ECONOMIA- Pagina 336

Abitare la montagna

Confcooperative Cuneo e Uncem Piemonte lanciano una serie di video conferenze per mettere a fuoco spazi e opportunità di sviluppo delle aree montane. 

Un ciclo di incontri programmato dal 27 aprile all’8 luglio 2021, quattro martedì, dalle ore 18 alle 20. L’iniziativa è realizzata con il contributo della CCIAA di Cuneo.

L’obiettivo è promuovere una imprenditorialità che sappia coniugare dimensione economica e sociale con un preciso taglio comunitario.
Riteniamo che il favorire e sostenere sul piano economico e sociale risposte collaborative che possano trovare nella cooperazione, ma non solo, una forte attenzione al territorio, rappresenti un contributo prezioso per una più alta presenza e qualità della vita in questi contesti.

I temi vanno dalla promozione dei servizi ecosistemi, alla opportunità delle comunità energetiche, dalla risorsa cooperazione alle problematiche legate ai servizi e agli spazi dove favorire una più piena socialità, in risposta ai bisogni di dialogo e cittadinanza che le persone esprimono.

Ogni incontro vedrà l’introduzione di figure di esperti a cui seguirà la presentazione di proposte sui temi affrontati accompagnate dal racconto di esperienze che ne dimostrino la fattibilità. “I contenuti che affronteremo – evidenzia Alessandro Durando, Presidente di Confcooperative Cuneo – mettono in luce come il parlare di alte terre significa ragionare più complessivamente dello sviluppo del nostro paese sollecitando una più coerente e virtuosa relazione tra montagna e pianura, aree interne e aree urbane”.
“Per Uncem è molto significativa questa collaborazione con Confcooperative su iniziative formative che partono dai territori e dalle comunità vive. E che si rivolgono agli stessi territori, alle nostre comunità – afferma Roberto Colombero, Presidente Uncem Piemonte – Ripartire dai territori vuol dire guardare e lavorare per i chi i territori li vive e li orienta, puntando su sviluppo, crescita, organizzazione dei servizi. In questa direzione, il patto tra Confcooperative e Uncem è decisivo”.

 

Ristoranti e hotel: il Covid brucia 38 miliardi

Le stime dell’Osservatorio sui bilanci pubblicato dal Consiglio e dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti 

RISTORANTI E ALBERGHI: NEL BIENNIO 2020/21 IL COVID BRUCIA 38,5 MILIARDI DI EURO 

Nel 2021 si stima una riduzione del fatturato del -35% contro il -44,2% del 2020 

Il settore ristoranti e alberghi a causa dell’emergenza Covid-19 brucia nel biennio 2020-2021 oltre 38miliardi di euro. In particolare le oltre 74 mila società di capitali di questo comparto realizzerebbero complessivamente una perdita di 38,503 miliardi di euro, pari a circa la metà dell’intero settore. Il settore dell’alloggio registrerebbe un calo complessivo di 17,5 miliardi di euro, mentre quello della ristorazione una flessione di 21 miliardi di euro. Il 2021 si presenta però leggermente migliore del 2020 rispetto al 2019. Quest’anno, infatti, il fatturato complessivo delle società di capitali è previsto ridursi del -35% contro il -44,2% del 2020.

Sono le stime quantificate dall’Osservatorio sui Bilanci 2019 del Consiglio e della Fondazione Nazionale dei Commercialisti.

Il campione analizzato è formato da quasi 75 mila società con oltre 670 mila dipendenti e quasi 49 miliardi di fatturato a valori 2019. In termini di fatturato, le società di capitali esaminate in queste simulazioni coprono più del 50% dell’intero settore che presenta, sempre a valori 2019, un fatturato complessivo vicino ai 90 miliardi di euro con circa un milione e mezzo di occupati.  La stragrande maggioranza delle società prese in esame dall’Osservatorio non supera i 10 milioni di euro di fatturato. Sono appena 410 le società di capitali che superano i 10 milioni di fatturato con ricavi però superiori a 14 miliardi di euro, il 29% del totale ed occupano quasi 144 mila dipendenti, il 21% del totale.

Le simulazioni sono state condotte tenendo conto degli andamenti congiunturali di settore del 2020 così come rilevati dall’Istat e dal Mef e dalle proiezioni condotte sul 2021. Queste ultime sono state elaborate tenendo conto della stagionalità del comparto turistico e dell’impatto delle misure restrittive adottate dal governo per il primo trimestre dell’anno. Per la restante parte dell’anno, le simulazioni sono state condotte prevedendo una graduale, ma parziale, ripresa del settore man mano che le vaccinazioni proseguono e gli indicatori permettono la riapertura delle attività. In ogni caso, si prevede un forte recupero nel terzo trimestre che, in alcuni casi, raggiunge il 90% dei livelli pre-covid, e un buon recupero anche nel quarto trimestre che, però, soprattutto per il settore degli alberghi, dovrebbe risentire ancora in maniera fortemente negativa il crollo degli arrivi dall’estero. 

L’Osservatorio analizza anche l’epoca precovid. Nel 2019, rispetto all’anno precedente, le Srl del settore ristoranti e alberghi erano in crescita.  In particolare, a fronte di un aumento degli addetti dell’1,4%, si registrava un incremento dei ricavi del 6,3% e del valore della produzione del 6,1%, che si traducevano in una crescita del valore aggiunto del 5,3%. A livello geografico le performance migliori in termini di fatturato si registravano nel Sud (+6,5%), mentre la crescita più bassa al Centro (+3,5%).

Simulazione fatturato Società di capitali Servizi di alloggio e ristorazione. Anni 2019, 2020 e 2021 (Valori in migliaia di euro)  

COMPARTI

SOCIETA’

RICAVI  

2019

RICAVI  

2020

RICAVI  

2021

PERDITA BIENNIO  

2020-2021

ALLOGGIO

19.729

18.663

9.256

10.624

-17.444

RISTORAZIONE

54.701

29.955

17.883

20.968

-21.059

TOTALE

74.430

48.618

27.140

31.593

-38.503

Bitcoin: “merda d’artista”?

Merda d’artista è un’opera dell’artista italiano Piero Manzoni. Nel dicembre del 1961, l’autore sigillò 90 barattoli di latta, uguali a quelli utilizzati normalmente per la carne in scatola, ai quali applicò un’etichetta identificativa, tradotta in quattro lingue (italiano, francese, inglese e tedesco), con la scritta «Merda d’artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961». Sulla parte superiore del barattolo è apposto un numero progressivo da 01 a 90 insieme alla firma dell’artista.

L’artista stabilì il prezzo in 300 grammi di oro zecchino, e vendette tutte le scatolette incassando cifre enormi; ed alcuni esemplari furono acquistati addirittura da musei (ad esempio la Tate Modern di Londra, il Museo del Novecento di Milano, il Centro Pompidou di Parigi ed il Museum of Modern Art di New York).

Il costo dei barattoli è elevato: a dicembre 2016, un collezionista ha comprato un esemplare a 275.000 euro! Verificare cosa ci sia dentro significa distruggere l’opera ed azzerarne il valore; un amico di Manzoni, Agostino Bonalumi, ha dichiarato che all’interno delle scatole vi è un po’ di gesso. Nel 2008, il francese Bernard Bazile ne ha aperto una trovandovi dentro una seconda lattina più piccola (che però non ha aperto).
In questa breve narrazione ho trovato molte somiglianze con un fenomeno attualissimo che sta appassionando ed intrigando il mondo, quello del boom della più famosa criptovaluta, il bitcoin.
Il bitcoin è stato creato da un artista, un artista della finanza, che si è inventato una nuova “moneta” chiamandola fantasiosamente “bitcoin”, sintesi fra bit (contrazione di binary unit) e coin (moneta).
L’artista si chiama (secondo la storiografia corrente) Satoshi Nakamoto, e sarebbe, come indica il nome, giapponese. Usiamo il condizionale perché tra i tanti misteri che avvolgono la criptovaluta c’è proprio l’identità di chi l’ha inventato: nessuno ha mai conosciuto il simpatico Nakamoto, non si sa dove viva, quando sia nato, che studi abbia fatto…
Un’ipotesi diffusa è che in realtà si tratti di uno pseudonimo usato da un gruppo di esperti informatici di qualche università americana che si nascondono dietro un nome di fantasia per operare liberamente.
Il bitcoin non è emesso da una banca centrale statale (come le normali valute circolanti), ma lo si ottiene attraverso un complicatissimo sistema algebrico, risolvendo un “algoritmo” attraverso computer potentissimi che lavorano giorni e giorni per risolvere la formula ed estrarre il sospirato strumento.

 

Chi riesce ad estrarlo (l’operazione si chiama in inglese mining, che è proprio l’operazione di estrazione da una miniera) oggi diventa ricco perché il valore è di circa 63.000 dollari.
Ne ha fatta di strada quel bit!
Il primo minatore che è riuscito ad impossessarsene e ad utilizzarlo lo ha usato per comprarsi due pizze a Jacksonville, in Florida. Era il 2010 e Laszlo Hanyeczilk pensate, ha offerto al pizzaiolo di pagare con quella cosa strana, l’altro ha accettato un po’ per curiosità un po’ per scommessa ed ha incassato la bellezza di 10.000 bitcoin. Valore attribuito a “quella cosa”: 3 millesimi di dollaro!
Sicuramente il ristoratore se ne sarà sbarazzato (anche qui la storia è oscura e sfiora la leggenda…), facendo il peggior affare della vita, perché oggi quei 10.000 bitcoin rappresenterebbero una pizza del valore di ben 630 milioni di dollari!
A cosa serve questa moneta?
Come tutte le sue “sorelle reali”, la sua funzione è duplice: essere strumento di pagamento ed essere strumento di investimento.
Diamo qualche indicazione.
Dove spendere il bitcoin?

Poiché non è una moneta legale, può essere utilizzato per comprare beni o servizi solo in negozi che lo accettano; è una trattativa privata, perché nessuno può obbligare un concessionario auto o un supermercato ad accettare criptovaluta per una vendita. Sotto questo profilo la funzione del bitcoin è praticamente nulla. Esplorando i vari siti che indicano i punti vendita che accettano pagamenti con la moneta virtuale si scopre che in Piemonte sono solo 25… E se qualcuno si prende la briga di contattare i nominativi indicati scoprirà che alcuni cascano dalle nuvole perché in realtà non hanno mai accettato di entrare nel circuito. C’è qualche negozio di computer ed informatica, un paio di studi di architettura, due negozi di regali; un po’ poco per poter dire che la moneta circola e serve a comprare.
Vediamo il secondo utilizzo, quello dell’investimento.
Qui il discorso è diverso: infatti le transazioni sono numerosissime e quasi tutti coloro che comprano bitcoin lo fanno per tenerselo e vedere le quotazioni salire ogni giorno. Certo, i guadagni sono stati favolosi per chi ci ha creduto ed ha tenuto la posizione. Pensate che nel 2017 (otto anni dopo la sua nascita), valeva intorno a 800 dollari, ma a fine anno era schizzato a 20.000.
Dopo un pesante tracollo che lo fece precipitare a 3.000 dollari, è iniziata una galoppata che lo ha portato ai livelli attuali, oltre quota 60.000.
Un affare?

Chi ha avuto la fortuna di comprarselo a prezzi bassi e di tenerselo sicuramente oggi si sente ricco; chi lo ha comprato nel 2017 e, spaventato, lo ha venduto l’anno dopo (sono stati tanti!) ci ha rimesso la camicia mandando in fumo i suoi risparmi.
Bisogna ricordare che il valore della moneta virtuale non è determinabile sulla base di normali parametri (come avviene con dollaro, euro, sterlina), ma è fissato dall’incontro di domanda ed offerta senza precisi motivi: se molti chiedono di comprare e pochi vendono, il prezzo sale, altrimenti scende. Finché cresce la “febbre”, la crescita è assicurata…
Il bitcoin vale 1.000 oppure 10.000, oppure 100.000? Qualunque prezzo è plausibile; anche quello che a mio avviso è il più corretto, cioè zero…
Perché se si apre la scatoletta del bitcoin, è possibile che ci si trovi davanti ad un “pensierino” firmato Satoshi Nakamoto!

Gianluigi De Marchi

Semplificazione: ma dove? Ora rispunta la TEFA

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A cura di: lineaitaliapiemonte.it

I cittadini di Torino stanno ricevendo in questi giorni dal Comune, tramite la Soris, la richiesta di pagamento dell’acconto per la TARI, la Tassa raccolta rifiuti, relativa al 2021.

Come si dice, il peggio sta nei dettagli: per rendersene conto basta guardare alla TEFA, tassa nascosta nella Tari di cui in questi giorni si sta ricevendo richiesta di pagamento. Ma la burocrazia, a detta di tutte le forze politiche, non doveva essere semplice e chiara a tutti?…

di Carlo Manacorda

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Manutenzione stradale, la Regione investe in risorse e programmazione

Si apre una nuova stagione per la manutenzione del sistema stradale in Piemonte?

Due i fattori determinanti: l’imminente passaggio ad Anas di circa 1000 chilometri di strade piemontesi e il finanziamento regionale triennale di 3 milioni di euro sul bilancio appena approvato. Lo ha chiarito  l’assessore ai Trasporti della Regione Piemonte Marco Gabusi in Consiglio Regionale.

«Ci siamo adoperati con impegno per superare l’approccio degli anni passati – ha spiegato l’assessore Gabusi -, che voleva accentrare a livello nazionale la gestione complessiva del sistema stradale. Ci siamo dati un metodo trasparente di individuazione delle opere prioritarie, chiedendo alle Province quali fossero, e abbiamo cominciato a mettere risorse per finanziare le progettazioni. Oggi sappiamo, in modo trasparente, quali sono le trenta opere prioritarie e su queste ci muoveremo in maniera importante, non solo finanziando la progettazione, ma anche chiedendo che tutta questa progettazione venga presa in carico da Anas. Dobbiamo realizzare queste opere e il veicolo che abbiamo oggi è il Contratto di Programma con Anas: dobbiamo renderlo più tempestivo coadiuvando l’Ente nella progettazione, che per noi deve essere realizzata dagli Enti territoriali di riferimento».

Tra le opere strategiche indicate dalla Province sono poi state individuate quelle prioritarie da inserire all’interno del Recovery Plan e della trattativa per il Contratto di Programma Anas. «Puntiamo – ha specificato l’assessore Gabusi – a far finanziare soprattutto quelle opere per dare le gambe operative agli interventi, con un’attenzione specifica alla riduzione delle tempistiche di progettazione e realizzazione».

Il Piemonte scommette sull’idrogeno

Centri di ricerca, aziende e associazioni supportano l’iniziativa, voluta da Regione Piemonte e Città di Torino, per ospitare il Centro Nazionale di Alta Tecnologia per l’Idrogeno

“Il Piemonte scommette sull’idrogeno per contribuire alla crescita delle imprese, per lo sviluppo della ricerca e per il rilancio dell’economia, in chiave di sostenibilità ambientale. Oggi il Piemonte rappresenta in questo settore tecnologico la regione italiana con l’offerta più completa di spazi, dotazioni ed intelligence a servizio delle imprese nazionali ed è un territorio di eccellenza di livello europeo: le sue imprese e i suoi centri di ricerca sono in grado di rispondere alle nuove sfide sulle tecnologie dell’idrogeno lanciate dai mercati internazionali. Il Piemonte è una regione leader in Europa nel comparto manifatturiero con imprese teste di filiera nell’automotive, nell’aerospazio, nei settori ferroviario, chimica ed energia. Questo tessuto industriale alimenta filiere di eccellenza che coinvolgono piccole e medie imprese ad alto contenuto tecnologico a scala regionale, nazionale e internazionale. Una regione che si qualifica come un motore industriale nazionale. Siamo pronti e preparati per la grande sfida dell’idrogeno”.

Così l’assessore regionale all’Ambiente, Ricerca e Innovazione, Matteo Marnati, nel corso della presentazione a centri di ricerca, aziende e associazioni, che sostengono l’iniziativa, del position paper proposto da Regione Piemonte e Città di Torino, per ospitare il Centro Nazionale di Alta Tecnologia, elaborato da Environment Park.

“La Città di Torino ha istituito a inizio 2020 un tavolo di lavoro specifico sull’idrogeno e le tecnologie emergenti ad esso collegate, denominato “Torino Circolare”. Obiettivi dell’iniziativa sono valorizzare gli attori della filiera della mobilità sostenibile cittadina e coordinare gli sforzi per far avanzare, in maniera coesa e inclusiva per il territorio, la ricerca e l’innovazione su questa nuova frontiera tecnologica – dichiara l’Assessore per l’Innovazione e la Smart City della Città di Torino, Marco Pironti – Siamo molto contenti di veder convergere il nostro lavoro nella proposta istituzionale allargata guidata dalla Regione Piemonte. In questo modo il nostro territorio potrà assumere un ruolo strategico rispetto al Centro Nazionale di Alta Tecnologia per l’Idrogeno”

Una regione, dunque, nella quale è presente un ecosistema di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico di rilevanza europea; una rete di competenze gestite dai centri di ricerca pubblici del territorio che dialogano con imprese locali, nazionali e internazionali e, parallelamente, un sistema di imprese manifatturiere attive nel campo dell’idrogeno, concentrate in diverse filiere.

Una candidatura, o più tecnicamente una manifestazione di interesse spontanea, sostenuta dal sistema della ricerca e del trasferimento tecnologico – Politecnico di Torino, Università di Torino e Università del Piemonte Orientale , IIT (Istituto Italiano di tecnologia) e Environment Park-  e da moltissime aziende:  Acea Pinerolese Industriale; Alstom Ferroviaria; Avio, Avio Aero; Cim 4.0; Fpt Industrial brand di Cnh Industrial; Gtt – Gruppo Torinese Trasporti; Comau;  Iren; Italgas, Leonardo, Marelli Europe; Novamont; Giacomini; Memc Electronic Materials; Punch Torino; Sagat; Smat – Società Metropolitana Acque Torino; Solvay Specialty Polymers Italy, Thales Alenia Space Italia e Toyota Motor Italia. E a queste, altre se ne aggiungeranno.

A supportarla anche Dap – Distretto Aerospaziale Piemonte, Unioncamere Piemonte, Confindustria Piemonte, Confartigianato Imprese Piemonte, Confapi Piemonte, Cna Piemonte, Sindacato Artigiani CasArtigiani, Amma (Aziende Meccaniche Meccatroniche Associate) e Anfia.

La “candidatura” sarà inviata al Governo nei prossimi giorni.

Ristoranti: il problema delle chiusure commentato da chi è del mestiere

A cura di : lineaitaliapiemonte.it

Ecco dove ha sbagliato il governo con i ristoratori: i problemi delle misure di chiusura commentate da chi è del mestiere

Incontriamo Franco Trad, titolare di un bistrot libanese al cortile del Maglio, per mettere in rilievo le incongruenze della normativa che impedisce le aperture.

 

Guarda il video:

https://www.facebook.com/watch/live/?v=1165023640607030&ref=watch_permalink

 

 

 

 

 

I nuovi componenti del cda di Fondazione Crt

Avanzo di esercizio superiore a 55 milioni di euro, patrimonio netto di oltre 2,27 miliardi, posizione finanziaria netta di 387 milioni, fondo di stabilizzazione delle erogazioni di 144 milioni: il Bilancio tutto in positivo della Fondazione CRT per il 2020 è stato approvato oggi in via definitiva e all’unanimità dal Consiglio di Indirizzo.

 

In un anno pesantemente condizionato dall’emergenza Covid19, la Fondazione CRT ha messo complessivamente a disposizione del territorio 65 milioni di euro, tra tradizionali modalità di intervento (per welfare, salute pubblica, contrasto della povertà educativa, ricerca e formazione, arte e beni culturali) e ulteriori iniziative a prevalente contenuto sociale orientate allo sviluppo (social impact investments o mission related investments).

 

L’onere per le imposte sfiora i 10 milioni di euro e il carico fiscale complessivo sostenuto dalla Fondazione arriva a 14 milioni di euro.

 

Poiché con l’approvazione del Bilancio termina il mandato del Cda eletto nel 2017, il Presidente Giovanni Quaglia ha ringraziato i consiglieri uscenti per l’impegno e la collaborazione, ripercorrendo in sintesi l’attività della Fondazione CRT nell’ultimo quadriennio, con il sostegno erogativo a circa 5.500 iniziative non profit e risorse per 265 milioni di euro.

 

Nella riunione di oggi il Consiglio di Indirizzo ha quindi nominato i sei nuovi componenti del Consiglio di Amministrazione che resterà in carica per 4 anni, fino al 2025: nel “board” guidato dal Presidente Quaglia entrano Caterina Bima (notaio), Davide Canavesio (imprenditore e manager), Anna Maria Di Mascio (rappresentante del mondo della cooperazione e del Terzo Settore), Marco Giovannini (imprenditore), Maurizio Irrera (professore e avvocato), Antonello Monti (imprenditore, esperto in ambito nazionale nella gestione dei beni ecclesiastici).

 

“Il nuovo Cda, eletto dal Consiglio di Indirizzo, è formato da personalità di grande esperienza e alto profilo, rappresentative del territorio e di diversi settori e aree culturali – commenta il Presidente della Fondazione CRT Giovanni Quaglia, nel congratularsi con i neoeletti –. Questa scelta di terzietà rafforza il dialogo con il territorio e la capacità di co-progettare e co-programmare, insieme alle istituzioni elettive e ai corpi intermedi, le traiettorie di sviluppo e crescita per il bene comune, in linea con il recente pronunciamento della Corte Costituzionale”.

Dalla vendita di Iveco ai cinesi all’Istituto per l’intelligenza artificiale. Sberleffi per Torino

Oggi l’assemblea ordinaria degli azionisti di Iveco dovrebbe esprimersi sulla vendita o meno ai cinesi. Iveco è un gioiello della galassia Exor ( di cui john Elkan è il presidente) , il suo quartier generale è a Torino, ma nelle stanze dei bottoni cittadini regna il silenzio.

La stampa, il giornale di famiglia,   pubblica con grande enfasi l’assegnazione a Torino di un quarto di finale della coppa Davis, una settimana d tennis. Fumo negli occhi? La sindaca Appendino esulta , ma sull’Iveco, un altro pezzo da 90 dell’industria automobilistica torinese che prende il volo , non dice nulla. Le forze politiche tacciono, distratte o ignoranti.

A rompere il silenzio un articolo dell’ex top manager Fiat Giorgio Garuzzo sulle pagine torinesi del Corriere della sera. Un articolo di dura critica dal titolo “ Perchè Iveco deve restare a guida italiana” . Garuzzo ricorda come  Iveco fu una delle idee  di strategia industriale fra le più importanti dell’Italia degli anni ’80. “L’azionista Fiat potè andarne giustamente orgoglioso” , scrive Garuzzo. “A molti giovani manager italiani, come ai progettisti e ai tecnici, si aprivano opportunità di carriera nel mondo…si era costruito il gruppo industriale  più internazionale di cui il nostro Paese disponesse, l’unico di tali dimensioni a godere di una quota di mercato da numero uno in Europa. Tutto sotto il controllo di management italiano. Nell’eventuale passaggio di Iveco in mano cinese di cui oggi si parla si potrebbe vedere quasi uno storico sberleffo”.

Il 29 marzo Bloomberg  aveva confermato i rumors che da tempo agitavano le ovattate stanze della finanza mondiale : “China FawGroup Co”, scriveva Bloomberg, “ sta procedendo con i preparativi per una potenziale offerta per il business di autocarri e autobus Iveco di proprietà della miliardaria CNH Industrial della famiglia Agnelli”

Aggiungeva Bloomberg le preoccupazioni del governo francese edel ministro per lo sviluppo economico italiano, Giancarlo Giorgetti, che avrebbe dichiarato all’inizio di marzo che “il paese ha bisogno di elaborare una “strategia di difesa” per quanto riguarda Iveco.”  E sottolineava come “La vendita di uno dei produttori di autocarri più iconici d’Europa potrebbe scuotere il settore e potenzialmente attirare le critiche interne alla famiglia Agnelli per aver venduto uno dei suoi beni storici a un acquirente straniero. John Elkann, il 44enne leader del clan miliardario che ha fondato la Fiat, è stato impegnato negli ultimi anni a fare affari mentre riduceva la dipendenza della famiglia dagli investimenti automobilistici e si è trasferito in nuove aree come i beni di lusso e i servizi finanziari“

E faceva notare come “La Fiat Chrysler Automobiles NV di Agnelli ha  accettato nel 2018 di vendere la sua attività di ricambi auto Magneti Marelli alla giapponese Calsonic Kansei Corp. All’inizio di quest’anno, Fiat Chrysler ha completato una combinazione con il produttore Peugeot PSA Group per formareStellantis , il quarto più grande produttore di automobili al mondo . L’accordo ha visto diminuire l’influenza della famiglia Agnelli, sebbene la sua holding Exor rimanga il principale azionista unico della società combinata.”

Guardando a Torino, tutta la vicenda ha alcuni aspetti preoccupanti e molte conferme. Non solo per il continuo depauperamento del patrimonio ex Fiat e per il disimpegno  dalla città di quella che possiamo continuare a chiamare  la famiglia Agnelli. Possono cambiare le strategie industriali ed economiche della famiglia , ma Exor avrebbe la possibilità di compensare le perdite con altri investimenti importanti sul territorio torinese, che producano sviluppo, che portino centri direzionali, sedi, almeno italiane, di multinazionali. Perché non fare avere a Torino qualche ricaduta positiva dagli investimenti in “beni di lusso e i servizi finanziari“? Ma se Jonh Elkan non ci pensa,  nessuno nemmeno glielo chiede.

Per Torino la conferma di una pericolosa china, iniziata oltre vent’anni fa, quando si abbaiava alla luna di un nuovo modello di sviluppo per la più grande area industriale europea e intanto si perdevano banche e assicurazioni , scomparivano o non decollavano grandi appuntamenti fieristici , si chiudevano industrie nella impotenza di una classe dirigente sempre meno influente a livello nazionale e povera di idee che non fossero pure chimere. Ma intanto si sviluppano piste ciclabili e si punta sui monopattini, mentre sulla Tav, grazie al Governo Conte e alla Ministra Demicheli condizionati dai 5 stelle, si è  accumulato un ritardo di 2 anni sui progetti da inviare in Europa e sulla nomina del Commissario.

Un ultimo preoccupante sussurro gira per la città : che fine ha fatto la sede italiana dell ‘istituto per l’intelligenza artificiale che doveva essere collocata a Torino, dopo che la sindaca aveva rinunciato a competere con la onnivora Milano per la sede del TUB, il tribunale europeo dei bevetti?

Assicurava  a ottobre 2020 a Il sole 24 ore l’assessore comunale Pironti: a gennaio il dossier per la sede e le 600 assunzioni di scienziati. Vuole qualcuno chiedere a Pironti spiegazioni?  E’ vero che le sedi saranno 8 ? Perchè a Napoli si fanno progetti e si preparano sedi? Perché tutti tacciono?

IBIS

 

Boom e-commerce, le Poste hanno assunto 31 nuovi addetti a Torino

A partire da giovedì 1° aprile sono entrati in servizio nei centri di recapito di Torino e provincia, 31 portalettere. La selezione dei neo-assunti è avvenuta tra il personale che ha già lavorato in passato come portalettere o addetto allo smistamento con uno o più contratti a tempo determinato e per una durata complessiva di almeno 9 mesi.

 

I nuovi ingressi sono stati inseriti nelle attività di consegna di corrispondenza e pacchi nei 42 Centri di recapito presenti sul territorio provinciale per poter supportare le attività legate agli ingenti volumi di pacchi in circolazione sul network postale a seguito dello sviluppo dell’e-commerce che nel 2020 hanno fatto registrare un aumento del 172% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Prosegue dunque anche attraverso queste assunzioni, l’impegno di Poste Italiane nel creare nuove opportunità di lavoro nel nostro Paese anche in un anno segnato dall’emergenza sanitaria ed economica.

Le politiche attive concordate con le Organizzazioni Sindacali contribuiscono a realizzare in modo efficace le strategie delineate nel piano industriale, in particolare per quanto riguarda l’attuale organizzazione del recapito, pensata per rispondere ai nuovi bisogni dei cittadini e per cogliere tutte le opportunità offerte dalla crescita dell’e-commerce grazie anche ad una maggiore flessibilità e ad un’estensione degli orari di consegna.

 

Dal 1862 Poste Italiane consegna lettere alle famiglie e alle imprese italiane, ma negli ultimi anni è il settore dei pacchi a trainare il business dell’Azienda, tanto che per la prima volta, nell’ultimo trimestre del 2020, la crescita dei ricavi da pacchi ha compensato il calo dei ricavi della corrispondenza tradizionale.

Anche in termini assoluti, i 210 milioni di pacchi consegnati in un anno a livello nazionale (+41% rispetto al 2019, e a dicembre una media record di 1,3 milioni al giorno) hanno segnato un risultato più che raddoppiato rispetto al 2016.

Nel nuovo anno, la consegna e-commerce di Poste Italiane si arricchisce di una flotta green completamente rinnovata. La fornitura di nuovi mezzi a energia pulita da poco su strada, rende sempre più ecologica, agevole e sicura la consegna della corrispondenza e pacchi.

Il rinnovo della flotta aziendale è uno degli obiettivi di Poste Italiane che proseguirà per tutto il 2021, coinvolgendo numerose località su tutto il territorio regionale.

Con i nuovi mezzi elettrici, inoltre, la mobilità di Poste Italiane diventa ancora più sostenibile, in linea con l’ESG – Environmental Social and Governance, il piano d’azione in materia di sostenibilità ambientale e sociale che ha l’obiettivo di garantire la definizione degli indirizzi del Gruppo con ricadute positive per l’ambiente e per il territorio. Previsti a Torino 5 nuovi tricicli elettrici, che si aggiungono ai 67 già in uso nella Città Metropolitana, con una potenza di 4 kW e una velocità massima di 45 km/h, in linea con i limiti imposti dal codice della strada nei centri abitati e sono dotati di un vano di carico di circa 270 litri e di un’autonomia energetica di circa 60 km, tale da permettere ai portalettere di consegnare la corrispondenza giornaliera con una sola ricarica.

In consegna anche 65 tricicli “basso-emissivi”, di cui 12 già operativi sulle strade di Torino, dotati di motore basso emisivo  125cm3 Euro-5 che consente una velocità massima di circa 74 km/h  per un’autonomia di circa 270 km e con un vano di carico di 250 litri.

La particolare conformazione dei veicolo a tre ruote ne aumenta la stabilità e la sicurezza per il conducente e permette l’installazione di uno speciale baule che aumenta la quantità di pacchi e lettere trasportabili, caratteristica ancora più importante visto il costante aumento dei pacchi da consegnare grazie allo sviluppo importante dell’e-commerce registrato a seguito del lockdown.

A completare il rinnovo della flotta aziendale della provincia di Torino la messa in opera di 20 Quadricicli ad alimentazione elettrica, di cui 9 già operativi, della potenza di circa 6kW, un’autonomia di 70 km, una velocità massima di circa 45 km/h e un vano di carico di 400 litri.

Per ogni nuovo mezzo elettrico, inoltre, Poste Italiane metterà in funzione anche una nuova colonnina elettrica per la ricarica, confermando la volontà di garantire una maggiore sostenibilità ambientale su tutto il territorio e permettere una sempre maggiore diffusione della propria flotta elettrica su tutte le regioni italiane.

 

Accanto ai mezzi anche nuovi servizi. Attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, sarà infatti possibile consultare lo stato della spedizione direttamente via WhatsApp. Con il servizio di tracciatura online, già disponibile su web ed APP, è possibile tracciare lo stato della spedizione in modo semplice e veloce, per qualsiasi tipo di prodotto di Poste Italiane.

Inviando un messaggio WhatsApp al numero 3715003715, si entra in contatto con l’Assistente Digitale Poste, che restituisce un apposito link alle informazioni richieste per verificare lo stato della spedizione. Per eseguire la tracciatura è necessario indicare il codice di invio presente sotto il simbolo a barre del prodotto inviato o, in caso di acquisto online, il numero fornito dal venditore.