IL LIBRO

Da Testa di ferro a Napoleone tutti i ponti e i mulini sul Po

Abbiamo riletto un interessante volume di Elo Seminara e Giuli Hal

Emanuele Filiberto di Savoia non fu solo fu solo “Testa di Ferro”, il duca sabaudo che riconquistò i suoi territori sconfiggendo, alla guida delle truppe spagnole, a San Quintino nelle Fiandre i francesi, ponendo così le basi della pace di Cateau Chambresis del 1559.

E non è ricordato come colui che trasferì, il 7 febbraio 1563 a capitale da Chambery a Torino. Ma è anche colui che, primo tra i Savoia, andò in visita di Stato alla Serenissima.

E nel 1774 il tragitto venne effettuato tutto lungo il corso del Po, da Torino a Venezia, con andata e ritorno in due mesi lungo la via che, all’epoca, era considerata la più agevole e sicura. Questo viaggio è stato, ai giorni nostri, anche punto di partenza per un interessante ed accurata ricerca d’archivio sul fiume Po di due storici. Elio Seminara e Giuli Hal in “Il fiume a Verrua: porti, pesca,  ponti e mulini  natanti 1750 – 1900” analizzano i porti, la pesca,  i ponti ed i mulini natanti sul grande fiume arrivano ad un progetto  di Napoleone (un’altra influenza del passaggio del grande generale corso nei territori subalpini) che non fu mai realizzato ma che sicuramente avrebbe fortemente condizionato lo sviluppo economico del Piemonte.

 

Massimo Iaretti

Donne toste: Milena di Praga

MILENAEra una donna istruita, determinata, di bell’aspetto, piena di quell’entusiasmo che ne accompagnerà tutta la vita. Curiosa, intelligente, ribelle, aperta al mondo e generosa, ma spesso sola

 

Donatella Sasso, brillante ricercatrice storica presso l’istituto Salvemini di Torino, con il suo libro “Milena. La terribile ragazza di Praga” (Effatà Editrice, 2014. Collana Donne toste ), consegna ai lettori la storia di una donna straordinaria. Milena Jesenskà, giornalista e scrittrice di talento, stimata dallo stesso Kafka (che di lei s’innamorò), brillante e generosa, figlia di una famiglia benestante praghese (padre chirurgo dentale), sposata con Ernst Pollak, un illustre letterato e critico ebreo. Di Milena, Donatella Sasso traccia un ritratto dalle tinte calde, emozionante, senza omettere le contraddizioni o nascondere gli angoli più discutibili, di una persona dal carattere volitivo, sorretta da un’intelligenza ironica e da un innato talento per la scrittura. “Milena di Praga”, così era solita presentarsi la Jesenskà che era nata a Praga nel 1896, crescendo in una bella casa nei pressi di piazza Venceslao, nel tempo in cui la capitale della Boemia voleva darsi un’immagine europea e competere in bellezza con Vienna. Milena era una donna istruita, determinata, di bell’aspetto, piena di quell’entusiasmo che ne accompagnerà tutta la vita. Curiosa, intelligente, ribelle, aperta al mondo e generosa, ma spesso sola, nella vita e nelle sue tribolazioni così come nei legami d’amore complessi e difficili, come quello con Franz Kafka. Tra gli uomini della sua vita, Franz Kafka (lei lo chiamava Frank) di cui  tradusse alcune opere in ceco, che egli, ebreo di lingua tedesca, conosceva solo oralmente, le scrisse, manifestando questo suo sentimento complesso e tortuoso  :” Siccome amo te […] amo il mondo intero“, ma anche: “amore è il fatto che tu sei il coltello col quale frugo dentro me stesso“. Da Praga a Vienna e ritorno a Praga, Milena, giornalista e traduttrice affrontò notevoli ristrettezze economiche adeguandosi anche ai lavori più umili, lottando contro le ingiustizie, le disuguaglianze sociali e la persecuzione degli ebrei. Una donna che seppe alzare la testa volgendo il suo sguardo verso le persone che soffrivano e proprio la sua volontà ad occuparsene la rese invisa ai nazisti. La sua vita si concluse nel campo di concentramento di Ravensbruck, a 90 chilometri a  nord di Berlino, il 17 maggio del 1944. Nel Giardino dei Giusti, a Gerusalemme, un albero porta il suo nome e conserva la memoria della sua generosità.

Marco Travaglini

Quando Porta Pila aveva un re

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Uno di quei personaggi che non potrebbero più esistere perché non potrebbe più esistere la Torino di una volta. Lui era “Maurizio”, il Maciste di Porta Pila (vero nome Gioacchino Marletta, siciliano di origine). Rispetto alle migliaia di altri meridionali giunti in città negli anni ’60, Maciste non cercava un lavoro fisso: la sua attività consisteva nell’intrattenere grandi e piccini, ogni domenica mattina, al mercato di Porta Palazzo. Sollevava una pietra enorme, oppure spezzava con le mani una catena di ferro. Una vita di stenti, ma con la impagabile soddisfazione di non avere padroni e di potersi fregiare del titolo di Re di Porta Pila., Il libro è una interessante e documentata ricostruzione storica che fa assaporare atmosfere di tempi perduti. (foto da: scopriportapalazzo.com)

“Il Maciste di Porta Pila. Storie di immigrati e del «re» Maurizio”. Di Andrea Biscaro, Neos Edizioni.

Storia della “terra degli slavi del sud”

Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti

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Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti. Cronaca postuma di un’utopia assassinata e delle guerre fratricide”. Così s’intitola il bel libro scritto da  Bruno Maran, fotoreporter di Stampa Alternativa che ha firmato importanti reportage dalle zone più “calde” del pianeta, e pubblicato da Infinito Edizioni con  prefazione di Riccardo Noury e un’importante introduzione dello scrittore Luca Leone. La Jugoslavia – che dopo la prima guerra mondiale si chiamava Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, poi Regno di Jugoslavia – è stata un’originalissima esperienza socialista e federale per oltre quarant’anni, dal 1945 al 1991. Il Paese, composto da sei repubbliche  e due  province autonome – nell’ordine: Croazia, Slovenia, Serbia, Montenegro, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia, Kosovo, Vojvodina -, dopo esser passato attraverso una tremenda guerra di liberazione dagli invasori nazi-fascisti, che provocò molti lutti e sparse rancori mai sopiti,  venne così delineato da Josip Broz Tito e da Edvard Kardelj, il teorico e costituzionalista sloveno.  La “terra degli slavi del sud” si basava sulla politica della Fratellanza e Unità (Bratsvo i Jedinstvo) fra i diversi popoli jugoslavi, garantendo a ciascuno, comprese le minoranze nazionali, dignità, autonomia decisionale e rappresentatività istituzionale. Tito era infatti riuscito a bilanciare le rappresentanze etniche e a placare antichi odi in un equilibrio che appariva stabile, grazie probabilmente anche al “cemento” dell’ideologia socialista rinnovata in chiave antistalinista e per alcuni versi filo-occidentale. L’originalità del progetto jugoslavo iniziò il suo declino nei primi anni ottanta, con la morte del maresciallo Tito.

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Nel 1991 scoppiò la guerra, che portò nell’Europa della fine del XX secolo i crimini contro l’umanità, lo stupro etnico, il genocidio, l’urbicidio, la fuga di milioni di profughi, per concludersi con una pace ingessata, cui è seguita una guerra “umanitaria”. Questa è la storia di quel Paese, anno per anno, giorno per giorno. Un lavoro paziente, di ricerca, con il quale Maran ha realizzato un libro per alcuni versi  fondamentale per chi vuol conoscere questa parte della storia europea contemporanea, dove – secondo i più – è iniziato ed è finito  nel sangue il “secolo breve”. Un libro di storia, dunque. Da leggere, come meritano i libri, con calma.  “Questo libro ci aiuta a comprendere il presente facendoci conoscere settant’anni e più di passato e ci consente di immaginare, o quanto meno, di auspicare, un futuro possibile”, ha scritto  Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. “Un futuro che, per quanto mi riguarda, deve comprendere, perché sia tale, due concetti fondamentali: giustiziaTITO JUGO MARAN e diritti”. Temi ricorrenti, spesso violati, a volte dimenticati che si accompagnano al bisogno di ricostruire storie e vicende partendo dai fatti.   “La lettura del lavoro di Maran dimostra come gli eventi tragici verificatisi nei Balcani non affondino le loro ragioni in un atavismo tribale, bensì in “semplici” e fin troppo evidenti scontri tra gruppi di potere interni allo spazio jugoslavo e sostenuti da potenti alleati stranieri”, sottolinea Luca Leone, autore dei più importanti libri sulla Bosnia. Che aggiunge come “a restare stritolati, sfregiati, dilaniati, alla fine sono sempre i popoli, la giustizia e la verità”.  Soprattutto in questi paesi dove la storia è passata come un vento impetuoso nel corso dei secoli, tanto da far dire a Winston Churchillche “gli spazi balcanici contengono più storia di quanta ne possano consumare”.

Marco Travaglini

“Per l’onore dell’Irlanda"

gulisano irlandaPaolo Gulisano è milanese di nascita ma grandissima parte della sua vita l’ha trascorsa a Lecco dove vive tuttora. E’ medico   ma affianca da anni un impegno culturale come saggista e scrittore. E in questo campo è considerato come il maggiore conoscitore italiano di Tolkien ed è fortemente legato all’Irlanda cui ha dedicato diverse opere. L’ultima, edita quest’anno per i tipi della casa editrice “Il Cerchio” è “Per l’onore dell’Irlanda. L’insurrezione irlandese del 1916” che venne repressa nel sangue dall’esercito britannico. La sua recente presenza a Casale Monferrato, nel corso della quale ha presentato il libro (già esaurita la prima edizione) e incontrato i ragazzi dell’Istituto Superiore Sobrero è stata occasione per approfondire l’argoento dell’Isola di Smeraldo, che – tra l’altro – è argomenti dei romanzi di un’altra scrittrice emergente piemontese, Maura Maffei.

Quando nasce il suo interesse per l’Irlanda ?

Intorno ai vent’anni. Iniziai a leggere tutto quello che c’era in Italia sull’Irlanda, anche i libri che c’erano alla libreria inglese di Milano. Poi a ventiquattro anno, nel 1983 ci andai per la prima volta con la paura di rimanerne disilluso, La realtà, però, superò i sogni. L’Irlanda è un patrimonio dell’umanità.

Che cosa l’ha colpita di più ?

Gli aspetti storici, l’importanza della religione, anche quella pre – cristiana, antecedente l’evangelizzazione di San Patrizio, la passonalità nel vivere il cristianesimo, un cristianesimo senza sconti, degli irlandesi.

La radice cristiana del “Sacro suolo d’Irlanda” si sente ancora oggi ?

Il benessere ha portato, certamente, la secolarizzazione. Oggi di cono due Irlande, una è quella di Dublino, una città cosmopolita, l’altra è quella profonda, rurale, dove la gente continua ad andare a Messa e permane una religiosità forte che è stata a lungo perseguitata nel corso dei secoli.

Il rapporto tra gli irlandesi e gli inglesi com’è ?

Non va dimenticato che l’Irlanda è stata sotto il dominio inglese per sette secoli. Oggi, però, le cose sono cambiate, a cento anni dalla rivolta di Pasqua. La maggior parte dei turisti che vengono in Irlanda sono inglesi che possono muoversi senza problemi ovunque.

Questo vale anche per l’Irlanda del Nord ?

Lì c’è stato un conflitto coloniale, con la presenza di una parte di popolazione britannica importata in quelle contee, coloro che sono stati chiamati “Lealisti” per la loro fedeltà alla Corona britannica. Pertanto l’impressione è che a Belfast il fuoco arda ancora sotto la brace e che l’Accordo di Venerdì Santo del 1998 sia una lunga tregua

Veniamo alla Pasqua del 1916 ed a quanto venne dopo. Lei è per Eamon De Valera o per Michael Collins ?

De Valera sicuramente. E’ stato uno dei grandi protagonisti della storia d’Irlanda. Gli venne imputato di aver voluto un’Irlanda cattolica, bigotta, arretrata, cercò invece di introdurre e divulgare attraverso il Fianna Fail la dottrina sociale della Chiesa. Collins nel 1916 era ancora giovane, ciò non toglie che avesse doti di stratega militare. De Valera è stato oggetto di attacchi da parte di una tendenza secolarizzatrice.

Siamo in Piemonte e con noi c’è un’altra scrittrice che si occupa di Irlanda da sempre, Maura Maffei. Come è nata la vostra conoscenza ?

Erano i primi anni Novanta e collaboravo con una casa editrice, la Marna, come consulente. L’editore mi disse di avere un scritto da sottoporre al mio giudizio. Era “Il Traditore” (il romanzo ambientato nell’Irlanda medievale con il quale Maffei ha debuttato come autore), l’ho letto e ho detto che era da pubblicare, ad una sola condizione, che scrivessi io la prefazione. E così è stato.

Occorre a questo punto chiedersi se vi sono legami altrettanto profondi tra la verde Irlanda ed il profondo Piemonte, soprattutto nella sua area collinare e pianeggiante. Ma questo sarà oggetto di un’altra riflessione.

Massimo Iaretti
 
 
 
 
 
 
 

“Allenarsi per il futuro”: che lavoro farete da grandi?

lavoro goriaChe lavoro farete da grandi? In un mondo che cambia velocissimo è difficile dirlo, ma il libro “Allenarsi per il futuro” (Rubettino editore) può essere un bel punto di partenza per avere idee più chiare. Gli autori, Stefano Cianciotta e Pietro Paganini, mettono a fuoco idee e strumenti per il lavoro che verrà, nel testo tenuto a battesimo dall’Agenzia Piemonte Lavoro e presentato al Salone del libro di Torino.

E lo fanno con cognizione di causa. Stefano Cianciotta è infatti editorialista ed opinionista economico, docente di Comunicazione di crisi all’Università di Teramo; mentre Pietro Paganini è professore aggiunto alla John Cabot University in Business Administration e consulente di imprese ed istituzioni sui temi dell’innovazione e delle politiche per lo sviluppo.

lavoro lauraL’agile volume analizza le trasformazioni subite, e ancora in divenire, del mercato del lavoro e fa alcune ipotesi sulle competenze che saranno sempre più strategiche e richieste nel futuro prossimo. E qui c’è una prima nota dolente: la scuola non le ha ancora colte appieno ed è proprio da lì che bisogna partire. Quindi urge riconsiderare i modelli didattici e pedagogici fin’ora adottati e, nelle scuole italiane, si deve iniziare a parlare maggiormente di business ed imprenditorialità.

L’insegnamento va poi ristrutturato intorno a 3 attitudini da tenere ben presenti: perché in futuro sarà fondamentale essere sempre più curiosi, creativi ed intraprendenti. Tre qualità senza le quali non si andrà da nessuna parte. Allora vai con il restyling della scuola, a partire dai docenti che dovranno avere anche le funzioni di coordinatori, guide e motivatori. Poi aule concepite in modo completamente diverso, con classi non più disposte in modo frontale, ma all’insegna della sperimentazione e della collaborazione.

In estrema sintesi, la scuola deve diventare il luogo per eccellenza in cui scoprire, provare a risolvere problemi, sbagliare ma imparare a rialzarsi. Dovrà essere vissuta maggiormente come palestra in cui giocare, allenarsi e prepararsi, perché è lì che si inventeranno le professioni di un futuro che è già dietro l’angolo.

Laura Goria

 
 

“La fragilità della farfalla”

LIBRO SALONE

Ambientato nell’Irlanda settecentesca delle leggi penali

La scrittrice casalese Maura Maffei presenta venerdì 8 aprile alle ore 21, alla libreria Belgravia in via Vicoforte a Torino, il libro “La fragilità della farfalla” scritto con Ronan O Lorcain, L’autrice dialogherà con la saggista Silvia Scaranari Introvigne. Il romanzo, uscito pochi mesi fa per i tipi di 45° Parallelo è ambientato nell’Irlanda settecentesca delle leggi penali.

Massimo Iaretti

 

"Gli occhi dell'inferno"

TATOLIBRO2TATOLIBROE’ dalla penna di Fabio Santoro, avvocato, classe 1984 napoletano  di nascita, e londinese d’adozione, che prendono vita le avventure di Paolo Mori. Fabio Santoro, gia’ autore della “Bara Vuota” , ha scelto cosi’ di far proseguire le vicende del suo protagonista ne ” Gli occhi dell’inferno” edito da golem Edizioni, e di dedicare un sito internet  www.paolomori.com, a questo personaggio, un modo per dargli letteralmente vita

Londra, ore 4:17 del mattino: l’ispettore Crowe viene svegliato da una telefonata. E’ il detective Julie Pitt, bella, bionda, ma sopratutto una delle detective piu’ promettenti di tutta Scotland Yard. ” Sua Maesta’ ” e’ tornato a colpire. Cosi e’ stato ribattezzato il  killer che da anni oramai, non da pace agli esperti di investigazione, per via della corona di sangue che disegna sul muro piu’ vicino alla sua vittima. La numero 22, Isabelle Mc Shane. Suo padre, Sir Ian Mc Shane, siede alla camera dei Lord.  Questa scia di sangue, dopo anni di indagini, non ha ancora nessun punto da cui partire, fino a che l’Ispettore Capo Ben Crowe, si imbatte in un conoscenza di vecchia data: Paolo Mori. L’avvocato partenopeo, approdato nella capitale inglese per una conferenza universitaria, destando il malcontento della storica fidanzata Rosa, si trovera’ inevitabilmente coinvolto in un’ indagine mortale e impossibile. Dopo gli eventi della ” Bara vuota” infatti, Mori ha cercato di ricostruirsi una vita tranquilla , lontano da situazioni pericolose. Ma ” spesso cio’ che e’ avulso dal quotidiano e’ vicino alla propria natura” consapevole del bene, ma affascinata dal male quella di Mori, lo portera’ in prima fila nelle indagini per catturare un mostro pronto a colpire di nuovo. E forse proprio Rosa potrebbe essere la nuova vittima.

TATOLIBRO 4E’ dalla penna di Fabio Santoro, avvocato, classe 1984 napoletano  di nascita, e londinese d’adozione, che prendono vita le avventure di Paolo Mori. Fabio Santoro, gia’ autore della “Bara Vuota” , ha scelto cosi’ di far proseguire le vicende del suo protagonista ne ” Gli occhi dell’inferno” edito da golem Edizioni, e di dedicare un sito internet ,www.paolomori.com, a questo personaggio, un modo per dargli letteralmente vita, svelando tratti di una  personalita’ intrigante, per coinvolgere ed appassionare sempre di più il lettore alle indagini. Il Torinese ha intervistato l’autore per farsi svelare alcune curiosita’ che si celano dietro ai racconti e alle ambientazioni.

Fabio, quanto c’e di autobiografico del personaggio di Paolo Mori, oltre alle origini e alla formazione professionale e qual e’ l’aspetto caratteriale che piu’ ti affascina di questo protagonista? 

Ovviamente quando ho pensato a Paolo Mori, quando l’ho immaginato agire all’interno delle storie che gli ho creato intorno, non ho potuto fare a meno di fare un parallelo con me stesso. In fondo veniamo entrambi dallo stesso passato professionale e abbiamo molti lati caratteriali in comune. Per quanto riguarda gli eventi nei quali si trova coinvolto è tutt’altra storia. La mia vita fortunatamente non ha mai avuto frangenti così rischiosi come i suoi e mi auguro che non li avrà mai. Credo che scrivere o leggere alcuni tipi di storie sia assai più facile che viverle in prima persona. Quello che mi piace del mio personaggio è la sua capacità di distaccarsi da ciò che lo circonda ma sempre e solo con spirito razionale. Riuscire a capire le emozioni rivestendole di logica. Vedere ed accettare il mondo per quello che è ma viverlo comunque con leggerezza e buonumore.  Ma è solo la mia opinione.

 Gli occhi dell’inferno è la tua seconda fatica letteraria e, così come il primo, è un thriller. Perchè, tra tanti generi, proprio questo?

 

Credo che ogni scrittore si lasci guidare da quello che ama di più come lettore. Sono convinto che se fossi stato un amante del fantasy avrei scritto prevalentemente di quel genere. Io ho amo il thriller, il giallo e il noir praticamente da sempre. Tuttavia ogni opera letteraria, almeno per quanto mi riguarda, parte da una storia che si ha in mente e che si desidera raccontare. Che rientri in un genere o in un altro è da rimandare solo alla storia stessa. Dubito che un qualsiasi autore faccia una scelta mirata del genere letterario dell’opera. 

Credi pero’, come autore ,che ci sia una difficolta’ maggiore nello scrivere un thriller  rispetto ad altri generi? 

Tutti i romanzi hanno una loro difficoltà intrinseca. Il thriller può risultare arduo se non si riesce a dare una giusta e concreta spiegazione a tutto quello che avviene nel romanzo. Ogni avvenimento deve essere ben collegato e strutturato all’interno di una trama unitaria. Almeno questo è quello che credo io.

       

Perchè hai ambientato questo secondo romanzo a Londra? In un periodo storico in cui così tanti giovani come te si recano all’estero in cerca di lavoro lo hai usato come espediente per unire ad un romanzo ricco di suspense anche uno spaccato di una  realtà che hai vissuto in prima persona?

 

Sostanzialmente si. Io vivevo a Napoli quando ho scritto il primo romanzo e ho scritto Gli occhi dell’inferno quando mi sono trasferito a Londra. A differenza di molti altri io non ho lasciato l’Italia esclusivamente per ragioni lavorative. Ho sempre amato l’Inghilterra e desideravo viverci, anche solo per un periodo. Ciò detto Londra è una città meravigliosa e carica di quel fascino che la rende adatta ad essere teatro di un thriller come Gli occhi dell’inferno.

 

Fabio Santoro Gli occhi dell’inferno Golem Edizioni

      

I racconti del treno, sui binari della Ceva-Ormea

LIBRO TRENO 2Il volume, nato da un’idea di Franca Acquarone, raccoglie dieci racconti, uno per ogni stazione della linea ferroviaria più quello relativo alla stazione di Oneglia in cui il treno non è mai arrivato, nonostante il progetto iniziale

Il treno corre da Ceva verso Ormea, supera ponti ad archi e gallerie scure in cui si infila per sbucarne quasi subito con un fischio acuto, vittorioso. Altri tempi, ora la ferrovia Ceva-Ormea, vera e propria opera d’arte costruita sul finire dell’Ottocento, considerata  un “ramo secco”, è stata soppressa. Dal 17 giugno del 2012 le rotaie aspettano, in silenzio, un convoglio che possa sferragliarli sopra. A ricordarla, promuovendo il territorio dell’alta Val Tanaro, è un bel libro, intitolato “I racconti del treno” (Araba Fenice,2014).  Il volume, nato da un’idea di Franca Acquarone, raccoglie dieci racconti, uno per ogni stazione della linea ferroviaria più quello relativo alla stazione di Oneglia in cui il treno non è mai arrivato, nonostante il progetto iniziale. I racconti, incorniciati dalla prefazione di Annibale Salsa, sono di scrittori locali e di fama nazionale: Paola Scola, Giammario Odello, Cristina Rava, LIBRO TRENOMariapia Peirano, Maria Tarditi, Romano Nicolino, Giorgio Ferraris, Franca Acquarone, Bruno Vallepiano, Ugo Moriano. Tutti, ognuno con il proprio stile e le proprie trame  narrative, hanno sviluppato vicende legate a situazioni, reali o di pura fantasia, che fanno riferimento al treno e al suo percorso. Così, in sequenza, viaggiando da una stazione all’altra, le “fermate” di susseguono da Nucetto a Oneglia, passando da Bagnasco, Pievetta, Priola, Garessio, Trappa, Eca Nasagò e Ormea. Un libro che, per un pendolare come chi scrive, insignito da Giorgio Ferraris ( che cura anche la parte finale del libro, sul futuro  della Ceva-Ormea) del titolo di “ferroviere onorario”, rappresenta un prezioso esempio di come un paese serio non dovrebbe abbandonare rotaie come queste se non vuole, un giorno, vivere di rimpianti. Comunque, mai dire mai: questo  libro si inquadra fra le iniziative di sensibilizzazione e di supporto alla rinascita della linea Ceva-Ormea in un’ottica di valorizzazione della Alta Valle Tanaro. Quindi, per dirla in gergo:incrociamo le dita e speriamo che chi può fare qualcosa lo faccia davvero.

 

Marco Travaglini

La semplicità delle piccole cose nello Scrigno di Angela

Lalterio leoLe poesie di Angelina Barbera Smith sono state lette al pubblico in sala dalla bravissima Vanessa Giuliani, attrice poliedrica, capace di spaziare con disinvoltura dal Cabaret, al Cinema, alla Televisione, dove recentemente è stata protagonista su RaiUno, al fianco di Alessandro Preziosi, della fiction “Tango per la libertà”

 

Si è svolta, presso il Circolo dei lettori, la presentazione del libro “Lo scrigno di Angela”, che raccoglie una parte delle poesie di Angelina Barbera Smith, scrittrice di grande talento, che amava la semplicità delle piccole cose e della vita di tutti i giorni, e la cui sensibilità emerge chiaramente dalla lettura dei suoi scritti.

 

Questo libretto, edito da Nuova Trauben, è nato dal desiderio di Helen Alterio di omaggiare la sua amatissima mamma, autrice di numerosi componimenti, non solo poetici – tra le sue opere spiccano infatti i pensieri filosofici – che saranno pubblicati in seguito. L’Alterio ha ricordato con affetto la figura della madre, raccontando un episodio a lei particolarmente caro: anni fa, quando era una giovane studentessa prossima alla laurea in Lettere Moderne, accompagnò Angelina al Teatro Carignano, e lì incontrò lo scrittore Giovanni Arpino, personaggio a cui Helen dedicò – per prima in Italia – la sua tesi di laurea. Questo incontro segnò la vita delle due donne, e per questo la presenza del figlio di Arpino alla presentazione del volume è stata particolarmente toccante.alterio libro

 

Le poesie di Angelina Barbera Smith sono state lette al pubblico in sala dalla bravissima Vanessa Giuliani, attrice poliedrica, capace di spaziare con disinvoltura dal Cabaret, al Cinema, alla Televisione, dove recentemente è stata protagonista su RaiUno, al fianco di Alessandro Preziosi, della fiction “Tango per la libertà”, la miniserie girata qui a Torino, co-prodotta da Rai Fiction e Film Commission. Ospiti d’eccezione della serata anche Bruno Quaranta, stimato critico letterario, e Giampiero Leo, Vice Presidente del Comitato Diritti Umani della Regione Piemonte, autore della Prefazione del volume.

 

Leo, grande amico di Helen Alterio, ha commentato così la serata: “Sono davvero lieto di aver partecipato alla presentazione del libro di poesie scritte dalla mamma della mia carissima amica Helen: una grande donna, che tutti ricordiamo con affetto e stima. I suoi scritti rivelano una sensibilità particolare e un amore per le cose semplici della vita. E, senza dubbio, troviamo una traccia evidente della grande cultura dell’autrice nella personalità e nell’impegno sociale di sua figlia Helen, a cui vanno i miei più vivi complimenti, per aver raccolto i componimenti in questo volumetto, da lei fortemente voluto, quale tributo alla figura eccezionale di sua madre. Ed ora aspettiamo i pensieri filosofici!”

 

Claudia Caci