ARTE- Pagina 135

Marcos Lutyens per “Incroci” alla Gam

Da maggio a luglio 2022

INCROCI =||= CROSSROADS

PUBLIC PROGRAM
Per la mostra “Una collezione senza confini”

in collaborazione con Phillips Collection di Washington, DC

e la Missione Diplomatica degli Stati Uniti in Italia

 

GAM Torino

Via Magenta, 31 – Torino

 

Primo appuntamento:

Martedì 3 maggio ore 16 workshop con MARCOS LUTYENS

Posti limitati prenotazioni su infogamdidattica@fondazionetorinomusei.it

 

Marcos Lutyens

 

Nell’ambito del programma “La democratizzazione della cultura: i musei come agenti di inclusione sociale” ideato e promosso dalla Phillips Collection di Washington, DC e dalla Missione Diplomatica degli Stati Uniti in Italia, che nel 2021 ha coinvolto alcuni musei italiani in un programma di workshop, la GAM di Torino – da un’idea di Antonella Angeloro, Arianna Bona, il Dipartimento Educazione GAM  e Angela Benotto Ufficio Relazioni Internazionali di Fondazione Torino Musei – organizza un ciclo di incontri legato alla mostra “Una collezione senza confini. Arte Contemporanea Internazionale dal 1990” dedicati all’inclusione sociale e al coinvolgimento di nuovi pubblici.

 

Il fulcro del programma è il dibattito sul “nuovo ruolo sociale” svolto dai musei nella nostra società moderna: la loro capacità di promuovere l’inclusione di un pubblico che sta cambiando e che richiede attenzione e coinvolgimento mirato: l’arte deve essere accessibile per una audience allargata.

Il progetto si sviluppa tra maggio e luglio e prevede un focus su alcuni artisti – Marcos Lutyens, William Kentridge, Marina Abramovic, Antony GormleyChen Zhen – e le loro rispettive opere, scelte tra le 57 esposte di 33 artisti internazionali.

 

Sono lieto che il Consolato Generale degli Stati Uniti d’America a Milano abbia portato rappresentanti della rinomata Phillips Collection di Washington, DC alla GAM – Galleria d’Arte Moderna di Torino per collaborare a iniziative che promuovono la diversità, l’equità e l’inclusione nelle attività divulgative del museo – sostiene Robert Needham, Console Generale degli Stati Uniti a Milano – La nostra speranza è che questo programma non contribuisca solo a rafforzare le iniziative culturali ed educative dirette a un pubblico diversificato e a costruire un più forte senso di comunità, ma getti anche le basi per collaborazioni future tra la Phillips Collection e altri musei del paese. Siamo convinti del fatto che non solo arte e cultura siano di vitale importanza per società forti, ma che una società è forte solo quando è anche inclusiva e dà forza a tutti gli individui che la compongono. Siamo grati del fatto che GAM condivida la nostra visione e abbia lavorato con tanto impegno per raggiungere un pubblico diversificato, creare opportunità educative e migliorare l’accessibilità della sua collezione.

 

Questo ciclo di incontri permette a culture e idee differenti di incontrarsi. L’arte è una pratica terapeutica, ha effetti sulla salute e sul benessere della psiche, dello spirito e del corpo. Le opere scelte per il Public Program contengono il racconto di un’esperienza personale dell’artista che rimanda ad altri insegnamenti per un confronto intellettuale, emotivo e fisico.

 

Gli incroci con altre discipline possono attivare un momento di incontro e confronto in cui ritrovare la propria dimensione tra arte, quotidiano e benessere. Tutti gli appuntamenti prevedono una presentazione dell’opera da parte del curatore della mostra, un approfondimento a cura dello specialista di altra disciplina e una attività pratica. I temi includono l’ipnosi e la meditazione, la cristalloterapia, l’uso delle erbe per la cura del corpo, la pratica yoga, il disegno e intessitura.

 

Inaugura il progetto il workshop di un ospite speciale: Marcos Lutyens, artista britannico di fama internazionale con sede a Los Angeles, California. Con i suoi progetti Lutyens cerca di interrompere i modelli interiorizzati del pensiero rivolgendosi all’esplorazione della percezione sensoriale, della sinestesia e della mente inconscia, usando spesso l’ipnosi come parte delle sue performance. La pratica artistica di Lutyens mira al benessere psichico ed emotivo del suo pubblico guidando abilmente i partecipanti in esercizi ipnotici che influenzano i livelli più profondi della loro psiche. Le sue opere prendono forma in installazioni, sculture, disegni, cortometraggi, scritti e performance.

Nelle sue esplorazioni della coscienza, Lutyens ha collaborato con i celebri neuroscienziati V. Ramachandran e Richard Cytowic, oltre ad aver studiato con sciamani di culture diverse. In seguito a queste indagini e ricerche, ha inoltre lavorato con gli stati inconsci dei visitatori in musei, gallerie e biennali di tutto il mondo, fra cui il Guggenheim Museum, New York, Palazzo Grassi, Venezia, The Royal Academy of Arts, London, e ha partecipato a dOCUMENTA(13), Kassel, alla Biennale di Venezia, di Istanbul e dell’Havana

 

IL PROGRAMMA

 

Martedì 3 maggio ore 16

INSIDE WOR(L)DS OF THE MIND

WORKSHOP CON MARCOS LUTYENS

Score for Jeune d’Anvers: La main aux eaux, 2016 di Marcos Lutyens, 2016, mixed media

In lingua inglese – Ingresso libero Posti limitati

 

Marcos Lutyens porterà il pubblico a vivere un’esperienza meditativa, tramite un processo che accompagna a guardare e comprendere in modo diverso l’arte e il mondo intorno e che permette di riconnettersi ai mondi interni della mente. I partecipanti saranno guidati dall’artista attraverso diversi momenti che comprendono una breve visita alla sua installazione in mostra, una seduta di meditazione ipnotica e una fase creativa, in cui saranno chiamati a manipolare pezzi di argilla cruda e, rimanendo in uno stato di rilassatezza, saranno incoraggiati a tracciare le loro forme-pensiero interiori nel sale con la punta delle dita. L’opera in mostra Score for Jeune d’Anvers: La main aux eaux era stata concepita per la mostra Organismi, (2016) ed è stata donata dall’artista alla Collezione Permanente della GAM

 

Ingresso libero posti limitati. Prenotazioni via mail: infogamdidattica@fondazionetorinomusei.it

 

 

Domenica 19 giugno ore 15.30

TRAMA E ORDITO. IL PENSIERO È UN FILO

INCONTRO CON NOEMI DI NUCCI, ARTISTA TESSILE

Moscow: the Nose Series City of Moscow di William Kentridge, 2009

Arazzo in lana di mohair tessuta a mano al The Stephens Tapestry Studio, Johannesburg

 

Noemi Di Nucci, textile artist e designer, si occupa di tessitura di arazzi su telaio verticale e orizzontale usando materiali convenzionali e non, tappeti, installazioni, mixed media e scenografie teatrali: ha realizzato le installazioni per l’Estate Romana, per il Comune di Roma e per il Comune di Firenze nell’ex manicomio San Salvi.

I suoi progetti sono caratterizzati dall’unione tra tecniche tradizionali e sperimentali, studio del segno, della forma e del colore e influenze stilistiche contemporanee. Scrive e tiene workshop basati sulla percezione visiva, anche legata ad argomenti specifici, e sulla tessitura di arazzo.

L’incontro con Noemi Di Nucci sarà focalizzato sull’opera Moscow: the Nose Series City of Moscow di William Kentridge: l’arazzo in lana di mohair tessuta a mano presente in mostra è stato prodotto al The Stephens Tapestry Studio di Johannesburg, da Marguerite Stephens e dalle sue collaboratrici, che così descrive il processo: «Quando Kentridge ci consegna il design, subito sembra impossibile tradurlo in un arazzo. Kentridge realizza delle forme di carta nera incollate su una superficie di carta o cartone completata da spilli, scotch e altri materiali. Ci disegna sopra e ogni singolo segno che ha fatto, noi lo reinterpretiamo così che possa essere intessuto.» Durante il workshop ci si concentrerà sul dinamismo del segno e sul senso del bianco e nero. In questo modo i partecipanti potranno disegnare il bozzetto su carta o cartone, metodo che utilizza lo stesso Kentridge, compiendo poi l’intero processo che dalla scelta cromatica porta alla tessitura vera e propria.

 

Costo: 15 € compreso biglietto di ingresso al museo

Posti limitati prenotazioni su infogamdidattica@fondazionetorinomusei.it

 

 

sabato 25 giugno ore 15.30

LA MAGIA DEI CRISTALLI, MEMORIA E VIBRAZIONI

INCONTRO CON ELISA TESTA, CRISTALLOTERAPEUTA

The Communicator di Marina Abramović, 2012

Cera con lapislazzuli, malachite, aragonite, cristalli, quarzo, ossidiana, vetro

Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT

 

Elisa Testa si occupa di cure naturali e in particolare di trattamenti energetici. Ha conseguito il diploma di abilitazione in Pranopratica con approfondimenti in altre tecniche, che utilizza in modo complementare alla cura energetica, quali la cristalloterapia, l’oligoterapia e l’erboristeria. Nel 2015 ha conseguito l’attestato di terzo livello nel metodo “La via dei Cristalli – livello 3 Pratictioner”, percorso di formazione teorico-pratica di tre livelli sulla Cristalloterapia. Ha seguito numerosi corsi di formazione sulle tradizioni sciamaniche, formandosi con Sciamani del centro e sud America e con Medicine Men nativi americani. Come docente conduce corsi di cristalloterapia presso l’Università Popolare “A.E.ME.TRA”. Oltre a numerose conferenze sui temi delle sue specializzazioni, conduce corsi di base e seminari sullo sciamanesimo, cultura celtica, equilibrio energetico ed altre tematiche affini. Nel mese di marzo è uscito il suo nuovo libro “Guarire il Karma” (Decima Musa Edizioni).

Con l’aiuto di Elisa Testa si esploreranno tutte le proprietà curative e le caratteristiche energetiche dei cristalli e delle pietre che fanno parte dell’opera The Communicator di Marina Abramović, oltre all’utilizzo per il benessere personale. Seguirà una meditazione guidata con i cristalli negli spazi esterni della GAM tra cui l’Arena Paolini, anch’essa costellata da marmi preziosi e minerali.

Camminando per 2.500 km lungo la Grande Muraglia, Marina Abramovic riflette sul terreno che calpesta: argilla, terra, minerali e rocce svelano una connessione con energie fisiche e mentali. In seguito a questa esperienza, nel 1989 Abramovic giunge in Brasile dove si concentra su nuovi lavori con i cristalli i Transitory Objects creati nelle miniere di Maraba. Queste opere includono cristalli che come connettori, ci riportano alla Terra, alla natura, trasmettono energie, generano percorsi mentali e sono come computer che contengono la storia del pianeta e le nostre memorie. Così descrive The Communicator: «ho deciso di creare una replica del corpo umano, associando i minerali agli organi vitali» e ancora, «Penso ai cristalli come a un’agopuntura alla testa, puoi tenere la scultura sul comodino e mentre dormi, avviene la cura. L’idea è di usarli come un voodoo benefico.» Durante l’incontro scopriremo che ogni minerale possiede caratteristiche specifiche e proprietà terapeutiche particolari.  I cristalli hanno una valenza importante, in quanto vengono attraversati dalla luce che assorbono e in parte rilasciano, di conseguenza hanno la possibilità di immagazzinare energia e trasmetterla lentamente ai nostri corpi sottili. Tale caratteristica, unita alle proprietà tipiche di un determinato cristallo, permette di intervenire sulle cause energetiche che danno origine a quegli stati di disagio emotivo che in ciascuno di noi si possono manifestare in modo differente.

 

Costo: 15 € compreso biglietto di ingresso al museo

Posti limitati prenotazioni su infogamdidattica@fondazionetorinomusei.it

 

 

sabato 2 luglio ore 15.30

CORPI IMMAGINATI E CORPI PERCEPITI: LE DIVINITÀ DEI SENSI

INCONTRO CON DEVIDATTA (DAVIDE BERTARELLO), INSEGNANTE DI YOGA

Here and There di Antony Gormley, 2002

Ghisa

Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT

 

Devidatta (Davide Bertarello) ha trovato una seconda vita quando all’età di 33 anni si è trasferito da Torino in India, dove è vissuto per undici anni. La pratica dello yoga è arrivata come naturale risposta ai quesiti esistenziali cui tutti ci confrontiamo. In India ha iniziato lo studio dello yoga presso lo Shivananda Ashram di Rishikesh, proseguendo poi presso la Agama Yoga School sotto la direzione di Swami Vivekananda Saraswati. A Varanasi la pratica dello yoga ha lasciato spazio a quella dello Shivaismo del Kashmir, sotto la guida di Mark Dyczkowski e Bettina Baumer, discepoli di Swami Lakshman Joo, l’ultimo maestro che ha incarnato questa tradizione, e che è direttamente legato ai grandi maestri illuminati, come Abhinavagupta. Sempre a Varanasi ha conseguito il diploma in yoga presso la Benares Hindu University.

Tornato in Italia nel 2013, ha fondato Satatam Yoga, scuola di Yoga e Tantra, che ha sede a Torre Pellice (Torino), dove vive e trasmette questa tradizione di yoga non duale.

 

Negli anni settanta Antony Gormley vive per tre anni in India, dove apprende le pratiche di meditazione e auto osservazione, esperienza che caratterizzerà la sua ricerca artistica. Per l’artista è fondamentale scrutare la natura mutevole del corpo e della mente, sviluppando una capacità d’introspezione così profonda che permette di liberarsi gradualmente da tensioni mentali, condizionamenti, paure. La contemplazione e la consapevolezza si proietta nello spazio della scultura installazione dove avviene l’incontro tra due vite: quella dell’artista e quella dello spettatore.

L’incontro è ispirato a Here and There di Antony Gormley ed è immaginato come un momento in cui sperimentare direttamente nell’ambiente a noi più vicino, il corpo fisico, la possibilità di usare un risveglio sensoriale profondo per abbandonare i filtri dei costrutti mentali. Quando il pensiero viene abbandonato attraverso la continua presenza sulle percezioni, il corpo non è più immaginato, ma profondamente sentito, e l’esperienza si libera da una dimensione limitata e personale per divenire espansa, universalizzata.   Si inizierà da una breve condivisione di alcune stanze di un tantra della tradizione shivaita per immergersi in una condizione di consapevolezza, e si proseguirà con un’esperienza corporea tranquilla, naturale, attraverso asana yoghici, per lasciarsi andare ad un’espansione di coscienza in azione.

 

Costo: 15 € compreso biglietto di ingresso al museo

Posti limitati prenotazioni su infogamdidattica@fondazionetorinomusei.it

 

 

Sabato 9 luglio ore 15.30

VIRUS CULTURALE: ARTE E MEDICINA

INCONTRO CON ZHEN ZHEN ZHU, ESPERTA DI MISCELE DI ERBE E TÈ PREGIATI

Diagnostic Room di Chen Zhen, 2000

GAM – Torino

6 disegni: inchiostro di china su carta, legno, vasi da notte, metallo, vetro, paglia, cenere di giornali, 378 erbe medicinali cinesi, zucche

 

“Da millenni i cinesi adoperano le erbe. Secondo la medicina cinese la salute non significa assenza di malattia, ma di un modo di vivere equilibrato. Credo nella scienza, ma questo non mi impedisce di credere anche in altri mezzi. Voglio adoperare il mio corpo come un laboratorio di riflessione che mi permetta di allargare la mia visione del mondo e dell’arte.” Chen Zhen (dal testo in catalogo Avvistamenti, GAM, “Elogio della Magia Nera”, 2000).

Zhen Zhen Zhu è un’esperta in miscele di erbe e tè pregiati che, per curiosità e interesse personale, ha iniziato un percorso di studio approfondito sulle proprietà benefiche di queste foglie. Tale passione ha radici nelle sue origini cinesi, che l’hanno stimolata a ricercare e combinare gusti e sapori con conoscenze sulla medicina tradizionale del suo paese. Per far conoscere meglio la sua cultura e i suoi tè, nel 2019 ha fondato il marchio Zhencha, seguito da uno shop online personale che non solo è aperto alla vendita di svariati prodotti riguardanti il mondo del tè e delle tisane ma è anche un luogo di condivisione in cui pubblica articoli divulgativi e informativi.

Con l’aiuto di Zhen Zhen Zhu si indagheranno le caratteristiche principali della tradizione medicinale cinese e le proprietà delle erbe contenute nei 378 cassetti che fanno parte dell’installazione, partendo dal metodo di autodiagnosi descritto nei disegni. A seguire, una degustazione di tè e tisane dalle proprietà curative con spiegazione di come depurare e curare il fisico attraverso miscele di erbe da bere.

 

Costo: 15 € compreso biglietto di ingresso al museo

Posti limitati prenotazioni su infogamdidattica@fondazionetorinomusei.it

 

“Andy Warhol Super Pop” in mostra fino al primo maggio

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Nel 35esimo anniversario della morte, a Palazzo Barolo il mito indiscusso della Pop Art.

Del resto si sa. Se si visita una mostra incentrata sulla vita e sulle opere del grande Andy Warhol, padre geniale della Pop Art, è necessario ben bene prepararsi ad inciampare e a mettere fuori gioco tutti gli scogli (piacevoli) dell’estrema, che di più non si può, estrosità. Anche lo scoglio dell’inaspettata location.  Come già era successo d’altronde per la rassegna, sempre a Warhol dedicata e ospitata a singhiozzo (causa pandemia) a fine anno scorso alla “Palazzina di Caccia” di Stupinigi, sulla cui scia va a collocarsi proprio l’attuale mostra allestita nell’antico “Palazzo Barolo” in via Corte d’Appello a Torino. L’austera antichità subalpina  “violata” dall’anarchia giocosa e bizzarra della Pop Art. E mai contaminazione d’ambiente fu più suggestiva! All’ingresso un miracolato jukebox d’altri tempi, un tirato pavimento a scacchi bianco-neri, alle pareti gigantografie di Elivis Presley e James Dean, le Polaroid dell’azienda Nital e le grafiche di “Martini & Rossi”, arrivate all’uopo dal “Museo Casa Martini”. America anni ’50? Assolutamente no. Ci troviamo, invece come detto, nelle sale del seicentesco “Palazzo Barolo”, adeguato da Benedetto Alfieri nel ‘700 al gusto “rococò” e che fino al primo maggio ospiterà Pop Art a go-go, con la  nuova rassegna “Andy Warhol Super Pop. Through the lens of Fred W. McDarrah”. Secondo artista, pare, più venduto e quotato al mondo dopo Pablo Picasso, a Andy Warhol (Pittsburgh 1928 – New York, 1987, ultimogenito dei tre figli di modesti immigrati originari di Mikovà, paese dell’odierna Slovacchia), “Palazzo Barolo” dedica  una vera e propria mostra evento promossa, con la consueta spettacolarità, da “Next Exhibition” e “Ono Arte”, in collaborazione con l’Associazione Culturale “ Dreams”  e con l’archivio “Fred W. McDarrah/ MUUS Collection”.

Esposizione unica, volta non solo a raccogliere un congruo numero delle più importanti e note opere di Warhol (una quarantina), ma anche a tracciare uno sguardo intimo e curioso su uno degli artisti simbolo del secolo scorso, attraverso oggetti d’epoca, gadget, fotografie, video, serigrafie, litografie, stampe, acetati e ricostruzioni fedeli degli ambienti e dei prodotti che Warhol amava e da cui traeva qotidiana ispirazione. Il percorso espositivo si apre con l’atmosfera degli anni Cinquanta e Sessanta, in cui si raccontano le sue prime importanti esperienze come grafico pubblicitario (lavorando per riviste come “Vogue” e “Glamour”) per poi passare alle opere seriali, dai colori alterati vivaci e forti, icone senza tempo, da “Marylin”, a “The Self Portrait”, a “Mao Zedong” fino a “Cow” e alla celeberrima “Campbell’s Soup”. Ripetizione e serialità. L’idea di un’arte da “consumarsi” come un qualsiasi altro prodotto commerciale. In bella vista nelle sale di un Museo o sugli scaffali di un qualsiasi centro commerciale. Del resto, affermava Warhol “non è forse la stessa vita  una serie di immagini, che cambiano solo nel modo di ripetersi?”. Di grande suggestione, accanto agli acetati e alle lastre serigrafiche da cui prendevano corpo le sue stampe, sono anche le foto in bianco e nero (sempre una quarantina) di Fred W. McDarrah (Ney York 1926 – 2007) che, per oltre trent’anni, immortalò Warhol sotto l’aspetto più intimo e umano, all’apice della carriera, circondato dalle scatole del detersivo “Brillo”o durante l’inaugurazione di una mostra o mentre gira una delle sue pellicole sperimentali.  E poi l’Andy comunicatore e istrionico.

Primo attore in occasione di vernissage (“Andrei all’inaugurazione di qualsiasi cosa, anche di una toilette”) o accogliente padrone di casa nella sua “Silver Factory”, l’ampio locale al quarto piano di un’ex fabbrica di cappelli sulla 47^ strada, l’“open house”, la “fabbrica” dove l’artista produceva, ma anche quartier generale per un mondo di “originali” che lì si riunivano per rincorrere i principi della Pop Art come completo stile di vita. Un’interessante sezione della mostra è dedicata ancora alle opere inedite dell’avanguardistica serie “Ladies & Gentlemen”, la prima realizzata tra il 1974 e il 1975 con la leggendaria “Polaroid Big Shot”, in cui l’artista svela attraverso i suoi ritratti la comunità dei “Drag Queens” di New York, da sempre tenuta ai margini della società. A chiudere il percorso gli scatti del fotografo americano (di origini croate) Anton Perich e le testimonianze di Keith Haring e Jean-Michel Basquiat (il “James Dean dell’arte moderna”), fra i più importanti esponenti del graffitismo americano ed erede per eccellenza dell’arte del grande Maestro.

Gianni Milani

“Andy Warhol Super Pop. Through the lens of Fred W. McDarrah”

Palazzo Barolo, via Corte d’Appello 20/c, Torino; tel. 338/1691652 o www.warholsuperpop.it

Fino al 1 maggio 2022

Orari: dal mart. al ven. 10/17,30 – sab. e dom. 10/18,30; lun. chiuso

Nelle foto

–         “Marylin”, 1962

–         “Mao”, 1972

–         “Warhol and Brillo Boxes at Stabel Gallery”, 1964 – Photo Credit: Fred W. McDarrak/MUUS Collection

–         Immagini dalla serie: “Ladies & Gentlemen”, 1974-‘75

L’offerta culturale dei Musei Reali nel fine settimana. Mostre, visite guidate e nuove tecnologie

Prosegue l’attività dei Musei Reali, sempre più apprezzata da residenti e turisti che in questi giorni hanno affollato la città.

 

Da venerdì 29 aprile sarà possibile visitare la mostra Nel segno di Raffaello in Biblioteca Reale. Frutto di un approfondito lavoro di studio e progettata in occasione del cinquecentesimo anniversario della morte del pittore e architetto marchigiano, l’esposizione è volta a individuare all’interno del nucleo dei disegni italiani del ‘500 posseduti dalla Biblioteca, quelli riconducibili alla cerchia di Raffaello. Grazie ad un ricco apparato didascalico, contenente anche immagini di confronto, questa mostra conduce il visitatore alla scoperta dell’articolato mondo della tradizione disegnativa rinascimentale, fatta di citazioni, di copie e di lavori preparatori o studi per altre opere.

Informazioni: Nel segno di Raffaello – Musei Reali Torino (beniculturali.it)

 

Domenica 1° maggio torna l’iniziativa del Ministero della cultura Domenica al museo che offre l’ingresso gratuito ai luoghi della cultura statali ogni prima domenica del mese.

L’ingresso gratuito ai Musei Reali sarà concesso esclusivamente con prenotazione online all’indirizzo https://www.coopculture.it/it/poi/musei-reali-di-torino, a partire da mercoledì 27 aprile.

Le mostre Nel segno di Raffaello in Biblioteca Reale e Vivian Maier Inedita nelle Sale Chiablese saranno visitabili a pagamento, secondo le tariffe abituali.

 

Tra le principali novità, è visitabile la Galleria Archeologica, sezione permanente del Museo di Antichità dedicata alle civiltà del Mediterraneo antico, dove sono esposti oltre mille reperti di rara bellezza e inestimabile valore storico, raccolti in oltre quattrocento anni di collezionismo sabaudo. Un viaggio a ritroso nella Storia grazie a un affascinante percorso espositivo, suddiviso in cinque sezioni, articolato lungo dieci sale e allestito attraverso forme espressive contemporanee. L’ingresso al percorso è compreso nel biglietto ordinario dei Musei Reali.

 

Le novità digitali

Tra le novità che accompagnano la visita ai Musei Reali, l’inedita applicazione di gamification “MRT Play” è disponibile gratuitamente sui principali store. Ideata dai Musei Reali in collaborazione con Visivalab SL e il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, nell’ambito del bando SWITCH_Strategie e strumenti per la digital transformation nella cultura, l’applicazione di realtà aumentata offre una nuova esperienza di fruizione innovativa e accattivante, per approfondire la conoscenza delle opere attraverso giochi e indovinelli, in compagnia di personaggi storici e professionisti della cultura.

 

Per visitare Palazzo Reale, la Galleria Sabauda e il Museo di Antichità con curiosi personaggi pronti a raccontare le loro coinvolgenti storie è disponibile l’Audioguida Kids, realizzata dai Servizi Educativi dei Musei Reali in collaborazione con CoopCulture. Lungo il percorso sono presenti dei QR-code da scansionare per ascoltare gratuitamente le tracce audio pensate per i giovanissimi visitatori, per un’esperienza di visita coinvolgente e divertente (età consigliata: 5/12 anni).

 

Le attività con CoopCulture

Sabato 30 aprile alle ore 11.00 e alle ore 15.30 appuntamento con Benvenuto a Palazzo. Le guide e gli storici dell’arte CoopCulture vi aspettano per accompagnarvi in una visita guidata alla scoperta delle sale di rappresentanza del primo piano di Palazzo Reale e dell’Armeria, un itinerario per scoprire o riscoprire la storia e la magnificenza di questo luogo.

Costo dell’attività: € 7 oltre al biglietto di ingresso ridotto ai Musei Reali (€ 13 ordinario, € 2 da 18 a 25 anni, gratuito under 18).

Biglietti online su Musei Reali di Torino | CoopCulture – e-mail info.torino@coopculture.it

 

Sabato 30 aprile alle ore 11.30 proseguono le visite dedicate ai possessori dell’Abbonamento Musei con la visita Tavole imbandite, un tour alla scoperta delle collezioni dei Musei Reali tra argenti, porcellane e cristalli per ricreare l’atmosfera di un tempo nelle splendenti sale di Palazzo Reale. Per informazioni e prenotazioni https://piemonte.abbonamentomusei.it/

 

È inoltre possibile prenotare una visita ai percorsi speciali dei Musei Reali:

– Venerdì 29 aprile alle ore 16 il pubblico potrà visitare i magnifici appartamenti della regina Maria Teresa al primo piano di Palazzo Reale, il Gabinetto del Segreto Maneggio e le suggestive Cucine Reali per rivivere gli antichi usi di Corte.

– Sabato 30 aprile alle ore 16: visita guidata al secondo piano di Palazzo Reale.

– Mercoledì 3 maggio alle ore 16: visita speciale al percorso Tavole imbandite.

Costo delle visite speciali: € 20 ordinario (€ 13 per Abbonamento Musei).

Biglietti online su Musei Reali di Torino | CoopCulture – e-mail info.torino@coopculture.it

 

Le mostre in corso ai Musei Reali

Dal 17 marzo al 17 luglio la Sala da Pranzo del Palazzo Reale ospita Splendori della tavola, inedito allestimento curato da Franco Gualano e Lorenza Santa, incentrato sul fastoso corredo da tavola in argento realizzato a Parigi da Charles-Nicolas Odiot per re Carlo Alberto. Commissionato nel 1833 e trasferito al Quirinale tra il 1873 e il 1874, comprende oggi 1832 elementi ed è annoverato tra le maggiori committenze delle Corti europee dell’epoca. I Musei Reali hanno inaugurato questo nuovo allestimento per celebrare i 161 anni dell’Unità d’Italia.

Il nuovo allestimento Splendori della tavola è compreso nel biglietto ordinario dei Musei Reali.

Oltre alla visita della Sala da Pranzo, inclusa nel normale percorso, è possibile ammirare altre suggestive tavole apparecchiate, con visite guidate su prenotazione.

Il percorso speciale Tavole imbandite è visitabile con CoopCulture.

Info e prenotazioni: Tavole imbandite | CoopCulture; 011 19560449; info.torino@coopculture.it

 

Fino al 26 giugno, le Sale Chiablese ospitano l’esposizione Vivian Maier Inedita con oltre 250 scatti, tra cui molti inediti, video Super 8 e oggetti personali della fotografa americana. Curata da Anne Morin, la mostra presenta anche una sezione dedicata alle fotografie che Vivian Maier realizzò nel 1959 durante il suo viaggio in Italia, in particolare a Torino e Genova. Dopo una prima tappa al Musée du Luxembourg di Parigi, l’esposizione arriva in Italia e ha come obiettivo quello di raccontare aspetti sconosciuti o poco noti della misteriosa vicenda umana e artistica della fotografaVivian Maier Inedita è organizzata da diChroma Photography e dalla Réunion des Musées Nationaux – Grand Palais ed è prodotta dalla Società Ares srl con i Musei Reali, con il patrocinio del Comune di Torino. L’esposizione è sostenuta da Women In Motion, un progetto ideato da Kering per valorizzare il talento delle donne in campo artistico e culturale.

Per informazioni: www.vivianmaier.it – 338 169 1652 – info@vivianmaier.it

 

La Biblioteca Reale

La Sala Lettura della Biblioteca Reale è aperta per le consultazioni dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 15.15 ed è chiusa il sabato: dovranno essere prenotate con almeno 24 ore di anticipo scrivendo all’indirizzo mr-to.bibliotecareale@beniculturali.it, indicando tutte le informazioni disponibili per la richiesta. Per conoscere le modalità di accesso e registrazione consultare la pagina Orari e modalità di apertura della Biblioteca Reale – Musei Reali Torino (beniculturali.it).

 

Caffè Reale

Nella suggestiva Corte d’Onore di Palazzo Reale è possibile rigenerarsi con una pausa al Caffè Reale Torino, ospitato in una ambientazione unica ed elegante, impreziosita da suppellettili in porcellana e argento provenienti dalle collezioni sabaude. Informazioni e prenotazioni al numero 335 8140537 o via e-mail all’indirizzo segreteria@ilcatering.net.

 

Museum Shop

Per rimanere aggiornati sulle pubblicazioni dei Musei Reali e per dedicarvi un pensiero, il Museum Shop è aperto.

È disponibile anche online Musei Reali (shopculture.it).

 

Dal 1° aprile 2022 per l’accesso ai percorsi museali non è più richiesto il Green Pass (D.L. 24/03/2022 n. 24, art. 7).

 

“World Press Photo Exhibition 2022” Alla GAM di Torino l’anteprima italiana

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Il  più importante concorso di fotogiornalismo al mondo

Fino al 18 settembre

Abiti rossi dismessi e appesi a croci di legno, lungo una strada senza confini ingoiata da lugubri sterpaglie, appiattita sotto un cielo plumbeo e terrifico che recupera un briciolo di umanità nell’appena accennata parvenza di una timida forma di arcobaleno: è questo lo scatto realizzato dalla fotografa canadese Amber Bracken per il “New York Times” vincitore assoluto (i nomi dei premiati sono stati annunciati nel marzo scorso) della 66^ edizione della “World Press Photo Exhibition 2022”, il più importante concorso di fotogiornalismo a livello internazionale, nato ad Amsterdam nel ‘55. Foto dell’anno, l’opera vuole ricordare i bambini morti alla “Kamloops Indian Residential School” nella Columbia Britannica, chiusa nel 1978 e facente parte della rete di collegi per aborigeni in Canada, dove nel maggio del 2021 scavi effettuati con radar portarono alla luce i resti di 215 bambini, piccoli indigeni sottratti alle loro comunità, torturati fino alla morte e ignobilmente sepolti in tombe anonime.

 

Sorte comune per migliaia e  migliaia di bimbi, vittime innocenti (fra gli anni ’60 e ’80) del capitolo oscuro e vergognoso della storia e della politica coloniale del Canada. Nella foto scattata dalla Bracken “potevo quasi sentire la quiete, un momento tranquillo di resa dei conti globale per la storia della colonizzazione, non solo in Canada ma in tutto il mondo”. Queste le parole, a commento dello scatto “of the year” da parte della presidente della Giuria globale (dopo un primo lavoro di selezione fatto dalle giurie regionali), l’azerbaijana Rena Effendi. Compito arduo, quest’anno, quello dei giurati se si considera l’elevato numero di lavori, foto e open format, loro pervenuti: 64.823 i candidati, le opere da premiare sono state scelte fra 4.066 fotografi provenienti da 130 Paesi. E ben 134 sono quelle raccolte in mostra, in anteprima italiana, alla “GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea” di via Magenta 31 a Torino, fino al 18 settembre prossimo. Per il sesto anno consecutivo sotto la Mole, l’evento si deve all’impegno della start up pugliese “Cime”, partner della “World Press Photo Foundation” di Amsterdam e della “Fondazione Torino Musei”. Fra le foto esposte alla “GAM”, ovviamente le quattro vincitrici mondiali. Accanto alla succitata della canadese Bracken, troviamo il Premio “World Press Photo Story of the Year” andato a “Salvare le foreste con il fuoco” di Matthew Abbott, Australia, un lavoro realizzato per “National Geographic/Panos Pictures”.

Al centro del racconto, un rito degli indigeni australiani che bruciano strategicamente la terra in una pratica nota come “combustione a freddo”: i fuochi si muovono lentamente, bruciano solo il sottobosco e rimuovono l’accumulo di residui vegetali che possono alimentare incendi più grandi. Vincitore del premio “World Press Photo long-term project award”, invece, “Distopia amazzonica” di Lalo de Almeida, Brasile, per “Folha de São Paulo/Panos Pictures”. Mostra come la foresta pluviale amazzonica sia gravemente minacciata dalla deforestazione, dall’estrazione mineraria, dallo sviluppo infrastrutturale e dallo sfruttamento di altre risorse naturali.

 “Il sangue è un seme” di Isadora Romero, Ecuador, ha vinto la sezione video, “World Press Photo open format award”.  Attraverso storie personali, questo lavoro mette in discussione la scomparsa degli “antichi semi”, la migrazione forzata, la colonizzazione e la conseguente perdita di conoscenze ancestrali. Con Torino, la mostra andrà a toccare 70 sedi in 30 Paesi e si stima che sarà visitata da più di tre milioni di persone a livello internazionale. Lo scorso anno, nonostante gli effetti e le restrizioni della pandemia, “World Press Photo Torino” è stata la 17esima mostra più visitata in Italia (classifica stilata dal “Giornale dell’Arte”, aprile 2022): ciò ha permesso a “Palazzo Madama”, che ospitava l’esposizione, di essere il primo tra i musei torinesi nella classifica italiana (47° posto grazie a 23.696 accessi).

Gianni Milani

“World Press Photo Exhibition 2022”

GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna, via Magenta 31, Torino; tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it

Fino al 18 settembre

Orari: dal mart. alla dom. 10/18

Nelle foto:

–       Amber Bracken: “Kamplos Indian Residential School”

–       Matthew Abbott: “Salvare le foreste con il fuoco”

–       Lalo de Almeida: “Distopia amazzonica”

–       Isadora Romero: “Il sangue è un seme”

In mostra il Giappone a colori

Con ben 170 xilografie alla galleria torinese Elena Salamon

Saranno le stampe giapponesi, in particolare 170 xilografie, le protagoniste di una mostra in programma dal
29 aprile al 4 giugno prossimo alla Galleria torinese Elena Salamon, in piazzetta IV Marzo. Con i loro colori
vividi e accesi, talora delicati e tenui, trasmetteranno al pubblico la poesia in esse contenuta.
Le stampe selezionate per l’esposizione sono il risultato di un’accurata ricerca. A maestri famosi come
Hiroshige e Hasui si affiancano artisti meno noti, capaci di raccontare eleganza e essenzialità di un Paese
che ha fatto della ricerca della perfezione lo scopo della sua estetica.
Non sono presenti in mostra soltanto paesaggi e la natura declinata in ogni sua forma, ma anche delicati
fiori, stampe di pattern per kimoni e paraventi che trasmettono, grazie alle loro molteplici forme e colori,
un profondo rispetto e amore per la terra.
Opera principe in mostra è quella intitolata “Cranes Flying over Waves, il volo della gru sopra la grande
onda”, realizzata da Hiroshige Utagawa (1797-1858), uno tra gli artisti più conosciuti presenti in mostra.
Si tratta di uno sei massimi rappresentanti della corrente dell’Ukiyo-e, letteralmente “mondo fluttuante”,
nata e sviluppatasi durante il periodo Edo, epoca di grande splendore artistico, compreso tra il XVI e il XVII
secolo.
Hiroshige, noto soprattutto per la sua bellezza cromatica, oltre che per la sua capacità di trasmettere il
sentimento della natura, fu uno degli artisti capaci di influenzare maggiormente gli Impressionisti. Sono
presenti in mostra, oltre all’immancabile Fuji, le baie, le barche, i pescatori immersi nella calma vita
quotidiana del villaggio. L’arrivo della sera viene raccontato attraverso uno straordinario arcobaleno, la cui
rappresentazione è affiancata da quella delle stagioni accolte e celebrate in ogni momento, come nella
festa di Tanabata, la festa dell’estate, in cui le prime luci dell’alba affiorano a Yoshiwara, il quartiere dei
piaceri di Edo. Colori predominanti il blu di Prussia e il turchese, declinati in infinite sfumature.
Tra gli artisti in mostra risalenti all’epoca Meij (1868-1912), uno dei momenti più movimentati della storia
giapponese, figurano Kono Bairei (1844-1895), legato alla tradizione classica, noto per le sue xilografie a
soggetto Kacho-e, riguardante fiori, piante e uccelli; Kodama Nagari, attivo dal 1850 al 1890, che realizzò
pattern per kimoni di grande modernità. Tsuda Seifu sin da giovane si affermò quale creatore di motivi
floreali e geometrici, mostrando uno stile che avrebbe presentato molti punti in comune con l’art nouveau.
È definita dello Shin-hanga l’ultima corrente artistica presente in mostra, che avrebbe dato vita al
movimento delle cosiddette “nuove stampe” o neo Ukiyo-e, di cui furono massimi interpreti Hasui,
Yoshida, Koson e Koitsu. Si tratta dell’inizio del periodo Showa, che si protrarrà dal 1926 al 1989, durante il
quale gli artisti Shin-hanga avrebbero creato uno stile capace di combinare soggetti tradizionali a un tratto
moderno ispirato sia dall’impressionismo sia dal realismo.
Le loro opere risultano immerse in una luce soffusa e sono capaci di trasmettere una visione romantica e
nostalgica al tempo stesso del Giappone, valorizzandone le radici rurali e l’architettura tradizionale, che
stava pian piano sparendo dal paesaggio urbano delle grandi città e di Tokyo.
I soggetti favoriti risultano essere la pioggia, la neve, le albe, i tramonti e le notti. Molto suggestivo il
riflettersi di questi elementi sull’acqua, momento nel quale raggiungono la massima espressione artistica.
Nel caso delle xilografie più elaborate venivano incisi fino a 25 legni diversi.
Mara Martellotta
Galleria Elena Salamon, via Torquato Tasso 11 (piazzetta IV Marzo) Torino
Orari di apertura
Martedì, mercoledì e venerdì dalle 15 alle 19
Giovedì e sabato dalle 10.30 alle 19 ( orario continuato)
Informazioni 0117652619

Bruno Molinaro, o l’antico innamoramento per la natura

“Maestri Reali”, alla Biblioteca Nazionale, sino al 6 maggio

“Beh, a me Molinaro piace. Mi piace la sua capacità di concentrarsi sulla “cattura” dei colori nella loro intensità. Mi piace perché sa alterare i colori smaglianti in forte contrasto fra loro, ai bianchi che dominano soffici, pressoché incontrastati, su tutta l’estensione del quadro. Mi piace per la sua tecnica sempre sofisticata, anche quando sembra voler dipingere schizzi approssimativi. Mi piace per le sue pennellate che condensano – nella forma visiva più semplice e per ciò stesso fortemente comunicativa – immagini, sensazioni e sentimenti sempre suggestivi.” Così scriveva Gian Carlo Caselli nel catalogo che accompagnava la grande personale, a palazzo Barolo, nel settembre del 2015, per i cinquant’anni artistici del pittore, sull’onda non critica ma dettata dalla forte amicizia che da anni lega due esseri umani. Da domani Bruno Molinaro (classe 1935, origini friulane prepotentemente affermate) è presente, con sedici opere, negli spazi della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino di piazza Carlo Alberto, in occasione del 300mo anno di fondazione, all’interno di “Maestri Reali”, una mostra organizzata da Guido Folco, presidente del Museo Miit di corso Cairoli 4. Una piccola personale, come lui sei altri artisti, a corona tutt’intorno una trentina di pittori.

 

Sì, Molinaro piace anche a me. Da anni, da quando l’ho conosciuto ad una mostra, per passare poi in quel suo studio in Crocetta, con una certa timidezza e con grande curiosità, dove tutto può apparire caos ma inquadrato nelle vecchie come nelle nuove tele, nei soggetti, nei colori, nelle catalogazioni, nei numeri che segnalano e ordinano. Una bicicletta e una valigia come primo benvenuto, un lato occupato dal cavalletto e da una tela bianca in attesa o già avviata, i pennelli e i tubetti di colore, poi le riviste, le locandine di tante occasioni – ha esposto in gallerie e palazzi torinesi, alla Promotrice e al Piemonte Artistico, in giro per l’Europa con Parigi e Atene, Lisbona e Bonn e Stoccolma, e per il mondo con Los Angeles e Istanbul, con Rio de Janeiro e Tokio e il Messico – e i riconoscimenti, tanti, tantissimi, un po’ più in là un tavolo e qualche sedia e un divano da occupare con gli amici. Alle pareti una cascata di colori, i suoi colori, soltanto una parte, piccola, oggi alla Biblioteca. Ed è con quei colori che Molinaro cattura, un bagaglio di impressioni visive e di ricordi, di angoli visti e immediatamente fatti propri: perché Molinaro è innamorato della natura (i ricami della “Galaverna”, gli autunni dorati, gli inverni di cui avverti il freddo o le “Prime nevi” che li annunciano, le nuvole bianche e soffici, grumi di cotone), con verità esprime quel legame che lo lega a lei, e quelle impressioni, al primo incontro, vengono a far parte della persona, della mente, degli occhi. Delle emozioni, afferrate e rese a chi guarda, le emozioni dell’angolo di un litorale o di un campo di lavanda, narrato e innervosito di pennellate violacee, della distesa giallastra della colza screziata dal verde che s’imbatte sul fondo nell’azzurro di un cielo sereno, di un panorama invernale attraversato dai corsi d’acqua ancora liberi o già ghiacciati, dove forse l’artista, nelle varie coniugazioni, raggiunge i maggiori momenti di poesia, della nebbia che sale e viene ad occupare con ordine questa o quella parte del terreno. Ci sono i suoi fiori, le sinfonie di rossi gialli azzurri intensi e verdi nelle differenti tonalità, espressioni della natura che sono lo specchio reale di quanto ci circonda ma altresì la vitalità e la soffusa sensualità della natura stessa. Si mescolano luci e colori e la tela si fa energia.

Sono quei tratti e quelle spatolate, principalmente gialle e aranciate, che si ritrovano in “Passione”, fitte, compatte, serrate in un unicum che pare dimenticare qualsiasi altro angolo ci possa essere all’intorno; è quella sospesa presenza del glicine nello specchio d’acqua che tra sottili arbusti e ninfee s’allunga “nel giardino di Monet” di Giverny, sono gli “Iris” – la copertina della mostra di Molinaro – in un carosello di bianchi e violacei più o meno profondi, dalle pennellate che pretendono spazio sulla tela, è l’azzurro di quel vasto mare immerso sotto il chiarore del cielo mediterraneo, su cui incombono la roccia bianca e un albero, disordinato dal vento e da quella sua solitudine, ogni cosa chiamata a ricreare “Il mio posto sul mare”. Non c’è soltanto la maestria di un artista, c’è a sovrintendere su ogni occasione, su ogni colore, su ogni composizione la sensibilità dell’uomo, l’intensità dello sguardo, quella magia che non lo ha mai abbandonato.

C’è la voglia ancora di sperimentare, ancora con i suoi colori. Appaiono ora (meglio, da qualche anno) come colori prosciugati, impregnati di una raggiunta essenzialità, quasi increspature che movimentano il dipinto, nervosamente schizzati, di grande dinamismo e giovinezza, vitali, distesi su cartoncini o su carta bagnata e poi raggrinzita, colori forse più tenui e aggressivi allo stesso tempo, messi a confronto con l’intelligenza di sempre, macchie, rivoli sanguigni, filamenti che cercano spazio e direzione sulla tela, tracce, una tecnica nuova, tempere che vogliono ricordarci uno spirito libero.

Elio Rabbione

Sede Espositiva: Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, piazza Carlo Alberto 3

dal 28 aprile (inaugurazione dalla 15 alle 16) al 6 maggio (ingresso libero, in ottemperanza alle direttive anti-Covid, green pass e mascherina, dal lunedì al venerdì dalle 12 alle 16)

Nelle immagini: “Papaveri e girasoli”, olio a spatola, 2000; “Lavanda”, olio a spatola, 2011; “Glicine nel giardino di Monet”, olio su tela, 2013; “Verde”, tempera su cartoncino, 2015

Shinya Sakurai: Terrific Colors

I fluttuanti “puzzles” cromatici del giovane artista nipponico in mostra alla “metroquadro” di Marco Sassone

Fino al 14 maggio

Opere cicliche. Dopo “Love ad Peace” “United Colors” (titoli volutamente echeggianti alle battaglie pacifiste anni Sessanta e alla celebre campagna pubblicitaria di Oliviero Toscani per Benetton) l’artista di origini giapponesi Shinya Sakurai porta a Torino, negli spazi della Galleria “metroquadro”, fino al prossimo 14 maggio, la sua ultima produzione – 13 dipinti a olio, acrilici e resine – presentata (con la curatela di Roberto Mastroianni) sotto il titolo “ambiguo” di “Terrific Colors”. “Ambiguo” se non recepito nell’accezione inglese di “terrific” come “eccezionale”. “Colori eccezionali”. In quanto “capaci di “esorcizzare il lato terrifico nascosto nella realtà”. Nato a Hiroshima nell’‘81 e laureato ad Osaka in Belle Arti (attratto dai Maestri “concreti” del “Gutai”) Shinya Sakurai si divide da anni fra l’isola di Honshu e Torino, dove studia “scenografia” all’“Accademia Albertina” e dove opera indifferentemente legando la sua ricerca artistica a soluzioni di intensa attualità stilistica riuscendo a coniugare, con suggestivi e originali risultati, un perfetto sincretismo fra oriente e occidente, tradizione e contemporaneità. Tradizione. Nel preparare le sue tele intingendo, ad esempio, nel colore il tessuto annodato con l’antica tecnica dello “shibori” (in auge nel periodo Edo) creando una sorta di fantasia astratta e “rituale” al replicarsi del suo segno che si concretizza – in una sorta di marea fluttuante – in cuori, bottoni, teschi, croci, lacrime e celle di colore. Contemporaneità. Nella reiterazione e moltiplicazione del gesto, in una spiccata tensione neo-pop e minimalista “anche se da intendersi – ebbe modo di scrivere Francesco Poli – in chiave non freddamente rigorosa ma pudicamente post-moderna”. Il colore per Sakurai è voce dell’anima. Mai fragoroso, ma morbido, accattivante. Poesia che scorre liquida sul piano della tela. In modo, per certi versi , molto simile a quella “tecnica a pois” che caratterizza la pittura della connazionale Yaoy Kusama, nell’obiettivo di “veicolare – scrive Roberto Mastroianni – messaggi di speranza e serenità che si contrappongono alla pesante eredità culturale propria di un artista che appartiene a una nazione segnata dalla tragedia di Hiroshima e Nagasaki”.

Colore che si concretizza con casualità mai del tutto casuale (e non c’è contraddizione in questo), ma anzi perfettamente rigorosa nel suo dettaglio di segno e di racconto tonale, in un “simbolismo iconico” assolutamente gradevole e di piacevole impostazione decorativa. Per Shinya, fare arte significa lasciarsi intrappolare nei congegni più misteriosi di automatismi in grado di portarci fuori dalle brutture del mondo. Dalle meschinità di giochi perversi matrici di infelicità volute, fortissimamente volute, dall’essere umano. L’arte come “mezzo per trasmettere messaggi di speranza in un mondo migliore, come visione poetica che inneschi in chi guarda i suoi dipinti un senso di serenità e di felicità”. Di qui parte il suo mestiere d’artista. E il suo desiderio di renderci partecipi, attraverso “terrific colors”, di quell’“ottimismo della volontà” che neppure davanti a catastrofi, come quelle occorse (generazioni fa, ma ancora brucianti nella carne) alla sua Terra, egli intende arrendersi e gettare la spugna. Tanti (forse troppi) i riferimenti artistici circolati intorno alla sua pittura, accostata – di volta in volta – ai lavori di Mario Schifano o ai “planisferi colorati” e ai “Tutto” di Alighiero Boetti, così come ai “cerchi e ovali” su sfondi solidi di Lawrence “Larry” Poons o ai “ready made” di Damien  Hirst. “Per fortuna – scrive ancora Francesco Poli – Shinya Sakurai assomiglia soprattutto a se stesso”. Concetto da sottoscrivere. Appieno.

Gianni Milani

“Shinya Sakurai: Terrific Colors”

Galleria “metroquadro”, corso San Maurizio 73/F; tel. 328/4820897 o www.metroquadroarte.com

Fino al 14 maggio

Orari: dal merc. al sab. 16/19

Nelle foto:

–       Il gallerista Marco Sassone con Shinya Sakurai e opere in mostra

Arriva la nuova applicazione di gamification MRT Play, Conquista la Galleria Sabauda

La nuova applicazione di gamification MRT Play, Conquista la Galleria Sabauda è disponibile  sui principali store. Ideata dai Musei Reali in collaborazione con Visivalab SL e il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando SWITCH_Strategie e strumenti per la digital transformation nella cultura, offre una nuova esperienza di fruizione innovativa e accattivante.

Grazie a questa applicazione è possibile accompagnare gli utenti attraverso un percorso guidato capace di coinvolgere attivamente il pubblico attraverso il gioco, di intrattenerlo con contenuti originali e di proporre approfondimenti culturali in maniera piacevole e coinvolgente. Il gioco permette inoltre di fidelizzare maggiormente il pubblico e incentivare le nuove generazioni a visitare i musei.

MRT Play, Conquista la Galleria Sabauda prevede l’applicazione di meccaniche del gaming ed elementi del game-design in contesti che, di norma, non sono orientati ad attività ludiche.  La gamification viene così declinata come una strategia al servizio dell’esperienza di fruizione. In questo modo, l’esperienza museale va oltre la contemplazione delle opere e stimola l’apprendimento attraverso il divertimento e l’interazione.

L’app potrà essere scaricata gratuitamente dai principali store inquadrando un QR code opportunamente indicato con segnaletica e didascalie all’inizio della visita e lungo il percorso.

 

Le opere d’arte della Galleria Sabauda sono presentate in modo formativo, ma in chiave divertente e interattiva, grazie alla realtà aumentata, a mini-giochi, enigmi e stimoli interattivi che coinvolgono l’utente.

La struttura del gioco permette all’utente di giocare singolarmente o in squadra, in modo da includere gruppi di visitatori, ma anche singoli utenti. La registrazione prevede l’inserimento di un nome e l’impostazione del livello di difficoltà, si creerà così un profilo utente utile a registrare il punteggio accumulato durante le sfide.

Successivamente, al giocatore è richiesto di scegliere un personaggio con il quale affrontare l’esperienza: sono disponibili sei personaggi, di cui tre appartengono alla storia di Torino, e tre si riferiscono alle professionalità dei Beni Culturali.

La scelta del personaggio influenza lo svolgimento della visita poiché ad ogni personaggio corrisponde una prospettiva di gioco differente. La Clementina, pittrice di corte, un giovane Cavour in veste di paggio e il Duca Carlo Emanuele I seguiranno il visitatore attivando informazioni e indovinelli che narrano la storia della città, della corte Sabauda e dei dipinti esposti in Galleria. La restauratrice, la curatrice e il ricercatore introducono invece alle tecniche di restauro, all’organizzazione museale, ai temi e alle iconografie dei dipinti.

 

In seguito alla registrazione e alla scelta del personaggio, l’applicazione guida l’utente nella visita attraverso la visualizzazione di una mappa interattiva delle sale della Galleria Sabauda. L’area di gioco è suddivisa in 10 settori da “conquistare”, ognuno caratterizzato da un mini-gioco e da un insieme di indovinelli.

Per non trascurare l’aspetto educativo del gioco, in seguito alla scelta del personaggio, viene presentata all’utente una scheda informativa, in modo che il visitatore possa informarsi sulle figure professionali del mondo dei Beni Culturali o sui personaggi storici.

 

Come funziona MRT Play, Conquista la Galleria Sabauda?

All’interno delle sale della Galleria Sabauda, lo smartphone del visitatore riceverà un segnale da una delle antenne installate nei pressi di un’opera. Questo segnale permette di partecipare al mini-gioco e quindi di interagire con il dipinto in maniera divertente.

I mini-giochi variano di sala in sala e sono stati costruiti in rapporto alla composizione, ai temi e alla struttura di rappresentazione delle opere interessate. Sono presenti sia mini-giochi con meccaniche classiche (sistemi di combinazione e puzzle, ricerca di figure e individuazione delle differenze), sia forme ludiche più complesse, che richiedono il funzionamento dei sensori che caratterizzano i moderni smartphone (operazioni di disegno, scrolling e movimento del telefono, digitazione su schermo touch, etc.).

A ogni avanzamento nel completamento del mini-gioco, saranno fornite informazioni aggiuntive sull’opera. La presentazione di tali informazioni è correlata all’azione del giocatore se, ad esempio, all’utente è richiesto di riconoscere le architetture di un fondale. Al termine di ciascuna operazione corretta verrà descritto l’elemento architettonico che è stato riconosciuto, in questo modo, l’informazione si lega all’azione e ne rende diretta la fruizione.

In base al livello di difficoltà selezionato e alla percentuale di completamento del mini-gioco, il giocatore riceve un punteggio base. Terminata questa fase, nella stessa sala saranno attivati degli indovinelli basati sulle conoscenze acquisite dalla comprensione dei contenuti presentati nella sala e dall’attenzione posta dall’utente durante la visita. Gli indovinelli sono differenti per ogni singolo personaggio, questo significa che i giocatori, selezionandone uno nuovo, avranno accesso ad altre attività e sperimenteranno un’elevata rigiocabilità dell’app.

Completato anche l’indovinello, l’area verrà “conquistata”. Il frutto di queste vittorie sarà segnalato nella mappa interattiva, in modo tale da mostrare all’utente l’avanzamento del gioco.

Dopo la conquista di tutte le sale, con la conclusione della visita alla Galleria, il giocatore potrà vedere il proprio punteggio finale e conoscere i migliori punteggi degli altri giocatori inserendosi nella classifica. Non è però obbligatorio terminare tutti i giochi, l’app salverà i risultati degli utenti, che potranno tornare successivamente per terminare tutte le attività disponibili.

 

Un nuovo obiettivo raggiunto nell’ambito del progetto di innovazione e trasformazione digitale GoDigital!

Dopo il lancio di MRT Virtual per la Cappella della Sindone, la prima applicazione di realtà aumentata realizzata dai Musei Reali con il sostegno della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, l’app MRT Play, Conquista la Galleria Sabauda, consolida l’approccio alle collezioni con uno sguardo alle nuove generazioni e rappresenta un’ulteriore occasione per fidelizzare nuovi pubblici secondo la più ampia strategia dell’engagement.

Grazie al finanziamento ricevuto da Compagnia di San Paolo attraverso il bando Switch, il piano di trasformazione digitale dei Musei Reali prosegue nel suo sviluppo e aggiunge un altro importante tassello alla propria strategia di trasformazione digitale che prevede lo sviluppo di idee e progetti ad alto contenuto inclusivo e partecipativo secondo la logica che pone il visitatore al centro.

Il piano di sviluppo è quindi in piena fase di crescita e vedrà nei prossimi mesi anche il lancio del nuovo sito istituzionale e la realizzazione di un importante e innovativo sistema di segnaletica digitale.

 

Alluvium, le Ogr alla Biennale

Le OGR di Torino presentano alla 59 esima EsposizioneInternazionale d’Arte della Biennale di Venezia dal 23 aprile prossimo il progetto intitolato Alluvium

 

OGR Torino, in occasione della 59 esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, presenta il progetto intitolato “Alluvium” di Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian, a cura di Samuele Piazza, con il sostegno della Fondazione CRT e il contributo di Galerie in Situ-fabienne leclerc, Grand Paris. Viene presentato per la prima volta in Laguna il trio di questi artisti iraniani, che sarà  presente dal 23aprile al 27 novembre prossimo negli spazi del Complesso dell’Ospedaletto. Il progetto espositivo, realizzato e prodotto da OGR Torino, raccoglie alcune  nuove produzioni, parte di un corpus di opere al quale gli artisti hanno lavorato nel corso degli ultimi due anni e mostrato per la prima volta in questa configurazione.

“Presentare il lavoro degli artisti  Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian a Venezia – spiega Massimo Lapucci, Ceo di OGR Torino e Segretario generale di Fondazione CRT – non solo ha diverse assonanze con il contesto circostante, ma sottolinea il naturale collegamento tra la città di Venezia e la mission di OGR Torino. Venezia richiama, infatti, per l’unicità della sua configurazione, da sempre, la pratica dell’arte e del genio umano. Sviluppata su più livelli a partire dalle palafitte, che hanno reso edificabili le isole della Laguna, è cresciuta su se stessa, in un palinsesto di restauri e costruzioni, estetiche nuove e nuovi contributi da parte di diversi popoli, che hanno condotto a una stratificazione fisica della città e a una sedimentazione culturale continua”.

Il titolo Alluvium rimanda all’argilla, alla ghiaia e al limo depositati dall’acqua corrente e si presta a varie letture, richiamando la materialità dei dipinti presentati in mostra e del loro supporto fisico in terracotta; metaforicamente indicano anche i resti di un flusso più astratto, vale  a dire i detriti lasciati dal flusso di notizie, immagini culturali e storiche che gli artisti setacciano e scansionano e da cui pescano materiali sedimentati, raccolti quasi per guadagnare una nuova vita.

A comporre Alluvium è  una serie di strutture che questi tre artisti hanno realizzato in collaborazione con Mohammed Rahis Mollah, fabbro di Dubai. Queste sculture in ferro reggono una serie di piatti in terracotta prodotti da artigiani locali, secondo la tradizione mediorientale. I piatti, a loro volta, accolgono i dipinti degli artisti, creando composizioni  e costellazioni in delicato equilibrio.

Dipinti e collage sui piatti sono frutto di una riscrittura delle immagini provenienti dalle news. Al flusso di immagini cui siamo esposti e che va a comporre una narrazione ufficiale, si contrappone una riscrittura capace di tracciare una registrazione dei nostri tempi e di creare un nuovo immaginario alternativo a queste rappresentazioni; sovrapponendosi a queste immagini, replicando o ridisegnando secondo nuovi disegni geometrici,viene tracciato un ritratto inedito del presente.

MATA MARTELLOTTA

Foto in Gioco! Il mondo dei giochi di piazza e dello spettacolo all’aperto

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Alla Reggia di Venaria

La mostra presenta il mondo dei giochi di piazza e dello spettacolo all’aperto visto attraverso l’obiettivo di 18 celebri fotografi italiani che documentano la trasformazione delle tante modalità di giocare e divertirsi dal secondo dopoguerra fino alla nascita della moderna industria dell’intrattenimento.
Contestualmente evidenzia come la fotografia sia cambiata nel tempo dal periodo Neorealista fino ad una raffigurazione più ambientale che sfocia negli anni Ottanta e Novanta in una dimensione impersonale e priva di socialità.

Ideata da Giangavino Pazzola, curatore di CAMERA, la mostra include oltre 120 fotografie a colori e in bianco e nero che hanno come soggetto persone di tutte le età intente a praticare diverse attività ludiche, oltre ad abitudini, professioni e luoghi che hanno delineato una nuova relazione delle persone con il concetto di tempo libero.

Circus, © Roselena Ramistella, 2021


A cura di Giangavino Pazzola
Organizzata con Camera – Centro Italiano per la Fotografia di Torino
Allestimento di Peter Bottazzi

DOVE
Sale delle Arti, I piano
QUANDO
da Sabato, 09 Aprile 2022 a Domenica, 18 Settembre 2022
COME

Ingresso:
biglietto per la mostra e biglietto “Tutto in una Reggia“.

Consigliata la prenotazione on line.

Per informazioni: tel. +39 011 4992333