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Avetta (Pd): “Osservatorio Torino-Ceres, potenziare il servizio extraurbano.”

«Nei mesi scorsi avevamo richiamato l’attenzione della Regione Piemonte sui disagi e disservizi che colpiscono gli utenti della linea SFMA Torino-Ceres, in particolare i pendolari che da Caselle o Borgaro cercano di raggiungere il centro di Torino, sollecitando l’introduzione di correttivi per migliorare la situazione da qui all’inizio 2023, quando finalmente saranno completati i lavori per il passante ferroviario ed entrerà in funzione il collegamento tra le valli di Lanzo con il centro cittadino. Invece, tutti i problemi paiono essere irrisolti, a Borgaro il servizio navetta è spesso in ritardo o sovraffollato, con i pendolari costretti a “lottare” per accaparrarsi un posto su bus già pieni, con il rischio di non riuscire a salire e rimanere a piedi. Scene che si ripresentano identiche ogni singolo giorno, ormai da troppi mesi, come puntualmente segnalato dall’Osservatorio Torino-Ceres. Per questo ho presentato un’Interrogazione, perché gli abitanti di quei territori non possono soffrire un altro anno e mezzo in queste condizioni, e i viaggi per studio o lavoro non possono trasformarsi in un’odissea quotidiana»: lo afferma il consigliere regionale Alberto AVETTA. «La linea SFMA Torino-Ceres e la Strada provinciale 1 sono le sole grandi infrastrutture di collegamento tra le Valli di Lanzo e Torino. I disagi e i disservizi che continuano a verificarsi sono inaccettabili, una ripetuta mancanza di rispetto verso chi vive nelle vallate piemontesi. Chiederemo alla Regione Piemonte di ascoltare le richieste dei pendolari, potenziando urgentemente il servizio extraurbano, eventualmente inserendo più corse da e per Cirié per sgravare la tratta Caselle-Torino a favore dei cittadini di Caselle e Borgaro. Miglioramenti strutturali del trasporto pubblico locale sono l’unico modo per evitare il riprego da parte dei cittadini sul mezzo privato».

 

Il centro e il populismo: non c’è alleanza possibile

In Italia conta, da quasi sempre, un principio abbastanza consolidato. Ovvero, “si vince al centro”.

O, meglio ancora, “si governa dal centro”. Due modi di pensare che fanno del fantomatico “centro” sempre un elemento di equilibrio, di buon senso e di buon governo. Certo, il tutto è anche e soprattutto il frutto della lunga stagione democristiana e delle politiche che hanno caratterizzato quella fase storica, ma anche nella cosiddetta seconda repubblica con la disputa e il confronto tra le coalizioni di Prodi e di Berlusconi si è ruotato attorno alla capacità di declinare “politiche di centro” nella concreta azione di governo.
Una lunga stagione che si è bruscamente interrotta con l’irruzione del populismo di marca grillina e con tutta la deriva antidemocratica, populista, qualunquista, giustizialista, manettara e anti politica che si è trascinata dietro. Una stagione che ha contaminato la stessa Lega a trazione salviniana e che ha contribuito a ridurre la capacità di governo e, soprattutto, che ha allontanato sempre di più i cittadini dalla politica e dalle istituzioni. Non a caso, sono bastati alcuni anni di governo di queste forze – in particolare del populismo grillino – per arrivare ad una semplice e persin banale conclusione. Ovvero, se si vuole ritornare alla politica, al buon governo, alla qualità della classe dirigente e ad una stagione di progettualità politica, di rilancio concreto e riformista del nostro paese e soprattutto di difesa della qualità della democrazia, è indispensabile abbandonare definitivamente il populismo in tutte le sue versioni. I danni provocati da questa sub cultura e da questa deriva qualunquista e antidemocratica sono sotto gli occhi tutti. E i recenti risultati delle elezioni amministrative lo hanno persin platealmente confermato.
Ma, per poter ritornare ad una stagione di normalità democratica e di “politica dei partiti”, non basta abbandonare nominalmente il populismo per come si manifesta in tutte le sue versioni. Quello che conta è di impedire che ci siano alleanze politiche e di governo con queste forze. Perchè se ci si allea con forze di chiara impronta populista e anti politica diventa estremamente difficile poi declinare una cultura di governo che rifugga concretamente da quelle tentazioni. Certo, noi siamo ormai abituati ad assistere alle torsioni trasformistiche ed opportunistiche in campo politico e parlamentare. L’esempio concreto viene proprio dal partito di Grillo e di Conte che misteriosamente e collettivamente ha rinnegato, nello spazio di un mattino, tutto ciò che ha predicato, teorizzato e urlato nelle piazze per oltre 15 anni. Si tratta di una conversione, appunto, collettiva, improvvisa e alquanto misteriosa. Sino a quanto dura? Credo sia impossibile saperlo perchè quando il profilo e l’identità di un partito è ben definito, e quando lo si rinnega così radicalmente, delle due l’una: o si ripropone in tutta la sua integrità appena è possibile oppure si abdica definitivamente ma si corre il rischio che quel partito tramonti elettoralmente del tutto. Ecco perchè l’equivoco di una alleanza strategica, organica e politica con un partito populista indebolisce inesorabilmente una coalizione che ambisce a declinare una politica di governo riformista e autenticamente democratica.
Ed è proprio all’interno di un contesto del genere che un progetto politico di centro – ormai fortemente gettonato anche e soprattutto dopo questa importante tornata amministrativa – quasi si impone. Ma, al di là di come concretamente si declinerà – sarà inesorabile una sorta di “federazione” tra i vari soggetti in campo – è indubbio che difficilmente potrà convivere con forze dichiaratamente ed esplicitamente populiste, qualunquiste e anti politiche che negherebbero alla radice qualsiasi possibilità di poter praticare una reale e credibile “politica di centro”.
Anche su questo versante, dunque, si giocherà una sfida politica non indifferente ai fini della definizione dei prossimi equilibri politici e in vista delle elezioni politiche del 2023. Fuorchè, come dicevamo all’inizio, vinca nuovamente il trasformismo politico e parlamentare. Ma sarebbe una sconfitta sonora della qualità della nostra democrazia e della stessa credibilità delle nostre istituzioni democratiche.

Giorgio Merlo

Mariotto Segni e la “fake news” del colpo di Stato

Sabato 24 ottobre i riflettori di Rai Storia, il bel canale tematico della televisione di Stato, dedicato all’approfondimento della storia, ha mandato in onda, alle ore 8.50 ed alle 20.20 una intervista di Mariotto Segni, incentrata sul libro da lui scritto ‘Il colpo di Stato del ‘64’.

A Giovanni Paolo Fontana, nell’ambito della trasmissione ‘Scritto, letto, detto’, l’onorevole Segni ha ribadito la tesi che ha illustrato nel testo, ovvero che il cosiddetto ‘Colpo di Stato’ su una gigantesca fake news (oggi verrebbe chiamata in questo modo) e che fu l’inizio di una campagna mistificatoria che ha colpito la Repubblica. Riproponiamo, di seguito l’intervista che Il Torinese.it aveva realizzato a maggio di quest’anno con l’autore, ricca di spunti interessanti che offrono una diversa chiave di lettura della storia recente.

 

Il “Piano Solo’, del quale le generazioni più giovani hanno quasi perso memoria, negli anni Sessanta fu un argomento di grande e delicata attualità. Si trattava di un piano di emergenza speciale a tutela dell’ordine pubblico, fatto predisporre nel 1964 da Giovanni de Lorenzo, durante il suo incarico di comandante generale dell’Arma dei Carabinieri. Nel 1967 L’Espresso uscì con un titolo ad effetto 1964 Segni e de Lorenzo tentarono il colpo di stato’. I giornalisti Lino Jannuzzi ed Eugenio Scalfari sostennero che Antonio Segni, all’epoca dei fatti presidente della Repubblica e de Lorenzo fecero pressione sul Partito Socialista che rinunciò alle riforme ed accettò di formare un secondo governo Moro perché preoccupato dall’attuazione di tale piano.  Poche settimane fa si è tornato a parlare nuovamente di quanto accadde 57 anni fa con un libro di Mariotto Segni, edito per i tipi della Rubbettino, che legge quanto accadde allora da tutt’altra angolazione ed il titolo è eloquente: “Il colpo di stato del 1964 – La madre di tutte le fake news”. L’autore è figlio di Antonio Segni, parlamentare nella Democrazia Cristiana, poi fondatore del Patto Segni dopo un breve transito in Alleanza Democratica, e propugnatore di diverse battaglie referendarie, tra cui quella che portò all’abolizione della preferenza multipla. Dal 2004 non ha più incarichi parlamentari (l’ultimo è stato a Strasburgo) e l’ultima campagna referendaria con Parisi e Di Pietro fu quella stoppata dalla Corte Costituzionale. E’ stato anche docente della cattedra di diritto civile all’Università di Sassari. Nel libro, che è molto documentato e si legge agevolmente, sottolinea che lo scoop dell’Espresso, che diede il via ad una vera e propria campagna di stampa che dipinse la Democrazia Cristiana come un partito golpista, fu in realtà una gigantesca fake news, la prima della storia repubblicana e forse la più imponente. Abbiamo chiesto a Mariotto Segni quale sia stata la genesi del libro e le motivazioni che l’hanno spinto a scriverlo a distanza di tanti anni

“Questo libro è nato in modo singolare e mi si potrebbe chiedere perché non l’ho scritto prima. Tre anni fa, nel 2018, ricorrevano i 40 anni del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro. Nel rileggere i giornali che ripercorrevano la sua vita e la sua vicenda mi capitò di leggere anche alcuni articoli che rievocavano in modo arbitrario le vicende del 1964. Ho effettuato una rilettura attenta degli stessi e mi sono accorto che la narrazione era rimasta sostanzialmente inalterata in 50 anni. Ho lavorato per quasi tre anni e avanzando nella ricerca del materiale mi sono reso conto che era stato raccontato un pezzo di storia italiana con una costruzione falsa. Come documenti mi sono basato sull’archivio Antonio Segni e, per una strana circostanza, a casa ho trovato una cassetta con molte lettere e documenti che poi ho richiamato nel libro e prodotto come allegati. Ma nel rileggere il tutto la scoperta più grande, più significativa e più singolare è stato il costatare come documenti conosciuti erano stati raccontati in modo diverso se non opposto.
All’epoca fece scalpore la proposta di Cesare Merzagora che si propose per guidare un governo di tecnici svincolato da partiti. Certo che i tempi sono davvero cambiati se pensiamo ai governi di Lamberto Dini, su incarico del presidente Scalfaro, o di Monti, nominato dal presidente Napolitano …..

“In realtà quella di Merzagora era una autocandidatura, in realtà è mia convinzione che mio padre non fosse d’accordo su un Governo Merzagora ma pensasse piuttosto ad un monocolore DC”.

Per l’ipotesi di colpo di stato che sarebbe maturato nel 1964 e che indica come una gigantesca fake news ante litteram quale sarebbe stata la ragione alla base ?

“Non saprei dirlo, credo che sia stato il desiderio di un grande scoop. Eugenio Scalfari su ciò ha costruito la sua carriera di giornalista. In ogni caso questo ha influenzato fortemente tutto il corso degli anni Sessanta. Da lì è iniziato il racconto della Democrazia Cristiana golpista. Il risultato di questa predicazione è stata una campagna che dipingeva l’Italia come ad un passo dal colpo di Stato e la Dc come partito pronto a fare il golpe pur di sbarrare la strada al Pci. La narrazione successiva ha poi rafforzato la tesi scalfariana che ha fatto partire tutto dal luglio 1964, con l’azione golpista nella quale sarebbero stati coinvolti il Presidente della Repubblica e l’Arma di Carabinieri.

Antonio Segni era contro il centrosinistra ?

Mio padre non aveva una preclusione politica di principio, riteneva che si dovesse fare più avanti nel tempo e che l’esperienza dei due anni del Governo Fanfani (che aveva l’appoggio esterno del Psi) costituisse un pericolo enorme per il Paese. E non dimentichiamo la preoccupazione angosciata di Guido Carli, l’allora Governatore della Banca d’Italia, cui si aggiungevano quelle della stampa e della Cee”.

Che rapporto ha sviluppato con Scalfari ?

Lui e Repubblica appoggiarono fortemente la prima parte della campagna referendaria, come Montanelli. Con Scalfari c’è stato un buon rapporto ma nella vicenda in questione le sue responsabilità sono evidenti. La campagna sul presunto golpe del 1964 ha fatto molto male all’Italia. Paolo Mieli negli anni Novanta, in polemica con Scalfari disse “Avete dato la spinta psicologica al terrorismo rosso, se dite ai giovani che c’è uno Stato violento si fornisce ai giovani il motivo per rispondere con la violenza”.

Che reazioni ha avuto l’uscita del libro ?

E’ da poche settimane in libreria. Ho sentito parecchi amici che mi hanno detto che riapre il discorso non solo sulla crisi del 1964, ma anche di ciò che è seguito. Mi auguro che sia l’inizio di una revisione storica, di un cammino più lungo”.

Il suo libro si chiude con una interessante appendice di documenti. E tutto o c’è ancora qualcosa da aggiungere ?

In questa pubblicazione ho utilizzato tutto quanto era possibile utilizzare. C’è un punto, però, che ancora non è accertabile ed è quello dell’ipotesi del coinvolgimento del Kgb in questa vicenda. Non è chiaro perché gran parte del materiale che proviene dall’archivio del Kgb e dal Cremlino è ancora ampiamente secretato in quanto è stato consegnato così dal Governo Inglese. Ho chiesto all’archivio storico del Senato ma il Governo italiano è tenuto a seguire le indicazioni di quello britannico”.

Qual è il suo ricordo di Antonio Segni ?

“Con un padre che per tutta la mia giovinezza è stato al centro politico italiano si può essere o contestatori o tifosi e io sono stato un suo tifoso. Era un uomo dal carattere difficile, certamente, ma di grande sentimento e di grande spessore.”

Massimo Iaretti

 

La missione biblica di Lo Russo erede di Chiamparino

Notiziona. Sergio Chiamparino dice che si ritira dalla politica. Ora, finalmente è arrivato il suo (degno) successore. Stefano Lo Russo. E lunedì la nuova Giunta. Per ora alcune cose si sanno. Metà donne e perché no …. anche metà assessori che vengono da fuori. Nuova giunta, nuovo gruppo dirigente del PD e nuova politica. E’ venuto pure Piero Fassino ad “omaggiare” il suo ex pupillo.
Ex perché oramai Piero fa la spola tra Ferrara e Roma. Poi Presidente della commissione Esteri del parlamento. In giro per il mondo.
Ex pupillo perché cresciuto. Lo Russo ha chiamato Boccia che, in caso di sconfitta chiedeva le sue dimissioni. Ho vinto caro Boccia, e perché non ti dimetti tu, ora. L’oggetto del contendere è noto. Il rapporto con i Cinquestelle. Conte annaspa. Oramai questa partita deve giocarsela fino in fondo.
Più rilassata Chiaretta. A giorni di nuovo mamma. Sono queste le cose veramente importanti della vita. Passaggio di consegne con il nuovo Sindaco che fa un po’ la corte a Damilano  che, per ora, dice di fare solo opposizione. Il fronte democratico e,  diciamo così, centrista si sta muovendo.
Il governatore Cirio è pronto a collaborare con il “compagno” Lo Russo. Tutti sanno ed aspettano i soldi dell’Europa. Spenderli sarà un attimo. Speriamo che li spendano bene. Viceversa Torino collasserà.  Meccanica e Food vanno bene, soprattutto con le esportazioni. Stellantis di Torino importa un fico secco. Non ci possiamo contare manco un po’ . Sempre Cirio è contento. Se accettavano la mia richiesta di iscrizione a Fratelli d’Italia ero rovinato. Con Crosetto che va e viene dalle trasmissioni in TV. Sempre più difficile difendere la Meloni, che solo ora ha scoperto che a Roma, vicino all’isola Tiberina,  dopo il ponte pedonale sul Tevere c’è il ghetto ebreo con la Sinagoga  più grande ed importante d’Europa. Oramai i Fratellini d’Italia sanno di essere per sé e per gli altri del centro destra un problema. Ora La Russa non ha dubbi: Silvio Berlusconi detto Berlusca Presidente della repubblica. Buontempone.
Tra una sconfitta e l’altra, la destra continua a sperare nella futura vittoria elettorale. Futura,  proprio futuribile. E Mario Draghi non perde un colpo.
Schiena diritta ed avanti. Piaccia o non piaccia il centro moderato vince dappertutto.
Milano Roma Torino. Persino a Napoli qualcosa sta cambiando. Il famoso Masaniello De Magistris molto bravo nell’arringare le folle e poi le due gallerie che unificano la città letteralmente fuori uso.
Non a caso è la città più indebitata d’Italia.
Giusto per gradire, la seconda è Torino.
Dove poter avere la residenza o la carta d’identità è un’ impresa biblica. Caro Sindaco Stefano Lo Russo auguri per il poderoso lavoro che dovrai affrontare.  Quasi una missione impossibile per la quale necessitano mille e poi mille miracoli. Il primo che dovrai fare sarà un giunta nuova, innovativa e composta da professionisti dei singoli settori. Speriamo ardentemente che avvenga. Grazie del tuo lavoro,  Sergio Chiamparino. Sono passati più di 50 anni da quando hai cominciato a fare politica.
Oltre mezzo secolo. E che secolo.
Quello delle guerre mondiali e delle rivoluzioni mancate. Grazie Sergio del tuo bel gesto. Darà ancora più forza a Stefano Lo Russo. Il nuovo Sindaco è molto determinato. Ha le idee chiare e una buona considerazione di se stesso. I propositi sono buoni. Speriamo che seguano i fatti.

Digitale, Ruffino (CI): Ue colmi gap, dobbiamo stoppare attacchi hacker

“Per quanto riguarda il digitale, ce ne siamo accorti qualche mese fa con l’attacco ai sistemi informatici della Regione Lazio, dove si è rischiato che milioni di dati sensibili di cittadini inermi venissero venduti sul web, l’Europa e l’Italia non possono più permettersi un sistema di protezione non adeguato”. Lo afferma Daniela Ruffino, deputata di Coraggio Italia, nel corso del dibattito a Montecitorio sulle comunicazioni del premier Draghi al Consiglio europeo del 21-22 ottobre.
“Anche in questo campo- aggiunge- i campioni della produttività sono lontani dall’Europa e, in alcuni dei molti settori nei quali si declina il digitale, anche dall’Occidente. L’Unione Europea deve mettere in campo risorse consistenti, per colmare questo gap che ci vede in ritardo e dipendenti da altri Paesi”.
Per Ruffino “per quel che riguarda l’energia invece, è chiaro che questa sarà forse la più grande sfida del futuro. Il passaggio ad un’energia pulita, ad una transizione che metta finalmente in primo piano l’impatto ambientale e l’equilibrio tra l’uomo e il clima, sarà un sentiero tortuoso e non privo di insidie. Un percorso delicatissimo quanto obbligato, che coinvolgerà migliaia di lavoratori e le nostre abitudini più profonde. L’Unione Europea potrà vincere questa sfida solo con una grande unità di intenti e una granitica determinazione”.

+Europa / Radicali: con Lo Russo e Viale laicità nelle istituzioni

Igor Boni (candidato alle primarie del centrosinistra per +Europa e Radicali Italiani) commenta:

“Torino è stata di nuovo apripista politica. È accaduto con Castellani, capita di nuovo oggi. Dopo l’elezione a Sindaco di Stefano Lo Russo, l’elezione in Consiglio comunale di Silvio Viale è una bellissima notizia. Una bella notizia per quei torinesi che credono fermamente nel valore della laicità delle Istituzioni. Viale è il simbolo di chi non china la testa di fronte a clericali di ogni risma. Personalmente sono molto soddisfatto di un percorso durato 16 mesi nei quali, con la conquista delle primarie prima e con la mia candidatura dopo sostenuta da +Europa e Radicali Italiani, abbiamo indirizzato e condizionato in positivo la coalizione. Contribuendo ad una unità insolita, lasciando fuori i populisti e trasformisti a 5stelle. Ora con Stefano Lo Russo, con Mario Giaccone che ha animato la lista civica e con Silvio in Consiglio, avanti per rilanciare Torino, una città che deve essere sempre più europea e sempre più aperta al futuro e al cambiamento”.

Lo Russo: “Ci attendono grandi sfide, abbiamo bisogno del sostegno della città”

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Il nuovo sindaco di Torino Stefano Lo Russo ha affidato a Facebook il suo commento dopo la vittoria e le prospettive per la città

“Questi sono giorni decisamente particolari. Dopo l’elezione di lunedì scorso ho ricevuto tantissimo affetto ed entusiasmo.”

In primo cittadino ha aggiunto: “Sento poi un grande senso di responsabilità verso i torinesi e verso la città che amo profondamente, di cui sono onorato di essere stato eletto primo cittadino.
Sarà un mandato caratterizzato da grandi sfide, proprio per questo il sostegno della città non è solo importante è indispensabile.”

“Ci attende un lavoro molto impegnativo, sono sicuro che l’affronteremo tutti insieme per Torino”, ha concluso Lo Russo.

 

Sanità, Grimaldi (LUV-SE): Pronto soccorso nuovamente al collasso

“Icardi e Cirio aprano gli occhi. Lo Russo lanci una conferenza sullo stato della sanità torinese”

“Le parole del direttore del Dea del Martini dicono tutto: il 40% delle risorse mediche si utilizzano per seguire i pazienti in attesa di un letto, quando la stessa percentuale corrisponde alla carenza dei medici. E i letti non ci sono perché vengono occupati – con costi altissimi per la sanità- da altri pazienti che innfase post-dimissioni non hanno strutture dedicate in cui andare. E dovremmo chiederci perché i bandi per i medici di emergenza vadano deserti” – dichiara il Capogruppo di Liberi Uguali Verdi ed esponente di Sinistra Ecologista Marco Grimaldi, commentando la situazione esplosiva nei pronto soccorso degli ospedali torinesi.

“Ma c’è molto altro: ci rendiamo conto dei tempi di attesa a Torino per le visite specialistiche? Che fine hanno fatto le Case della salute? A che punto è il rafforzamento del Giovanni Bosco, del Martini e del Maria Vittoria? Quale sarà il destino del Maria Adelaide e dei servizi territoriali? Senza contare il disastro sulla zona sud e il gioco dell’oca sull’Ospedale di Moncalieri-Carmagnola. Per la destra il problema sanità sembra non esistere, la Giunta regionale è totalmente assente e silente sul tema. È davvero il momento che il Presidente Cirio e l’Assessore Icardi aprano gli occhi sulle condizioni del servizio sanitario nel capoluogo piemontese, nuovamente al collasso non solo per effetto della crisi pandemica, ma per problemi che si trascinano da ben prima” – prosegue Grimaldi. – “Oggi nella nostra città troppe persone non riescono a far valere il proprio diritto alla salute. Chiedo al Sindaco Lo Russo di aprire subito una grande conferenza sullo stato della sanità territoriale e ospedaliera a Torino e sulle azioni per risolvere questa emergenza”.

 

Parità, Montaruli: Barbero spavaldo ma da lui parole retrograde, si confronti con noi

“Le differenze tra uomo e donna esistono ed e’ banale ripeterlo, ma dire che essere donne equivale a essere insicure è una stupidaggine. Se poi essere spavaldi significa dire stupidaggini è meglio non esserlo.

Se queste poi sono le “differenze strutturali” a cui il professore Barbero si riferisce evidentemente siamo di fronte a un pensiero retrogrado su cui invitiamo il confronto. Barbero venga a dibattere con noi dei temi di disparità salariali, professionali e di carriera, sui tempi del lavoro, sui servizi alla famiglia, sulle reti di sostegno alla genitorialità, sul merito, sulla possibilità di coniugare studio a militanza fin da giovanissime, sui costi della politica in una nazione in cui lavorano ancora troppe poche donne. Siamo orgogliosi di essere l’unico partito che ha come leader una donna e non per ragioni di genere ma per merito, unico concetto che manca purtroppo quando si vogliono dare lezioni in rosa” lo dice la deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli in risposta alle lezioni di Barbero nel grattacielo dell’Intesa San Paolo di Torino.

Pino Masciari: “I giovani allontanati dalla politica per la mediocrità delle classi dirigenti”

Riceviamo e pubblichiamo

“Vince l’astensionismo”

Non usa mezze parole Pino Masciari, imprenditore e storico Testimone di Giustizia calabrese, per commentare i risultati delle elezioni amministrative: “Vince l’astensionismo. I giovani allontanati dalla politica per la mediocrità delle classi dirigenti”. L’imprenditore nativo del Catanzarese e cresciuto Vibonese esprime forte preoccupazione per la crescita dell’astensionismo nel Paese, a partire dalla sua Calabria: “Quando non vota un elettore su due, non ci sono vincitori ma soltanto sconfitti. La verità è amara, per certi versi scomoda, ma proprio per questo non può essere affatto sottaciuta. Ha perso l’Italia tutta in queste elezioni che hanno ancora di più allontanato i giovani dalla politica che evidentemente ritengono responsabile per la condizione di degrado del Paese. Ci sono partiti come il Movimento 5 stelle – osserva l’imprenditore calabrese che denunciò il sistema di potere massomafioso nella Calabria degli anni Novanta – che si stanno liquefacendo dopo aver raccolto nel recente passato consensi incredibili soprattutto nel Centro-Sud, arrivando a governare Roma e municipalità importanti del Nord come Torino. Questo significa aver deluso le istanze popolari che si erano riconosciute in una proposta dirompente di cambiamento. Abbiamo con urgenza bisogno – conclude Pino Masciari – di una nuova e articolata soggettività politica che parta dai giovani e dai problemi dei territori se non vogliamo compromettere definitivamente la fragile tenuta democratica della nostra repubblica, che rischia seriamente di finire in mano a ristrette oligarchie di potere, produttrici soltanto di corruzione e mentalità mafiosa. È tempo di un nuovo civismo, di un rinnovato impegnato politico che deve nascere dal basso, nei quartieri e nelle periferie della nostra Italia. Cambiare è possibile. A partire dalla Calabria e dal Mezzogiorno, denunciando il potere della locale borghesia mafiosa e le sue infiltrazioni nella macchina amministrativa della cosa pubblica, per avviare davvero una stagione vera di (profonde) trasformazioni sociali ed economiche”.