Lunedì 13 febbraio, alle 15 nell’Aula Magna della Cavallerizza (via Giuseppe Verdi 9 – Torino), Liliana Segre incontra un gruppo di studenti torinesi, nell’ambito delle iniziative per il Giorno della memoria. Partecipa il vicepresidente del Consiglio regionale Nino Boeti.
Liliana Segre, 86 anni, è una dei 25 sopravvissuti dei 776 bambini italiani di età inferiore ai quattordici anni deportati ad Auschwitz, il campo di sterminio nazista in cui trovarono la morte suo padre e i nonni paterni.
Il 30 gennaio 1944, a 13 anni, Liliana venne deportata dal Binario 21 della stazione di Milano Centrale al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau in Polonia, che raggiunse sette giorni dopo.
Venne subito separata dal padre, che non rivedrà mai più, morto ad Auschwitz il 27 aprile 1944. Nel giugno del 1944 anche i suoi nonni paterni, arrestati a Inverigo (Como) il 18 maggio 1944, furono deportati e uccisi al loro arrivo ad Auschwitz, il 30 giugno.
Al momento della prima selezione Liliana Segre ricevette il numero di matricola 75190 che le venne tatuato sull’avambraccio. Fu avviata al lavoro forzato nella fabbrica di munizioni Union (che apparteneva alla Siemens), e svolse quel lavoro per circa un anno. Durante la prigionia subì ancora altre tre selezioni. Alla fine di gennaio del 1945 affrontò la ‘marcia della morte’ verso la Germania, dopo la liberazione del campo.
Liliana venne liberata il 1° maggio 1945 a Malchow, un sottocampo di Ravensbruk, vicino a Berlino.
Per molti anni Liliana Segre non ha voluto parlare pubblicamente della sua terribile esperienza. Soltanto all’inizio degli anni ’90 ha deciso di interrompere il suo silenzio e da allora partecipa ad incontri con gli studenti e a convegni per raccontare, soprattutto ai giovani, la sua storia.
L’incontro di lunedì 13 febbraio nell’Aula Magna della Cavallerizza, è stato organizzato dal Museo Diffuso della Resistenza, in collaborazione con l’Università di Torino e con il sostegno del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte.