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Il Piemonte all’avanguardia nel contrasto ai danni da ozono

Articolo a cura di IPLA – Istituto per le piante da legno e per l’ambiente

IPLA, con un finanziamento europeo collabora a individuare tecniche selvicolturali per ridurre gli impatti in ambito forestale

L’ozono troposferico (strati bassi dell’atmosfera) è un inquinante “secondario”, cioè non viene immesso direttamente in atmosfera, ma si forma per reazioni catalizzate dalla radiazione solare con altri composti definiti “precursori”. Questi “precursori” di origine antropica sono dovuti all’inquinamento, ma hanno anche origine naturale (ossidi di azoto e composti organici volatili).

Sin dagli anni ’80 l’Europa è interessata dai danni da ozono. Ma è soltanto negli ultimi 20 anni che l’impatto potenziale dell’ozono è diventato oggetto di studio per i suoi effetti sulla vegetazione. L’ozono è un inquinante che, con il contributo dei venti, può essere trasportato anche ad elevate distanze rispetto ai luoghi di origine. E proprio nelle aree rurali e montane, dove si accumula, produce danni elevati.

Cosa sono i danni da ozono

Le concentrazioni dell’ozono presenti in atmosfera sono causa di numerosi effetti per la vegetazione. Tra questi: lesioni visibili sulle foglie, riduzione della crescita, e una sensibilità alterata a stress biotici ed abiotici. Si può concludere che l’aumento della concentrazione di ozono non solo ha un effetto negativo sulla produzione di legno (sono riportati decrementi fino al 10%). Tuttavia può anche portare ad avere condizioni ecologiche instabili, che possono tradursi in una minore capacità adattativa a nuovi stress nel futuro. Così, effetti a lungo termine possono indebolire la funzione degli ecosistemi forestali.

IPLA danni da ozono

E minare il loro ruolo nel bilancio idrico ed energetico, nella protezione del suolo contro l’erosione e nella copertura vegetazionale nelle aree aride. Alcuni tra gli impatti più incisivi sulle comunità di piante possono consistere in un cambiamento della composizione delle specie, in una diminuzione della biodiversità e in un cambiamento della composizione genetica, in particolare perché il Sud Europa possiede un gran numero di specie di piante endemiche.

IPLA monitora i danni da ozono

Il monitoraggio dei danni da ozono sulla vegetazione realizzato da IPLA rientra nel progetto Interreg Mitimpact, finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Interreg Alcotra. Si tratta del quinto progetto che a partire dagli anni 2000 ha visto collaborare l’Istituto con l’ARPA Piemonte, il CNR e i partners francesi di GIEFS e GeographR. Il progetto si propone di quantificare i danni da ozono sulle foreste, di definire soglie di concentrazione del gas sostenibili e di proporre strategie per limitare e attenuare gli effetti. In Italia i rilievi, nell’ambito di 21 siti di monitoraggio collocati nei comuni di Demonte, Pontechianale e Pietraporzio in Provincia di Cuneo, hanno riguardato tre specie forestali target.

IPLA danni da ozono

Nello specifico faggio, pino cembro e pino silvestre. Il monitoraggio è stato effettuato per due anni consecutivi tra il 2018 e il 2019.  nel periodo compreso tra metà agosto e metà settembre, ha comportato l’analisi al microscopio di oltre 5000 foglie di faggio e di 31500 aghi di pino. Particolarmente elevato è risultato il danno su faggio mentre sui pini non si è evidenziato con altrettanta intensità. Tra le misure di mitigazione vi è sicuramente la riduzione dei gas inquinanti cosiddetti “precursori”. C’è anche la possibilità di attuare strategie di adattamento in particolare nella gestione forestale, favorendo le specie meno sensibili e più adatte ad affrontare un clima che in futuro sarà sempre più caldo e arido.

Gli alberi monumentali del Piemonte, tra storia e natura

Gli alberi monumentali della nostra regione hanno una storia affascinante. Articolo a cura di IPLA.

Gli alberi monumentali hanno uno straordinario valore naturalistico, storico e culturale. Rappresentano un collegamento con il passato, a volte anche con un passato remoto e sono ormai anche una risorsa dal punto di vista dell’interesse turistico.
La Regione Piemonte, grazie al lavoro dell’IPLA, è all’avanguardia su questo tema, tanto che ad oggi sono stati individuati e censiti 220 esemplari appartenenti a ben 71 specie diverse, delle quali 41 autoctone piemontesi, 28 esotiche e 2 non autoctone della nostra Regione ancorché facenti parte della flora tipica italiana.

Questi giganti, testimoni del passato, hanno le loro radici in 123 Comuni, situati prevalentemente nei territori torinese (46), cuneese (29), alessandrino (17) e del VCO (13). Torino ha ben 13 alberi e gruppi di alberi (di cui sei collocati nel Parco del Valentino); seguono con 5: Acqui Terme, San Secondo di Pinerolo (Parco del Castello di Miradolo) e Stresa; poi, con 4: Biella, Cavallermaggiore, Valdieri (Parco naturale Alpi Marittime), Campiglione Fenile e Castagneto Po. Ecco tre rappresentanti di questo prestigioso elenco.

Alberi monumentali in città? Il Platano della Tesoriera

Questo matusalemme della capitale sabauda, è con ogni probabilità l’albero più vecchio di tutta la città. Nato nel XVIII° secolo, è chiamato amichevolmente “Il Nonno” dai frequentatori del Parco. Come recita la scheda a lui dedicata dal Comune di Torino: “Si staglia in tutta la maestosità dei suoi 25 metri di altezza nel lato del Parco della Tesoriera che dà verso il corso Francia, e sembra vigilare con solerzia la villa che un tempo fu residenza del tesoriere dei Savoia”.

Il Larice di Pietraporzio

Siamo in provincia di Cuneo. Considerate le dimensioni raggiunte e le caratteristiche della stazione che lo ospita si stima che l’albero possa vantare un’età di almeno 650 anni. Senza dubbio si tratta di un esemplare da secoli ben noto e presente nella memoria popolare del luogo e da molto tempo utilizzato come punto di orientamento per montanari ed escursionisti che affrontano la montagna in giornate di nebbia.

alberi monumentali larice

Il Tiglio di Macugnaga

In provincia di Verbania, invece, i quasi 8 metri di circonferenza del fusto sono la testimonianza migliore della sua veneranda età. Si stima che abbia circa 500 anni. La sua circonferenza ne legittima ampiamente il riferimento simbolico aggregante delle tradizioni e della cultura Walser della Comunità. Un albero che come pochi altri suscita fascino e mistero, un gigante verde ricco di sacralità e di leggende. Tra queste si può rammentare quella dei “Gutwiarghini”, i “buoni lavoratori” della tradizione Walser che abitavano tra le sue fronde e, con rigore e meticolosità, distribuivano alla popolazione preziosi consigli. Avevano però i piedi rivolti all’indietro e un giorno, venendo uno di loro sbeffeggiato per quel difetto fisico, scomparvero per sempre.

alberi monumentali tiglio

Questi esemplari, alcuni dei quali vivono in prestigiosi parchi pubblici e privati ed altri sono cresciuti in libertà nei nostri boschi, sono elementi del paesaggio da preservare e curare con attenzione e impegno.
Chi fosse a conoscenza di nuovi candidati da inserire nell’elenco può effettuare la segnalazione alla mail: alberi.monumentali@ipla.org.
Per saperne di più potete visitare questa pagina.

Lupi alle porte di Torino, bisogna preoccuparsi?

Articolo a cura di IPLA, Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente

Sono diverse le segnalazioni di lupi che si avvicinano ai centri abitati. Ma sono un pericolo per l’uomo? 

Proprio all’interno della tenuta che ospita la sede dell’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente (IPLA SpA), sui bassi versanti della collina di Superga che si affacciano su Corso Casale, al confine tra i comuni di Torino e San Mauro, hanno probabilmente fatto capolino i lupi. Segnalazioni del predatore erano già state fatte nel recente passato sulla collina di Torino, ma decisamente più a nord: nei pressi di Castelnuovo Don Bosco, Casalborgone, Marentino. Questa volta a fare le spese del carnivoro sono stati un vitellino appena nato (presumibilmente venuto alla luce con gravi problemi di salute) e un cinghialetto. Il vitellino della razza Angus faceva parte della piccola mandria bovina che l’IPLA gestisce al fine del mantenimento in salute dei 10 ettari di prati stabili, quasi gli unici ormai rimasti su questi territori ormai completamente coperti dal bosco.

È opera dei lupi?

Di questi ritrovamenti e delle verifiche per comprendere se le predazioni siano effettivamente opera del lupo se ne stanno occupando in molti, dai veterinari dell’ASL ai referenti del Parco di Superga, dai funzionari della Città metropolitana di Torino a quelli della Regione Piemonte, fino al Centro grandi carnivori della Regione.
Nell’immaginario collettivo il lupo evoca da sempre grandi contrasti tra chi pretende assoluta protezione dell’animale e chi richiede una limitazione del numero per i danni che può arrecare. In Italia, dagli Appennini dai quali è risalito fino alle nostre regioni settentrionali, è presente una sottospecie, il cosiddetto lupo appenninico (Canis lupus italicus) che è quello che troviamo in particolare nelle regioni di nord-ovest: Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta.
A discapito dei tanti allarmi che vengono lanciati, in realtà il rischio nei confronti dell’uomo sostanzialmente non esiste. Esiste invece la possibilità che il lupo attacchi bestiame cercando di colpire gli animali più piccoli e più deboli, proprio come accaduto all’IPLA. Teniamo conto che un singolo esemplare può cacciare in un territorio di 100 chilometri quadrati, superfici immense che descrivono bene la capacità di questa specie di percorrere molte decine di chilometri ogni giorno in cerca di fortuna e di cibo. In questo caso la soluzione sta nel proteggere il bestiame chiudendolo in ripari o nelle stalle di notte (è proprio di notte che il lupo agisce con maggiore frequenza) o con reti specifiche elettrificate, definite appunto “antilupo”.

Ci sono specie che creano molti più danni

Da alcuni decenni la nostra regione e il nostro Paese hanno visto crescere le superfici a bosco con un incremento molto importante di presenza degli ungulati (caprioli, cervi e cinghiali). Queste specie, quando presenti in numero molto rilevante, creano infinitamente più danni del lupo, in particolare all’agricoltura. La presenza di un carnivoro limita la presenza degli ungulati tendendo ad un equilibrio dinamico delle popolazioni. È proprio l’equilibrio che dobbiamo preservare, trovando il modo migliore di convivere con queste specie. Evitando che le stesse provochino danni alle attività dell’uomo.

Tutti pazzi per i prodotti tipici, ma comincia tutto dal suolo

A cura di IPLA, Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente

La ricerca dei “prodotti tipici” aumenta tra i consumatori consapevoli. Ma in pochi sanno che è il suolo a rendere un prodotto “tipico”.  

Sempre più spesso i consumatori, e a ragione, danno importanza alla qualità e alla provenienza di ciò che mettono in tavola. E mai come oggi ci sono i cosiddetti consumatori “consapevoli”. I più attenti vogliono conoscere la filiera di produzione, dove e quando è avvenuta la raccolta di determinati prodotti e quali sono le loro principali caratteristiche organolettiche.

Prodotti tipici? Tutto comincia dal suolo

Le sigle DOC, DOP, DOCG, PAT, sono sempre più di dominio comune. Ed è aumentata l’attenzione nella ricerca del prodotto “di nicchia”, magari con caratteristiche specifiche e proveniente da un determinato territorio.

Eppure, nonostante l’attenzione che il consumatore più attento mette nella ricerca di prodotti che soddisfino specifici requisiti, quel che manca ancora è la consapevolezza che ogni prodotto agricolo (e ogni suo derivato) ha quelle caratteristiche perché cresce su un suolo con proprietà uniche e irripetibili. 

Infatti ogni suolo, in base alle sue caratteristiche chimico-fisiche, è in grado di favorire la produzione di specifiche colture determinandone i caratteri distintivi che le contraddistinguono nel paniere dei prodotti agroalimentari di qualità.

IPLA ha realizzato la Carta d’identità dei suoli

Con questi obiettivi abbiamo realizzato e pubblicato in anteprima le Carte d’identità dei suoli d’origine dei prodotti tipici del Piemonte. Un progetto, finanziato dalla stessa Regione Piemonte, che si propone di promuovere la conoscenza dei suoli regionali e delle loro peculiari caratteristiche in relazione alla loro specifica capacità di fornire prodotti agricoli di eccellenza. 

La diffusione di queste Carte d’identità dei suoli ha lo scopo di promuovere la conoscenza del consumatore riguardo alla risorsa suolo e alla consapevolezza della sua fragilità. Il suolo, infatti, è un bene che si rinnova in tempi molto lunghi ed è soggetto a numerose minacce: erosione, diminuzione della sostanza organica, cementificazione. In particolare, nelle aree di pianura a maggiore vocazione agricola, dove si concentrano i suoli più produttivi, è più intenso il consumo di suolo che riduce drasticamente le superfici che possono essere utilizzate per agricoltura di qualità. 

Come funziona la Carta d’identità dei suoli?

Le carte d’identità sono strutturate sulla falsa riga delle carte d’identità di ogni cittadino: descrivono l’origine dei sedimenti che hanno dato origine al suolo, la diffusione in ambito regionale, le attitudini produttive, le minacce a cui il suolo è sottoposto e alcuni segni particolari che lo rendono riconoscibile dagli altri. E si può trovare una fotografia del “profilo di suolo”, l’età e il nome. 

Un appello per proteggere il suolo

Sull’ultima pagina della carta d’identità è pubblicato un Manifesto per la protezione del suolo. Al suo interno si legge: “I suoli sostengono le produzioni agrarie, pastorali e forestali e sono la base per garantire a tutti una alimentazione sana. Distruggere i suoli significa distruggere una parte di noi stessi. Ogni prodotto che acquistiamo ha una storia che comincia da un suolo; ciascun suolo ha sue specifiche caratteristiche e attitudini produttive, da valorizzare e preservare. Conoscere i suoli e le funzioni che essi svolgono è lo strumento per far crescere la cultura di un utilizzo sostenibile delle risorse. I suoli filtrano gli inquinanti, accumulano acqua nelle falde, riducono l’anidride carbonica in atmosfera, ospitano e danno da mangiare a milioni di organismi viventi”.

Qui potete trovare Carte di identità dei suoli di origine dei prodotti tipici fino ad ora pubblicate.

L’IPLA festeggia i suoi 40 anni di ricerca

13 dicembre 1979 – 13 dicembre 2019: l’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente – IPLA SpA – compie 40 anni.

L’Istituto, che è una delle società partecipate più antiche della Regione Piemonte, svolge molteplici attività di ricerca applicata, sperimentazione e gestione, su mandato della Regione Piemonte ma opera anche sul mercato privato e con finanziamenti europei. Da 40 anni IPLA rappresenta uno strumento tecnico-scientifico a supporto delle politiche di tutela, pianificazione, sviluppo e valorizzazione del patrimonio forestale, ambientale e naturalistico, in particolare nelle aree protette. Le proprie conoscenze e competenze sono messe al servizio del razionale utilizzo delle risorse primarie, per valorizzare le funzioni del bosco e salvaguardare la biodiversità.

Di cosa si occupa l’IPLA?

IPLA sviluppa e sostiene la filiera del legno e supporta le imprese forestali; valorizza gli alberi fuori foresta, verifica e monitora gli alberi monumentali e si occupa di formazione specialistica in ambito forestale. Opera nei campi dello studio, della salvaguardia e della gestione del territorio, con particolare riguardo al monitoraggio degli effetti delle misure ambientali contenute nel Programma di Sviluppo Rurale. L’I.P.L.A. è il Servizio dei suoli della Regione Piemonte: si occupa del rilevamento, della cartografia, dell’analisi e della protezione dei suoli, nonché dell’interpretazione dei dati pedologici. Attua azioni volte a contrastare le principali patologie ambientali (lotta agli insetti nocivi), a protezione dell’agricoltura, degli animali, delle foreste e dell’uomo. Attua progetti di valorizzazione della rete sentieristica regionale. Svolge attività di ricerca applicata nell’ambito del contrasto al cambiamento climatico. Attua inoltre azioni di sperimentazione e gestione nel campo del ciclo virtuoso dei rifiuti.

40 anni d’attività

40 anni di attività, un traguardo davvero importante. Dopo anni difficili IPLA oggi rappresenta un esempio di gestione, per quanto riguarda la trasparenza, l’efficienza e i propri conti in ordine. In occasione di questa giornata sono stati realizzati tre brevi video divulgativi, che ripercorrono in sintesi le attività di campo, che sono il cuore del business dell’IPLA. I video sono da oggi disponibili sulla pagina facebook ufficiale dell’Istituto. La salvaguardia e la valorizzazione dell’ambiente e del territorio, di cui si parla sempre di più, non possono fermarsi alle sole dichiarazioni ma comportano impegno, passione e lavoro costante”.