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Sport, musica e divertimento ad alta quota! Prima tappa, Cervinia il 28-29-30 dicembre con il “Capodanno anticipato”, dj set di Alex Farolfi, fiaccolata e fuochi sotto il Cervino, e poi tante altre località sciistiche. Moltissime attrazioni, talent radiofonici e divertimento tra sport, animazione e musica. Media partner: Radio Deejay. L’evento si conferma la manifestazione invernale più longeva e costante del panorama italiano. Tutti i dettagli.
19/12/2024, Milano
Torna come da tradizione ogni dicembre il Vertical Winter Tour, l’evento itinerante – giunto alla sedicesima edizione – che toccherà 9 località sciistiche italiane dislocate su tutto l’arco alpino per un totale di 19 giorni di puro divertimento sulla neve.
Si conferma Nissan come Title Partner per il quarto anno consecutivo. Per l’edizione 2025 tutti i crossover elettrificati Nissan sono official electrified cars della manifestazione e gli appassionati della montagna potranno conoscere e provare Nissan Juke, Qashqai, X-Trail e Ariya.
Potranno così apprezzare la varietà di dimensioni e di spazio a bordo – dal compatto Juke ai 7 posti di X-Trail – i brillanti propulsori ibrido, l’esclusivo e-POWER e il 100% elettrico, le tante innovative tecnologie di sicurezza e di assistenza alla guida e la trazione integrale Nissan e-4ORCE, unica nel mercato.
Nella passata edizione, circa 400 persone hanno guidato le vetture Nissan presenti in tutte le tappe del tour e quest’anno Nissan punta a replicare il successo di pubblico. A questo contribuirà anche una simpatica novità: un bar d’alta montagna (Nissan Cafè) dove i visitatori potranno godersi una pausa colazione offerta da Nissan (in collaborazione con Nescafè), per poi andare sulle piste o salire a bordo di un crossover Nissan per un test drive.
Si parte, come di consueto, da Cervinia (28-29-30 dicembre), per poi toccare San Martino di Castrozza, Andalo, Zoncolan, Alleghe, Pila, Prato Nevoso, Canazei e Bormio con un format di successo che ha raggiunto quota 29 edizioni (16 invernali, 12 estive e una “Urban” in primavera!) e che fa divertire e rilassare decine di migliaia di persone sulle piste da sci di tutta Italia.
A Cervinia, nella splendida conca del Breuil, gli impianti sono aperti tutti i giorni da ottobre a settembre, senza più interruzioni, per sciate che non conoscono più stagioni grazie alle quote elevate su cui si sviluppa l’intero domaine skiable del “Cervino Ski Paradise”, giusto omaggio alla qualità della neve, che qui non manca mai. Le tre regine di questo grande comprensorio, tra i più vasti e frequentati al mondo, Breuil-Cervinia, Valtournenche e Zermatt (Svizzera) sono tra loro collegate da una miriade di piste e da una fitta rete di impianti che consente un collegamento senza mai dover togliere gli sci, ammirando il Cervino sia dalla parte italiana sia svizzera, lasciandosi “catturare” da soste enogastronomiche nei tanti ristoranti sulle piste.
Format che vince non si cambia: Sport, Music and Fun è anche nel 2024-2025 il filo conduttore dell’evento, in grado di intrattenere un pubblico molto vasto, dai ragazzi agli adulti, con un bellissimo (e nuovissimo) villaggio sulla neve di 900 mq ad ingresso totalmente libero e gratuito (orario 9-16:30) e tantissime attività da svolgere dalla mattina al pomeriggio inoltrato. Come nella scorsa edizione estiva, rinnovamento e freschezza al centro dell’attenzione degli organizzatori.
Il media partner sarà ancora una volta Radio Deejay, che in ogni tappa porterà i propri Talent sul palco del Villaggio e che a Cervinia vedrà la presenza di Alex Farolfi, (in onda tutti i giorni al fianco di Linus nella trasmissione radiofonica più ascoltata d’Italia) con il suo dj set a partire dalle 22,00 che seguirà la fiaccolata dei maestri di sci e i fuochi d’artificio sotto il Cervino per un “Capodanno anticipato” (30 dicembre) che si preannuncia davvero speciale.
Alex Farolfi è un disc jockey, remixer e regista radiofonico italiano. Dal 1994 lavora in Radio Deejay. Dal 1999 è DJ resident, insieme a Paolino Rossato, dell’Aquafan di Riccione. Come regista cura sia Deejay chiama Italia che Cordialmente, condotto da Linus insieme ad Elio e le Storie Tese su Radio Deejay. Ha spesso collaborato al programma “Deejay Time” prima e “Sciambola!” poi, entrambi condotti da Albertino.
A riscaldare il cuore di tutti gli ospiti, amanti della montagna, dello sci e dello snowboard, ci sarà Ritter Sport con la qualità e il gusto delle sue iconiche tavolette quadrate, durante ogni tappa del tour.
Azienda familiare da quattro generazioni, e con un legame forte e indissolubile con il mondo montano, Ritter Sport condivide da sempre con rifugisti, escursionisti e sciatori la passione per la natura e l’impegno per la tutela del Pianeta. Questo spirito si riflette anche nell’utilizzo di Cacao 100% Certificato Sostenibile per tutte le tavolette firmate Ritter Sport.
Il brand, con il suo stile pop e divertente, intratterrà durante il tour grandi e piccoli con un mix di gusto, gioco e colore. Al centro dello stand ci sarà il concept “Il segreto è la qualità” che accompagnerà i visitatori in un viaggio all’insegna della golosità, dei sapienti abbinamenti e di nuovi irresistibili gusti. Non mancheranno tutte le varianti delle tavolette da 100g e dei mini Ritter Sport, pronti a sorprendere e deliziare il palato di ogni partecipante.
Brancamenta rinnova la sua partecipazione alla nuova edizione del Vertical Winter Tour 2025, con il gusto, l’energia e il divertimento dei propri prodotti. Presso lo stand di Brancamenta nel villaggio, sciatori e amanti della montagna potranno degustare l’amaro ghiacciato nel suo perfect serve ideale o provare la speciale “Brancachoco”, una cioccolata calda Ritter Sport arricchita con il sapore unico di Brancamenta. Lo stand offrirà un’atmosfera accogliente con soffici pouf, ideali per rilassarsi ad alta quota.
Borghetti, il liquore di vero caffè espresso, avrà una presenza dinamica: hostess munite di zaini a forma di “Borghettino” distribuiranno assaggi direttamente sulle piste, regalando agli sciatori un boost di energia. Grazie a Brancamenta e Borghetti, ogni tappa del tour promette esperienze indimenticabili, combinando sport, piacere e il gusto dei prodotti iconici di casa Branca
Ricola, partner storico del Tour, sarà presente in tutte le tappe con uno spazio dedicato e inviterà tutti gli amanti della montagna ad assaporare le sue gustose e originali caramelle alle 13 erbe alpine, tra cui Echinacea Miele e Limone, un prodotto davvero speciale, fresco e gradevole al palato, che è anche un integratore alimentare con Vitamina C a supporto del sistema immunitario, ideale per un consumo quotidiano. Presso l’igloo Ricola ci sarà modo di rifocillarsi anche con le calde e gustose tisane alle erbe, coltivate con metodi naturali sulle Alpi Svizzere e ci si potrà divertire con un simpatico gioco di abilità che offrirà la possibilità di aggiudicarsi gadget brandizzati.
New entry è VisitMalta, il brand di Malta Tourism Authority, l’ente di promozione turistica di Malta, che sarà presente con un proprio stand al Vertical Winter Tour per far conoscere al pubblico le isole di Malta, Gozo e Comino e le possibilità offerte tutto l’anno agli amanti delle attività outdoor. Grazie ad un Memory Game i partecipanti potranno approfondire la conoscenza dell’arcipelago maltese e ricevere divertenti premi. Inoltre, sarà organizzato un appuntamento quotidiano sul main stage del village durante il quale verrà scelto un fortunato tra il pubblico a cui VisitMalta regalerà un kit del viaggiatore contenente materiale informativo e gadget che lo potranno ispirare nell’organizzazione di un viaggio a Malta.
L’arcipelago maltese, grazie al piacevole clima mediterraneo, è una meta ideale per una vacanza active in ogni stagione, con il suo mix di cultura millenaria, una sorprendente natura, la possibilità di praticare molti sport e tante opportunità per fare un pieno di energia. Inoltre, le isole sono comodamente collegate da voli diretti operativi tutto l’anno da moltissime città italiane.
Altra new entry è foodspring, leader nella nutrizione per il fitness, che porterà un tocco di energia e benessere al Vertical Winter Tour con un’area esclusiva dedicata a sciatori e appassionati di cime innevate. Qui, i visitatori potranno fare il pieno di gusto e vitalità con alcuni tra i prodotti più iconici del brand, come le protein bars, i protein cookies e i protein shakes, perfetti per ricaricarsi dopo una giornata sulle piste. L’esperienza si arricchirà con attività speciali, come degustazioni in anteprima dei nuovi prodotti e una serie di giochi per intrattenere il pubblico, rendendo ogni tappa ancora più coinvolgente. Con il suo debutto nel mondo degli sport invernali, foodspring consolida così il legame tra nutrizione e performance, offrendo soluzioni alimentari pensate per chi affronta le sfide quotidiane, anche ad alta quota.
Blossom Skis sarà il partner per le prove sci, con un maestro a disposizione per il pubblico per insegnare come sfruttare al meglio le potenzialità di questi sci speciali.
Hyra vestirà come di consueto tutto lo staff del Vertical.
Vertical Tour vive anche sui social, con una copertura costante su Facebook e Instagram, per seguire l’evento è sufficiente utilizzare l’hashtag #verticaltour.
“Un’altra pazzesca stagione del Vertical Winter Tour è alle porte – conclude Flavio Gallarato, patron e organizzatore dell’evento e CEO di Event’s Way – Siamo l’evento invernale più importante e soprattutto più longevo e costante del panorama italiano. Una manifestazione che si conferma nei format e nel legame strettissimo con Radio Deejay, cuore pulsante dell’intrattenimento e della musica, e che contestualmente si rinnova nelle strutture e nelle attività proposte ai vacanzieri, sempre più coinvolgenti e innovative. Devo ringraziare i nostri partner, molti dei quali sono ormai habituè dell’evento, un grazie particolare anche a tutte le nuove aziende che ci hanno dato fiducia e che ci permettono di essere il punto di riferimento delle manifestazioni invernali dal 2008”.
Vertical Tour: il format
Il Vertical Winter Tour è attivo dal 2008 e fin dalla prima edizione si è caratterizzato per un format vincente fatto di musica, sport e divertimento. Nel 2011, sull’onda del successo del fratello maggiore, è nato anche il Vertical Summer Tour, roadshow estivo che attraversa lo Stivale con una carovana di animatori, speaker, dj e istruttori sportivi.
L’uno è estivo, l’altro invernale, ma il format è lo stesso: un grande Villaggio vacanze itinerante, capace di portare nelle migliori località di vacanza giornate dense di animazione, musica, sport e divertimento. Ad oggi si contano un totale di 26 edizioni di VERTICAL TOUR – tra Summer, Winter edition e il neonato Urban – e migliaia di amici sparsi sulla Penisola che fanno ormai parte di una grande community unita dalla voglia di divertirsi e di stare insieme.
I numeri
CS
Si è chiusa domenica 15 dicembre all’Oval-Lingotto Fiere di Torino la decima edizione di Xmas Comics& Games, la grande festa natalizia per tutta la famiglia dedicata a fumetti, giochi, videogames, cosplay e cinema organizzata da GL events Italia in joint venture con Just for fun.
Sono stati 28.000 (+12% rispetto ai 25.000 dell’edizione 2023) i visitatori che hanno acceso la cosmic passion, la passione universale verso il mondo della creatività, dell’arte di raccontare storie, creare
mondi e far vivere emozioni uniche.
«Il successo di questa decima edizione di Xmas Comics & Games conferma quanto questo evento sia diventato un punto di riferimento per appassionati di tutte le età. La grande partecipazione e l’entusiasmo del pubblico testimoniano la forza della creatività e della passione che questa manifestazione riesce a unire e celebrare» dichiara Gabor Ganczer, amministratore delegato di GL events Italia.
Presentato in anteprima il manifesto della XXIX edizione di Torino Comics
A Xmas Comics è stato presentato in anteprima il manifesto ufficiale della XXIX edizione di Torino dComics, in programma dall’11 al 13 aprile 2025. Realizzato dalla fumettista di fama internazionale Mirka Andolfo, il manifesto ritrae una figura femminile immersa in un mondo onirico e vibrante, simbolo della creatività e dell’energia che caratterizzano la manifestazione. La protagonista, circondata da una cascata di fiori colorati, sembra emergere dall’acqua con un sorriso luminoso, mentre sfondi blu intensi e simboli grafici stilizzati evocano un universo dinamico e vivace.
Gli eventi sold out: Giorgio Vanni, Maurizio Merluzzo e Cydonia
Un successo preannunciato il grande evento di chiusura di Xmas Comics, con migliaia di persone che hanno assistito al concerto di Giorgio Vanni, cantando a squarciagola le sigle dei cartoni animati italiani degli anni ’90 e 2000, dai Pokemon a One Piece, da Dragon Ball ai Cavalieri dello Zodiaco.
Grande affluenza sul main stage anche per gli eventi con i doppiatori: sabato sono stati protagonisti le voci italiane della serie Netflix Arcane, Margherita De Risi ed Emiliano Coltorti; domenica il grande ospite è stato Maurizio Merluzzo, una delle voci più amate dal pubblico italiano.
Tutto esaurito nella sala incontri per l’appuntamento con Cydonia, uno dei personaggi più influenti del mondo del gaming italiano, che ha dialogato con Emilio Cozzi; grandi emozioni per l’evento di domenica con l’astronauta Paolo Nespoli, che si è aperto al pubblico parlando di coraggio, di superamento di confini e del rapporto fra il gaming e l’esplorazione.
Ottima l’affluenza nello spazio autori, dove gli oltre 50 ospiti del mondo del fumetto – da Silvia Ziche a Luca Enoch, da Lorenzo Pastrovicchio a Rodolfo Torti, da Alessandro Bocci a Francesco D’Ippolito – per due giorni hanno realizzato sketch e disegni su commissione al pubblico di appassionati.
Il magico Villaggio di Xmas a tema Harry Potter ha accolto centinaia di bambini, che hanno potuto scattare foto ricordo con Babbo Natale, il Grinch e gli elfi, scatenarsi con la Christmas Elf Dance o trasformarsi nei loro personaggi preferiti con l’immancabile truccabimbi.
Oltre 120 partecipanti alla competizione Cosplay internazionale.
Xmas Comics si conferma come uno degli eventi italiani con la maggiore presenza di cosplayer, sia come pubblico della fiera sia soprattutto come partecipanti alle gare. Sono stati più di 120 i partecipanti alla sfilata competitiva di domenica 15 valida anche come tappa italiana di qualificazione della gara internazionale NCC – Nordic Cosplay Championship, a cui partecipano cosplayer qualificati da paesi di tutta Europa. Il vincitore volerà in Svezia a luglio 2025 per la finale.
Appuntamento con la XXIX edizione di Torino Comics dall’11 al 13 aprile 2025 a Lingotto Fiere.
Xmas Comics & Games ha raggiunto un grande traguardo. Il 14 e 15 dicembre 2024 l’Oval Lingotto Fiere di Torino ospita la decima edizione della grande festa natalizia per tutta la famiglia dedicata a fumetti, giochi, videogame, cosplay e cinema. Nato nel 2014 come evento di u a sola giornata riservata al mondo cosplay, Xmas Comics è diventata l’edizione invernale di Torino Comics, arrivando nel 2022 a conquistare l’Oval e raggiungendo, nel 2023, la cifra record di 25 mila visitatori, un evento che celebra non solo la cultura “nerd” ma tutto ciò che è creatività, una passione di massa che non coinvolge soltanto i giovani.
“Xmas Comics & Games è un punto di riferimento per la cultura pop – afferma Gabor Ganczer, AD di GL Events Italia, società che organizza l’appuntamento In Joint Venture con Just for Fun – il tema di quest’anno è Cosmic Passion, e incarna l’entusiasmo e la creatività che rendono questa manifestazione unica e coinvolgente per un pubblico sempre più vasto. Il manifesto ufficiale dell’evento è realizzato dal fumettista Lorenzo Pastrovicchio, in collaborazione con Luca Merli, ed è il racconto di questa grande passione universale. In un futuro immaginifico la Mole Antonelliana diventa un pianeta vivo, cuore pulsante di un universo sconfinato. Come un faro che brilla tra le stelle, la Mole irradia fasci di luce che attraversano lo spazio e invita tutti a unirsi alla grande festa natalizia. Xmas Comics diventa punto di incontro di diversi universi creativi, ognuno unico e straordinario, dai fumetti al cosplay. Le navicelle spaziali convergono verso la Mole attratte da un evento epico in cui creature provenienti da ogni angolo dell’universo si ritrovano accomunati da un appassionato cosmica e universale. Saranno due giorni di grande festa, con un’ampia area espositiva, dove trovare fumetti, gadget, oggetti da collezionare e costumi, un’area autori, dove poter incontrare fumettisti e illustratori per selfie e autografi, un palco dedicato alle competizioni cosplay e karaoke, uno spazio per gli amanti di giochi di ruolo e da tavolo e numerose postazioni d’avanguardia per il videogaming, con tornei e giochi in freeplay, e un’area entertainment, con riproduzioni di scenari e costumi da film con combattimenti con spade laser e escape room. I biglietti per la decima edizione di Xmas Comics & Games sono presenti sul sito di Vivaticket.
Mara Martellotta
Al “Forte di Bard”, il grande “architetto della moda” si scopre in 90 scatti firmati da otto geni della fotografia di moda
Fino al 9 marzo 2025
A proposito di moda e fotografia di moda, scriveva, in “Lettres à un jeune couturier”, Gianfranco Ferré, il grande architetto (laurea al “Politecnico” milanese nel ’69) prestato al fashion design: “Lo stilista non deve soltanto sapere con chiarezza ciò che vuole, ma anche scegliere l’interlocutore adatto, quello che darà corpo, colore, luce e magia alla sua idea. Deve comunicare col fotografo, stabilire una complicità, dargli autonomia, ma con la certezza di potersi riconoscere nell’immagine realizzata. È una questione di feeling, di intesa … senza la capacità di creare insieme, di condividere le emozioni, di fare lavorare insieme l’occhio e l’anima, la fotografia sarà vuota, fredda, inutile e falsa”. Un concetto che Gianfranco Ferré (Legnano, 1944 – Milano, 2007) applica anche su di se’, allorché dal suo lavoro “pretende” sempre (laurea in “architettura” docet) “equilibrio, eleganza e rigore”, mai però disgiunti dai liberi voli di emozione, fantasia e creatività. Lungo lo stesso sentiero devono correre il creatore di moda e il fotografo (figura assai importante nel settore) che quella moda cristallizza in un click, che può farsi immortale. E allora, che bella, ironica e fantasiosa la fotografia in bianco e nero scattata nel ’95 a Ferré dal fotografo svizzero Michel Comte!
Qui, la complicità fra i due “attori”, il fotografo e il fotografato (in tale sintonia da essere loro dedicata una doppia mostra a Parma nel 2016, in occasione del bicentenario dell’arrivo nella città emiliana di Maria Luigia d’Asburgo Lorena) è davvero a tutto tondo. Magnifica e imponente. Come il corpo e il volto barbuto di Ferré, fermato nell’atto, all’apparenza “titanico”, di farsi il nodo alla cravatta, aspetto serioso (ma forse lì lì per scoppiare in una sonora risata), la giacca rattenuta all’ascella e in un’asola dell’abbondante camicia (non bianca, suo “capo feticcio”) l’immancabile “ferma-cravatta”, una grande spilla da balia d’oro, sua personale “style signature”, dettaglio immancabile, fermamente convinto com’era della giustezza del motto di Le Corbusier, secondo cui “Dio è nei dettagli”. La fotografia scattata da Comte è una delle oltre 90 opere, mai prima esposte e provenienti dalla sezione fotografica dell’“Archivio Storico Gianfranco Ferré”, raggruppate nelle “Cantine” del “Forte di Bard” fino a domenica 9 marzo 2025. “Gianfranco Ferré dentro l’obiettivo”, il titolo della rassegna realizzata dal “Forte” valdostano e a cura del “Centro Ricerca Gianfranco Ferré” del “Politecnico di Milano” e “CZ – Catia Zucchetti Fotografia”.
Oltre 90, si diceva, le foto in mostra a firma di otto maestri della fotografia di moda che con Ferré hanno lavorato a iconiche campagne pubblicitarie: Gian Paolo Barbieri, Guy Bourdin, Michel Comte, Patrick Demarchelier, Peter Lindbergh, Steven Meisel, Bettina Rheims e Herb Ritts. Le sei stanze che accompagnano la galleria fotografica si avvicendano in un continuo fil rouge, disvelante il “processo creativo” dello stesso stilista e i sei principi operativi da lui spesso evocati: comporre, ridurre, enfatizzare, ricalibrare, decostruire e, soprattutto, emozionare. Principi che appaiono simbiotici nel loro divenire fotografico e stilistico, accostando alle immagini altri elementi centrali della progettazione come i disegni (dai tratti rapidi e compiuti), le cartelle materiali e gli stessi abiti.
Con palleggi continui fra fotografia e manufatto sartoriale, attraverso i quali il lavoro dello stilista (sempre fortemente attratto dal richiamo delle mode del passato e dal gusto neoclassico) si fa di più agevole comprensione, passando dal “rigore compositivo” del milanese Barbieri (collocato da “Stern” fra i 14 migliori fotografi di moda al mondo), agli “scatti rapidi ed essenziali” di Comte; dai “racconti cinematografici” in bianco e nero del polacco Lindbergh (per ben tre volte firma del “Calendario Pirelli”) all’“intensità dei ritratti” della francese Rheims; dalle “inquadrature eccentriche” di Bourdin (gran “protégé” di Man Ray) alla “ricercata naturalezza” di Demarchellier, fino al “classicismo grafico” di Ritts (con i suoi uomini “palestrati” in pose plastiche ispirate alle sculture dell’antica Grecia) e alla “complessità” dello statunitense Meisel (celebre il suo scatto del ‘92 a Madonna, nel provocatorio libro “Sex”). Il tutto in un’Antologia di grandi “pagine fotografiche”, nate come suggestivo racconto di una delle storie più esemplari dell’“Italian Fashion Style”.
Gianni Milani
“Gianfranco Ferré dentro l’obiettivo”
Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it
Fino al 9 marzo 2025
Orari: Feriali 10/18; sab. dom. e festivi 10/19; luned’ chiuso
Nelle foto: Michel Comte “Gianfranco Ferré”, 1995; Herb Ritts “Collezione Gianfranco Ferré” “Alta Moda Autunno/Inverno 1987”; Collezione Gianfranco Ferré “Prêt-à-porter Autunno/Inverno 2000- ‘01”; Collezione Gianfranco Ferré “Prêt-à-porter Autunno/Inverno 1981–‘82”, Disegno uscita sfilata
La signora Erminia, un tempo, doveva esser stata senz’altro una gran bella donna. Si capiva dai lineamenti, fini e delicati, e da quegli occhi verdi-azzurri come l’acqua del lago in primavera: chissà quante teste avevano fatto girare e quanti cuori palpitarono per lei.
I capelli, bianchi come la neve e raccolti sulla nuca, le incorniciano l’ovale del volto. Com’era arrivata fin qua, sulle sponde del lago? Da quanto tempo viveva, sola con i suoi gatti, in questa bella casa di pietra a Ronco, all’ombra del campanile della chiesa di San Defendente? A queste nostre curiosità, espresse con il timore d’apparire indiscreti , una volta rispose, sorridendo: “Le domande non sono mai indiscrete. Talvolta possono esserle le risposte”. Da quel giorno non vi furono più domande e crebbe ancor più il rispetto per quella donna così gentile e ospitale. Ogni qualvolta si attraccava con la barca al molo di Ronco venivamo invitati a casa sua per una merenda con pane e formaggio, accompagnando il cibo con un buon bicchiere di vino rosso. D’inverno, dalla casseruola che teneva sulla stufa a legna, versava delle generose porzioni di brodo caldo nelle scodelle di ceramica, unendo dei crostini di pane raffermo sui quali aveva passato una testa d’aglio o spalmato ricotta fresca. Quella ricotta che, insieme al burro, la vecchia Onorina portava di casa in casa con la sua piccola gerla dopo aver percorso il ripido sentiero che dall’alpeggio scendeva fino alle case del paese. Una tradizione d’ospitalità che si stava perdendo. Solo qualche anziano manifestava, nei confronti dei viandanti del lago, gesti amichevoli e di conforto. Eppure, un tempo, s’usava offrire il brodo e il vino, quello aspro delle piccole vigne abbarbicate sul fianco delle colline, e anche l’aceto, versato generosamente nell’acqua fredda, in cui intingere una crosta di pane raffermo, duro come un sasso. A pochi passi dalla chiesa di San Defendente, un tempo invocato contro i flagelli dei lupi e gli incendi, abitava anche Libero Frezzini, meglio conosciuto come “lifroch”, cioè fannullone, una persona a detta di tutti ben poco seria. Frezzini, tra l’altro, non ci stava proprio con la testa. Alto,magro e dinoccolato era proprio un po’ tocco. Si vestiva sempre alla stessa maniera, estate e inverno, quasi non sentisse né il caldo né il freddo: giacca di fustagno marrone, ormai lisa sul bavero e sui gomiti; pantaloni scuri di velluto e una camicia a quadrettoni rossi e bianchi. Giovannino lo prendeva in giro: “ Libero, ma come ti sei vestito? Sembri una tovaglia ambulante, unta e bisunta. Dove l’hai fregata, quella camicia lì? Dalla cesta dei panni da lavare dell’osteria?”. Frezzini, carpentiere in una piccola impresa del posto,portava rispetto all’anziano pescatore. Anch’esso, e a modo suo, amava la pesca. Il più delle volte, raccontando le sue imprese, esagerava sulle misure e sul peso delle catture. Giovannino quando lo sentiva sproloquiare, indulgendo nelle sue vanterie impossibili, lo rimproverava: “Cala,cala Trinchetto. Non contar balle, Libero, che al massimo hai tirato fuori dall’acqua un paio di cavedani lunghi una spanna”. Lifroch a volte esagerava davvero, alzando la voce e Giovannino , guardandolo storto, doveva minacciarlo: “A ta dò un sgiafun che ta sbiruli la salamangè“. Che, tradotto da quel dialetto mezzo lombardo, equivaleva ad un “ti dò uno schiaffo da piegarti la mascella”. Un giorno l’aveva preso a calci nel sedere dopo aver scoperto, per caso, che quel balordo era andato a pescar persici nel periodo più proibito che ci sia: il tempo della riproduzione, tra aprile e maggio, quando i pesci depongono le uova. Evitando accuratamente di menzionare il fatto al Conegrina e al Carabiniere, cioè alla coppia di arcigni guardapesca, evitò al Frezzini la poco allegra prospettiva di finire al fresco, costretto a guardare il sole a quadretti , dietro alle sbarre del carcere più vicino. Era un reato, a quei tempi, che non si sanava solo con una multa in denaro ma anche con qualche giorno in gattabuia. Libero, tanto per accentuare la sua stranezza, si esprimeva anche a proverbi. Ne aveva per tutte le situazioni. S’era ingozzato come un maiale all’osteria, al punto da sentirsi male? Alle critiche rispondeva così: “ E’ meglio morire a pancia piena che a pancia vuota”. Aveva bevuto più del solito, alzando un po’ troppo il gomito e camminava sbandando? Si giustificava: “E’ sempre l’ultimo bicchiere a far male”. Teoria alquanto bislacca, a dire il vero. Ricordo di averlo incontrato mentre si recava al lavoro in vespa. C’era un buco nell’asfalto. Non lo vide in tempo, finendoci dentro con la ruota davanti, rischiando di capottarsi. Si rialzò tutto scorticato e dolorante. Prontamente accorso in suo soccorso capii immediatamente che era ubriaco. Evidentemente la sera prima doveva aver fatto bisboccia e si portava addosso una “scimmia” da far paura. Rialzatosi, intontito e acciaccato, mi ringraziò, confidandomi il suo malessere: “Ma sai che ieri sera ho bevuto un bicchiere di acqua tonica che mi è restata sullo stomaco? Non l’ho proprio digerita!”. L’acqua tonica, capito? Non i due o tre litri di rosso che si era scolato e per gli altri comuni mortali rappresentavano una dose da schiantare chiunque. Un altro bel personaggio era Mario Martellanti, detto “cavedano”. Non ricordo dove fosse nato ma era certo che dimorasse sul lago. Mario non amava sentire la terraferma sotto i piedi e, dunque, viveva in barca gran parte del tempo, stagioni permettendo. A fine primavera, durante l’estate e nella prima metà dell’autunno, praticamente non lasciava mai lo scafo della sua “Stella dell’onda”, imbarcazione che lo accompagnava da più di trent’anni nelle sue peregrinazioni lacustri. Quando le foglie ingiallite abbandonavano gli alberi , spargendosi a terra e l’inverno con il suo alito gelido prendeva il sopravvento, cercava di tener duro il più possibile, cedendo solo alla tormenta che scendeva dai contrafforti montuosi, sbarcando proprio a Ronco per cercare riparo nel cascinale dove teneva le sue magre cose. Se l’aria s’infreddoliva, non disperava. Teneva sempre a portata di mano, accanto alla tela cerata indispensabile per ripararsi dagli scrosci di pioggia, una ormai logora trapunta di lana. Non troppo ingombrante ma abbastanza grande da potervi avvolgere l’intero corpo, riparandosi dal freddo e dall’umidità. Sosteneva d’esserci nato, in barca. I genitori, entrambi defunti, avevano passato tutta l’intera vita sull’Isola di San Giulio. Il padre Giovanni, nativo di Ronco, era custode della Villa dei Glicini. La madre Elsa, si era rotta la schiena nel far le pulizie in uno dei più antichi alberghi del posto, la “Locanda del Drago”. Mario, scapolo impenitente, sosteneva d’essersi sposato con il lago. “Sono più di sessant’anni che ho preso in moglie quest’acqua cangiante;ci conosciamo e rispettiamo, e non ci lamentiamo mai, sopportando a vicenda i nostri sbalzi d’umore”, confidava agli amici più stretti. Ormai anziano, continuava a vogare da una sponda all’altra o, più semplicemente, seguendo il margine delle rive nel suo perenne cabotaggio. Anche se, in cuor suo, custodiva un segreto che talvolta lasciava intuire. La luce di quegli occhi verdi-azzurri della signora Erminia l’avevano stregato. Non l’avrebbe mai ammesso, e nemmeno confidato alla bella donna dai capelli bianchi. Era il piccolo suo segreto. Quei mazzetti di primule e viole lasciati vicino all’uscio o i funghi e la frutta appena raccolti, i persici pescati e già puliti che Erminia trovava sul davanzale di pietra della finestra, erano doni che non lasciavano troppi dubbi sul misterioso benefattore. Eminia intuiva e apprezzava, elargendo sorrisi, cibo e buon vino anche a Mario. In fondo affetto e gratitudine si possono esprimere in tanti modi e le parole, a volte, sono davvero superflue.
Marco Travaglini
L’uso frequente della tecnologia e dei nuovi codici lessicali però, per quanto funzionanti ed efficaci, ha contribuito all’impoverimento della scrittura, della nostra bella lingua, della comunicazione in genere. Abbreviazioni, linguaggio contratto, emoticon che sostituiscono interi concetti, opinioni e pensieri, costituiscono un vero e proprio imbarbarimento del nostro vocabolario e dell’intera modalità espressiva.
Sarebbe opportuno quindi fare una riflessione sull’importanza che il recupero della scrittura con la penna, in corsivo soprattutto, potrebbe avere, senza con questo sottovalutare i vantaggi assicurati dai moderni strumenti di composizione.
La psicologia si è occupata in maniera approfondita del linguaggio e della scrittura ed è grazie a vari studi ed analisi che sono venuti alla luce i differenti benefici e facoltà della scrittura manuale. E’ provato infatti che usare la penna per la redazione di documenti, appunti o diari coinvolge diverse aree del cervello che coordinano la componente sensoriale e percettiva con il movimento grafico integrando così sensazioni e controllo delle azioni e del pensiero; al contrario queste aree cerebrali non vengono implicate nella digitazione attraverso la tastiera e il gesto, meramente automatico, risulta impersonale e standardizzato.
La memoria grazie alla scrittura manuale migliora indiscutibilmente, si esercita. Chi prende appunti utilizzando la penna, a causa dell’impossibilità di annotare tutto ciò che viene detto, sviluppa sensibilmente la capacità di elaborazione e di sintesi e stimola il potenziamento di quel processo atto alla raccolta di concetti e nozioni di rilievo, in sostanza quelli più importanti da ricordare. Anche l’apprendimento trae benefici grazie all’utilizzo di carta e penna, soprattutto quello dei bambini. Scrivere manualmente è infatti quella attività che permette di trasformare le idee ed il pensiero in segni concreti, di veicolare gli stati d’animo, di liberare la creatività ed entrare in contatto con le nostre emozioni. Secondo le neuroscienze, nel momento in cui l’idea astratta diviene parola scritta si attivano diverse aeree corticali del cervello che favoriscono i processi cognitivi mentre tutto ciò avviene in misura decisamente minore nella scrittura tecnologica. Inoltre i bambini che scrivono di più sanno leggere meglio.
Mettere le parole su carta, infine, ha un valore terapeutico. Scrivere di getto emozioni, stati d’animo, ansie, paure o ricordi permette di riviverli con il giusto distacco, di rielaborarli, di farli emergere per osservarli da una angolatura nuova, esterna e distolta. Mettere nero su bianco sentimenti e pensieri negativi è un modo per alleggerire pesanti zavorre interiori, riprendere fiato e ritrovare il buon umore. Compilare un diario permette di conoscersi a fondo, consente di accedere alla propria intimità e aprire un dialogo con se stessi senza censure e senza filtri, uno spazio privato dove affiora la propria realtà interiore.
Oltre ai numerosi benefici psicologici e cognitivi, utilizzare carta e penna per formulare le nostre comunicazioni ha un valore e un significato estetico, di stile e persino romantico. E’ vero che attraverso i nuovi strumenti di messaggistica possiamo scrivere senza sosta, esprimere il nostro stato e i nostri desideri senza limitazioni, ma nulla può sostituire la grazia, il garbo e lo spirito appassionato di un biglietto scritto a mano, in corsivo. Utilizzare la carta, scrivere e dedicare pensieri in calligrafia trasforma un gesto in una piccola opera, conferisce personalità e poesia ad una azione resa sin troppo uniforme e fredda da quella tastiera che ci segue ovunque.
Maria La Barbera
Sabato 7 dicembre, i birrifici artigianali di tutta Italia aprono le loro porte al pubblico con visite guidate, degustazioni e incontri con i birrai. “Birrifici Aperti” è la giornata organizzata da Unionbirrai, l’associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti, con l’obiettivo di promuovere la cultura della birra artigianale in Italia, educando i consumatori sulle diverse varietà e qualità di birre prodotte localmente, sostenendo i piccoli produttori nel panorama birrario nazionale. In Piemonte sono 5 le aperture di birrifici artigianali per celebrare l’evento di Unionbirrai: Birrificio Gilac a Rivoli (TO), Birrificio Trunasse a Castelletto Stura (CN), Birra 100Eventi a Borgomanero (NO), Birrificio Agricolo Kauss a Piasco (CN) e BSA – Birrificio Sant’Andrea a Vercelli.
“Valorizzare il mondo della birra artigianale italiana, creando un contatto diretto tra birrifici e appassionati. Questo l’obiettivo della nostra iniziativa Birrifici Aperti – dichiara Vittorio Ferraris, direttore generale di Unionbirrai – che mira a replicare ciò accaduto con successo in altri comparti come il vino e l’olio, aprendo le porte dei birrifici per far conoscere da vicino i processi produttivi, le materie prime utilizzate e, soprattutto, la passione che si cela dietro ogni bottiglia. Tutti ingredienti che rendono la birra artigianale nazionale oramai un vanto del made in Italy agroalimentare nel mondo, con sempre più riconoscimenti”.
Sarà possibile scegliere l’appuntamento preferito tra i tanti in programma in tutto lo Stivale presenti sul sito www.birrificiapertiunionbirrai.it. Si potranno esplorare storie, processi e segreti dietro ogni birrificio, vivendo una giornata immersiva nel mondo della birra artigianale ma promuovendo, al contempo, il territorio con le sue peculiarità creando localmente sinergie. A giovarne saranno i consumatori, sempre più consapevoli e attenti, i quali divengono visitatori e turisti pronti ad esperienze uniche che, attraverso la convivialità, li porta a conoscere una realtà artigianale con un contatto diretto.
“Riteniamo che i piccoli birrifici artigianali possano divenire parte integrante di itinerari turistici e mete da visitare e in cui trascorrere piacevoli momenti – conclude Ferraris (Unionbirrai) – Per questo, anche a livello normativo, siamo impegnati nel promuovere la creazione delle ‘Strade della Birra’, prendendo spunto da ciò che il mondo vitivinicolo ha già realizzato con successo con le cantine”.
Una sera Goran volle a tutti i costi portarmi a cena all’Inat Kuca. Diceva che non si poteva immaginare quant’è bella e accogliente Sarajevo senza passare almeno una serata bevendo birra Sarajevsko e scoprendo le delizie della cucina bosniaca. Quindi, cosa poteva offrire di meglio la città di quel ristorante che i sarajevesi considerano una vera e propria istituzione? L’atmosfera di questa costruzione in stile turco affacciata sulla Miljacka con un superbo dehors sul fiume, è sempre speciale. Il menù propone piatti tipici della tradizione bosniaca, non facili da trovare negli altri ristoranti del centro della città. Anche a tavola Sarajevo esprime quel suo carattere orgogliosamente meticcio, multiculturale nonostante tutto, influenzato tanto dalle tradizioni ottomane e balcaniche quanto da quelle mitteleuropee e mediterranee. Del resto non può essere diversamente per una città il cui nome trae origine dal turco antico “saraj”, cioè il palazzo ma anche luogo d’incontro e scambio. Se spesso ci sedevamo davanti a un chiosco della Bascarsija, rimpinzandoci di birra, Ćevápčići e burek, secondo il tradizionale rito del fast food balcanico, quella sera cenammo su tavoli di legno antico, con tovaglie ricamate e una infinità di proposte interessanti a base di zuppe, carni, verdure e legumi. Intendiamoci: a me è sempre piaciuto pranzare nel locale spartano di Zeljko o nei chioschi affollati e vocianti delle vie attorno al bazar. Vado matto per i Ćevápčići, quelle deliziose polpette un poco allungate di carne di agnello arricchita di spezie e cipolla e cucinate sulla brace. E il burek? Quella specie di torta salata dalla sfoglia sottile ripiena di carne (o verdure e formaggio, nella versione vegetariana) e cotta ricoprendola interamente con le braci ardenti, è gustosissima. All’Inat Kuca, volendo, ci sono gli stessi cibi della cucina povera bosniaca. Ero tentato di restare sul già sperimentato ma Goran insisteva perché assaggiassi il bosanski lonac (“bosnian pot” sul menù in inglese, ovvero pentola bosniaca),piatto molto saporito che consiste di verdure assortire, carne, pomodoro e spezie, fatte cuocere a lungo in casseruola. E poi una particolarissima pita fatta di sottilissima pasta fillo arrotolata ripiena di carne o verdure.
Preparata dentro a dei grandi tegami rotondi chiusi con un coperchio e infilati sotto una coltre di brace ardente. Ci venne servita caldissima con kíselo mlijèko , lo yogurt casalingo, spalmato sullo stesso piatto. Goran non si tirava mai indietro quando sedeva a tavola. Si divorò anche un piatto di súdžukice, gustosa salsiccia arrostita sempre sulla pietra. Per giustificarsi mi disse che si trattava di una mala pórcija, la porzione piccola (tanto per darvi un’idea erano tre salsicce) e non una ben più robusta e impegnativa vèlika pórcija, cioè la porzione grande da cinque salsicce. Che dovevo dirgli? Salute, Goran. E complimenti per il tuo stomaco di ferro. Io ero sazio e non riuscivo a mandar giù più niente. Lo convinsi a rinunciare (anche se dall’espressione del suo volto direi che lo fece a malincuore) ai dolci. Terminammo con una bella tazza di bósanska kafa, il caffè bosniaco non filtrato, preparato e servito nelle caffettiere in rame e un giro di rákija, la grappa nazionale ( in ragione del distillato di frutta fermentata cambia il nome e quella era la dúnjevača, uno straordinario e profumato liquore di mela cotogna. Goran raccontò la storia dell’originale nome di quella casa che da tempo ospitava il ristorante. Mi disse che attorno al XIX secolo si trovava sulla riva opposta del fiume quando ne venne disposto l’abbattimento da parte delle autorità austroungariche per fare posto alla biblioteca nazionale, l’imponente Vijećnica. Il proprietario non intendeva ragioni e, pressato dalle autorità dell’Impero viennese, si intestardì fino a sfidarle, pretendendo che la abitazione venisse trasferita, pietra su pietra, dall’altro lato del fiume. Pensava che la cosa fosse impossibile e invece il suo capriccio venne esaudito in poco tempo e nel breve di due anni venne costruito al suo posto l’imponente edificio. Così oggi l’Inat Kuca, la casa del Dispetto, sorge sulla sponda opposta della Miljacka proprio di fronte all’imponente mole della biblioteca che, dopo il rogo provocato dalle granate dei nazionalisti serbi il 25 agosto del 1992, è stata ristrutturata e oggi ospita il municipio. Pagato l’onestissimo conto, uscimmo e ci incamminammo verso la Bascarsija, alzando lo sguardo sui minareti che parevano voler fare il solletico a un cielo notturno ricamato da milioni di stelle. C’era in giro ancora parecchia gente per le vie attorno alla moschea del Bey , la Begova Dzamija, uno dei più notevoli monumenti turchi in Europa. Era un buon segno, a riprova che l’anima della città, nonostante il dolore e le rovine di quel fine secolo di conflitti e violenze, era viva.
Marco Travaglini
Torino, città dalla storia ricca e dal fascino intramontabile, continua a sorprendere con nuove
attrattive culturali. Tra queste, spiccano il Choco Tram e il Museo del Cioccolato e del
Gianduja , un luogo che racconta al grande pubblico il meraviglioso mondo del cioccolato.
Questo Museo nasce dalla collaborazione tra Francesco Ciocatto , proprietario della
storica Pasticceria Pfatisch di Torino, ed Eddy Van Belle , imprenditore e collezionista
belga. Van Belle è noto per aver ideato i musei Choco Story, presenti in Belgio, Francia,
Repubblica Ceca, Libano e Messico.
Torino segna un importante primato, ospitando il primo museo dedicato alla storia del
cioccolato in Italia.
Situato in Via Paolo Sacchi 38 , nei laboratori della storica Pasticceria Pfatisch, il Museo
celebra l’antica tradizione cioccolatiera della città, rendendo omaggio a uno dei suoi simboli
più amati.
Un’esperienza imperdibile per chi vuole scoprire il legame profondo tra Torino e il cioccolato.
“Torino desiderava da tempo un museo dedicato alla storia del cioccolato, e grazie
all’incontro tra Van Belle e Ciocatto, questo sogno è diventato realtà”.
Il laboratorio di Ciocatto, con le sue macchine antiche dei primi del 900, offre un
affascinante viaggio nel tempo.
La prima tappa del magico mondo della storia del cioccolato, ci porta subito all’epoca degli antichi Maya, con i loro strumenti per lavorare il cacao. All’inizio, esso veniva consumato
solo come bevanda, quindi unicamente in forma liquida. I Maya utilizzavano il cacao per
rituali magici e benevoli, poiché, come ben sappiamo, ha proprietà benefiche per il corpo
umano.
L’atmosfera della prima sala è intrisa di figure mitologiche e suoni ispirati alla natura,
offrendo ai visitatori un’esperienza immersiva e coinvolgente.
Proseguendo il percorso, ci si imbatte nelle Metate, antichi strumenti di pietra utilizzati per
lavorare le fave di cacao. Questi strumenti, vere e proprie macchine preistoriche,
trasformavano le fave in una pasta oleosa, pronta per essere assaporata e apprezzata per il
suo gusto unico.
Ma non finisce qui: i visitatori possono anche ammirare le riproduzioni virtuali delle
piantagioni di cacao, immergendosi visivamente nell’ambiente in cui tutto ha origine. Un viaggio tra tradizione e natura che svela i segreti del cioccolato.
Il percorso fa rivivere anche l'atmosfera degli antichi galeoni spagnoli. Con
l’accompagnamento dei suoni del mare e una vista spettacolare sull’oceano, si può
immaginare il grande viaggio che, secoli fa, ha portato il cacao dall’America in Europa,
grazie agli esploratori europei.
Filmati ambientati in epoche passate: valore aggiuntivo della visita
Non solo un percorso visivo ma anche interattivo.
Il Museo del Cioccolato e del Gianduja, ha incorporato nel percorso esplorativo quattro video
installazioni che narrano l’utilizzo del cioccolato nella storia, a partire dal XVII secolo fino al
XX secolo.
Nella terza tappa, ad esempio, è possibile visionare un piccolo corto del XVI secolo, periodo
in cui il cioccolato era ancora in forma di bevanda e consumato esclusivamente da ceti
sociali di alto rango, poiché aveva un costo importante.
Tutti i video ad ambientazione storica sono stati realizzati da Alessandro Rota per
l’Associazione Culturale Officine Ianós con il coinvolgimento del gruppo di rievocazione
storica Le Vie Del Tempo e la consulenza storica di Alessia Giorda.
Nel percorso dedicato al XVII secolo, i visitatori saranno coinvolti in un viaggio sensoriale
unico, dove l’olfatto diventa protagonista.
Si potranno percepire le fragranze delle antiche ricette della prima bevanda al cioccolato che
venne “patentata” alla fine del XVII secolo proprio a Torino: la prima autorizzazione per il
commercio di una bevanda a base di cacao fu concessa a Giovanna Battista di Savoia
Nemours, madre di Vittorio Amedeo II.
Un momento che segna l’inizio del legame tra Torino e il cioccolato.
Il viaggio prosegue con la scoperta di raffinate cioccolatiere d’epoca, arricchite da monitor
interattivi, giochi multimediali e una collezione di tazze storiche , alcune delle quali
progettate con particolari supporti per proteggere i baffi degli uomini, per evitare che se li
sporcassero, mentre gustavano la cioccolata.
Il percorso include anche una suggestiva rievocazione della sala del trono, dove è possibile
scattare divertenti fotografie. Inoltre, è possibile guardare un nuovo video storico , girato
presso la Palazzina di Caccia di Stupinigi, che racconta come il consumo del cioccolato si
sia evoluto nel tempo.
La prima forma di cioccolato solido arriva nell’800.
Lungo il percorso non poteva mancare una sezione dedicata a Gianduja , la storica
maschera simbolo di Torino, il cui nome ha ispirato la creazione del celebre Gianduiotto , il
cioccolatino tipico del Piemonte.
Questo dolce iconico nasce dall’incontro perfetto tra cioccolato e nocciole , ingredienti che rappresentano la tradizione gastronomica locale.
Il percorso interattivo e visivo (sempre in collaborazione con Le Vie Del Tempo) racconta la
storia di Michele Prochet e Paul Caffarel , i due maestri cioccolatieri che, grazie al loro
ingegno, inventarono il Gianduiotto, il primo cioccolatino incartato della storia.
Una vera e propria innovazione che ha segnato un'epoca, dando vita all’industrializzazione
del cioccolato e alla nascita di tante note imprese, come Pfatisch, Ferrero, Gerla, Ziccat,
Ferrero e molte altre.
Un’altra “chicca” interessante?
Il Museo ospita un prezioso e originale costume di Gianduja , gentilmente fornito dalla
Famija Turineisa; che arricchisce ulteriormente questa esperienza immersiva nella
tradizione torinese.
A metà del viaggio all’interno del museo, nella stessa galleria che ospita statue e quadri di
cioccolato, si incontreranno le creazioni pasquali di Stefanella Bergiotti, consorte del
titolare di Pfatisch.
«Amo disegnare e, da moglie di un cioccolatiere, mi sono ritrovata immersa nel magico
mondo del cioccolato. È così che ho iniziato a dar vita ai miei personaggi utilizzando sac à
poche e cioccolato. Ho creato coniglietti, galline e molti altri soggetti, sempre con
espressioni buffe e divertenti, perché il mio sogno di bambina è sempre stato quello di
diventare una fumettista.
L’idea di decorare uova di cioccolato è nata durante il lockdown in Italia di qualche anno fa.
In quel periodo, ho trovato grande gioia e ispirazione dedicandomi a questa attività, e per la
Pasqua sono arrivata a realizzarne circa 500!
Ogni uovo era un piccolo capolavoro,
decorato con cioccolato colato, dettagli e ghirigori fatti a mano, e arricchito con frutta e foglie
modellate in cioccolato plastico. È stata un’esperienza creativa straordinaria, e da allora non
ho mai smesso di farlo.
Col tempo ho perfezionato le tecniche e reso il processo più veloce per soddisfare i nostri
affezionati clienti di Pfatisch. Vedere la gioia negli occhi di chi riceve una delle mie creazioni
è una soddisfazione immensa, la prova che la passione e l’arte possono davvero regalare
felicità agli altri.»
Il giro al Museo del Cioccolato si conclude con un’esperienza dolce e coinvolgente: piccoli
assaggi di cioccolato accompagnano la visita ai macchinari originali della storica pasticceria
Pfatisch, risalenti agli anni ’20 e tutt’ora funzionanti.
Uno di questi macchinari è messo in funzione ed è affascinante osservarne i movimenti e sentirne il rumore.
Proprio qui scopriamo come, dopo la creazione del Gianduiotto, il cioccolato abbia trovato
nuovi abbinamenti con ingredienti come zucchero a velo, mandorle e altri sapori.
Queste combinazioni hanno ispirato la creazione di macchine innovative per lavorazioni
sempre più ricche e golose, aprendo la strada a un’evoluzione che ha portato alla
realizzazione di cioccolatini, dolci e torte raffinate.
L’ultima parte del tour è un vero viaggio nella fabbrica del cioccolato di Torino, dove
tradizione e innovazione si incontrano.
Prima di lasciare il Museo, una sosta alla pasticceria Pfatisch è assolutamente imperdibile!
Qui, tra creazioni dolciarie straordinarie, prodotti artigianali e bevande di caffetteria, ogni
visitatore potrà concedersi un momento di pura golosità.
Un’esperienza che unisce gusto, storia e arte in un crescendo di emozioni indimenticabili.
Il viaggio prosegue a bordo del bellissimo e vintage Choco Tram,vettura originale del 1924,
già protagonista delle riprese dei video presenti nell’esposizione permanente del museo.
L’Associazione Torinese Tram Storici permette così di far vivere ai passeggeri, su questo
meraviglioso mezzo, diversi quartieri torinesi, mentre i rievocato de “Le Vie del Tempo”,
affascinano i viaggiatori con interessanti aneddoti riguardanti Torino e il suo legame con il
cioccolato.
In alcune date selezionate ogni mese, dalla fermata situata proprio di fronte al Museo, sarà
possibile vivere questa esperienza unica.
Preparatevi a salire a bordo per un viaggio indimenticabile nel tempo!
«Nel 2020, rilevando Pfatisch, ho subito compreso che il successo risiedeva nel valorizzare
la Storia di questo luogo iconico e nel proiettarlo nel futuro. Sognavo un museo del
cioccolato a Torino, da realizzare proprio qui, in questa pasticceria centenaria che
custodisce l’eleganza e l’operosità tipiche della nostra città, insieme ai macchinari originali
perfettamente funzionanti.
La mia idea era andare oltre: innovare, aprire il “dietro le quinte” del cioccolato e coinvolgere
il pubblico con esperienze sensoriali. Grazie all’incontro con Eddy Van Belle, questo sogno è
divenuto realtà: nasce così il Museo del Cioccolato e del Gianduja, Choco Story.»
Sign. Ciocatto, avete progetti per il 2025?
«Choco Story è in continua evoluzione. A Gennaio 2025 aprirà il Choco Story LAB: un luogo
dedicato ai workshop per persone di tutte le età che potranno sperimentare la creazione del
proprio cioccolato!»
Curiosità: il Museo è visitato maggiormente da turisti o torinesi?
«Sono davvero moltissimi i turisti esteri, ma anche italiani provenienti da fuori città. I torinesi
sono in grande numero, segno che il Museo è stato molto ben accolto. Nei suoi primi mesi
(abbiamo inaugurato il 26 Giugno!) ha riscosso un grande successo.»
Ci sarà qualche “dolce” proposta per Natale 2024?
« Assolutamente si, abbiamo i nostri panettoni, versione classica e quella speciale, fatta con
pan di zucchero, lievitato soffice senza canditi, lieve zucchero, impasto gianduja e marron
glacè. Un prodotto nostro sul mercato da più di 30 anni.»
Dicembre 2024:
Sabato 7 dicembre
Venerdì 20 dicembre
Sabato 28 dicembre
Gennaio 2025:
Sabato 25 gennaio
Prenotazioni sul sito:
www.choco-story-torino.it/choco-tram
Non perdete l’occasione di vivere un’esperienza unica che celebra l’eccellenza e la
tradizione torinese.
Il Museo del Cioccolato e del Gianduja, insieme all’affascinante viaggio a bordo del Choco
Tram, è un autentico tuffo nella storia, nel gusto e nell’eleganza della nostra città.
Un orgoglio tutto torinese, da scoprire e riscoprire non solo durante il magico periodo delle
feste, ma in ogni stagione dell’anno.
Lasciatevi conquistare da un percorso che unisce
cultura, intrattenimento e sapori in un modo davvero indimenticabile.
CRISTINA TAVERNITI