Dal 21 aprile: gli inediti “Stick Spinosi” su pandemia e guerra, 4 nuovi Nft, 40 quadri e 7 sculture
L’artista italiano Salvatore Zito è tra i primi a inaugurare le personali della nuova galleria parigina Art Research Paris (A.R.P.). Proprio di fronte all’Eliseo, il gallerista Jean-Jacques Wattel, già noto esperto d’arte della casa d’aste Tajan, ha infatti appena aperto con François Coudert un grande spazio innovativo per l’arte e ha scelto, tra le personali da ospitare, quella dedicata agli “stick” inconsumabili del torinese Zito, che il filosofo Gianni Vattimo ha definito “un pittore dell’ulteriorità, che nasconde e fa presenti gli orizzonti ulteriori”.
Non ci saranno soltanto le opere fisiche di Zito, ma anche gli Nft, le opere virtuali dell’artista, che è un pioniere tra i creatori di Non-fungible token: tra i primi al mondo ad effettuare la digitalizzazione di lavori reali e il primo artista di Torino ad aver intrapreso questa strada. Non arte che nasce e si concretizza dentro un Pc, quindi, ma un lavoro che parte dalla tela e poi rinasce in un’unica diversa opera, con la creazione di algoritmi che diventano figure in movimento, negoziabili in criptovaluta e ricercati dai nuovi collezionisti in linea con la filosofia del Metaverso.
L’esposizione si terrà dal 21 aprile fino al 3 maggio, salvo proroghe, al 174 di rue du Faubourg Saint-Honoré. Ci sono 40 quadri, 7 sculture policrome in legno e smalto e 4 Nft (Non-fungible token).
Le opere in mostra nella capitale francese appartengono alla collezione “Leggeri Stick Spinosi”: i celebri stick (il gelato con il bastoncino) o “Pinguini” di Zito, presenti in molte collezioni pubbliche e private. Gli inediti presentati a Parigi sono 4 e rimandano alla pandemia vissuta, al lockdown e agli odierni scenari di guerra.
Le singole opere non hanno titolo, perché come dice l’artista «il messaggio deve arrivare all’osservatore senza mediazione verbale». «Ci sono tanti significati in questo ciclo – aggiunge Zito – molti dei quali afferenti agli ultimi anni che abbiamo vissuto: il senso di costringimento e chiusura, ma anche quello di possibile liberazione, che offrono gli stick, fatti di filo spinato o emergenti, come forma incorporea dallo stesso. Inconsciamente o consciamente, l’artista traduce nell’opera quello che vede e vive. Nell’estetica dei miei ultimi lavori – aggiunge – ho trasferito il senso claustrofobico del periodo storico che stiamo attraversando».
LA GUERRA IN UCRAINA, LA PANDEMIA: L’OSSIMORO VISIVO DELLE NUOVE OPERE
Le quattro opere Nft corrispondono ai quadri inediti di Zito, che Wattel ha voluto per inaugurare la sua galleria parigina.
Potente è l’ossimoro visivo delle sue nuove creazioni, che è poi la cifra stilistica che percorre tutti gli “stick spinosi” della pittura di Salvatore Zito.
Due di queste nuove opere sono state realizzate durante la pandemia da Covid-19.
Cieli azzurri, luminosi, parlano di libertà e di spazi aperti, inarrivabili però per chi li guarda, che resta dietro a un filo spinato. Si assapora l’ebbrezza attraverso la breccia delineata dalla forma dello stick, ma non ci si può immergere, né raggiungerla. Oppure è il cielo stesso a essere rinchiuso, trattenuto da uno stick spinato che imprigiona i cirri, costretti vicini, ammassati ma pronti a esplodere per sganciarsi da un momento all’altro.
Altri due inediti dipinti, invece, sono nati a marzo 2022. Il mese della guerra in Ucraina, con la distruzione, le atrocità. La vitalità è sequestrata dalla paura, dalle bombe che uccidono o che mettono in fuga. Ed ecco che l’allegria di un aquilone colorato arresta la spensieratezza dell’infanzia, quell’emozione davanti alla semplicità, svanisce. Il vento soffia ancora e l’aquilone sembra voler tornare a esserne sospinto, ma più si muove più si dilania. Il filo spinato si spezza e cede al tentativo dell’aquilone di riprendere il suo volo.
IL PASSAGGIO ALL’INNOVAZIONE DIGITALE NFT
Salvatore Zito è pioniere dell’arte Nft in Italia. A Torino è stato il primo in assoluto ad applicare la tecnologia digitale alle opere d’arte. Tra i primissimi al mondo a trasferire in codice binario opere fisiche e reali. Attraverso la stretta collaborazione con la galleria d’arte digitale torinese Hesos Art le sue opere hanno preso vita nella terza dimensione.
Un passaggio all’arte digitale che Zito ritiene naturale: «Da sempre gli artisti cercano di sfondare il muro della seconda dimensione, giocando con le ombre, i chiaroscuri, in una ricerca perpetua di profondità e prospettive. L’arte ha sempre sfidato lo spazio, sperimentando forme e colori. L’intenzione è ricreare il movimento, la sua suggestione pur restando statica, dominante è l’esplorazione delle dimensioni, la volontà di andare oltre».
In un Nft, l’opera si muove e il suo racconto si espande. Nella terza dimensione si arricchisce di suoni e movimenti. Così i token “Ice cream” si animano: lo stecco ruota mentre gli aculei lo infilzano; le api ronzano e girano per proteggere il nettare del loro alveare che riveste sullo stick.
LO STICK È UN ‘RICOPERTO’ DI METAFORICO SIGNIFICATO
Nelle sue opere, Salvatore Zito mostra una raffinata capacità di sintesi semantica che conduce l’osservatore in una visione onirica neo-pop, densa di ironia. Sceglie lo stick, il gelato col bastoncino, il Pinguino nato nel secolo scorso a Torino, e lo trasforma in un’icona tributo alla città.
Con un sapiente uso cromatico, sulla tela di Zito quel piacere momentaneo, che si consuma velocemente e delizia il palato, si ribalta, diventa inconsumabile, il concetto di tempo si capovolge e muta in un’opera che dura. Una delle prime collezioni, infatti, si intitola “I love Torino”.
Del gelato da passeggio, solo lo stecco di legno rimane nudo, il resto è un “ricoperto” di metaforico significato. Così un oggetto ludico, infantile si riveste di verde acido, di aculei, di spine, di chiodi e api. Affiora una dimensione ibrida in cui l’originale morbidezza convive e si contrappone con una suggestione pungente.
Chi guarda si trova in una sospensione sensoriale: ne è attratto e respinto. Da una parte l’esplosione dei colori, la lucentezza, la freschezza lo richiamano, lo seducono; dall’altra elementi che graffiano, pungono lo allontano perché l’oggetto è inavvicinabile: un duello che cattura lo sguardo e restituisce ricordi amplificati e significati arricchiti.
E’ la prima mostra organizzata in Italia su un genere particolarissimo di forma d’arte, da secoli estremamente diffusa in Giappone e in tutta l’Asia orientale, dove assume però nomi differenti. Si tratta del cosiddetto kakemono o kakejiku, un rotolo di tessuto prezioso o carta, dipinto o calligrafato e realizzato con lo scopo di essere appeso durante occasioni speciali o utilizzato come decorazione a seconda delle stagoni dell’anno. Ben 125 possono essere oggi ammirati in una rassegna di grande interesse ospitata, fino al 25 aprile dell’anno prossimo, presso gli spazi del “MAO-Museo d’Arte Orientale” di Torino. A cura di Matthi Forrer, professore di “Cultura materiale del Giappone pre-moderno” all’Università di Leida, la rassegna – comprendente anche ventagli dipinti e lacche dorate – è resa possibile grazie ai prestiti arrivati al Museo di via San Domenico dalla “Collezione Claudio Perino”, un’importante raccolta di opere acquisite dal medico collezionista piemontese, fra i principali prestatori e mecenati dello stesso Museo. I “rotoli appesi” sono distintivi della produzione pittorica di Cina, Corea e Vietnam, oltre che del Giappone stesso, e rappresentano il corrispettivo dei nostri classici “quadri”. Con una sostanziale differenza. Mentre, infatti, le nostre tele o tavole sono caratterizzate da una struttura rigida, i “rotoli dipinti” presentano una struttura relativamente morbida e sono pensati per una fruizione limitata nel tempo.
Sempre al “MAO”, è in corso fino al 27 febbraio del prossimo anno la mostra dell’artista spagnolo Fernando Sinaga, dal titolo “Il Libro delle Sorti e dei Mutamenti”, a cura di Begona Martinez e Pedro Medina. Si tratta di un progetto site specific in cui l’installazione di Sinaga dialoga con due importanti volumi, una copia a stampa del classico cinese “Il Libro dei Mutamenti (I Ching / Yijing)” di metà Ottocento, proveniente dalla Biblioteca dell’Università “La Sapienza” di Roma, e un facsimile del “Libro delle Sorti” proveniente dalla “Biblioteca Nazionale Marciana” di Venezia, pregevole riproduzione dell’opera omonima scritta da Lorenzo Spirito nel 1482. Libri senza pagine, quelli dell’artista spagnolo. In parete troviamo buste sigillate e forme e oggetti stilizzati in cui simbolicamente si concentrano improbabili visioni future, attimi del presente segnato dall’incertezza. Che cancella sogni, speranze, previsti accadimenti su cui (soprattutto dopo i tempi imprevisti della pandemia) non è più lecito fare alcun affidamento. All’interno di quei simulacri appesi ristagna un limbo oscuro fatto di attese, “orfane della visione del futuro e abbandonate al loro incerto destino”. La mostra è realizzata con l’appoggio di “Acción Cultural Española” grazie al “Programma di Internazionalizzazione della Cultura Spagnola (PICE)”.







Architetto, anatomista, pittore, visionario: l’incredibile e poliedrico genio di Leonardo da Vinci torna protagonista ai Musei Reali che dal 15 al 25 aprile 2022 propongono un’esposizione straordinaria del Codice sul volo degli uccelli e dei 13 disegni, tra i quali anche il celebre Autoritratto.


“Guardando Gesù nella sua passione, noi vediamo come in uno specchio le sofferenze dell’umanità e troviamo la risposta divina al mistero del male, del dolore, della morte”: con queste parole Papa Francesco sintetizza nel suo più intimo significato il tema della morte in croce del Cristo Redentore. Passione e morte per la salvezza dell’Uomo, che pure partecipa, nella sua avventura terrena, all’inciampo del dolore, dell’emarginazione, della tortura, della passione e della morte. Su questa linea intende proporsi la riedizione aggiornata della mostra “Crocifissioni” nuovamente ospitata, in periodo quaresimale – dopo lo stop imposto nel marzo del 2020 dalla pandemia – nelle sale espositive del Collegio “San Giuseppe” di Torino, oggi certamente fra i più importanti centri di promozione culturale cittadina.
rinascimentale) realizzati dal torinese Ottavio Mazzonis (Torino, 1921 – 2010) fra il ’90 e il ‘98. Appeso alla Croce non il corpo del Cristo, ma solo il freddo “sudario”, a simboleggiare il “calvario” della Chiesa odierna, e intorno il dolore senza fine di Maria e discepoli. Dolore in cui si fa luce intensa il grande disco lunare, monito di attesa Risurrezione, proposto dal disegno “Nel buio la luce” di Carla Parsani Motti, mentre dolore assoluto senza fine resta quel Cristo “lanciato in una dimensione di profondità atemporale, in cui la Maddalena è ridotta ad un volto rovesciato indietro” del “Jesu, dimitte nobis” di Luigi Rigorini.
figura quasi astratta in una tela di sacco dorata. E ancora i dettagli. Gli oggetti del martirio.
Mattana e a Renzo Igne. Originale la visionaria leggenda del “pettirosso” di Nick Edel e la complessa narrazione di Rosanna Campra. E poi, il tradimento, preludio al martirio, nel cupo “Bacio di Giuda” di Giovanni Taverna e ancora il dolore estremo negli inchiostri di Giacomo Soffiantino, nell’uccello trafitto di Sandro Lobalzo come nei rami e spine di Franco Sassi e nelle pagine famigliari di Michele Tomalino Serra, fino all’immagine in acquaforte di Lucia Caprioglio del mandylion (il panno con cui la Veronica asciugò il volto di Gesù grondante sangue e sudore) e allo straniante surrealismo di Vito Oliva, di Giorgio Viotto e di Sergio Saccomandi.”Gesù sarà in agonia – ricorda Fratel Alfredo, citando Pascal – fino alla fine del mondo: non bisogna dormire fino a quel momento”. Saggio monito. Di innegabile, drammatica attualità.



