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“Erano tutti cieli blu”: la vacanza in montagna a metà del secolo scorso

Ma quando è cambiato davvero il turismo italiano?

Silvia Meneghini, con il suo libro “Erano tutti cieli blu” (Edizioni Il Canneto), offre una risposta probabilmente inconsapevole ma non per questo meno interessante. Il piccolo volumetto racconta le vacanze in montagna a partire dal 1955. Ricordi strettamente personali che si trasformano in uno spaccato di un’epoca. La montagna è quella valdostana delle Valle d’Ayas. Un albergo privo dei comfort attuali in una piccola frazione, Frachey, a pochi minuti di cammino dalla più nota Champoluc.

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“Erano tutti cieli blu”: la vacanza in montagna a metà del secolo scorso

Per il concorso “Lavori in corto – gli occhiali di Gandhi”, a Torino una maratona di cinema per la “pace” e la “nonviolenza”

“In the name of Peace”

Lunedì 11 e martedì 12 luglio, ore 21,30

Il titolo “In the name of Peace” inquadra subito il contenuto e gli obiettivi dell’evento (per appassionati cinefili, ma non solo) promosso dall’“Associazione Museo Nazionale del Cinema” (AMNC) e dal “Centro Studi Sereno Regis”: due intense consecutive serate di cinema, lunedì 11 e martedì 12 luglio, a Torino, presso “Cascina Roccafranca” e “Arena Monterosa”, per presentare i film e i giovani autori /autrici under 35 che hanno partecipato alla nona edizione del concorso cinematografico nazionale “Lavori in corto – gli occhiali di Gandhi”, dedicato a opere incentrate sulle tematiche della pace e della nonviolenza, selezionate da una giuria di esperti per concorrere alla vincita dei tre premi in palio. La maratona di proiezioni inizia dunque lunedì 11 luglio alle 21.30 nell’ampio cortile della casa di quartiere “Cascina Roccafranca” (Via Rubino 45) con la prima serata di proiezioni dei film in concorso e si conclude martedì 12 luglio alle 21.30 presso il “CineTeatro Monterosa” (Via Brandizzo 65) con il secondo slot di film in concorso e la premiazione finale. Tutte le proiezioni sono a ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili. Il programma delle due serate prevede la proiezione di undici film di cui tre in anteprima nazionale e quattro in anteprima regionale. Sinteticamente, si tratta di pellicole estremamente variegate (pur correndo sempre sul fil rouge prestabilito) che ci ricordano, ad esempio, il potere della fantasia nell’opera di Gianni Rodari (“Sbagliando s’inventa”) o le questioni legate alla tutela dell’ambiente (“Fili di memorie”), così come l’urgenza che sta vivendo il popolo ucraino in seguito all’aggressione russa (“The Border Line”). O ancora, le diverse prospettive di genere (“Con i miei occhi” e “Cromosoma X”), un tenero omaggio alla terza età  (“Ofelia”), lo sport come contesto nel quale le differenze sociali possono essere superate attraverso un confronto leale (“L’Avversario”), così come il mondo della scuola (“Forze”). A chiudere la selezione, come sempre un’ampia proposta dedicata ai temi dell’immigrazione che ci restituiscono l’immagine di un paese dove stanno crescendo ragazzi di seconda generazione tra conflitti e molteplici forme di accoglienza (“Nurradin”“Il custode e il fantasma” e “Inchei”).

“Grazie alla fertile collaborazione con l’AMNC – sottolinea Dario Cambiano, responsabile del progetto ‘gli occhiali di Gandhi’ – il ‘Centro Studi Sereno Regis’ ha potuto proporre a tante e tanti cineasti di riflettere sul tema della nonviolenza. Le opere presentate hanno offerto pensieri nuovi, spesso originali, sulla soluzione dei conflitti. L’educazione alla pace e alla nonviolenza è un tema difficile e il cinema può avere un ruolo molto importante nel diffonderla”.

Tre i premio in palio, assegnati dalla Giuria nella serata di martedì 12 luglio: si va dall’assegnazione di mille Euro, offerti dal “Centro Studi Sereno Regis”, per il “Primo Premio Armando Ceste”, ai 600 Euro da parte dell’“Associazione Museo Nazionale del Cinema” per il “Gran Premio della Giuria” dedicato a Vittorio Arrigoni (attivista pacifista, reporter e scrittore italiano ucciso a Gaza nel 2011; suo il celebre adagio “Restiamo Umani – Stay Human” con cui terminava ogni suo articolo) e ai 600 Euro assegnati dalla “Fondazione Montessori Italia” per il miglior film dedicato ai temi dell’infanzia. Una giuria  composta dai redattori del quotidiano indipendente online “eHabitat” assegnerà, inoltre, una menzione speciale al miglior film che tratta di tematiche ambientali.

“Lavori in corto” quest’anno si arricchisce inoltre di un laboratorio che si terrà presso il “Centro Interculturale” della Città di Torino (Corso Taranto 160), martedì 12 luglio dalle 14.30 alle 18.30“Cineritidoplastica – Il Botox del materiale audiovisivo”, un workshop di cinema condotto da Emanuele Policante. La partecipazione è gratuita su prenotazione, al seguente indirizzo mail: lavorincorto@gmail.com. Inoltre, da quest’anno, il concorso avrà una cadenza biennale. La decima edizione sarà quindi organizzata nel 2024nel corso del 2023 l’“Associazione Museo Nazionale del Cinema” promuoverà invece la quarta edizione del concorso cinematografico nazionale “LiberAzioni festival”.

Per ulteriori info: “Associazione Museo Nazionale del Cinema”, via Montebello 15/D, Torino; tel. 011/8138560 o www.amnc.it o info@amnc.it

g.m.

Nelle foto, alcuni frames da:

–       “Fili di memorie”

–       “The border line”

–       “Forze”

La “Torino che non ti aspetti”: in Contrada Guardinfanti 

Torino ha delle particolarità che perfino i torinesi spesso non conoscono.

Allora caliamoci per un attimo in Contrada Guardinfanti, pieno centro storico racchiusa tra le vie Barbaroux, Stampatori, Santa Maria e dei Mercanti, il cuore più antico dell’Augusta Taurinorum.

Ora ha conservato altre peculiarità, intanto è ricca di artigiani, alcuni di storica tradizione accanto ad altri di più recente costituzione ma capaci di offrire competenze tecniche e passioni come solo un artigiano sa fare. E poi succedono cose davvero strane. Vi accompagniamo in via dei Mercanti.

 

Al numero 3/d intanto la Tipolitografia dei Mercanti di Emanuela Zannetti, una donna piena di risorse e carica umana. Nel suo negozio e laboratorio (dove tiene corsi di calligrafia) tutto quanto è oggetto di legatoria ma soprattutto personalizzabile è creato. Dalle scatole per opere di artisti agli oggetti della memoria (album, percorsi….). Bisogna entrare, osservare e farsi prendere dai suoi racconti e dai propri desideri. Poco distante al 3 della stessa via ecco un cortile di quelli tipici delle case a ringhiera.

Qui su un balconcino la domenica alle ore 18 prende vita il Concertino del Balconcino, creato da due musicisti di punk lirico Daria Spada e Cristan Maxime che con queste performance che ormai hanno una serie di appassionati frequentatori, offrono l’opportunità ad attori, cantanti, attori di esibirsi e dare prova del proprio talento. Basta contattarli.

Ma non è tutto. Sempre al 3 di via del Mercanti, più precisamente ad un citofono a titolo di anticipazione del Concertino, alle ore 17,45 ecco che prende vita Radio Citofono, la radio senza obbligo di frequenza, animata da Gabriella Squilibra che intrattiene chi attende lo spettacolo con uno proprio dal titolo “Parole e magia” dove si analizza il significato di una parola prescelta dalla sua etimologia fino alla lettura delle carte sempre attraverso il collegamento del citofono.

Basta naturalmente appoggiare l’orecchio! Sempre in zona, poco distante da lì, in una bottega piccolissima che rischia di non essere vista, opera la Dottoressa delle Bambole, Greta Canalis, altra giovane artigiana in via Barbaroux 7 che grazie ad una profonda e mirata formazione. restaura bambole antiche e moderne. Perché nulla vada perso soprattutto quando legato a bei ricordi.

Adelaide Valle

I “giramenti di testa”, le vertigini e le false percezioni

I “giramenti di testa”, le vertigini e le false percezioni possono essere dovute ad alterazioni del sistema vestibolare, ma non solo.

Siamo in pieno periodo di vacanze, programmiamo le ferie e non è escluso che, fra i vari metodi utilizzati per spostarci, possano essere contemplati navi, traghetti e imbarcazioni in genere.

Al ritorno da lunghi, o brevi, viaggi può succedere che molti, fra quanto hanno viaggiato via mare, avvertano una sensazione di sbandamento mentre camminano e debbano faticare a riacquistare la loro andatura normale, una volta tornati sulla terra ferma.

Le loro membra possono sentirsi traballanti per qualche minuto, o il terreno può sembrare che si muova sotto i loro piedi. Chi soffre della cosiddetta “sindrome dello sbarco” non sfugge mai a questa sensazione. Molto tempo dopo essere sbarcati, si sentono costantemente in movimento o fuori equilibrio.

La condizione è solitamente causata dal viaggio, soprattutto dopo lunghi periodi di tempo in barca come in crociera. È opinione ormai accettata dalla maggior parte degli studiosi che tale disturbo si verifica quando il cervello non riesce a riadattarsi velocemente alla terraferma, dopo essersi adattato al beccheggio e al rollio di una barca; per alcune persone, la guida e altri tipi di movimento tendono a calmare la fastidiosa sensazione di dondolio e di vertigine.

Si tratta di una sensazione di ondeggiamento, che ritroviamo descritta magistralmente dal noto scrittore Jack London, in uno dei suoi romanzi migliori, fra i più letti in assoluto: Martin Eden.

Ecco come il romanziere descrive il fastidio provato dal protagonista del racconto, marinaio di lungo corso, nell’attraversare il salone di un palazzo elegante:

“….(Martin) mentre camminava alle calcagna dell’altro, dondolava le spalle e, senza rendersene conto, teneva le gambe divaricate, come se l’immobile pavimento si alzasse e si abbassasse, sollevato e sospinto dal mare. Le ampie stanze parevano troppo strette per la sua andatura dinoccolata, e nutriva il segreto terrore che le larghe spalle potessero urtare contro gli stipiti delle porte o tirar giù i ninnoli dalla mensola bassa del camino. Non faceva che ritrarsi di scatto dai vari oggetti in cui s’imbatteva, moltiplicando i pericoli che in realtà albergavano solo nella sua mente.

Tra il pianoforte a coda e il tavolo centrale su cui erano accatastate alte pile di libri c’era spazio sufficiente per il passaggio di cinque o sei persone che camminassero a due a due, e tuttavia si cimentò nella traversata pieno di trepidazione. Le braccia pesanti e scoordinate gli penzolavano lungo i fianchi. Non sapeva che farne di quelle braccia e delle mani, e quando, nella sua visione alterata, un braccio si avvicinò fin quasi a sfiorare i libri sul tavolo, indietreggiò barcollando come un cavallo impaurito, mancando per un soffio lo sgabello del pianoforte.

Osservò l’andatura disinvolta dell’uomo che lo precedeva e per la prima volta si rese conto di avere un’andatura diversa da quella delle altre persone. Provò una momentanea fitta di vergogna per quell’andatura da villani. Il sudore gli imperlava la pelle della fronte di minuscole goccioline, e si fermò un momento ad asciugarsi il viso abbronzato con il fazzoletto…”

La “sindrome da sbarco” è conosciuta anche come “mal di terra” ed è una vera e propria sensazione di squilibrio o dondolio, che spesso viene avvertita e addirittura vista dal paziente che, una volta sceso dalla nave, ma anche dall’aereo, può continuare a sentirsi come se fosse ancora in viaggio e può venire innescata anche da altri spostamenti su differenti tipologie di mezzi.

Si tratta di un disturbo raro e relativamente poco conosciuto del sistema vestibolare che provoca una percezione fantasma del movimento di sé, tipicamente descritta come dondolio, oscillazione o ondeggiamento.

Paradossalmente i sintomi tendono a esacerbarsi quando il paziente non è in movimento, ad esempio quando dorme o sta fermo.

In questa patologia può persistere, per mesi o anni, una significativa compromissione dell’equilibrio. I sintomi possono diminuire nel tempo o ricomparire spontaneamente o dopo un altro viaggio, ma il fattore scatenante, per eccellenza, è rappresentato dalle crociere e le attività acquatiche in genere.

Tra i fattori scatenanti meno comuni, vi sono i viaggi in aereo, ma anche il semplice dormire su letti ad acqua, può favorire la comparsa dei fastidiosi sintomi.

Altri disturbi comuni riferiti da questi, sono la sensazione di camminare su di un terreno irregolare mentre è raro che i pazienti con sindrome da sbarco soffrano di vere e proprie vertigini rotatorie o cinetosi.

La sensazione di alterazione dell’equilibrio è un disturbo comune a tutti i pazienti; talvolta i sintomi possono aumentare se il paziente compie movimenti rapidi, oppure se viene a trovarsi di fronte a luci stroboscopiche o intermittenti, come quelle presenti in alcuni negozi, anche un impegno visivo intenso, come giocare ai videogiochi, può essere causa della comparsa del malessere soggettivo.

Sul lungo periodo si può instaurare una ingravescente difficoltà a concentrarsi e insorgenza di stati d’ansia e depressivi.

La causa dell’incapacità del sistema dell’equilibrio di compensare e adattarsi in modo appropriato è ancora controversa e, pur non essendovi farmaci in grado di azzerare rapidamente il disturbo, vi è di positivo che, con qualche presidio farmacologico sintomatico prescritto dallo specialista, il disturbo nella maggior parte dei casi, ha una risoluzione positiva nella maggior parte dei casi.

Presentato il Piano Regionale della Mobilità Ciclistica per un Piemonte più connesso, sicuro,  sano e competitivo

Il Piemonte punta a diventare la prima Regione in Europa per chilometri ciclabili attrezzati. Per farlo la Regione Piemonte mette in campo 40 milioni di euro di fondi europei per attuare il Piano Regionale della Mobilità Ciclisticapresentato oggi a Torino alla presenza del presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, degli assessori ai Trasporti Marco Gabusi, al Turismo Vittoria Poggio e all’Ambiente Matteo Marnati, dei rappresentanti dell’ANCI Associazione Nazionale Comuni Italiani e della FIAB Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, oltre al partner italo-olandese Decisio, che ha collaborato alla stesura del Piano.

Frutto di due anni di intenso lavoro, il Piano Regionale della Mobilità Ciclistica rappresenta lo strumento di pianificazione e programmazione di settore che la Regione predispone e approva con cadenza triennale per conseguire le finalità della legge e in coerenza con il Piano Nazionale della Mobilità Ciclistica.

«Il Piemonte punta a diventare la prima regione in Europa per piste ciclabili attrezzate e questo Piano ci aiuterà a raggiungere l’obiettivo – ha detto il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio -. Investiremo più di 40 milioni di euro, attraverso i fondi europei del Fesr, per dotare il nostro territorio di infrastrutture adeguate, perché la bici è una risorsa strategica non solo per la mobilità ecologica ma anche per il turismo. E i turisti, come i cittadini, devono potersi muovere con facilità e in sicurezza lungo percorsi ciclabili adatti e strutturati.

Il Piemonte si posiziona tra le prime Regioni in Italia ad aver assunto una propria governance integrata per lo sviluppo di una rete ciclabile. Grazie a questo Piano la Regione traccia la via per un Piemonte in cui la bici sia una scelta sicura, piacevole e vantaggiosa per sempre più persone, al pari degli altri mezzi di trasporto. I Piemontesi amano andare in bici e dal 2001 l’utilizzo è cresciuto quasi spontaneamente del 35%, ma siamo ancora indietro rispetto ai modelli europei. Oggi il 3,5% degli spostamenti avviene in bicicletta: grazie all’applicazione di questo Piano da parte degli Enti Locali a cui si rivolge arriveremo all’8% nel 2030 e al 17% nel 2050.

Sarà compito della Regione Piemonte governare la transizione verso una mobilità sostenibile e ciclabile attraverso un approccio multidisciplinare e con una governance efficace in grado di sostenere funzioni di programmazione, attuazione, valutazione e coordinamento per diffondere la cultura della mobilità ciclistica e migliorare i processi decisionali.

Le azioni principali della Regione Piemonte consistono nell’individuare la rete che ricade nel suo territorio, nel definire gli indirizzi relativi alla predisposizione delle reti ciclabili in ambito urbano ed extraurbano, nell’individuare il sistema delle aree di sosta e le azioni per promuovere l’intermodalità, nel prevedere la realizzazione di azioni di comunicazione, educazione e formazione.

 

«Per usare una figura del ciclismo la Regione Piemonte vuole essere un gregario per portare alla vittoria tutto il modo che gira intorno alla bicicletta, che va dalla mobilità alle attività produttive, dalla quotidianità al benessere – evidenzia l’assessore regionale ai Trasporti Marco Gabusi -. Abbiamo ormai capito tutti che non basta una striscia colorata sull’asfalto per definire uno spazio ciclabile: per questo motivo abbiamo finanziato con fondi regionali studi e progetti in quattro capoluoghi di provincia e ora, con questo piano strategico siamo al fianco dei Sindaci per rendere i territori davvero fruibili per le due ruote.Il 57% dei pendolari si sposta per meno di 5 km e la distanza media percorsa all’interno dei Comuni è di 1.2 km per spostamento: questi sono elementi perfetti per muoversi in bicicletta e noi vogliamo rendere la bici il miglior mezzo di trasporto per questo tipo di spostamenti. Ma guardiamo con attenzione anche ai percorsi più lunghi: come evidenzia bene il Piano, sarà essenziale favorire l’intermodalità e l’estensione del servizio. Saremo perciò molto attenti a sviluppare gli interventi necessari sempre in collaborazione con gli Enti Locali». Gli ambiti d’intervento sono stati individuati utilizzando i criteri guida quali il collegamento da e verso le principali stazioni ferroviarie, il rango urbano all’interno del sistema della mobilità del quadrante e la presenza di rilevanti flussi di pendolarismo, il collegamento di bacini territoriali omogenei di almeno 30.000 abitanti e 10.000 addetti e la presenza di attrattori di rilievo come Università, poli sanitari, poli logistici, ecc.

 

«Con il nuovo piano regionale della mobilità ciclistica – commenta l’assessore regionale al Turismo Vittoria Poggio -, il Piemonte ambisce a scalare ulteriormente la classifica nazionale dei luoghi più attrezzati per la qualità dei percorsi urbani ed extra urbani, ma anche per l’offerta e la qualità dei servizi che secondo le indagini più recenti lo collocano tra i più ricercati. Si inserisce in questo novero il Gran Tour Unesco in Bicicletta, un progetto realizzato da VistPiemonte percorribile già oggi lungo i siti Patrimonio dell’Unesco, un anello di 600 chilometri che consente di andare alla scoperta di località uniche al mondo in modo «slow», tra capolavori artistici e naturali».

 

«Dobbiamo passare dai power point del Piano Regionale della Mobilità Ciclistica ai progetti veri e propri – sottolinea l’assessore regionale all’Ambiente Matteo Marnati –. Certamente i fondi e il Piano sono essenziali, ma non bastano: dobbiamo fare un importante percorso culturale che richiede un grande lavoro, è necessario convincere il cuore delle persone. Non abbiamo alternative: se non facciamo questo percorso avremo sempre più problemi, come stiamo vedendo purtroppo con le emergenze climatiche. La cosa più importante è la consapevolezza che bisogna spingere velocemente sulla diffusione di una mobilità sempre più sostenibile».

 

Il Piano Regionale della Mobilità Ciclistica definisce gli indirizzi per l’aggiornamento della pianificazione degli Enti locali con norme tecniche e linee guida guardando alle migliori pratiche europee per l’attuazione della rete ciclabile di interesse regionale con l’obiettivo di favorire ed incentivare approcci sostenibili negli spostamenti sistematici quotidiani e del tempo libero.

 

Tra gli obiettivi strategici del Piano la sicurezza è al primo posto ponendo come punto d’arrivo l’eliminazione degli incidenti mortali entro il 2050. Parallelamente punta a ridurre l’inattività fisica e la sedentarietà del -15%.

 

Numerose, infatti, sono le chiavi di lettura che valorizzano il PRMC: Sicurezza e salute, Confort ed attrattività, Accessibilità, Percorribilità e velocità, Coerenza e coesione, Competitività e sviluppo economico. L’impegno di Regione Piemonte è quello di sostenere coerentemente il livello quali-quantitativo, i progressi generati del sistema trasportistico e la direzione verso la quale il sistema di mobilità sta evolvendo.

 

 

“Diritti violati in Tibet, teniamo alta l’attenzione”

“L’87esimo compleanno di Sua Santità il XIV Dalai Lama, che ricorre il 6 luglio, è l’occasione per il Comitato dei diritti umani e civili del Consiglio regionale del Piemonte per esprimere vicinanza e solidarietà alla causa tibetana” – hanno dichiarato Stefano Allasia, Sara Zambaia e Giampiero Leo, componenti dell’Ufficio di presidenza del Comitato.

Il Tibet è un Paese dalla cultura e religione millenarie, che è esistito come nazione indipendente ma la cui identità è stata messa in pericolo dall’invasione della Cina nel 1950, con numerose campagne di persecuzione politica e religiosa – che hanno costretto all’esilio lo stesso Dalai Lama – e un’occupazione che dura ormai da oltre settant’anni.

Pur se dichiarata Regione autonoma della Repubblica popolare cinese, il Tibet non è ancora una terra libera e il suo popolo denuncia il persistere di un grave problema di violazione dei diritti umani.

Ancora oggi, per esempio, chiunque venga catturato con la bandiera tibetana potrebbe essere imprigionato per almeno 7 anni.

“La vita del Dalai Lama è un esempio costante di dedizione alla causa del suo popolo attraverso la strada del dialogo, della compassione e della pace.

In questo giorno di festa per la comunità tibetana ci stringiamo intorno al suo leader carismatico spirituale per dare risonanza alla sua causa”, continuano i componenti dell’Udp. “Compito delle istituzioni e degli organismi istituzionali è anche quello di tenere alta l’attenzione su questioni solo apparentemente lontane: quando parliamo di violazione dei diritti parliamo infatti di un rischio a cui ognuno di noi potrebbe essere esposto”.

Lo “scandalo” delle parole di Papa Francesco contro la guerra in Ucraina e contro tutte le guerre

A Torino Comunione e Liberazione, Comunità di Sant’Egidio e Movimento dei Focolari rilanciano il messaggio del Santo Padre

Lunedì 4 luglio, al Centro congressi Santo Volto, via Borgaro 1, a Torino, ore 21,

tre tra i più rappresentativi movimenti ecclesiali della regione, Comunione e Liberazione, Comunità di Sant’Egidio e Movimento dei Focolari, organizzano un incontro per presentare il libro che raccoglie i più recenti interventi di Papa Francesco sulla guerra in Ucraina e contro tutte le guerre. Il volume, dal titolo “Contro la guerra – Il coraggio di costruire la pace” e pubblicato in coedizione da Solferino e da Libreria Editrice Vaticana, sarà presentato attraverso alcune testimonianze.

Introduzione e conclusioni sono state affidate a Emmanuele Riu, responsabile di Comunione e Liberazione per la Diocesi di Torino, mentre prenderanno la parola Matteo Matzuzzi, vaticanista de “Il Foglio” e Giovanna Parravicini, ricercatrice della Fondazione Russia Cristiana, cui seguirà una testimonianza della comunità di Pinerolo del Movimento dei Focolari e quella di Daniela Sironi, responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Piemonte.

Il libro, oltre a contenere l’introduzione di papa Francesco “La guerra è un sacrilegio, smettiamo di alimentarla” e a offrire le sue riflessioni su tre temi principali (“Lavoriamo per la pace”, “Pace e Fraternità, un cammino possibile”, “Un mondo migliore”) si conclude con la proposta di alcune preghiere per la pace e con una post-fazione del giornalista Andrea Tornielli. Nel suo intervento, Tornielli sintetizza così il momento che Occidente e mondo intero stanno vivendo:

Il no alla guerra di Francesco, un no radicale e convinto, come quello pronunciato dai suoi predecessori, non ha nulla a che vedere con una posizione di parte né è motivato da calcoli politico-diplomatici. Nella guerra in Ucraina ci sono gli aggressori e ci sono gli aggrediti. C’è chi ha attaccato e ha invaso uccidendo civili inermi, mascherando ipocritamente il conflitto sotto il maquillage di una ‘operazione militare speciale’; e c’è chi si difende combattendo per la propria terra. Francesco questo lo ha detto più volte con parole chiarissime, condannando l’invasione e il martirio dell’Ucraina.

Ciò non vuole dire però ‘benedire’ l’accelerazione della corsa al riarmo, perché il Papa non è il ‘cappellano dell’Occidente’ e perché ripete che oggi stare dalla parte giusta della storia significa essere contro la guerra cercando la pace senza lasciare mai nulla di intentato.

Certo, il Catechismo della Chiesa cattolica contempla il diritto la legittima difesa. Pone però delle condizioni, specificando che il ricorso alle armi non deve provocare mali e disordini più gravi del male da eliminare, e ricorda che nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso ‘la potenza dei moderni mezzi di distruzione’. Chi può negare che l’umanità si trovi oggi sull’orlo del baratro proprio a causa dell’escalation del conflitto e della potenza dei ‘moderni mezzi di distruzione’?

L’ingresso all’incontro è libero.

La protezione dati: da 25 anni la bussola del futuro


Tra i temi trattati dai panel di esperti: Metaverso, cybersicurezza, cyberwar, fake news, AI e Internet delle cose

“La protezione dati: da 25 anni la bussola del futuro” è il titolo del convegno [VEDI PROGRAMMA] organizzato in occasione dei 25 anni del Garante per la protezione dei dati personali, che si terrà il prossimo 4 luglio a Torino presso la Sala delle Guardie Svizzere di Palazzo Reale (ore 9.30-18,00). L’evento è organizzato nell’ambito delle iniziative a tutela dei consumatori finanziate dal MISE.

Saranno presenti il Vice Ministro dello sviluppo economico Gilberto Pichetto, il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e il Sindaco di Torino Stefano Lo Russo.

L’evento, coordinato da Agostino Ghiglia, Componente del Collegio del Garante privacy, si concentrerà su temi di strettissima attualità, come le prospettive tecnologiche e giuridiche connesse al Metaverso, la cybersecurity, la cyberwar, la disinformazione online e le innovazioni, anche sociali e tecnologiche, connesse a tecnoogie come Intelligenza artificiale e IoT.

Al convegno parteciperanno i Componenti del Garante, giuristi, esperti, giornalisti, esponenti del mondo accademico ed imprenditoriale, coinvolti in cinque sessioni in cui si articola l’evento.

La prima sessione, moderata dalla giornalista del Corriere della sera Martina Pennisi, ha come titolo “Le Costituzioni del Metaverso: occorrono delle meta-leggi?” e vede la partecipazione di Stefano Fratta, Francesco Pizzetti, Derrick de Kerckove, Stefano Zecchi e Don Luca Peyron.

La seconda sessione, moderata dalla giornalista di Rai TG2 Simona Burattini, è dedicato al tema “AI, Smart City, IoT, auto connesse: futuro innovazione, lavoro”, con interventi di Mauro Velardocchia, Barbara Caputo, Anna Maria Mandalari, Paola Zambon e Marco Gay.

La terza sessione vedrà il direttore de “La Stampa”, Massimo Giannini, approfondire le future sfide che attendono la protezione dei dati con i Componenti del Collegio dell’Autorità, Pasquale Stanzione (presidente), Ginevra Cerrina Feroni (Vice Presidente), Agostino Ghiglia e Guido Scorza (Componenti).

La quarta sessione, coordinata da Fausto Carioti Vice Direttore di Libero, focalizza il tema “L’era della cyberwar”, con la partecipazione di Adolfo Urso, Nunzia Ciardi, Carmine Masiello e Fabio Contini.

La sessione di chiusura, coordinato da Baldo Meo, Capo Ufficio Stampa dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, verte sulla tematica “L’informazione nell’era digitale: vero, falso o virtuale?”, coinvolgendo nella discussione, Federico Ferrazza, Raffaele Barberio, David Puente, Massimiliano Panarari e Gianni Riotta.

4 Luglio – Auguri Fiat 500. Compleanno al MauTo con mostra e conferenza a tema

Tutto quello che volevate sapere sulla 500 e anche di più, in un unico posto – il più grande museo italiano dell’automobile – e con l’organizzazione del più grande Club dedicato alla storica bicilindrica. Si tratta della mostra “65 anni di un mito – Fiat 500: icona del made in Italy”, che sarà inaugurata lunedì 4 luglio al MAUTO – Muso Nazionale dell’Automobile di Torino e che sarà visitabile sino al 4 settembre 2022. 

Perché il 4 luglio è noto: si tratta del compleanno della 500; in questa data, infatti, nel 1957 iniziò ufficialmente la produzione della piccola vettura destinata a rivoluzionare la mobilità degli Italiani ed è stata scelta per celebrare la Giornata Mondiale dedicata a questo mezzo.

 

Sei bellissimi esemplari (Nuova 500, D, F, L e R) messi a disposizione dal Fiat 500 Club Italia più altri del MAUTO, pannelli ricchi di immagini e curiosità, due motori provenienti dal Museo della 500 “Dante Giacosa” di Garlenda (SV) ed alcune suggestive opere d’arte: “65 anni di un mito” è un condensato visivo e di concetti legati alla storica bicilindrica, indispensabili per comprendere il fenomeno che questo mezzo di trasporto è diventato nel tempo, soprattutto da quando ha smesso i panni di “auto di tutti i giorni” per diventare l’auto del divertimento e delle emozioni, sulla spinta dei tantissimi appassionati, quasi 22.000 dei quali sono iscritti al Fiat 500 Club Italia.

 

Da non perdere anche il catalogo, che propone in più lo splendido servizio fotografico realizzato a Stupinigi, per ricordare che qui – nella celebre palazzina di caccia sabauda – a metà degli anni ’50 le migliori menti della Fiat pensarono la 500 e altre vetture fondamentali per l’azienda e per l’intero settore.

 

Per l’inaugurazione è stata organizzata un’importante conferenza che vedrà tra i relatori il critico d’arte Luca Beatrice, il responsabile di FCA Heritage Roberto Giolito e il direttore del Centro Storico Fiat Maurizio Torchio e la presenza di autorità ed esperti.

 

La mostra è stata realizzata da:

Fiat 500 Club Italia e dal Museo Multimediale della 500 “Dante Giacosa” di Garlenda con il MAUTO, il sostegno di “Passione 500” e i patrocini di Ministero della Cultura, Comune di Torino, Città Metropolitana di Torino e Regione Piemonte

Le vetture in mostra sono di  Andrea Alberto, Antonio Erario, Duilio Nano, Franco Bottan, Alberto Lo Gioco e Marco Charbonnier; le opere d’arte di Stefano Berardino, Stefano Bressani ed Isaac Pitto. Pannelli e catalogo a cura di Francesca Caneri, Francesco Mignano e Stefania Ponzone. Si ringraziano inoltre: Carlo Perino, UMDC_UnMondoDiColori,  Fotolito FB.

Quando sono i giovani ad insegnare agli anziani

Fin da piccoli ti insegnano ad ascoltare gli adulti, in particolare i nonni o gli anziani della comunità di riferimento, per imparare i segreti della vita, per evitare di commettere errori, per crescere seguendo il loro esempio.

Giustissimo, soprattutto in una società dove quarant’anni (mediamente due generazioni) non siano troppi per applicare le regole del passato; nonno ha fatto la guerra e spiega quanto sia brutta, papà ti insegna a cercare un lavoro fisso che ti consenta dopo trentacinque anni (allora) di lavoro di goderti la liquidazione.

In una società, quale quella attuale, dove i tempi sono estremamente veloci, dove gli insegnamenti degli anziani trovano pochi campi di applicazione sono, invece, i giovani a dover insegnare agli anziani, ed il termine “dovere” è quanto mai appropriato.

Pensate un attimo quand’è stata l’ultima volta in cui avete potuto insegnare, e parliamo di esperienza vissuta e non di cultura umanistica, ai vostri figli o nipoti e, per contro, quando i vostri eredi o comunque giovani abbiano insegnato a voi qualcosa.

Se mio nonno fosse stato medico, probabilmente mi insegnerebbe cosa sia una scintigrafia, la risonanza magnetica delle prime generazioni; sui virus saprebbe poco, sulle indagini per immagini meno ancora.

Lo stesso dicasi per qualsiasi professione avesse svolto e, soprattutto, per le modalità con cui le avrebbe svolte.

Pensiamo soltanto all’attività più comune per un artigiano o un commerciante, anche se spesso è la meno praticata: emissione fatture, tenuta contabilità, bonifici.

Da alcuni anni ognuna di queste attività dev’essere svolta in modo virtuale, digitale e spesso nessuno, né CCIAA, né il commercialista ti insegna come fare.

Sono pertanto i giovani i soggetti preposti all’insegnamento agli anziani, una vera missione andragogica affidata al buon cuore di nipoti, vicini di casa, ecc.

Lo stesso dicasi per le TV on demand dove i tradizionali metodi di visione sono stati stravolti da Wi-Fi, abbonamento, contratto (singolo o multiplo), ecc.

Ricordo (Sergio) che anni fa, quando si passò al digitale terrestre almeno una quindicina di persone, tra vicini di casa, amici di conoscenti, clienti di negozianti nei cui esercizi mi recavo mi chiesero, disposti a pagare, se avessi sintonizzato i loro decoder perché se no erano senza TV.

E non stiamo parlando di ignoranza di una professione (se non so fare l’idraulico è normale che ne chiami uno all’occorrenza); parliamo di un’inversione di tendenza rispetto soltanto a trenta o quarant’anni fa.

Vari strumenti tecnologici fanno ormai parte della quotidianità e una parte della popolazione rischia di venire esclusa se non si provvede a formare sul loro utilizzo anche le generazioni nate a metà del secolo scorso. E chi meglio dei nativi digitali può assumersi questa responsabilità? La diffusione degli smartphone e la digitalizzazione di numerosi servizi essenziali, si pensi alle ricette mediche e a tutti quei servizi divenuti accessibili solo attraverso l’identità digitale (SPID, ha reso infatti indispensabile il coinvolgimento dei giovani nella diffusione dell’alfabetizzazione digitale. Alcuni Comuni hanno avviato progetti che vedono giovani studenti vestire i panni di insegnanti per aiutare gli anziani a conoscere e utilizzare le funzioni di base di uno smartphone, a navigare in rete o ad accedere ed esplorare il proprio fascicolo sanitario.

Il compianto De Andrè, nel suo ultimo concerto del 1998, disse che spesso riteniamo che i giovani di oggi non abbiano valori: hanno sicuramente dei valori che noi non siano ancora riusciti a capire bene e che, comunque, nascono nel contesto di una società impostata dalle generazioni precedenti. Società che fatica ad accogliere la creatività e la freschezza delle menti più giovani e tende a procrastinare il loro ingresso nel mondo del lavoro con tutte le relative conseguenze: difficoltà a raggiungere la propria autonomia e creare la propria famiglia.

Quando un giovane rifiuta di lavorare 10 ore al giorno per 400 euro al mese ha torto? Non aveva piuttosto torto suo nonno a vantarsi di non aver mai fatto un giorno di malattia in fabbrica dove, non è improbabile, ha anche contratto qualche malattia professionale, con ritmi di lavoro disumani?

O hanno forse torto i giovani che non ambiscono più al posto fisso, resisi conto che oltre al lavoro usurante in un call center o nel reparto spedizioni di un colosso dell’e-commerce esiste ben altro, più umano, più remunerativo dal punto di vista sociale, umano, morale.

Potrà non piacere, ma oggi guadagna molto di più un influencer sui social che un imprenditore che si assuma il rischio d’impresa e che debba ogni giorno stare attento a legislazione, divieti, obblighi, risoluzioni UE, Decreti Ministeriali e via dicendo.

Se i nostri genitori avessero sbagliato tutto? D’altronde sono loro che ci hanno consegnato questo mondo, sono i nostri nonni che ci hanno fatto trovare questo pianeta devastato dal consumismo, dal benessere, dalla moda “usa e getta”.

I nostri avi ci hanno insegnato a non buttare via nulla, che gli oggetti guasti si riparano: quand’è stata l’ultima volta che abbiamo riparato un TV? Quando abbiamo lasciato un elettrodomestico in riparazione, scoprendo che comprarlo nuovo costava quasi la metà che a ripararlo?

In una società in continua, rapidissima evoluzione i giovani hanno il dovere sociale di comunicare il mondo attuale ai propri ascendenti; ciò che per i millennial è normale, è abitudine, per i nati sessanta o settanta anni fa è notte. Il nostro oggi potrà non essere il meglio, potrà essere perfettibile, potrà venir cambiato ma se non tutti possono valutarlo e deciderlo il processo di evoluzione, normale in una società, sarà zoppo.

Sergio Motta

Cristiana Francesia