Il presidente di Cia Piemonte Gabriele Carenini: «Al tavolo regionale prevalga il senso di responsabilità»

LATTE: QUANDO LA QUALITA’ E’ UGUALE MA IL PREZZO E’ DIFFERENTE

Il sistema di indicizzazione introdotto in Piemonte nel 2011, basato sull’andamento del mercato dei principali prodotti lattiero-caseari e dei fattori di produzione, consentiva di definire il prezzo del latte in maniera automatica ed in rapporto alle dinamiche del mercato, ma già a partire dalla metà del 2012 il sistema è stato di fatto abbandonato. I produttori da quel momento sono stati costretti a subire le decisioni prese unilateralmente dagli industriali trasformatori, relative sia al prezzo base del latte alla stalla, sia alle tabelle qualità.  In Piemonte le tabelle qualità sono ormai una decina. Latti qualitativamente identici vengono pagati in modo differente. La situazione é oggettivamente insostenibile e la questione é stata sollevata più volte al Tavolo regionale del latte dalla Cia del Piemonte e dalle altre organizzazioni senza ottenere risposte soddisfacenti dalla parte industriale. Valorizzare il lavoro degli allevatori, riconoscendo un prezzo equo al latte alla stalla e tabelle uniformi é nell’interesse di tutta la filiera. Altrimenti si corre il rischio che la produzione entri in crisi e se questo succede prima o poi tutto il comparto lattiero-caseario ne pagherà le conseguenze. Il nostro auspicio è che, messe da parte le polemiche di questi giorni, si ripristini un clima di fattiva collaborazione tra tutti gli attori della filiera per poter discutere seriamente non solo di prezzo del latte e di come rendere uniformi le tabelle qualità su tutto il territorio regionale, ma anche di progetti di sviluppo del comparto, per continuare a garantire ai consumatori un latte e dei prodotti lattiero-caseari di grande qualità. Il settore vive una fase delicata ed é necessario che tutti gli attori della filiera del latte dimostrino senso di responsabilità.

Gabriele Carenini – Presidente Cia Piemonte

***

La produzione lattiera piemontese si è stabilizzata negli ultimi anni intorno ai 10 milioni di quintali/campagna (circa il 10% del latte italiano) a fronte della sensibile riduzione del numero degli allevamenti, meno di 2.000 unità, effetto di un continuo processo di concentrazione e ristrutturazione. Una frazione importante delle aziende, circa il 30%, si colloca nelle aree di montagna, prevalentemente collegata a produzioni casearie tipiche. Il settore rappresenta oltre il 10% del valore della produzione agricola regionale.