Il presidente della Regione, Sergio Chiamparino, è intervenuto in Consiglio regionale sul tema migranti
“A differenza di quanto hanno sostenuto alcuni consiglieri regionali, credo di essere nel giusto nell’aver assunto una posizione radicalmente diversa sul tema migranti da quella dei presidenti di altre Regioni del Nord Italia, prima ancora che per ragioni politiche, per ragioni etiche e culturali”, ha esordito il presidente.
Una scelta di campo
“Sono onorato di essere il presidente della Regione in cui è stato accolto il rifugiato senegalese sepolto dalla frana all’hotel Rigopiano mentre svolgeva legalmente il suo lavoro, sono altrettanto onorato che la nostra Regione abbia accolto il gruppo di migranti africani che sono in Abruzzo per aiutare le popolazioni colpite da terremoti e maltempo, e che abbia accolto i richiedenti asilo che a Ormea a Garessio erano in prima fila a dare una mano a pulire i disastri dell’inondazione dello scorso novembre. Dire “Io sto dalla loro parte” è una scelta di campo, etica, che riguarda tutte le persone che hanno responsabilità nella cosa pubblica Per quanto riguarda le politiche nazionali, credo che il Ministro Minniti abbia indicato la strada maestra, quella che prevede di stringere intese con i Paesi da cui proviene o transita la maggior parte dei migranti, per costruire corridoi umanitari, e mi pare che l’aver ripreso in mano l’iniziativa diplomatica faccia ben presagire per il futuro”.
Il piano di Gentiloni
“Quello messo a punto dal governo Gentiloni è un piano che sarà presentato domani, in sede di Conferenza delle Regioni, e, da quello che si dice, si dipana in un contesto internazionale, con un programma di interventi che punta a una accoglienza il più possibile diffusa sul territorio e che non mi sembra riducibile al modo in cui era stato presentato, vale a dire “Un CIE in ogni Regione”. È chiaro che non si può usare il lavoro dei migranti per sostituire altre attività lavorative, qualunque esse siano, ma tutti sappiamo quanti lavori sarebbero utili e necessari per rendere le nostre comunità più belle e pulite: io credo che ci sia uno spazio enorme per attività lavorative che compensino il sostengo che lo Stato offre ai migranti, senza che queste siano percepite come sostitutive. E mi vengono in mente molti esempi, in Piemonte, di Comuni di centro-sinistra e centro-destra dove i migranti svolgono attività integrative apprezzate da tutta la popolazione e che hanno contribuito significativamente a far “riconoscere il diverso”, e a integrarlo”.
A proposito di Cie
“Sui CIE bisogna ricordare che sono nati nel 1998, quasi 20 anni fa, in un periodo in cui i flussi migratori avevano modalità e intensità molto diverse da oggi, e necessitano di una radicale revisione: ma uno strumento che verifichi, controlli e eventualmente espella chi è migrante ma non è accoglibile, magari per appartenenze a reti criminali, sarà sempre necessario. Da questo punto di vista va decisamente abolito il reato di clandestinità che ha avuto effetti esattamente opposti a quelli che si proponeva, rendendo più complicato il controllo dei titoli per l’accoglienza, come, peraltro, dimostra il percorso del terrorista di Berlino. Dobbiamo oggi rivedere radicalmente tempi e criteri per l’accoglienza e per la definizione del diritto ad essere protetto e accolto: un anno e mezzo è un periodo troppo lungo, incompatibile con la possibilità di espellere chi non ha diritto di rimanere. Ma ancora più fondamentale è la ridefinizione dei criteri di accoglienza, perchè il confine della necessità fra negazione dei diritti umani e diritto a una vita socialmente ed economicamente dignitosa è troppo stretto. E’ doveroso quindi un salto di qualità complessivo nell’accoglienza, un salto di qualità che può e deve fare l’Europa, la comunità di Stati cui orgogliosamente apparteniamo ma che nella gestione di questa grande emergenza umanitaria è ancora dolorosamente troppo assente. “
(foto: il Torinese)