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”Quel che abisso tace” e gli olocausti dimenticati

Ho conosciuto Maura Maffei a Casale Monferrato in libreria, casualmente, la fine dello scorso anno  e  ho appreso da lei in persona della storia misconosciuta riferita alla decisione di Winston Churchill chiamata Collar the Lot ( metteteli al guinzaglio ) che il 2 luglio 1940 portò alla tragedia dell’ affondamento dell’ Arandora Star con a bordo 805  italiani   e non solo, deportati in seguito alla decisione presa da Benito  Mussolini di dichiarare guerra alla Gran Bretagna.

Tutto questo e di più è raccontato nel suo bellissimo romanzo storico ”Quel che abisso tace” (edizioni  parallelo 45, 2019 pagg.341 €.13) che ho finito di leggere in questi  giorni. In questo periodo di quarantena forzata e claustrale a causa del   Covid-19 e dell’ ”affondamento sociale economicoe   civile”  che ne è  seguito, le storie di vita dei naufraghi narrate nel romanzo in prima  persona, mi hanno costretto a una forma particolare di identificazioncognitiva. 

Considerarmi mio malgrado naufrago tra i naufraghi, a riflettere   sull’ineluttabilità dell’infausto destino collettivo e soprattutto  sulle  conseguenze sociali e individuali della discrezionalità del potere, sul    rapporto tra quest’ultimo e  la sua influenza sulle ragioni etiche del  bene e la persistenza del male con la sua anessa banalità morale ( Hannah Arendt   ”La banalità del male. Il processo a Adolf Eichmann a Gerusalemme”) e l’etica della scelta  sociopolitica di  governo di ieri e di sempre. ”La convinzione che il comune egoismo normalmente induca gli uomini dall’indulgere agli impulsi aggressivi    del  tutto indipendentemente dagli interessi degli altri ”(Christopher  Lasch, ”L’ Io minimo. La mentalità della sopravvivenza in un epoca di turbamento” Universale Economica Feltrinelli, Milano 1996 pag.156 ) non è garanzia di libertà anche nel senso cristiano evidenziatoda Franz Rosenzweig nella ”Stella della Redenzione”. Così   è per il      giornalista piemontese emigrato nella perfida Albione Cesare Vairo di fedeltà al regime parente della scrittrice e per l’apolitico    personaggio  di ‘fantasia’ Oscar Dell’Ongaro entrambi compressi nel  conflitto  lacerante di diverse identità e comuni sofferenze. Se la Shoah ha  giustamente il marchio terribile dell’unicità del Male Assoluto nulla  ci   esenta anzi a maggior ragione tutto ci obbliga a ricordare i tanti  dimenticati Olocausti che gli si affiancano nel passato più o meno  recente e nel presente. A monito per il futuro. E chiudo con una  citazione di William James a commento finale dell’ importante opera letteraria di Maura Maffei: ” La moderna deificazione della mera  sopravvivenza, una sopravvivenza che rinvia a se stessa, nuda e   astratta, con la negazione di una qualsiasi sostanziale eccellenza in    ciò che sopravvive, tranne la capacità di una misura ancora maggiore di  sopravvivenza, é senz’altro la tappa intellettuale più strana mai  proposta da un uomo a un altro uomo”.

Aldo Colonna

L’associazione Vitaliano Brancati a Malta con tre scrittori torinesi

GIORGIO VITARI, GIANNI OLIVA E ANDREA MONTICONE AL MALTA FESTIVAL BOOK.

 

Sono tre i torinesi che partecipano al Malta Book Festival 2020 dal 11 al 15 novembre. Gianni Oliva, Giorgio Vitari e Andrea Monticone infatti  saranno presenti all’evento organizzato dal National Book Council, l’IIC La Valletta che presenterà un ricco programma rinnovando, anche quest’anno, la sua partecipazione alla manifestazione.

L’edizione del Festival sarà interamente online. L’Istituto Italiano di Cultura La Valletta vi partecipa con un nutrito programma di presentazioni di libri italiani, alla presenza degli autori, che si potranno seguire sui social Facebook e Instagram dell’Istituto e del Festival. Verranno presentati romanzi, saggi, libri d’arte e sarà annunciata la nuova edizione della Divina Commedia in maltese che uscirà nel 2021, anno in cui si celebrano i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri.

I titoli che verranno presentati sono:

“VADO A VIVERE A MALTA” di Carlo Morrone – 2019 – Morrone Editore

Giovedì 12 novembre ore 16:00 Conversazione con l’autore, Carlo Morrone, e Massimo Sarti, Direttore IIC | La Valletta.

LA CIRCONFERENZA DELL’ALBA” di Federica Brunini – 2020 – Feltrinelli

Giovedì 12 novembre 2020 ore 16:30 | Conversazione con l’autrice, Federica Bruinini, e Massimo Sarti

CROSSROADS: UN TUFFO NELLA VITA DI ALICE PASQUINI2020Drago

Venerdì 13 novembre ore 16:30 | Conversazione con l’artista, Alice Pasquini, e l’editore, Paulo von Vacano                                                                                                                                                                                                                                                                  LA GUERRA FASCISTA. DALLA VIGILIA ALL’ARMISTIZIO, L’ITALIA NEL SECONDO CONFLITTO MONDIALEdi Gianni Oliva 2020 – Mondadori

Sabato 14 novembre ore 14:30 – Conversazione con l’autore, Gianni Oliva e Giovanni Firera, Presidente Associazione Vitaliano Brancati.

IL PROCURATORE E LA BELLA DORMIENTEdi Giorgio Vitari – 2020  – Neos Edizioni

Sabato 14 novembre ore 16:30 – Conversazione con l’autore, Giovanni Vitari, e Giovanni Firera.

CARNE MANGIA CARNEdi Andrea Monticone – 2020 – Buendia Books

Sabato 14 novembre ore 16:00 – Conversazione con l’autore, Andrea Monticone, e Giovanni Firera.

LA DIVINA COMMEDIA“: nuova edizione in maltese, rivista e aggiornata con illustrazioni, traduzione di Alfred Palma – 2021, Midsea Books Ltd editore – Sabato 14 novembre ore 17:00

LELI DI CASAL PICCOLO2020 – Morrone Editore

Domenica 15 novembre ore 16:30 Conversazione con Isabella Ellul Cefai (traduttrice), Carlo Morrone Editore, Charles Briffa -Università di Malta – Arnold Cassola – Università di Malta.

 

Il programma “italiano” al Festival, reso possibile dalla collaborazione fra Istituto Italiano di Cultura La Valletta e il National Book Council, gode del patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Malta e si è avvalso del contributo dell’Associazione Vitaliano Brancati e delle case editrici Feltrinelli, Drago, Mondadori, Buendia Books, Neos Edizioni, Morrone Editore, Midsea Book Ltd.

Maria La Barbera

Per il programma completo del Festival: http://bit.ly/MaltaBookFestivalProgramme

 

Per maggiori informazioni: segreteria.iiclavalletta@esteri.it, +356 21 221462, www.iicvalletta.esteri.it

Luci, voci e colori di “Novembre”

Le poesie di Massimiliano Giannocco sono state pubblicate per i tipi di Europa Edizioni.

Il libro, intitolato “Novembre” a ricordo del mese di nascita del Poeta e disponibile su carta stampata e in formato e-book, contiene anche alcune poesie già pubblicate in precedenza. L’attuale raccolta di poesie è coerente con i “baluginii” che caratterizzano tutte le opere poetiche di Giannocco, un Poeta che ci fa scoprire, in modo accattivante, il suo variegato mondo fatto di nobili sentimenti, di paesaggi, di colori, di odori, di luci e di voci.

Queste ultime, le voci, accompagnano, come una colonna sonora, sentimenti e visioni tratteggiati con sapiente scrittura. Dalla “pioggia che bussa sui muri” alla grandine sul “vetro ferito di una finestra sul tetto, dalle “urla del mare” all’ondeggiare “delle dita sul vibrante pianoforte”, fino al “grido costante soffocante delle cicale nel meriggio d’estate”. È sempre difficile commentare un libro di poesie perché la poesia è come la musica che commuove ed emoziona in modo indescrivibile. Così, i pensieri e i sentimenti profondi del Poeta pulsano come i battiti del cuore. Giannocco tocca delle note che si spingono fino alla descrizione, in modo mirabile, di una coinvolgente “estasi” e di una bellissima “Venere all’alba”. E non manca di parlare del suo “timore di creare” e della sua timidezza. Ho il privilegio di essere amico di Massimiliano e di conoscere da vicino una buona parte del suo mondo. Un mondo nel quale intravedo tante esperienze (e preferenze) comuni. Ecco perché non vado oltre a queste mie brevi considerazioni. Mi limito a concludere con un cenno alla sua bella composizione che parla della “gustosa passione” di fumare il sigaro toscano. Il fumo e il singolare profumo dell’antico toscano mi hanno accompagnato a lungo, fin da bambino perché lo fumava anche mio Nonno.

Antonio Pileggi

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Banine  “I miei giorni  nel Caucaso”  -Neri Pozza-    euro 19,00

Banine è lo pseudonimo di Umm-El-Banine Assadoulaeff, nata a Baku nel 1905, e questo libro – pubblicato per la prima volta nel 1945 a Parigi dove lei era esule da 25 anni- è un memoir familiare con al centro la sua infanzia e adolescenza trascorse sulle rive del Mar Caspio.

La scoperta del petrolio sull’uscio di casa  aveva reso la sua famiglia di contadini improvvisamente e scandalosamente ricca, ma le vicende storiche rivolteranno più volte le carte.

Banine è l’ultima di 4 sorelle, cresce tra parenti rumorosi e propensi al litigio, in un clima tutto sommato sereno. Sorvegliata, da un lato, dalla balia tedesca Fräulein Anna e, dall’altro, contesa dalla nonna, una monumentale donna musulmana, che maledice e insulta come e quanto le pare.

Poi c’è il corollario di zie bruttine, baffute e dedite al gioco; una serie di zii avari; i cugini propensi all’omosessualità e, tra tutti, spicca la cugina Gullnar che vuole arrivare vergine al matrimonio solo per potersi poi dare a molteplici uomini e tradimenti.

Un microcosmo che passa le giornate tra chiassosi pranzi, litigi per i soldi, vacanze e viaggi, nozze combinate come tradizione vuole.

L’amore è un capitolo a parte nella vita di Banine, che regolarmente finisce per mettersi in coda e  innamorarsi di tutti quelli che piacciono alle sorelle.

A ingarbugliare ulteriormente il quadro domestico c’è anche il secondo matrimonio del padre con l’emancipata Amina che, vissuta per anni a Parigi, porta una ventata di modernità.

Fin qui le caleidoscopiche vicende private che si innestano sui rivolgimenti della Storia.

Siamo negli ultimi anni dello zarismo e si profila il potere sovietico nel Caucaso. Un mondo che è sulla soglia della fine e oscilla tra credenze e abitudini dure a morire e una modernizzazione che fa grandi passi; tra un Islam che opprime e un laicismo progressivo che cancella il velo. Da un  fanatismo all’altro, con pogrom, massacri e pagine di storia non proprio edificanti.

Quando poi muore il ricchissimo nonno, l’eredità viene spazzata via dall’arrivo dei soldati russi e dall’espropriazione di terre e beni, che diventa la regola assoluta. I palazzi sono condivisi con sconosciuti meno abbienti, e compaiono commissari politici che incitano alla delazione e fanno presa su un’ingenua Banine ormai 15enne, facile preda del marxismo e del fascino di un dirigente comunista. Ma non finisce qui…..

 

Manuel Vilas  “La gioia all’improvviso”   -Guanda-   euro  19,00

Il secondo romanzo di Manuel Vilas è una sorta di interrogazione fluviale sul senso dell’esistenza e rimanda spesso al suo precedente “In tutto c’è stata bellezza” del quale è la continuazione ideale.

La voce narrante è quella dell’autore che a tratti smarrisce la bussola e durante un tour promozionale dal Portogallo agli Stati Uniti d’America racconta il suo presente; ma insegue anche il passato e compie un’opera di proustiana memoria che porta il lettore a meditazioni profonde. Tutto il libro è una ricerca che scandaglia il nucleo della vita.

Vilas parla di affetti altamente coinvolgenti, come l’amore per i genitori che non ci sono più e che ora capisce meglio di quando erano vivi. L’amore per i figli, difficile da esplicare quando si è ancora di questo mondo, ma che capiranno al suo funerale e alle prese con la sua assenza. L’amore per la nuova compagna che segue nei suoi viaggi di lavoro, con la quale l’intesa è forte, ma sempre velata dall’enigma insito nei complessi rapporti umani.

Scorrono pagine in cui assegna nomi di musicisti o attori alle persone più importanti della sua vita; ma su tutto regnano alcune domande che prima o poi anche noi ci poniamo: cosa ci facciamo su questa terra, quanto conosciamo davvero a fondo l’anima di chi amiamo, cosa ci aspetta dopo e come possiamo gestire il peso e la bellezza della memoria?

Decisamente un libro che  non lascia indifferenti…..

 

John O’Hara “The New York Stories”  – Bompiani –  euro 16,00

O’Hara -nato in Pennsylvania il 31 gennaio 1905 e morto a Princeton, nel New Jersey l’11 aprile 1970- è uno dei grandi maestri del realismo americano, contemporaneo di Mostri Sacri della letteratura americana come Hemingway e Scott Fitzgerald.

Non riuscì a realizzare il sogno di laurearsi a Yale, ma divenne reporter per “Herald Tribune” e “Time”; poi la fama con il romanzo di esordio “Appuntamento a Samarra” che, pubblicato nel 1934, contribuì a renderlo uno degli scrittori più noti d’America. Di romanzi ne scrisse 17, vinse premi letterari e fu anche un autentico maestro delle short stories.

In questo volume sono riuniti 32 suoi racconti, scritti tra gli anni trenta e sessanta del Novecento.

La Grande Mela è la protagonista e lo sfondo di tutti i brani… leggerli equivale a ritrovarsi nella New York di quegli anni, tra Times Square, Brooklyn, eleganti grattacieli o più modeste brownstone.

Osservatore acuto, era capace di ascoltare le storie delle persone di qualunque ceto sociale: captava  i loro discorsi, afferrava i loro pensieri, sapeva raccontare i meandri delle loro vite.

In questi racconti entra nelle esistenze variegate di camerieri, segretarie, attori e attrici, produttori, sceneggiatori, pubblicitari, giornalisti e professionisti dell’editoria.

Storie di varie lunghezze e spessore che vi condurranno in miliardari appartamenti dell’Upper East Side, tra cocktail e vite mondane; ma che parleranno anche dei fallimenti, della disperazione e delle immani fatiche di chi è costretto a combattere a denti stretti per sopravvivere.

 

 

Anna Peyron  “Il romanzo  della rosa”   -Add editore –    euro 16,00

C’è tutto il suo travolgente amore per le rose in questo libro che Anna Peyron ha scritto tracciando la storia del fiore nei secoli e nelle vite di grandi personaggi storici.

Oltre 200 pagine interamente dedicate alla “regina dei fiori” che la Peyron coltiva dal 1984 sulla collina di Torino, a Castagneto Po, nel Vivaio Roses du Temps Passé, dove ha dato vita a una lussureggiante produzione di rose antiche e classiche.

La storia di questo fiore inizia il 21 aprile 1799 quando Giuseppina Bonaparte acquista un castello, circondato da un parco incolto, dopo averlo visitato insieme a Napoleone.

Affascinata dalla botanica trasforma questo luogo abbandonato in un giardino che diventerà storico, unico e pregiatissimo. Impiega paesaggisti, botanici, zoologi, chimici, naturalisti e matematici, li mette tutti all’opera per realizzare il suo sogno: trasformare il parco della Malmaison in uno scrigno di pura magia e bellezza, con semi di piante esotiche, rare e ancora sconosciute in Francia, Purtroppo morirà a soli 50 anni, nel maggio 1814, in piena fioritura delle sue adorate rose, senza testamento e lasciando una scia di debiti.

E’ nel 1896 che il finanziere Osiris acquista la proprietà, la fa restaurare e nel 1904 la dona allo Stato francese: le rose di Giuseppina rivivranno.

Ma la storia di questo incantevole fiore attraversa i secoli e deve le sue fioriture a personaggi vari e assortiti; a partire dai lavori nel 1899 del celebre paesaggista Edouard André per realizzare  il primo roseto della storia.

Ed è solo l’inizio dell’affascinante viaggio in cui vi conduce la Peyron, attraverso luoghi, profumi, giardini e personaggi indimenticabili.

 

 

 

“Compagni”, il libro in cui rivive la storia dei Pajetta

“Come si poteva tenere vivo nel ricordo quel mondo di persone generose, attive che avevano ispirato la loro vita a ideali forti e vi erano rimaste sempre coerenti?”

S’intitola “Compagni” il libro scritto da Elvira Pajetta , pubblicato dall’editore Macchione. Il racconto di una “giovinezza tenace” e coraggiosa, vissuta nel desiderio di una libertànegata dal fascismo e nell’impegno politico comunista, un riferimento ideale mai venuto meno nella famiglia Pajetta e incarnato nei giovani Gian Carlo, Giuliano e Gaspare, i tre figli di Elvira Berrini (la nonna dell’autrice) e Carlo Pajetta, avvocato del banco San Paolo di Torino, emarginato per non aver voluto prendere la tessera del Partito nazionale fascista. A loro si aggiunge il ritratto, al tempo stesso forte e delicato, della madre di Elvira, Claudia Banchieri. “ Come si poteva tenere vivo nel ricordo quel mondo di persone generose, attive che avevano ispirato la loro vita a ideali forti e vi erano rimaste sempre coerenti?”, scrive Elvira Pajetta. Aggiungendo: “Questi fogli rappresentano i giorni di un calendario che per me era necessario comporre”.Quella raccontata in “Compagni” è una storia intima e pubblica allo stesso tempo che si gioca su più scenari. Sullo sfondo ci sono la Francia, pronta ad accogliere i tanti rifugiati politici italiani, la guerra civile in Spagna, l‘Unione Sovietica e l‘Italia di Benito Mussolini. Una storia che in parte si svolge anche a Taino, in provincia di Varese, sulla sponda lombarda del lago Maggiore, dove Elvira Berrini e Carlo Pajetta hanno abitato fin dagli anni ’20 e luogo che terrà a battesimo la militanza comunista dell’adolescente Giuliano. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale mise a dura prova i destini dei giovani Pajetta. Giuliano ,che si trovava Oltralpe, venne arrestato dai gendarmi francesi e trasferito, dopo la condanna, al carcere di Nimes da dove evase con un’azione degna di un romanzo di Dumas.

La figlia Elvira ripercorre molti anni dopo lo stesso cammino fatto dal padre verso l’Italia, un vero pellegrinaggio dove antiche ferite si riaprono per far scorrere la storia. Gaspare e il cugino Piero ( Nedo) cadono in combattimento: il primo il 13 febbraio del ’44 , al Cortavolo di Megolo, con altri undici partigiani guidati dal Capitano Beltrami ; il secondo un mese dopo in uno scontro in montagna con i fascisti. A sua volta Giuliano, dopo essere rientrato in Italia per partecipare alla Resistenza, conoscerà sia il carcere di San Vittore che il lager di Mauthausen, dove verranno internati migliaia di italiani.Nel racconto di Elvira c’è posto anche per molto altro: la felicità del 25 Aprile, giorno della liberazione dall’occupazione nazifascista, l’impegno di Giuliano Pajetta e del figlio Gian Carlo nel Pci del dopoguerraaccanto a Enrico Berlinguer, i rapporti con l’Urss, i fatti tragici di Ungheria, i ricordi di Roma e Firenze. Belle foto, in parte inedite, e un nutrito numero di documenti testimoniano tutti questi passaggi pubblici e privati. Un lavoro lungo, non facile, durato ben otto anni. “Negli ultimi anni tutto il mio mondo si era modificato”, dice Elvira Pajetta. “ Molte cose erano sparite del tutto e molte avevano cambiato posto o dimensione. Mio padre Giulianoera morto nel 1988. Il muro di Berlino, smantellato nell’anno successivo, era diventato un monumento alla Germania unificata. Il Partito Comunista Italiano, dove avevo abitato da sempre, aveva cambiato nome e ora avrebbe dovuto cambiare forma. Mi rendevo conto, certo, che da vent’anni le crepe nei muri di “casa mia” erano diventate sempre più visibili. La mia famiglia, “I Pajetta”, non era più quella che, come in un disegno infantile, mi ero tenuta dentro per tanto tempo: mia nonna Elvira e i suoi tre figli, Giancarlo, Giuliano e Gaspare, i comunisti. Raccontarla era necessario”.

 

Marco Travaglini

Storie di vita nel mondo bizantino del generale Alexios

Gli assedi, le guerre civili, la conquista del trono, ma anche drammi umani e profonde introspezioni personali sono gli elementi principali attorno ai quali ruotano i protagonisti della storia de “L’usurpatore”

Il nuovo romanzo è stato ideato dallo scrittore e studioso di storia bizantina Emanuele Rizzardi, 30 anni. Il giovane scrittore proviene e vive a Legnano, un piccolo paese vicino a Milano, dove il 29 maggio 1176 si svolse la famosa battaglia tra Lega Lombarda e Sacro Romano Impero, sotto Federico Barbarossa.

“L’usurpatore” è molto diverso dal precedente lavoro del Rizzardi: si concentra in un arco temporale ristretto e si sviluppa come una lunga epistola scritta in prima persona dal protagonista. Il narratore è parziale e ben presente nella narrazione, riuscendo immediatamente a farci catapultare in un mondo così distante, ma al contempo così vicino al nostro. Il romanzo che si concentra sul generale bizantino Alexios Philanthropinos e sulla sua guerra contro i turchi alla fine del XIII secolo. “Alexios è una personalità multidimensionale e un uomo molto intelligente,  – commenta l’autore – che ha superato gli standard del suo tempo e, naturalmente, uno dei miei generali bizantini più amati. Vale la pena raccontare la sua storia; è anche un modo per presentare la difficile posizione in cui erano caduti a quel tempo i romani (di Bisanzio), respinti dai turchi sulla costa, ma anche l’ascesa del sultanato ottomano. C’è una grande connessione con il mondo di oggi e la situazione geopolitica”. “L’usurpatore” è un titolo scorrevole che si legge in una volata, ma che tratta temi non facili, spesso esposti in modo crudo e vivido, aprendo una finestra sulle difficoltà della vita e sui dubbi psicologici di chi viveva nel Medioevo. Il testo è edito da Assobyz ed è reperibile in formato digitale o cartaceo.

Le radici piemontesi di Jean Giono

”L’uomo che piantava gli alberi” (L’homme qui plantait des arbres), conosciuto anche come “La storia di Elzéard Bouffier”, è un racconto allegorico che ha dato notorietà allo scrittore italo-francese Jean Giono

Nato a Manosque, su un contrafforte delle colline del Luberon orientale in alta Provenza, da una famiglia di origine piemontese, emigrata in Francia dalla canavesana Valchiusella, vi morì cinquant’anni fa,il 9 ottobre del 1970.

Pubblicato per la prima volta nel 1953, il racconto è quanto mai attuale visto e considerato il pesante deterioramento della situazione climatica. Giono, membro dell’Académie des Goncourt, con questo libro tracciò un’efficace parabola sul rapporto uomo-natura, rammentando come ”gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi, oltre la distruzione”. Potrebbero, appunto, ma raramente lo fanno forse perché distruggere è molto più facile che creare.La storia del pastore Bouffier ci rammenta, con leggerezza e profondità al tempo stesso, il valore degli alberi e dell’attenzione nei confronti della natura.Quella dei Giono, come per tante altre famiglie, è stata una storie di valligiani e montanari emigrati. Il bisnonno dello scrittore, Giovanni Domenico Giono, nacque l’8 ottobre 1763 a Meugliano (oggi Valchiusa, dopo la recente fusione di Meugliano con i comuni di Trausella e Vico Canavese). Quest’ultimo, dalla seconda moglie Maria Francesca Catterina Bertarione, ebbe a sua volta un figlio, Pietro Antonio , nonno di Jean Giono.

E’ verosimile che Pietro Antonio, attratto dagli ideali della carboneria, prese parte ai moti insurrezionali del marzo del 1821 e, successivamente, riparò come molti rivoltosi oltralpe, in Francia. La radice piemontese è più che intuibile dalle parole dello scrittore che confidò come la felicità gli riempisse il cuore e l’animo appena sentiva “fremere un pioppo piemontese, o fischiare una marmotta, o i passi del vento degli alti pascoli del Viso, lo sgranellare del pietrame sotto i piedi del camoscio, o il grido dell’aquila”. Giono,autore importante, scrisse saggi, dialoghi, poesie, commedie teatrali e circa trenta romanzi, tra i quali “Il canto del mondo”, “Un re senza distrazioni”, “Il disertore”, “Le anime forti”, “Il ragazzo celeste”, “Lettera ai contadini sulla povertà e la pace” e “L’ussaro sul tetto”. Ha firmato inoltre il soggetto di numerosi film, tra i lavori il più noto è “L’Ussaro sul tetto”.

Proprio in quest’ultimo romanzo, dove il protagonista è un giovane ufficiale degli ussari, Angelo Pardi, fuggito in Provenza nel 1831 dal Piemonte dopo aver ucciso una spia austriaca, si avverte l’eco delle vicende della sua famiglia, dell’epopea risorgimentale, del desiderio di riscatto e libertà. Dal libro, pubblicato nel 1951 e considerato uno dei capolavori della narrativa francese, venne tratta la sceneggiatura dell’omonimo film nel 1995 di Jean Paul Rappenau con Juliette Binoche e Olivier Martines. Una pellicola nella quale, come scrive Morandini nel suo dizionario di cinema, “riecheggiano le idee del pacifista, anarchico, antimodernista Jean Giono, di origine piemontese”.

Marco Travaglini

Rassegna dei libri più letti e commentati: Ottobre 

Anno Ⅳ n. 9 / Ecco una piccola rassegna dedicata ai titoli che maggiormente hanno interessato i lettori iscritti al gruppo di Facebook Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri nel mese di ottobre.

Primo posto per La donna dal kimono bianco, romanzo ambientato in Giappone della scrittrice Ana Johns; segue una nuova saga familiare che si sta facendo notare tra i nostri lettori, ovvero La casa sull’argine, di Daniela Raimondi; terzo posto per Cleopatra, il celebre saggio di Alberto Angela sulla più celebre delle regine dell’antichità.

Haruki Murakami, il più discusso autore dei nostri tempi: astuto venditore di parole in eleganti e un po’ criptiche confezioni o ultimo rappresentante della grande tradizione giapponese del romanzo psicologico? Ogni volta che un suo libro viene proposto, il dibattito si scatena e una recente iniziativa editoriale ha riportato in auge i suoi romanzi, tra i quali consigliamo: Nel segno della Pecora, che segnò il suo esordio letterario, L’uccello che girava le viti del mondo, il suo capolavoro e IQ84, uno dei lavori più recenti, forse il primo in cui l’arte del Maestro ha dato segni di stanchezza. Che ne pensate?

Nel centenario della nascita di Gianni Rodari, vi proponiamo tre dei suoi romanzi per ricordare uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, le cui opere sono ancora oggi lette e tradotte in tutto il mondo: C’era due volte il Barone LambertoLe avventure di Cipollino, La torta in cielo.

La libreria Storytelling di Gonnesa (CI) consiglia tre libri ai nostri lettori:  L’idioma di Casilda Moreira di Adrian N. Bravi, un gioiellino del quale ci si innamora fin dalle prime pagine. Uno studente parte dall’Italia alla ricerca delle ultime due persone che parlano un antico idioma scomparso. Un omaggio al potere e al grande valore di una lingua… “perché lingua e sentimento non sono due cose diverse”.

L’estate che sciolse ogni cosa” di Tiffany McDaniel. In una torrida estate del 1984 il tredicenne Sal, pelle scura e occhi verdi, arriva a Breathed. Nessuno conosce il ragazzo, né da dove provenga. Sostiene di essere il diavolo, sarà veramente così?. Un romanzo struggente, scritto in modo magistrale.
La casa sul lago di David James Poissant. Una storia di famiglia, una scrittura ipnotica. Gli Starling si ritrovano come ogni estate nella casa sul lago ma l’annuncio dei due genitori di voler vendere la casa, unito ad un evento tragico accaduto sul lago proprio in quei giorni, porterà ogni personaggio a confrontarsi con le proprie debolezze, paure, segreti.

Per questo mese è tutto, ci rileggeremo il mese prossimo!

 

redazione@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Stephen King ai tempi del virus

Stephen King e il covid-19. Sembra che Mirko Vercelli abbia intercettato felicemente e con precisione quel filo rosso che lega il terrore narrativo dell’horror thriller alla realistica paura del coronavirus, nel suo passare dall’immaginario letterario del noir classico ( ”Blue Raccoon Hotel”, undici edizioni 2018, pagg. 208 10 € ) al racconto presente nell’ antologia di scrittori contemporanei che ha per titolo il boccaccesco e situazionista ”Decameroom storie dal lockdown” ( undici edizioni 2020, pagg. 106 € 15 ). Mirko é stato il vincitore rivelazione nel 2017 del contest letterario per scrittori esordienti ‘Incipit Offresi’, al Salone del Libro di Torino, proprio con ” Blu Raccoon Hotel”. Il giovane autore chierese, studente in Scienze della Comunicazione, ha molte volte preso ispirazione per la scrittura della sua opera prima, dai suoi numerosi e frenetici spostamenti nel capoluogo subalpino. Atmosfere, volti e situazioni si sono trasformati per lui in una continua fonte di osservazione e modulazione creativa. ”Blue raccoon hotel” é alimentato da una narrazione tesa a volte allucinata, che catturando nella fabula fin dalle prime battute, traghetta il lettore attraverso un flusso emozionale verso un inatteso e sorprendente finale. Nella seconda opera letteraria che ha per titolo ”Eliocidio” estratta dall’antologia ” Decameroom” , la cifra marcatamente kafkiana diviene un plot a metà tra tra l’indagine introspettiva e la narrazione documentale, suggerita parzialmente a Mirko dall’ incontro con amici torinesi e per la restante parte dalla sua vulcanica fantasia. Il suo prossimo libro, ultima fatica che qui anticipo per il Torinese si intitola ”Linea retta” in prenotazione su https://bookabook.it/libri/linea-retta. E’ un testo di nuovo genere, che si potrebbe definire di ‘ ‘fanta’ ‘ antropologia, ancora una volta ispirato dalla voglia di sperimentare. Scritto per denunciare il dolore e l’attualità di nuove e vecchie migrazioni dal continente africano, percorso dal sud al nord fino al Maghreb, in un ideale percorso etnografico e di denuncia sociale.

Aldo Colonna

La storia di una famiglia di ebrei mantovani, nel libro di Bruno Avataneo

“Le ossa affaticate di Salomon Castelletti”  presentato da “Progetto Cantoregi” alla Soms di Racconigi Venerdì 30 ottobre, ore 18 Racconigi (Cuneo)

Fra diario intimista, documento storico e biografia, è un libro intenso vissuto sulla propria pelle e nel profondo della propria carne, quello scritto – alla luce di rigorose indagini storiche – da Bruno Avataneo sulla sua famiglia materna di origine, i Castelletti di Mantova. Torinese, classe ’51 e cuneese d’adozione, lo scrittore (che ha lavorato a lungo nel settore della formazione professionale e da tempo si dedica, sollecitato da particolari eventi e situazioni famigliari, allo studio della presenza ebraica a Mantova nel corso dei secoli) presenterà il libro, dal titolo “Le ossa affaticate di Salomon Castelletti”, il prossimo venerdì 30 ottobre, alle 18, nei locali della Soms, ex Società operaia di mutuo soccorso oggi sede dell’Associazione culturale “Progetto Cantoregi”, in via Carlo Costa a Racconigi. A dialogare con lui sarà Alberto Cavaglion, storico e letterato, docente di “Storia dell’ebraismo” all’Università di Firenze e fondatore nel 2015 a Cuneo della Biblioteca e Centro Studi sugli ebrei in Piemonte “Davide Cavaglion”. L’incontro sarà accompagnato dalle letture di Irene Avataneo. Ed è lo stesso Cavaglion a precisare nella Prefazione: “Non è un libro di memorie, anche se è costruito sulla memoria…Se mai ci troviamo davanti a una ‘autobiografia riflessa’, fondata su una rigorosa ricerca archivistica. E’ a suo modo un (copioso) diario intimo compilato con voci (e carte) altrui, per interposte (e assai numerose) persone”.

 

Pagine, storie riallacciate “per interposte persone”, pur se l’autore mai rinuncia a fare proprie e a trasmettere le suggestioni e le emozioni che lo hanno accompagnato nel suo percorso esistenziale, a partire dal “non detto” in famiglia. Viene percorsa così la vicenda plurisecolare dei Castelletti, immersa nella vita di una città particolarissima e fascinosa qual è stata e qual é Mantova, con le sue acque, la sua umidità, le sue nebbie, la sua meravigliosa storia ebraica. Una vicenda che inizia con alcuni documenti della seconda metà del Cinquecento, in cui si trovano i nomi dei primi appartenenti alla famiglia (Moise, Benedetto, Gentilhomo, Daniel) e si dipana negli anni tra successi e insuccessi, fatti storici e della vita di ogni giorno che coinvolgono i suoi tanti protagonisti, all’interno di una comunità che sperimentò alcuni secoli di relativa tranquillità (i Gonzaga durante il loro dominio intrattennero buoni rapporti con i loro sudditi ebrei, situazione che perdurò quando Mantova passò a far parte dell’Impero degli Asburgo), visse le speranze del Risorgimento, la crescita economica e civile durante i primi decenni dello Stato unitario per poi dover affrontare il crescente antiebraismo fascista e la tragedia delle deportazioni verso la Shoah. Con questo libro, “penso – spiega lo stesso autore – di avere assolto un compito al quale, una volta apparso, difficilmente avrei potuto sottrarmi e che era maturato e cresciuto nel tempo fino a mostrare chiaramente la sua indifferibilità. Forse è stata la corresponsione di un debito, saldato probabilmente solo in parte, che avevo con loro o forse la riscossione di un credito: propenderei per la prima possibilità poiché forte è stato il peso della responsabilità che ho avvertito a ogni incontro con le loro vite attraverso i frammenti delle loro storie”.
L’incontro è organizzato da “Progetto Cantoregi”, in collaborazione con la Città di Racconigi.
Info: 335.8482321 – www.progettocantoregi.it – info@progettocantoregi.it – Fb Progetto Cantoregi – Tw @cantoregi – IG Progetto Cantoregi.
g. m.

Nelle foto:
– Bruno Avataneo e Alberto Cavaglion, la cover del libro