AMBIENTE- Pagina 5

Piemonte: Proroga fino al 15 gennaio “Comune Plastic Free 2025”

C’è tempo fino al 15 gennaio per borghi, città e paesi italiani che vogliono candidarsi come “Comune Plastic Free 2025”. Grazie all’iniziativa della onlus, impegnata dal 2019 nel contrastare l’inquinamento legato all’abuso di plastica, tutte le amministrazioni possono candidarsi e ricevere una valutazione rispetto al proprio impegno di salvaguardia dell’ambiente sul proprio territorio. Plastic Free, infatti, valuterà le procedure di riduzione della plastica adottate e in generale l’impegno e l’attenzione verso l’ambiente. Nel 2024, sono stati cinque i Comuni Plastic Free in Piemonte: Torino, Collegno, Alpignano (Torino); Gaglianico (Biella); Cuneo (Cuneo).

 

“Quest’anno abbiamo reso la procedura di partecipazione più snella per i Comuni che potranno effettuarla autonomamente online – dichiara Luca De Gaetano, fondatore e presidente di Plastic Free Onlus – I criteri di valutazione sono stati rivisti e migliorati affinché le Amministrazioni possano continuare nel proprio percorso di transizione ecologica e d’innovazione virtuosa a beneficio delle comunità locali. Sebbene ci siano già giunte 100 candidature, abbiamo deciso di posticipare sino al 15 gennaio il termine ultimo per la procedura online, viste le novità di quest’anno e le concomitanti scadenze a cui ogni Amministrazione deve far fronte in chiusura dell’annualità. I Comuni – aggiunge De Gaetano – riceveranno un pre-esito così da sentirsi ancora più motivati a migliorarsi sin da subito e, in tal modo, ottenere il riconoscimento massimo che premia il proprio impegno per l’ambiente”

 

La procedura di candidatura è aperta a tutti i 7.896 Comuni italiani. È gratuita e l’ottenimento del riconoscimento di “Comune Plastic Free 2025” ribadisce l’impegno da parte dell’Amministrazione a ridurre la plastica e a mettere in campo procedure utili ai fini della salvaguardia ambientale, che possono fungere da esempio per tutti i cittadini.

 

Candidarsi è semplice, basta compilare il modulo online disponibile sul sito www.plasticfreeonlus.it. e attendere l’esito del comitato della associazione ambientalista. Sarà valutato se sussistono le condizioni per conferire il riconoscimento e sarà possibile visualizzare il pre-esito direttamente online, compreso il punteggio ottenuto. I livelli di virtuosità da quest’anno saranno quattro: 1, 2, 3 tartarughe a cui si aggiunge la lode con il riconoscimento “3 tartarughe gold”. 

 

“Abbiamo già raggiunto quota 100 Comuni Plastic Free, segno questo che la nostra iniziativa viene accolta con favore dalle Amministrazioni a cui sta a cuore il futuro della natura e del pianeta – prosegue il presidente De Gaetano (Plastic Free) – Ricevere le nostre “Tartarughe” significa aver assunto un impegno costante verso i cittadini e l’ambiente, ma allo stesso tempo pensare a progetti a lungo termine che prevedano città più sane e più pulite. Per questo, da parte nostra c’è il massimo rigore nell’assegnare questo riconoscimento, perché quando si parla di ambiente si parla del futuro di tutti noi”. 

 

Dopo la presentazione della domanda, la Segreteria dei Comuni Plastic Free effettuerà tutti i controlli e andrà a validare o meno il risultato. All’interno del form online, il Comune potrà richiedere supporto per migliorare il proprio livello di virtuosità apportando immediati benefici alle comunità locali. Plastic Free effettuerà delle verifiche sul territorio per attestare la veridicità dei dati comunicati.

 

“L’ufficializzazione dei Comuni Plastic Free 2025 – conclude Luca De Gaetano – avverrà l’ultima settimana di gennaio mentre la premiazione nazionale avverrà il successivo marzo. L’augurio è che tutti i Comuni partecipino a questa iniziativa che ha il fine di salvaguardare l’ambiente e la natura, lavorando in sinergia sul territorio e nella realizzazione di progetti volti a sensibilizzare e a far cambiare le nostre abitudini quotidiane”. 

 

Ulteriori info su www.plasticfreeonlus.it

CS

Consumo di suolo: in Piemonte terre fertili a rischio. Parla Igor Boni (Europa Radicale)

di Massimo Iaretti – Canavesano e dintorni

Igor Boni è il coordinatore di Europa Radicale, un’associazione a livello nazionale nell’ambito della ‘galassia’ radicale. Militante del Partito Radicale da 40 anni, laureato in scienze forestali, da sempre porta avanti un impegno nel contrastare quel fenomeno conosciuto come ‘consumo di suolo’ avvero quel processo che prevede la progressiva trasformazione di superfici naturali o agricole mediante la realizzazione di costruzioni e infrastrutture. L’Ispra lo definisce la ‘variazione da una copertura non artificiale, ovvero il suolo non consumato, ad una copertura artificiale del suolo, ovvero il suolo consumato.

Con lui Canavesanoedintorni.it ha voluto fare il punto della attuale situazione normativa ai vari livelli e su quale sia il cosiddetto consumo di suolo in Piemonte.

Nel 2021 è stata varata la seconda Strategia Tematica, la prima risaliva al 2006 ed invitava gli Stati a contenere il consumo di suolo, ma non era cogente. Adesso c’è una Direttiva in fase di definizione ,a riguarda il monitoraggio.

Invece a livello nazionale c’è una legge ?

Non c’è alcuna legge in questo senso nel nostro Paese. Difesa del suolo significa, con un termine che rimanda al passato, difesa del territorio, non dello strato che riguarda il coltivo e ciò che vi è sottostante. Nel 2006 è stata presentata la prima proposta di legge inerente la protezione del suolo e, in particolare, il consumo del suolo, ma non è mai arrivata a diventare un testo normativo.

Qual è la situazione in Piemonte ?

I dati Ispra del 2023 parlano di un consumo di suolo in Italia del 7,2% con una crescita di 20 ettari/giorno. In Piemonte è del 6m7% con una suddivisione del 8,6% per Torino, del 5% a Vercelli, 11,2% a Novara, 5,3% a Cuneo, 7,3% ad Asti, 7,1% Alessandria, 7,9% Biella e 2,8% nel Verbano Cusio Ossola.

Pertanto c’è un dato inferiore alla media nazionale e a prima vista non esageratamente alto ?

Il dato deriva dalla conformazione della nostra regione che ha una forte connotazione montagnosa e collinare, dei due milioni e mezzo di ettari subalpini un terzo appartengono a un territorio di montagna. Questo vuole dire che il consumo di suolo è più diffuso soprattutto nelle zone di pianura. E non dimentichiamo che la Pianura Padana e in generale il Nord Italia, in Piemonte – in misura minore rispetto – Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, parzialmente anche il Friuli, si vede sottrarre dei terreni che sono tra i più fertili d’Europa.

Che ruolo gioca in questo l’informazione ?

E’ sicuramente importante per creare la consapevolezza del problema che, però, a tutti i livelli, non viene avvertito nella giusta misura. Oggi se si parla di inquinamento dell’acqua, dei PM10 nell’aria, questa consapevolezza è molto elevata, anche se i dati per queste problematiche sono in costante aumento. Per il consumo di suolo, invece, non accade: si continua a costruire capannoni, lasciando quelli sfitti inutilizzati e si prosegue nel consumo del suolo. Il caso di Vercelli è sotto gli occhi: l’area industriale, che ha sottratto terreni vocati alla risicoltura, è grande ormai come il centro storico. E questa espansione è avvenuta in pochi anni, mentre la città ha dovuto espandersi per un periodo molto più lungo.

Quale potrebbe essere un rimedio ?

Vorrei premettere che non è che le aree industriali non debbano essere fatte, ma debbano tenere conto, in un’ottica di pianificazione di quello che è il consumo del suolo, del fatto che la qualità del suolo svolge una funzione pubblica, anche se privata, in linea con quanto scritto nell’articolo 42 della Costituzione.

Il che tradotto in pratica cosa significherebbe ?

In altri Paesi europei viene riconosciuto un valore a questa funzione del suolo, un valore economico per cui chi edifica paga alla collettività il ‘danno’ che provoca consumando il suolo. In Italia questo non c’è perché: 1) il suolo non ha un valore economico al di là del valore catastale 2) non c’è una legge che lo definisca

In Regione Piemonte cosa farete in questa legislatura ?

Lo abbiamo fatto in passato e torneremo a farlo con questo Consiglio Regionale, nel riproporre l’impostazione di cui dicevo poc’anzi che non vuole dire ‘Stop al consumo del suolo’ ovvero che non si può più costruire, ma nell’andare nella direzione di dare un valore economico al suolo come definito in precedenza. Il tutto sperando sempre che si arrivi ad una legge nazionale.

Piemonte: rimosse 57 tonnellate di plastica e rifiuti grazie a Plastic Free Onlus

 Un “bottino” di 57.037 chilogrammi di plastica e rifiuti rimossi da spiagge, parchi e aree pubbliche cittadine, frutto di ben 90 appuntamenti di pulizia ambientale tra clean up, passeggiate ecologiche e raccolte dedicate ai mozziconi di sigaretta. È il risultato raggiunto in Piemonte nel corso del 2024 dall’onda blu dei volontari di Plastic Free Onlus, l’organizzazione impegnata dal 2019 nel contrastare l’inquinamento da plastica. Alle attività di rimozione rifiuti sul campo, si aggiungono le sensibilizzazioni soprattutto verso le nuove generazioni. Grazie a 42 incontri tenuti durante l’anno negli istituti scolastici regionali, infatti, si è riusciti a raggiungere 2.402 studenti con interventi personalizzati per fasce d’età per illustrare l’importanza di amare il Pianeta non inquinando, di effettuare una corretta raccolta differenziata e di come scelte alternative alla plastica possano farci prevenire ulteriori disastri ambientali.

 

“Si è concluso un anno straordinario per la nostra associazione che ha varcato i confini nazionali per raggiungere 34 Paesi nel mondo – dichiara Flavia Faccia, referente regionale Plastic Free – Anche le volontarie e i volontari del Piemonte hanno dato il proprio contributo a tutela del Pianeta. Risultati che abbiamo raggiunto anche grazie all’impegno delle amministrazioni locali con cui abbiamo sottoscritto 32 protocolli d’intesa per agevolare e intensificare i rapporti con i referenti locali, promuovendo pratiche virtuose a beneficio dei cittadini. Nel 2024, sono stati cinque i Comuni Plastic Free in Piemonte: Torino, Collegno, Alpignano (Torino); Gaglianico (Biella); Cuneo (Cuneo). Ci auguriamo – conclude Flavia Faccia – che sempre più Comuni colgano questa opportunità candidandosi gratuitamente entro il prossimo 15 gennaio”.

 

Nel 2024, infine, con il suo fondatore e presidente Luca De Gaetano, Plastic Free Onlus ha dato vita al Comitato Scientifico, guidato dal prof. Ennio Tasciotti, fondatore e direttore dello Human Longevity Program all’IRCCS San Raffaele di Roma, inserito dalla Stanford University nella prestigiosa classifica dei top 1% degli scienziati mondiali, nonché Rete delle Università per l’ambiente. L’impegno di Plastic Free è rivolto anche verso il suo simbolo, la tartaruga. Nel corso dell’ultimo anno, ne sono state salvate 31 da morte certa mentre 3.879 tartarughine sono state accompagnate alla nascita grazie al Centro di Recupero di Calimera, in provincia di Lecce.

Semaforo antismog: il 2025 inizia con il livello 1 (arancio). Ma il 1° gennaio sospese le limitazioni del traffico 

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Resterà in vigore fino a venerdì 3 gennaio 2025 compreso (prossimo giorno di controllo) il livello 1 (arancio) delle limitazioni emergenziali.

Si ricorda inoltre che mercoledì 1° gennaio 2025 le limitazioni del traffico ambientali sono sospese, mentre da giovedì 2 gennaio è previsto lo stop anche per i veicoli commerciali euro 5 diesel che, con il livello arancio del semaforo antismog attivo, non potranno più circolare dal lunedì alla domenica, dalle 8 alle 19.

I dati previsionali forniti  da Arpa Piemonte evidenziano infatti il superamento del valore di 50 mcg/mc di concentrazione media giornaliera di PM10 nell’aria per tre giorni consecutivi.

Eventuali variazioni del semaforo antismog in vigore, con le relative misure di limitazione del traffico, vengono comunicate il lunedì, mercoledì e venerdì, giorni di controllo sui dati previsionali di PM10, ed entrano in vigore il giorno successivo.

L’elenco completo delle misure antismog a tutela della salute, delle deroghe e del percorsi stradali esclusi sono disponibili alla pagina www.comune.torino.it/emergenzaambientale

TORINO CLICK

 

Riconosciuto il valore paesaggistico dei vigneti canavesani

Ora si attendono misure per sostenere la viticoltura alpina

 

“Esprimiamo tutto il nostro apprezzamento per l’iscrizione dei vigneti eroici del versante sinistro della Dora Baltea canavesana nel registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico – spiega il Presidente di Coldiretti Torino Bruno Mecca Cici, commentando la notizia dell’accoglimento del dossier di candidatura presentato dall’Unione Montana del Mombarone e del Comune di Borgofranco di Ivrea. Il Ministero dell’Agricoltura ha così riconosciuto l’importanza storica e paesaggistica delle vigne coltivate sui terrazzi che incombono sull’imbocco piemontese della valle d’Aosta, che disegnano un paesaggio alpino davvero peculiare e funzionale alla salvaguardia idrogeologica del versante”.

Il Registro ammette all’iscrizione solo quelle aree dotate di viti che conservano caratteristiche culturali e colturali uniche e che fanno parte delle peculiarità paesaggistiche e della cultura rurale di determinati territori.

I terrazzamenti antichi dove, fin dall’epoca medievale, si è sfruttata l’inclinazione del versante con un allevamento delle viti rialzate da terra e addossate alle pareti rocciose del territorio per utilizzare al massimo il calore riflesso dalla pietra sono parte della cultura canavesana. I tupiun sorretti dal pilun in pietra realizzati sui terrazzi fanno parte del sapere contadino. Una cultura che purtroppo rischia di scomparire.

L’iscrizione nel registro conferma il ruolo dell’agricoltura nella manutenzione del territorio. “Le vigne montane canavesane rientrano nella categoria di eroiche cosiccome le definisce la normativa proprio perché contrastano il dissesto. Continuare a coltivare queste vigne è sempre più difficile e questo successo sta a testimoniare che molto deve essere investito nella viticoltura eroica di montagna. Assistiamo ad anziani che lasciano perdere la vigna senza che i giovani li sostituiscono. Così, in mezzo alle vigne, arrivano i cespugli e il bosco.

Se vogliamo dimostrare davvero attaccamento al nostro paesaggio vitivinicolo dobbiamo aiutare i viticoltori, proteggere le vigne dalla fauna selvatica, dotata di sistemi di trasporto in quota e di viabilità rurale, dobbiamo favorire l’acquisizione di appezzamenti da coltivare, concedere deroghe per facilitare la realizzazione di strutture logistiche e turistiche che possano valorizzare un paesaggio così unico in Italia.

“Questo riconoscimento ci conferma l’importanza di promuovere i vini e l’ambiente unici della viticoltura eroica canavesana. Sappiamo che, con il cambiamento climatico, i nostri vini già importanti possono andare incontro a stagioni di grande rilancio, come le DOCG del Nebbiolo di Carema e dell’Erbaluce. Lo stesso vale per l’olivicoltura che si sta sviluppando su queste stesse pendici. Nel nostro piano di sviluppo per i Comuni dei 5 Laghi di Ivrea abbiamo individuato azioni concrete per sostenere la viticoltura a pergola e la coltura dell’olivo, che toccano anche il versante balteo della Serra e quello di Borgofranco di Ivrea. Pensiamo che sia venuto il momento di promuovere le vigne dal punto di vista turistico con l’insediamento di nuovi agriturismi per la fruizione degli itinerari della via Francigena e delle eccellenze turistiche del territorio come i cosiddetti Balmetti di Borgofranco”.

Coldiretti Torino è pronta ad aprire un tavolo insieme ai Consorzi e all’Unione dei Comuni Montani del Mombarone nei confronti della Regione Piemonte perché questo riconoscimento non rimanga sulla carta, fine a se stesso, ma diventi un grande progetto di rilancio della viticoltura eroica canavesana.

Mara Martellotta

Cambiamenti climatici, il Piemonte monitorato dal nuovo Osservatorio regionale

850mila euro di risorse dei Fondi Europei di Sviluppo Regionale per mettere in campo i primi strumenti necessari per l’operatività della struttura

 

Con una dotazione finanziaria di 850mila euro di risorse dei Fondi Europei di Sviluppo Regionale 21-27 (FESR) si mettono in campo i primi strumenti per l’operatività dell’Osservatorio regionale sui cambiamenti climatici quale strumento per indagare e descrivere i cambiamenti a livello regionale e locale, mappare i rischi sul territorio derivanti dai cambiamenti, fornire scenari per indirizzare le politiche della Regione.

«Per affrontare i cambiamenti climatici e i loro effetti, come l’aumento delle temperature e le ondate di calore, la siccità o, di contro, fenomeni estremi come le alluvioni– sottolinea l’assessore regionale all’Ambiente Matteo Marnati – occorre mettere in campo, accanto a bandi specifici già attuati dalla Regione con le risorse dei Fondi Europei di Sviluppo Regionale 21-27, di cui una quota importante è stata destinata proprio al contrasto ai cambiamenti climatici, anche politiche mirate sulla base di strumenti di monitoraggio scientificamente e tecnologicamente avanzati per prevedere anche impatti futuri. L’Osservatorio diventerà dunque un punto di riferimento per monitorare tutti i fenomeni climatici e fornire scenari per indirizzare le politiche regionali».

Dice l’assessore alla biodiversità Marco Gallo: «L’ultimo allarme è arrivato dalla ricerca americana “Lost winter” di pochi giorni fa: Torino è tra le prime tre città al mondo per giorni sottozero perduti nell’ultimo decennio. Trenta giorni in più durante i mesi invernali in cui il termometro non registra valori negativi con tutte le conseguenze che può avere per l’agricoltura, il turismo, gli approvvigionamenti idrici. E, soprattutto, sulla biodiversità, un regno assai sensibile ai cambiamenti climatici, come ha dimostrato il calo nella produzione di tartufi nelle ultime stagioni dopo estati particolarmente aride. Per questo abbiamo pensato a uno strumento come l’Osservatorio per individuare, con l’aiuto di esperti di clima e di tecnologie, efficienti misure di contrasto».

L’Osservatorio avrà il compito di approfondire la conoscenza dei rischi correlati al clima e degli scenari di impatto e dovrà coinvolgere, in affiancamento alla Regione e ad Arpa Piemonte, altri soggetti che, forti delle proprie competenze specifiche, possano garantire un contributo concreto per il raggiungimento degli obiettivi della struttura. In sintesi: sviluppare attività interdisciplinare per supportare decisioni, pianificazioni e investimenti, finalizzati alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e a uno sviluppo resiliente al clima del Piemonte.

Raccolta rifiuti con i volontari di Retake

Retake scende in campo a Torino il 23 dicembre con un’iniziativa dedicata alla cura dei beni comuni e chiama a raccolta i cittadini per una raccolta di rifiuti natalizia.

L’appuntamento – completamente gratuito e aperto a tutti i cittadini di Torino – è fissato il giorno 23 dicembre alle ore 14:00, in via Nizza 245. I partecipanti possono portare un cappello di Natale e tanta voglia di fare: l’evento rappresenta un’occasione di sensibilizzazione della cittadinanza e insieme di intervento concreto a tutela dei beni comuni.

Possono partecipare cittadini di ogni età e condizioni sociale, intenzionati a prendere parte a un’iniziativa civica finalizzata alla cura di strade, dei marciapiedi, delle piste ciclabili, delle piazze e del verde urbano di Torino.

“Nemmeno con il freddo e vicino alle feste noi volontari di Retake Torino ci fermiamo! Ci incontriamo il 23 dicembre alle ore 14:00, in via Nizza 245, con l’intenzione di vivere insieme un pomeriggio dedicato alla raccolta di rifiuti e alla sensibilizzazione dei torinesi. Vi aspettiamo con tanti cappelli di Natale, per poi concludere la giornata con una bella cioccolata calda!” – dichiara Sofia, Referente Retake Torino.

Torino più verde: al Parco del Meisino 300 nuovi alberi

Il Parco del Meisino si arricchisce di 300 nuovi alberi, per un importante intervento di forestazione e ampliamento delle aree boschive.

Nella tarda mattinata di ieri è iniziata la messa a dimora di un centinaio di piante, che in questa prima fase interesserà l’area a fianco dell’argine del fiume, compresa tra il cimitero Sassi e la cascina Malpensata. I prossimi due lotti interesseranno invece la zona del parco verso via Nietzsche e, in ultimo, la zona umida.

“Si tratta – spiega l’assessore al Verde Francesco Tresso – di un importante intervento di piantumazione, con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente la biodiversità del Parco. Spiace constatare come, pur in una giornata come questa che vede addirittura ampliare le aree verdi del Meisino, si siano nuovamente verificate proteste e tensioni da parte di manifestanti che volevano impedire i lavori nel cantiere. Come già detto, l’amministrazione resta disponibile all’ascolto e al dialogo e prosegue in un progetto di valorizzazione di un luogo di incontro tra natura e comunità”.

L’intervento, che prevede la messa a dimora di specie autoctone selezionate per il loro contributo alla biodiversità e la resistenza ai cambiamenti climatici, è parte integrante del progetto per la realizzazione del Centro per l’Educazione ambientale e lo Sport. Una volta completato, il Centro diventerà un punto di riferimento per la sensibilizzazione ecologica e la promozione dell’attività sportiva all’aria aperta.

Tra le specie messe a dimora, scelte in accordo con l’Ente Parco Po, figurano – tra le altre –  il pioppo, il tiglio, la quercia, il frassino e l’ontano, che ben si integrano con l’ecosistema naturale del Parco del Meisino.

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Lupo e allevatori in Piemonte «Al varo azioni concrete»



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Di fronte all’emergenza lupo, la tutela delle nostre montagne e di chi le vive è una priorità assoluta», dichiarano congiuntamente l’assessore regionale al Commercio, Agricoltura e Cibo, Caccia e Pesca, Parchi Paolo Bongioanni e il sottosegretario alla Presidenza della Regione Piemonte Alberto PreioniLa crescente presenza del lupo nelle aree montane – dichiarano i due esponenti – pone sfide importanti, che richiedono interventi equilibrati tra la tutela della biodiversità e il sostegno alle comunità locali. Gli allevatori sono il cuore pulsante di questi territori. Dobbiamo ascoltarli e fornire loro strumenti concreti per difendersi e lavorare serenamente».

Primo livello su cui intervenire è il sistema attuale di risarcimento dei danni agli allevatori. «È troppo macchinoso. Serve un meccanismo più rapido, semplice ed efficace per garantire un sostegno reale a chi subisce danni da predatori», afferma Bongioanni. Una svolta significativa sulla possibile gestione del problema è stata introdotta dal recente declassamento del lupo da specie “strettamente protetta” a “protetta”, deciso dal Comitato Permanente della Convenzione di Berna. «Una decisione che rappresenta una svolta importante», sottolinea Preioni. «Non si tratta di incentivare una caccia indiscriminata, ma di permettere interventi più mirati e responsabili. Questa decisione consente di adottare strategie di gestione già sperimentate con successo in altri Paesi, garantendo un equilibrio tra sicurezza, economia agricola e tutela della biodiversità».

Con circa 3.300 lupi stimati in Italia, di cui 950 sulle Alpi, il declassamento apre la strada all’elaborazione di un Piano Lupo nazionale che affronti le criticità in modo concreto. «La Regione Piemonte – proseguono i due esponenti regionali – è pronta a collaborare con il Governo per garantire risposte rapide ed efficaci a chi vive quotidianamente il conflitto con i predatori. La gestione del lupo dev’essere una priorità condivisa, capace di salvaguardare sia le attività economiche sia il patrimonio ambientale delle nostre montagne. Gli allevatori non possono essere lasciati soli. Molti rinunciano persino a denunciare gli attacchi a causa di procedure burocratiche troppo complicate. È necessario un cambio di passo, con risarcimenti immediati e misure preventive adeguate, per sostenere chi, con il proprio lavoro, garantisce la sopravvivenza e la valorizzazione di territori svantaggiati».

«Dobbiamo tutelare chi presidia le nostre montagne», concludono Bongioanni Preioni. «Il loro impegno è fondamentale per la salvaguardia del territorio e non può essere vanificato da una gestione inefficace dei conflitti con i predatori. Serve una risposta concreta, condivisa e sostenibile, per assicurare un futuro alla nostra gente di montagna».

Uno scarico fognario inquina il Po in pieno centro a Torino

Queste foto sono state scattate ieri, alla diga della Gran Madre. Come si può vedere c’è uno scarico che inquina il Po poco sopra la diga, lato corso Casale.
Già da qualche giorno circola questa segnalazione tra residenti e pescatori. Si tratta di una fognatura forse in gestione alla SMAT.
“Anche se dagli anni ’80, Torino è servita dal depuratore di Castiglione, – commenta Massimiliano Borgia di Coldiretti – non è mai stata risolta la situazione dei tanti scarichi fognari che nel tratto di Torino fanno passare lo stato di qualità delle acque del Po da BUONO a “AMBIENTE INQUINATO”. Se tutti gli scarichi, come prevede la legge, fossero davvero intercettati nei collettori diretti al depuratore, il Po a Torino salirebbe in modo stabile in classe II, BUONO”.