A.I.P.S.) ricorda Fiorenzo Alfieri, presidente onorario dell’Associazione scomparso il 13 dicembre 2020,

 

istituendo un premio per celebrare il suo impegno verso la Città di Torino e le persone fragili. Il Premio – una targa commemorativa – verrà consegnato lunedì 22 febbraio 2021, in occasione del 18esimo anniversario dell’associazione, dal Presidente di A.I.P.S. Angelo Catanzaro a Enrica Baricco, presidente dell’Associazione CasaOz, che dal 2007 a Torino è “Quotidianità che cura”, un luogo che accoglie e offre un sostegno quotidiano a bambini e famiglie che vivono l’esperienza della malattia e della disabilità. Tutte le attività sono volte a favore dell’inclusione sociale dei soggetti in situazioni di malattia e della loro rete relazionale. Dall’inizio dell’attività ad oggi sono state seguite più di 2.300 persone tra cui bambini, adulti, nuclei familiari – provenienti da 43 paesi diversi (in particolare da Italia, Europa dell’Est e Sud America) – per un totale di oltre 100.000 presenze.

«Per noi oggi è un giorno importante, in questo diciottesimo anniversario ricordiamo Fiorenzo Alfieri non solo presidente onorario della nostra associazione ma soprattutto come amico e maestro – dichiara il presidente di A.I.P.S Onlus, Angelo Catanzaro -. Purtroppo il Covid-19 ci ha portato via un punto di riferimento importante, ma non ci porterà mai via tutti gli insegnamenti che abbiamo ricevuto da Fiorenzo. Questo premio in sua memoria ci permetterà di portare avanti le nostre battaglie anche in suo nome».

«Abbiamo deciso di premiare Enrica Baricco, per il suo impegno costante nella difesa dei diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie – aggiunge Catanzaro -, non solo in qualità di presidente di CasaOz ma anche per gli importanti traguardi raggiunti come consigliera regionale nella legislatura guidata da Sergio Chiamparino».

La Barriera cominciava al di qua della Dora

COSA SUCCEDE(VA) IN CITTA’ / Giusto 40 anni fa furono istituti i quartieri a Torino. Per l’esattezza 23. Tanti, ed in alcuni casi messi insieme alla bell’e meglio. I criteri che adottarono furono principalmente due. La popolazione e la presenza dei comitati di quartiere spontanei. Erano frutto della contestazione. Si svilupparono soprattutto nei primi anni 70. Promotori furono i partiti di sinistra e le parrocchie. Precisamente parte delle parrocchie.

Il vento della contestazione era entrato a pieno titolo nelle stanze della chiesa e degli oratori. Soprattutto giovani che , oltre che pregare intervenivano nel sociale. Erano anni in cui Giorgio Gaber cantava :  libertà è stare sopra un albero , la libertà è partecipazione. In questa suddivisione, qualcuno ne fece le spese,  diciamo così,  di identità. Come via Bra o via Cuneo,  immortalata da Gipo Farassino.  Lui che da quelle parti  di Barriera ci è nato. Anche mia madre è nata in via Cuneo. Case di ringhiera. Era una sartina . Classe ’29 e finita la quinta elementare a lavorare. Gruppo Tessile Biellese poi diventato Marus e poi diventato Facis.   Il padre era morto nei   primi tre mesi in guerra, pleurite fulminante.  La nonna abitava ancora da quelle parti.  Maria Borletti (mia madre), per lei non aver potuto studiare fu un dramma. Con le 150 ore, studio e lavoro prese la licenza media. Leggeva, leggeva tanto. Magari in modo caotico,  ma leggeva. Era orgogliosa d’ aver fatto la scuola di partito a Fagetto Lairo. Una villa del Partito, sul lago di Como, adibita a scuola. Mensa, sala riunioni e piccole stanze dove si studiava. I dirigenti nazionali insegnavano. C’era anche una piccola stamperia per le dispense. Poi esame con relativi voti. Suo zio Pietro Moschelli , scappato dall’ Italia e dal fascismo,  fu rifugiato politico a Mosca. Maresciallo dell’Armata Rossa e direttore di fabbrica. Si portò dietro la famiglia. Moglie e due figli. L’ uomo si laureò in ingegneria e la donna in medicina. In Italia non poterono esercitare perché la laurea presa in Urss non era riconosciuta. Soprattutto con la cugina mi facevano raccontare la sua esperienza scolastica. Mamma mia quanto studiavano. La cosa,  però,  che la terrorizzava maggiormente erano gli esami per potersi iscrivere alla Gioventù Comunista Russa. In particolare le modalità d’ accesso. L’ estrema selezione. Ora, può sembrare,  al limite dell’assurdo. Allora no.  Era pura e semplice promozione sociale. Partivano dalle case di ringhiera,  con i servizi in comune e poi si laureavano. Confesso,  anche per il sottoscritto mi sembrava decisamente esagerato. Ora , vicerversa , l’ ignoranza imperante è,  decisamente eccessiva. La nonna materna arrivava da Linguaglossa in Provincia di Catania. Ai piedi dell’Etna. Metà strada tra Catania e Bronte,  famosa per i pistacchi e il massacro del garibaldino Nino Bixio. A 20 anni sono andato alla ricerca di antenati. Al cimitero,  tra vecchie lapidi. Terra nera e porosa del vulcano. Classiche case basse fatte,  ancora di tufo   Anche lì c’era qualcosa delle case di ringhiera di Barriera. Una Barriera che non si sarebbe sviluppata così se non ci fossero stati gli emigranti dal Sud. Molti arrivavano,  come prima tappa a Porta Palazzo. Si sa, prima il capofamiglia. Dopo le famiglie. Sicuramente grandi lacerazioni,  sradicamenti, ma anche grandi speranze. Forti identità paesane. Lucani con lucani,  calabresi con calabresi,  siciliani con siciliani. I pugliesi ” invasero ” piazza Foroni. Cambiò persino la toponomastica. Divenne piazza Cerignola. Ancora oggi si possono comprare i più buoni taralli di Torino. Il più delle volte le comunità si facevano associazioni. Riferimento culturale e politico. Queste associazioni sono entrate a pieno titolo nelle dinamiche,  sociali e politiche della città. Un esempio per tutti e l’associazione lucana Carlo Levi,  fondata ed attualmente diretta dalla Famiglia Cerabona. Prospero Cerabona , consigliere comunale Pci negli anni 80 sbattè la porta in polemica con Diego Novelli. Lucano , emigrato dalla Lucania. Orgoglioso delle sue origini contadine. Dalle parti di via Ternengo c’ è una delle più belle biblioteche.
Proprietà della Fondazione Amendola. Il bar dei calabresi in via Brandizzo angolo via Monterosa. Dalle 18 in poi montagne di noccioline e Birre a go-go. Tutti muratori,  con pezzi di corpo abbronzati. Tutte le regioni del sud degnamente rappresentate. La Barriera cominciava al di qua della Dora. Non ci sono Santi che tengano. Poi al fondo di Corso Vercelli,  fin oltre il trincerone. Ora un intero isolato di casermoni.  Prima , davanti alla cremeria Sempione,  la Balera ribattezzata,  la balera cul dei Mal Maria’. Insomma gli scapoli in cerca di vedove inconsolabili. Confini di Barriera,  terra di accoglienza. Da Catania fino a Torino,  per poi fare un salto a Mosca. Essere ospitali e superare i confini. Visto che i confini esistono per essere superati e crescere.

Patrizio Tosetto

Smile box ai bambini in difficoltà. Progetto per 2700 famiglie torinesi

La distribuzione è avvenuta attraverso i 63 enti aderenti al Banco del Sorriso

 

Smile box”, con oltre 25.000 pannolini e 1.900 nuovi capi di abbigliamento intimo per bambini, sono state donate grazie al contributo della Fondazione ULAOP- CRT tramite i 63 enti aderenti alla rete del Banco del Sorriso. Il nuovo progetto, che interessa un bacino potenziale di oltre 2.700 famiglie torinesi e 3.600 piccoli tra 0 e 6 anni, ha preso il via il 1° febbraio.

 

“’Smile box’ è una nuova testimonianza dell’attenzione e dell’impegno che Fondazione ULAOP-CRT, anche in sinergia con le realtà assistenziali territoriali, rivolge alle famiglie torinesi in difficoltà, ancor più provate dalle nuove emergenze causate dal Covid19” dichiara Cristina Giovando, Presidente della Fondazione ULAOP-CRT onlus.