ARTE- Pagina 15

Ultimi giorni per “Mirò a Torino”

33mila biglietti venduti per l’esposizione dedicata al pittore catalano, al Mastio della Cittadella, che terminerà domenica 14. Venerdì 12 ultimo concerto con visita guidata

 Pur avviandosi alla chiusura, il 14 gennaio p.v., la mostra Mirò a Torino al Museo Storico Nazionale d’Artiglieria ‒ Mastio della Cittadella, attira l’attenzione dei visitatori tanto da registrare, in soli due mesi, ben 33 mila biglietti emessi. L’esposizione, curata da Achille Bonito Oliva in collaborazione con Vincenzo Sanfo e Maïthé Vallès-Bled, che presenta oltre 250 opere del maestro catalano, è risultata durante le festività natalizie, grazie all’apertura continua, la più apprezzata anche dai numerosi turisti presenti in città.

 

La mostra su Mirò, patrocinata da Città di Torino, Regione Piemonte e dal Consolato di Spagna a Torino, ha confermato ancora una volta la grande sensibilità dei torinesi e dei turisti verso l’arte e verso esposizioni che indagano la personalità e le opere dei grandi artisti anche meno conosciute, come quelle provenienti dalle collezioni private e, quindi, raramente presenti in altre esposizioni museali” – commenta Salvatore Lacagnina, produttore della mostra.

 

Il fitto programma di eventi collaterali alla grande mostra Mirò a Torino, come gli appuntamenti musicali che si sono susseguiti dal 10 novembre, organizzati dal Comitato Provinciale dell’Aics (Associazione Italiana Cultura e Sport Aps), e che termineranno il prossimo 12 gennaio con l’esibizione Massimiliano Genot al pianoforte, e musiche di Bach, Mozart, Bufaletti, Scarlatti, Händel, hanno favorito l’afflusso del pubblico.

 

Al termine dei concerti, con un unico biglietto da 15 euro, è possibile visitare la mostra di Joan Mirò accompagnati da una guida. L’iniziativa è organizzata dall’associazione Erremusica Aps, Navigare Srl e Diffusione Cultura Srl. Per i possessori di tessera AICS: 13,00 euro. Prenotazioni presso la biglietteria della mostra: tel. 3513364334–E-mail: navigaremiro86@gmail.com

 

Il successo registrato dall’esposizione dell’artista catalano, e già riscontrato con le precedenti mostre su Frida Kahlo e quella sugli Impressionisti, consolida ulteriormente il rapporto della società Navigare srl con la città sabauda, aprendo la strada ad una nuova programmazione, come anticipa lo stesso Lacagnina. “Terminata la mostra su Mirò, dal 3 febbraio torneremo a Torino con un’altra importante esposizione, interamente dedicata ai Macchiaioli e alla pittura en plein air tra Francia e Italia a cura di Simona Bartolena“.

 

Mirò a Torino, che omaggia l’artista catalano scomparso 40 anni fa, resterà aperta tutti i giorni sino a domenica 14 gennaio con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì 9.30-19.30; sabato e domenica (compreso il 6 gennaio) ore 9.30-20.30. Ingresso gratuito per possessori abbonamento musei Piemonte e Valle d’Aosta.  Info e prenotazioni: www.navigaresrl.com

Il Duca d’Aosta: sei ore per trasportarlo

Alla scoperta dei monumenti di Torino / La statua in bronzo fu  trasportata, nel giugno del 1900, dalle fonderie Sperati (corso Regio Parco) al Parco del Valentino e per compiere quel tragitto di circa tre chilometri furono necessarie più di sei ore a causa appunto delle ingenti dimensioni del monumento

Il monumento è situato all’interno del Parco del Valentino, in asse con corso Raffaello e nel centro del piazzale nel quale confluiscono i viali Boiardo, Ceppi e Medaglie D’Oro. La statua che raffigura, sul cavallo ritto sulle zampe posteriori, il poco più che ventenne Amedeo di Savoia Duca d’Aosta durante la battaglia di Custoza, è posta su un dado di granito che poggia a sua volta su un basamento contornato da una fascia di coronamento in bronzo,rappresentante (in altorilievo) 17 figure tra cui numerosi personaggi celebri della dinastia sabauda. Ai gruppi di cavalieri si alternano vedute paesaggistiche come la Sacra di San Michele, il Monviso e Torino con il colle di Superga sullo sfondo.Sul fronte del basamento, poggiata sulla chioma di un albero al quale è appeso lo stemma reale di Spagna, un’aquila ad ali spiegate regge tra gli artigli lo scudo dei Savoia.Nato il 30 maggio 1845 da Vittorio Emanuele (il futuro re Vittorio Emanuele II) e da Maria Adelaide Arciduchessa d’Austria, Amedeo Ferdinando Maria Duca d’Aosta e principe ereditario di Sardegna, crebbe seguendo una rigida educazione militare.Nel 1866 gli venne affidato il comando della brigata Lombardia e partecipò alla battaglia di Custoza nella quale, nonostante fosse stato ferito da un proiettile di carabina, continuò a battersi distinguendosi così per il suo coraggio ed il suo valore.In seguito alla rivoluzione del 1868 e alla cacciata dei Borboni, in Spagna venne proclamata la monarchia costituzionale e nonostante la situazione risultasse molto difficile, Amedeo di Savoia accettò l’incarico così, il 16 novembre 1870, venne eletto Re di Spagna con il nome di Amedeo I di Spagna.Ma la situazione politica risultò ancora più instabile di come lui se la fosse prospettata e davanti a rivolte e congiure (nel 1872 sfuggì miracolosamente ad un attentato), nel 1873 abdicò rinunciando per sempre al trono.Tornato in Italia, venne nominato Tenente Generale e Ispettore Generale della Cavalleria; si spense il 18 gennaio 1890 a causa di una incurabile broncopolmonite.

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Signorilmente affabile con tutti, sempre pronto a prodigarsi per il bene della sua amata città, fu (anche durante il periodo della sua sovranità in Spagna) un personaggio molto popolare e ben voluto tanto che, neanche una settimana dopo la sua morte, la città di Torino costituì un comitato promotore per l’erezione di un monumento a lui dedicato, sotto la presidenza del conte Ernesto di Sambuy. Venne aperta una sottoscrizione internazionale alla quale, la stessa città di Torino, partecipò con la somma di L. 25.000 e in seguito, il 6 marzo 1891, venne bandito un concorso tra gliartisti italiani per stabilire chi sarebbe stato l’autore dell’imponente opera. Tra i ventinove bozzetti presentati ne furono scelti sei che vennero esposti nei locali della Società Promotrice di Belle Arti, in via della Zecca 25 ed in seguito, tra i sei artisti vincitori, venne bandito un nuovo e definitivo concorso che vide come vincitore (nel dicembre del 1892) Davide Calandra. La decisione, secondo le parole della Giuria, fu motivata “dal poetico fervore immaginoso della concezione, dall’eleganza decorativa dell’insieme, dalla plastica efficacia del gruppo equestre e dalla vivace risoluzione del difficile motivo della base“. Inizialmente l’ubicazione del monumento avrebbe dovuto essere, secondo la proposta del Comitato Esecutivo approvata dalla Città di Torino nella seduta del Consiglio Comunale dell’11 giugno 1894, il centro dell’incrocio dei corsi Duca di Genova e Vinzaglio, ma a causa delle dimensioni maestose del basamento si decise che fosse necessario uno spazio più ampio per ospitare l’opera. Dopo avere effettuato delle prove con un simulacro di grandezza naturale in tela e legname (costato alla Città la somma di L. 2480), si decise di collocarla nel Parco del Valentino sul prolungamento dell’asse di Corso Raffaello, presso l’ingresso principale dell’Esposizione Generale Italiana tenutasi del 1898: il 9 novembre 1899 il ConsiglioComunale approvò la scelta della Giunta di tale ubicazione.

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La statua in bronzo fu dunque trasportata, nel giugno del 1900, dalle fonderie Sperati (corso Regio Parco) al Parco del Valentino e per compiere quel tragitto di circa tre chilometri furono necessarie più di sei ore a causa appunto delle ingenti dimensioni del monumento. Il monumento venne inaugurato il 7 maggio 1902, in occasione della Prima Esposizione Internazionale di Arte Decorativa e Moderna di Torino, durante la quale lo scultore fu anche premiato per aver inserito nell’opera elementi di “Art Noveau”. Nel corso dell’inaugurazione il conte Ernesto di Sambuy, a nome del Comitato, consegnò l’opera al Sindaco di Torino. Originariamente il monumento venne circondato da una cancellata in ferro dell’altezza di circa 130 centimetri, disegnata dallo stesso Calandra, che venne rimossa probabilmente a causa delle requisizioni belliche durante la Prima Guerra Mondiale. Nel 2004 il monumento è stato restaurato dalla Città di Torino. Per fare un piccolo accenno al Parco del Valentino, di cui certamente parleremo in modo più approfondito prossimamente, bisogna ricordare che ilmonumento ad Amedeo di Savoia è situato nell’area nella quale, fra Ottocento e Novecento, si tennero a Torino alcune tra le più importanti rassegne espositive internazionali. Nel 1949, proprio a fianco del monumento, sorse il complesso di Torino Esposizioni, un complesso fieristico progettato da Pier Luigi Nervi che, durante le Olimpiadi Invernali di Torino 2006, ha ospitato un impianto per l’hockey su ghiaccio dove sono state giocate circa la metà delle partite dei tornei maschili e femminili. Al termine delle Olimpiadi, la struttura è tornata all’originario uso abituale ripredisponendo un padiglione come palaghiaccio per i mesi invernali. Cari lettori anche questa ennesima passeggiata tra le “bellezze torinesi” termina qui. Mi auguro che il monumento equestre ad Amedeo di Savoia vi abbia incantato ed incuriosito proprio come ha fatto con me; nel frattempo io vi do appuntamento alla prossima settimana alla scoperta o meglio “riscoperta” della nostra città.

(Foto: www.museo.torino.it)

Simona Pili Stella

La Gam tributa un omaggio a Giovanni Anselmo

Ha partecipato a Luci d’artista. È recentemente scomparso

 

Giovedì 11 gennaio prossimo alle 18 la Gam, Galleria d’ArteModerna e Contemporanea, in occasione del Public Program diLuci d’artista 27, ospiterà una conferenza sull’artista recentemente scomparso  Giovanni Anselmo e sulla sua opera Orizzonti.

L’incontro sarà il momento per approfondire il lavoro di uno dei più grandi artisti del panorama internazionale  e analizzare la sua ultima opera creata appositamente per questa edizione di Luci d’Artista, un intervento pubblico nella città in cui ha vissuto e lavorato e che rimarrà per sempre un sego indelebile della sua poetica.

Sarà  ripercorsa la lunga carriera di Giovanni Anselmo sia da un punto di vista scientifico sia attraverso una narrazione personale capace di proiettare nuova luce su una figura già entrata nei libri d’arte e in grado di esercitare un’influenza enorme sulle nuove generazioni.

Parteciperanno al ricordo del maestro Chiara Bertola, direttrice della Gam, Francesco Arena, artista, Gloria Moure, storica dell’arte, critica e curatrice della grande mostra personale di Giovanni Anselmo al Guggennheim Bilbao che inaugurerà nel febbraio 2024, Lisa Tucci Russo della galleria Tucci Russo,  Elena Volpato conservatore e curatore della Gam; moderatore Antonio Grulli, curatore di Luci d’Artista.

Mara Martellotta

Saluzzo, un borgo romantico

Stradine, piccole piazze, chiese, balconi fioriti, una fortezza arroccata in cima, una atmosfera poetica decorata da storia e arte, questa è Saluzzo; molto di più di quello che ci si aspetta leggendola sulla guida, perché, pur essendo una miniatura, i contenuti sono considerevoli, la posizione suggestiva, grazie al Monviso che la domina, la ricchezza culturale sostanziosa

 Un perfetto set cinematografico, uno scenario dove ambientare film storici, ma anche storie d’amore dal sapore antico o dallo stile contemporaneo.

Una destinazione amata dai piemontesi, a cui generalmente dedicano una gita giornaliera, una meta irrinunciabile per i turisti che visitano il Piemonte.

Il Marchesato di Saluzzo risalente al XII secolo fu rigoglioso e fortunato, Manfredo, figlio di Bonifacio del Vasto diede vita ad una dinastia che durò per 14 regnanti. Il massimo splendore arrivòin seguito nel XV secolo durante il quale l’arte prosperava e si diffondeva floridamente.

Oggi Salusse, in lingua Piemontese,  è un comune di 17.200 abitanti della provincia di Cuneo, uno dei borghi medievali meglio conservati del Piemonte con bellezze urbane e artistiche di altre epoche come la settecentesca e  sofisticata Corso Italia che ci accoglie subito all’arrivo.

In entrata al curato ed elegante centro storico troviamo la Cattedrale di Santa Maria Assunta, terminata nel 1501 e attuale sede vescovile, semplice nella facciata, abbellita dalle statue di San Pietro e Paolo. E’ all’interno che esprime invece tutta la sua importanza grazie soprattutto ai diversi e magnifici dipinti e una struttura maestosa. Andando avanti verso Piazzetta dei Mondagli troviamo Casa Pellico, dove nacque e visse l’autore de Le mie prigioni. All’interno del museo molti sono i ricordi e i manoscritti appartenuti  famoso letterato e intellettuale dell’800.

Proseguendo in salita per le antiche e deliziose stradine e seguendo le indicazioni che portano  al castello, troviamo il Palazzo Comunale e all’interno la Pinacoteca Matteo Olivero.

Dopo poco finalmente ecco La Castiglia, in posizione dominante, nel punto più alto della città.  Simbolo di Saluzzo e teatro di molteplici vicende storiche, fu il vanto residenziale del Marchesato ma vide anche periodi di degrado e abbandono quando dopo il XV secolo diventò prima caserma e poi prigionefino alla fine del secolo scorso. Oggi ospita tre percorsi museali: quello della Memoria Carceraria, la Civiltà Cavalleresca e l’esposizione permanente delll’IGAV.

Riprendendo il sentiero, suggestivo e di antica bellezza, sono diverse le chiese di storico e artistico interesse che si incontrano,meritano indubbiamente una visita San Giovanni e San Bernardo.

Di singolare fascino ed eloquente per rivivere la ricchezza della vita nobiliare del Marchesato in epoca rinascimentale, è Casa Cavassa, antica residenza di Galeazzo Cavassa oggi Museo Civico.

A completare e deliziare la visita di questo luogo incantato sono le pasticcerie che espongono in vetrina attraenti creazioni e  diversi ristoranti dove gustare le specialità del posto.

A fine primavera e all’inizio dell’estate diverse sono le manifestazioni che animano questo centro artistico e romantico: a maggio la Fiera dedicata all’antiquariato, arte e artigianato, a giugno la festa della birra con C’è Fermento e a luglio il Marchesato Opera Festival, rassegna di concerti ed eventi culturali.

Maria La Barbera

La Venaria Reale: quasi 34.000 visitatori dal 26 dicembre al 7 gennaio

Dopo i 450.000 turisti del 2023. Le principali mostre del 2024

Dopo i grandi numeri dell’anno appena passato (445.598 visitatori in
295 giorni di apertura, più 30% circa rispetto al 2022) e il successo di
presenze nel periodo natalizio con 33.875 turisti paganti (con le
aperture continuative dal 26 dicembre al 7 gennaio anche in orario serale delle
Sere di Natale alla Reggia e i vari eventi collaterali: un incremento di 4.000
rispetto al 2022), La Venaria Reale si appresta a vivere il 2024 all’insegna
di grandi mostre secondo un programma che già si preannuncia
imperdibile.

Tra gli eventi espositivi principali si può
annunciare per fine marzo la grande mostra
alle Sale delle Arti Napoli a Torino. La
Venaria Reale invita il Museo di
Capodimonte (titolo provvisorio) sui capolavori
delle collezioni artistiche di Capodimonte.
Oltre sessanta meravigliose opere e
stupefacenti dipinti provenienti dalle maestose
collezioni Farnese e Borbone che
annoverano autentici Maestri come
Caravaggio, Tiziano, Masaccio e
Parmigianino per citarne alcuni.

La mostra è resa possibile grazie all’intervento del Ministero della Cultura in
collaborazione con il Museo e Real Bosco di Capodimonte in virtù di un
rapporto eccezionale ed esclusivo tra prestigiosi enti culturali di valenza
internazionale.

A seguire, per fine aprile si terrà Glassstress: grandi artisti e
designer contemporanei italiani ed internazionali in dialogo con i
maestri vetrai di Murano lungo il percorso di visita della Reggia, in
collaborazione con la Fondazione Berengo nell’ambito della Biennale Arte di
Venezia.

Nei Giardini della Reggia a maggio è previsto il Festival Green Art. Le
forme della natura nelle forme di un giardino con opere di dieci artisti
internazionali capaci di far apprezzare e risaltare il rapporto tra arte
contemporanea e magnificenza del giardino.

A fine ottobre è in programma alle Sale delle Arti la mostra su William
Blake, in collaborazione con la Tate di Londra, che chiuderà degnamente la
trilogia dedicata alla celebre produzione artistica romantica inglese iniziata
con le esposizioni su Constable e Turner.

Infine il Consorzio sta attuando i dovuti passi per prevedere per il prossimo
autunno la mostra Tolkien. Uomo, Professore, Autore.
Oltre al consueto palinsesto culturale della Reggia, fra gli eventi
istituzionali più eclatanti che saranno ospitati nel corso dell’anno si
devono senz’altro menzionare ancora il summit del G7 dedicato ai temi della
Natura e dell’Ambiente, previsto ad aprile, e la spettacolare partenza del
Giro d’Italia che avverrà dalla Reggia il 4 maggio.

La Venaria Reale resterà aperta anche il mese di febbraio
presentando una divertente novità: gli eventi di Scherzo previsti dal 10 al
13 febbraio in coproduzione con la Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani di
Torino.

Per informazioni: lavenaria.it – residenzerealisabaude.com

Musei Reali, bilancio di un anno e nuovi progetti

All’alba del nuovo anno, i Musei Reali di Torino guardano al 2023 attraverso i numeri.

Il bilancio che ne deriva conferma la posizione di prestigio dell’istituzione torinese, che risulta tra le più apprezzate e visitate a livello nazionale.

Sono infatti 626.359 le persone che, nel 2023, hanno ammirato le collezioni e le proposte espositive dei Musei Reali, superando di 168.422 (+ 36%) il dato del 2022.

Particolarmente premiata dal pubblico (25.000 visitatori) è stata la mostra A tu per tu con Leonardo. Il genio e il suo tempoche, dal 7 aprile al 9 luglio, ha raccontato la vita e il tempo di Leonardo attraverso il prezioso nucleo della Biblioteca Reale, tredici disegni autografi e il Codice sul volo degli uccelli, affiancati da una preziosa selezione di opere dalle collezioni dei Musei Reali.

Molto gradita è stata anche l’Estate Reale, il programma connesso ai percorsi museali e alle mostre temporaneeattraverso il filo conduttore della musica che ha visto alternarsi, ai Giardini Reali e al Teatro Romano, concerti e performance.

Il successo dei Musei Reali è proseguito anche durante le feste natalizie con 40.908 visitatori tra sabato 23 dicembre e domenica 7 gennaio 2024, che conferma la crescita rispetto a quanto totalizzato nello stesso periodo dello scorso anno. L’esposizione temporanea nelle Sale Chiablese, Africa. Le collezioni dimenticate, è stata ammirata da 2.870 persone e sarà aperta fino al 25 febbraio.

Il 2024 si apre con la prosecuzione della mostra dossier Giulia & Tancredi Falletti di Barolo collezionisti, in occasione del bicentenario della nascita del Distretto Sociale Barolo. Fino al 7 aprile, la rassegna curata dai Musei Reali in collaborazione con l’Opera Barolo, celebra i marchesi Giulia e Carlo Tancredi Falletti di Barolo, personalità di spicco della società piemontese del XIX secolo, illustrandone il gusto collezionistico, le committenze e gli interessi culturali, ricostruendo il nucleo originario della loro raccolta attraverso una selezione tra le 45 opere d’arte anticadonate nel 1864 con lascito testamentario alla Regia Pinacoteca, oggi Galleria Sabauda, esposte in dialogo con dipinti e sculture un tempo parte della stessa collezione.

La primavera ai Musei Reali propone un ricco programma d’iniziative.

 

Dal 23 marzo al 28 luglio, nelle Sale Chiablese si tiene una mostra dedicata al pittore Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, protagonista della scena artistica italiana nella prima metà del Seicento. Perno del percorso espositivo è il nucleo di opere appartenenti alle collezioni della Galleria Sabauda e della Biblioteca Reale, accostate a dipinti, disegni, incisioni in prestito da musei e collezioni italiane e internazionali. In particolare, la mostra sviluppa il tema del mestiere del pittore, nelle sue relazioni con la committenza, con il mercato e con il pubblico, inserendo il percorso creativo e stilistico dell’artista nel quadro più ampio e intrecciato delle dinamiche economiche e sociali del suo tempo. 

Dal 28 marzo al 30 giugno, l’appuntamento con Leonardo da Vinci in Biblioteca Reale è dedicato quest’anno all’Autoritratto, il percorso espositivo, che si giova anche di prestiti prestigiosi, ne delinea la storia dalla sua genesi, quale testamento umano e spirituale, alla sua diffusione a partire dal Cinquecento, quale rappresentazione universale che Leonardo ha scelto di lasciare di sé alle generazioni future, fino a divenire, nell’età contemporanea, icona globale del genio da Vinci.

Per i 300 anni dalla nascita del Museo di Antichità, dal 23 aprile al 10 novembre 2024, lo Spazio Scoperte della Galleria Sabauda ospita l’esposizione La scandalosa e la magnifica. 300 anni di ricerche in Piemonte su Industria e sul culto di Iside, un viaggio attraverso la città romana di Industria, la città “mercato sul Po”, le cui sorti archeologiche hanno accompagnato la storia e le vicende del museo torinese e del casato sabaudo, tra le più antiche attestazioni in Italia del culto di Iside, dea orientale definita “La scandalosa e la magnifica” nell’Inno del III-IV secolo a. C. rinvenuto a Nag Hammadi, in Egitto. Dalla Iside Cabalistica, opera seicentesca presente nelle collezioni del duca Carlo Emanuele I, si approda a Industria-Bodincomagus, città romana alpina dalle forti connotazioni cosmopolite che lega culti locali, orientali, rapporti economici e culturali con l’Egeo orientale.

Omaggio al femminile: “Le donne nell’arte” alla galleria Malinpensa by la Telaccia

Informazione promozionale 

Un omaggio al femminile da parte della galleria Malinpensa by La Telaccia con la mostra “Le donne nell’arte”, a partire dal 5 fino al 16 marzo 2024

 

È dedicata alle donne nell’arte la mostra collettiva che la galleria d’arte Monia Malinpensa by La Telaccia omaggia per la festa della donna dell’8 marzo.

Le artiste scelte per questa collettiva sono Cinzia Gorini, Ricarda Guantario, Bianca Sallustio e Immacolata Zabatti.

Per Cinzia Gorini, nata nel 1966 a Sesto San Giovanni tutto è iniziato da un colore che ha sempre alimentato in lei la ricerca dell’espressione e dell’introspezione.

“Il mio percorso come artista- spiega Cinzia Gorini – ha preso forma negli ultimi venti anni, in  parallelo ad un’attività manageriale intrisa di creatività, e il blu, in tutte le sue sfumature, rappresenta per me l’esplorazione di quel momento straordinario in cui tutto converge, l’istante perfetto. Il blu, nel corso della mia ricerca onirica, è cambiato nel suo modo di esprimersi attraverso le pennellate sulla tela. Il perdersi in ogni dettaglio dei miei inizi oggi è sublimato da una visione d’insieme dove il cielo e il mare si fondono, come direbbe Moncy Barbour. Oltre alla pittura, la ricerca in questi anni ha assunto forme diverse, avvicinandomi allo yoga e alla meditazione. Sono e sarò sempre alla ricerca di quel blu, del mio momento perfetto”.

L’artista Cinzia Gorini dimostra maestria nella padronanza dell’olio su tela, realizza opere con una tecnica assai personale, costantemente animata da vibrazioni tonali e da un vivo sentimento. È una pittura dai colori ben accordati fra loro e fortemente caratterizzata da contrasti chiaroscurali, che vive di una valida sintesi formale e di un’intensa capacità di stesura. Le sue creazioni raccontano con sentimento una poetica ricca di significato e di emozioni, che acquista un’assoluta purezza di immagine e trasmette un’energia non comune.

L’interpretazione del mare, con il suo movimento delle onde, i cieli e gli orizzonti, che spaziano infiniti nell’opera, incontrano una lirica suggestione cromatica dei blu e degli azzurri di particolare atmosfera e valore espressivo che ci travolgono appieno”.

Ricarda Guantario, di Bari, maestra d’arte, che ha frequentatol’Accademia di Belle Arti di Bari, ha conosciuto uno stile in continua evoluzione, dal figurativo,  in cui l’artista rappresentava la figura femminile, per giungere all’arte contemporanea e concettuale.

Appassionata di filosofia, rappresenta sulla propria tela la concezione esistenziale e il proprio mondo emotivo. L’utilizzo, per esempio, del bianco nell’opera “Infinity” ne accentua ilcarattere metafisico. In alcune sue opere è ricorrente la spirale, che simboleggia il percorso ciclico dell’anima in continua evoluzione. Il dipinto vuole anche rappresentare l’energia divina donata ad ogni essere vivente.  Nella realizzazione dell’opera “Infinity” sono stati utilizzati materiali naturali della terra, come le foglie secche, ed elementi sintetici effimeri, sfere, a  simboleggiare il mondo naturale e quello artificiale. Una serie di opere pop prende il titolo di “Even the true is present”. Attraverso l’utilizzo di un bene di largo consumo, come la mela, l’artista si propone un’indagine sulla contemporaneità.

La creatività dell’artista Ricarda Guantario è intrisa di una appassionante ricerca e di una palpitante espressione sempre mediata da un linguaggio di notevole valenza concettuale e da una bravura compositiva. La suggestiva resa formale, la strutturazione calibrata e l’armonica costruzione dei pieni e dei vuoti, evidenziano un’elaborazione ricca di evidente compiutezza. Si tratta di un’arte che contempla la vita dell’uomo, della sua esistenza e della sua spiritualità, dove la vibrazione dei temi proposti dall’artista Ricarda Guantario toccano il fruitore portandolo alla meditazione. Ogni sua opera viene creata con notevole capacità tecnica ed è avvalorata da un autentico rapporto con la materia, in cui la soluzione dello sfondo bianco sulla tela, rasserenante e puro, mette in evidenza i colori accesi.

La terza artista in mostra è Bianca Sallustio, nata a Bari nel 1953, ultima di tre figli di un commerciante di legname e di una casalinga. Ha avuto una rigorosa educazione cattolica, ricevendo i suoi primi insegnamenti in un convento. Ben presto si rivelò la sua formazione religiosa e nel 1978 si laurea con lode in Medicina presso l’Università di Bari.

Ha iniziato a esporre il suo lavoro al pubblico nel 2010. Nelle opere di Bianca Sallustio coesistono meditazione, creazione, uno slancio emozionale e spirituale di potente umanità e di un processo inventivo di precisa tematica e risonanza di contenuto. Il filo creativo, la profonda sensibilità e le incessanti significazioni sulla natura, risultano coerenti in un tessuto pittorico immutabile, di fascinosa liricità e di mirata scansione di inventiva. Un punto di forza dell’artista è la meditazione esistenziale, che è capace di muovere l’animo del fruitore con una autentica potenza visiva, in bilico tra fantasia e realtà. La Sallustio dipinge con un’intima essenza compositiva e con un mirabile risvolto di schiettezza d’animo, trasfondendo nel suo dipinto una continua linea descrittiva di precisa valenza simbolica, tanto da evidenziare un racconto ricco di qualità espressiva.

Ultima, ma non meno importante artista in mostra, è Immacolata Zabatti, nativa di Grottaglie, nel tarantino, nel 1962.

All’inizio della sua carriera artistica, Immacolata Zabatti ha rappresentato paesaggi salentini, i meravigliosi ulivi secolari con uno stile personale influenzato dal surrealismo. La sua sensibilità l’ha portata anche a trattare temi di alto valore sociale. Diversi poeti hanno scelto le opere della Zabatti per la copertina delle loro pubblicazioni. Nel tempo l’artista ha sentito l’esigenza di ricercare un nuovo stile tecnico e espressivo, un linguaggio personale capace di trasmettere le sue emozioni toccando l’anima del fruitore. Dal 2012 ha iniziato a mostrare la creatività in opere informali, una eccleticità che la fa muovere con perizia ed estro dal figurativo all’astratto. Nella pittura di questa artista affiora una natura amabile e rasserenante, dove gli assoluti protagonisti sono gli ulivi secolari, che dominano la scena paesaggistica con una rappresentazione viva di valori estetici, umani e spirituali. I suoi paesaggi, immersi in una pienezza espressiva e armonia formalesono di serena concezione interpretativa, e conferiscono all’opera accenti lirici cromatici e un ritmo narrativo unico e assolutamente originale. Quello dell’artista Immacolata Zabatti è un operare pittorico meticoloso e attento, in cui la continua presenza dell’albero evidenzia un iter artistico di coerente realizzazione e di forte aspetto simbolico. I suoi soggetti sono raffigurati sapientemente, con maestria di tecnica e piena armonia strutturale.

 

Galleria Malinpensa by La Telaccia, c.so Inghilterra 51, Torino

Telefono: 011 5628220

 

Mara Martellotta

Ultimi dieci giorni per la mostra “Mirò a Torino”

33mila biglietti venduti per l’esposizione dedicata al pittore catalano, al Mastio della Cittadella, che terminerà domenica 14. Venerdì 12 ultimo concerto con visita guidata

 Pur avviandosi alla chiusura, il 14 gennaio p.v., la mostra Mirò a Torino al Museo Storico Nazionale d’Artiglieria ‒ Mastio della Cittadella, attira l’attenzione dei visitatori tanto da registrare, in soli due mesi, ben 33 mila biglietti emessi. L’esposizione, curata da Achille Bonito Oliva in collaborazione con Vincenzo Sanfo e Maïthé Vallès-Bled, che presenta oltre 250 opere del maestro catalano, è risultata durante le festività natalizie, grazie all’apertura continua, la più apprezzata anche dai numerosi turisti presenti in città.

 

La mostra su Mirò, patrocinata da Città di Torino, Regione Piemonte e dal Consolato di Spagna a Torino, ha confermato ancora una volta la grande sensibilità dei torinesi e dei turisti verso l’arte e verso esposizioni che indagano la personalità e le opere dei grandi artisti anche meno conosciute, come quelle provenienti dalle collezioni private e, quindi, raramente presenti in altre esposizioni museali” – commenta Salvatore Lacagnina, produttore della mostra.

 

Il fitto programma di eventi collaterali alla grande mostra Mirò a Torino, come gli appuntamenti musicali che si sono susseguiti dal 10 novembre, organizzati dal Comitato Provinciale dell’Aics (Associazione Italiana Cultura e Sport Aps), e che termineranno il prossimo 12 gennaio con l’esibizione Massimiliano Genot al pianoforte, e musiche di Bach, Mozart, Bufaletti, Scarlatti, Händel, hanno favorito l’afflusso del pubblico.

 

Al termine dei concerti, con un unico biglietto da 15 euro, è possibile visitare la mostra di Joan Mirò accompagnati da una guida. L’iniziativa è organizzata dall’associazione Erremusica Aps, Navigare Srl e Diffusione Cultura Srl. Per i possessori di tessera AICS: 13,00 euro. Prenotazioni presso la biglietteria della mostra: tel. 3513364334–E-mail: navigaremiro86@gmail.com

 

Il successo registrato dall’esposizione dell’artista catalano, e già riscontrato con le precedenti mostre su Frida Kahlo e quella sugli Impressionisti, consolida ulteriormente il rapporto della società Navigare srl con la città sabauda, aprendo la strada ad una nuova programmazione, come anticipa lo stesso Lacagnina. “Terminata la mostra su Mirò, dal 3 febbraio torneremo a Torino con un’altra importante esposizione, interamente dedicata ai Macchiaioli e alla pittura en plein air tra Francia e Italia a cura di Simona Bartolena“.

 

Mirò a Torino, che omaggia l’artista catalano scomparso 40 anni fa, resterà aperta tutti i giorni sino a domenica 14 gennaio con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì 9.30-19.30; sabato e domenica (compreso il 6 gennaio) ore 9.30-20.30. Ingresso gratuito per possessori abbonamento musei Piemonte e Valle d’Aosta.  Info e prenotazioni: www.navigaresrl.com

“Carlo Mollino. Paesaggi inclinati” In mostra al Forte di Bard

Il  fotografo italo-tedesco Armin Linke racconta l’opera del grande architetto torinese

Fino al 18 febbraio

Bard (Aosta)

Un estroso genio dell’architettura. E un genio indiscusso della fotografia ambientale. Signori miei, che accoppiata di gran lusso nella Sala dell’“Opera Mortai” al valdostano “Forte di Bard” che, in occasione del cinquantesimo anniversario della scomparsa (27 agosto, 1973) di Carlo Mollino, icona dell’architettura novecentesca (ma anche fantasioso e bizzarro designer, fotografo e scrittore), a lui dedica una mostra fotografica, curata dall’architetto e studioso milanese Luciano Bolzoni, con immagini assolutamente singolari realizzate dal celebre fotografo e regista italo-tedesco (origini meneghine, ma da tempo residente a Berlino) Armin Linke. Il percorso espositivo traccia un’ampia panoramica, fino al 18 febbraio 2024, del lavoro di Mollino attraverso scatti datati fra il 2006 e il 2023 e prosegue nel tentativo ( da Linke mai abbandonato e, ancora una volta, ben riuscito) di esplorare, attraverso le immagini, le relazioni esistenti fra l’uomo e le graduali, incisive trasformazioni che il progredire della “tecnologia” porta negli ambienti e nel mondo in cui viviamo. “La mostra – da nota stampa – parte dall’idea che la fotografia è indagine e quindi le architetture di Mollino costituiscono un’importante raccolta di dati e annotazioni in grado di leggere un territorio. Linke riflette sulla profonda idea della fotografia come momento per leggere la trasformazione della realtà. Sotto questo punto di vista, gli atteggiamenti di lettura dell’esistente da parte dell’architetto e del fotografo coincidono”. Così come gli sguardi “inclinati” e i paesaggi “inclinati” dei due, atti a meglio inquadrare il prodotto architettonico all’interno del paesaggio e a valutarne, prima (per l’architetto) e dopo (per il fotografo), le inevitabili – accettabili o dirompenti – trasformazioni.

Il tutto per certificare quella funzione sociale del “costruir bene”, soprattutto nel paesaggio alpino, propria di Mollino e della sua rigorosa attenzione al processo costruttivo, pur se sempre piacevolmente attratto da “un’ idea non statica della tradizione che in lui diviene fiume rigoglioso e generatore di nuova vita”. Estrosa eccentricità, di cui sempre mostrano segni inconfondibili le sue opere. Di architettura e di design. E la sua stessa vita, “adrenalinica” e perfino un tantino “spericolata”, come ben sa chi ebbe modo di conoscerlo. Mollino fu, infatti, uomo amante di originali hobbies e attività sportive legate soprattutto alla “velocità”,  quali lo sci (fu anche maestro di sci e, nel dopoguerra presidente della “CoScuMa”- Commissione delle Scuole e dei Maestri di sci”, nonché della “F.I.S.I.”), l’acrobazia aeronautica e le corse automobilistiche con futuristici prototipi da gara. Uomo profondamente legato alla montagna (anche se nel ’30, ancora prima di laurearsi, progettò la “Casa per Vacanza” a Forte dei Marmi) uomo delle Alpi, sciatore e costruttore di funivie e di residenze per la villeggiatura, per Mollino le Alpi sono state soprattutto la Valle d’Aosta, regione che iniziò a frequentare già a partire dagli anni Venti, studiando all’inizio gli edifici tradizionali e successivamente costruendo la “Casa del Sole” e la funivia del “Furggen” di Breuil-Cervinia (ben documentate in mostra nei potenti scatti di Linke), la “Casa Capriata” di Gressoney-Saint-Jean (poi ricostruita), il “Rascard Garelli” di Ayas, la “Casa Olivero” di La Thuile e la “Casa Collettiva” di Aosta. La Vallée, ma non solo. A lui si deve anche, in Alta Valsusa, nel 1946-’47, lo “Chalet – Slittovia” del Lago Nero sopra Sauze d’Oulz, oggetto nel 2001 di un radicale intervento di restauro, dopo decenni di abbandono e vandalismi. Anche la sua Torino, ovviamente, beneficiò del suo ingegno, con opere di cui ancor oggi possiamo godere dell’imponente e singolare bellezza. Suo, nel dopoguerra e in collaborazione con Umberto Mastroianni, il primo Premio al Concorso per il “Monumento ai Caduti per la Libertà” (noto anche come “Monumento al Partigiano”) collocato nel “Campo della Gloria” del Cimitero Generale di Torino. Nel ’52 progettò l’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” (oggetto nel 2006 di un controverso restauro) seguito da altri importanti progetti, fino ad arrivare agli ultimi anni della carriera, quando fra il ’65 ed il ’73 firmò i suoi due più importanti edifici: il Palazzo della “Camera di Commercio” in via San Francesco da Paola e il nuovo “Teatro Regio”, ricostruito dopo il rovinoso incendio del ’36 ed inaugurato nel ’73. Mezzo secolo di attività, ricostruito al “Forte di Bard”, anche attraverso una sezione documentale leggibile in modo dinamico e che trasforma il visitatore in scopritore di documenti originali, componendo così un racconto in grado di restituire la linearità del percorso artistico di Mollino.

Gianni Milani

“Carlo Mollino. Paesaggi inclinati” – Fotografie di Armin Linke

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www,fortedibard.it

Fino al 18 febbraio 2024

Orari: feriali 10/18; sab. dom. e festivi 10/19. Lun. chiuso

Nelle foto di Armin Linke: “Funivia del Furggen”, Breuil-Cervinia, 2006; “Casa del Sole”, Breuil-Cervinia, 2009; “Teatro Regio”, Torino, 2011.

“Luci d’inverno”, il sentimento dei russi per la neve

Alla galleria Pirra, sino al 21 gennaio

Una finestra, con gli stretti legni grigiazzurri che la separano in riquadri, un davanzale e una stanza che s’immagina allegra di presenze umane, divani e poltrone, il samovar sul tavolo apparecchiato.  Al di là, gli alberi spogli e carichi di neve, lo spiazzo davanti tutto imbiancato, sul fondo lo spicchio di una casa. La divisione netta tra due mondi, il dentro e il fuori, il tepore e il freddo che sembra addormentare ogni cosa. gli uomini e gli oggetti di fronte all’ovatta che li circonda. È l’immagine principe della mostra “Luci d’inverno”, ospitata nella galleria Pirra di corso Vittorio Emanuele II 82 sino al 21 gennaio prossimo, è il “Giardino invernale” di Maya Kopitzeva, artista russa scomparsa nel 2005, una degli esponenti di quel post-impressionismo che trovò i massimi traguardi nelle scuole di Mosca e di San Pietroburgo.


Realismo e poesia si mescolano in ognuna delle tele esposte, soprattutto in esterno, lo sguardo su una dimensione di sogno che quei pittori, la maggior parte scomparsa all’inizio del nuovo millennio, conoscevano assai bene, per amore, per convivenza, per il piacere di riprendere, con l’aiuto di una ineccepibile tecnica, con gli ampi quanto concreti colpi di spatola, la luce che cade sulle distese bianchissime o le ombre leggere che ne possono nascere, disseminate qua e là. La neve che, per tutto il mondo russo, nei tanti aspetti della sua arte, dalla musica alla letteratura, è intesa come “preludio della rinascita”, in un attimo prolungato di attesa, in un invito a soffermarsi nei nuovi ritmi calibrati nello scorrere lento delle giornate, a esprimere nuovi sentimenti davanti a quelle luci che si vengono a formare e di cui in nessuna altra stagione dell’anno l’uomo – l’artista – potrebbe godere. E allora è un generale intrecciarsi di rami, di cortecce che resistono o che si slabbrano, si sfaldano, di villaggi addormentati e dove rare sono le figure che s’intravedono, i fiumi gelati e i covoni come messi a riposare, i ricami del sole che a tratti riesce a introdursi tra gli alberi, tra i cespugli, tra le pieghe dei terreni.


Pirra, che da decenni mostra con orgoglio quelle immagini, allinea i nomi di Gleb Savinov, di Boris Lavrenko, del sempre superbo Georgij Moroz, di Leonid Vaichlia e di altri, e della Kopitzeva appunto. Forse la cifra che più ci immaginiamo fuoriuscire dalle tele è un senso di “adagio”, di riposo, di malinconia anche, che tutto avvolge, anche quella “Giornata di sole” di Nadezhda Vorobieva, riempita di bambini che giocano in un giardino pubblico imbiancato, avvolti in cappotti e cuffie colorate e guanti, una lunga panchina dove attenta vigila una madre su una culla gialla posta in pieno sole, anche sulla “Giornata” sembra posarsi un velo di attesa, di un sole di maggior calore. E un senso di quiete che accompagna quell’attesa, che s’intravvede nel “Villaggio” di Lavrenko, o nel “Ruscello d’inverno” di Moroz, nelle distese e nei silenzi che popolano i panorami del “Giorno invernale” di Dmitrij Kosmin e degli alberi solitari, leggeri fantasmi nella distesa bianca, di Vaichlia. “Indipendentemente da ciò che raffigurano, le opere esposte si propongono come scenografie del pensiero, in cui la natura diventa il rispecchiamento degli stati d’animo e delle riflessioni di colui che guarda”, dicono i responsabili della mostra: è l’invito rivolto al visitatore ad “entrare” nel quadro, a scoprirne le componenti più nascosto, a vedere oltre quegli alberi e quei raggi di sole indeboliti che cosa si nasconda, che cosa si voglia esprimere attraverso lo sguardo dell’artista, di più intimo, di più interiore, di più legato ai personali sentimenti di ciascuno.

Elio Rabbione

Nelle immagini, “Giardino invernale” di Maya Kopitzeva (olio, 1975), Georgij Moroz, “Oche d’inverno” (olio, 2006) e Nadezhda Vorobieva, “Giornata di sole” (olio, 1968).