Hai cercato franco tosi - Pagina 10 di 21 - Il Torinese

franco tosi- Pagina 10

206 Risultati trovati.

La volgarità in Tv

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Se Mauro Corona e’ stato radiato dalla trasmissione “ Carta Bianca” per aver definito “gallina “ Bianca Berlinguer , immagino che ad Alan Friedman che ha rivolto alla moglie dell’ex presidente americano Trump il pesante e sessista insulto di “escort “, verrà comminata dalla Rai un’adeguata sanzione.

Corona e’ un montanaro ruspante e incolto, promosso dalla Berlinguer come opinionista. E’ un provinciale orgoglioso delle sue radici con dei vistosi limiti A suo modo è anche simpatico.

Friedman si considera un raffinato intellettuale , un protagonista del giornalismo televisivo e della carta stampata , un uomo di livello internazionale di ampie vedute. Soprattutto dice di odiare il maschilismo che forse il nostrano ruspante montagnino non ha mai superato del tutto. Io ho conosciuto ambedue i personaggi e potrei scriverne in modo abbastanza dettagliato, ma non sono abituato ad infierire sui perdenti. Sul
fatto che ambedue questi personaggi, apparentemente agli antipodi, siano al tramonto è infatti un dato di fatto che ho constatato da tempo . E la cosa mi intristisce sinceramente. Friedman in Tv alla 7 offese l’on. Mussolini, rifiutandosi di parlare con lei in quanto nipote del duce e non in base ad argomentazioni estranee al dato biografico, l’unico non imputabile alla Mussolini.

Friedman ha tutti i limiti dell’americano superficiale, e’ molto più trumpiano di quello che appare, pur essendo un fiero nemico dell’ex presidente americano.  Non ha nessuna cultura storica per ciò che riguarda l’Italia e spesso vuole interloquire su cose italiane che non conosce in modo approfondito. E’ molto assoluto nei suoi giudizi e non si mette mai in discussione. Sono anni che lo conosco, ma non sono mai riuscito a capire perché si sia trasferito in Italia. La rozza e frequente accusa a lui rivolta e’ quella di “essere un americano che ha trovato l’America in Italia”, un’accusa certamente ingenerosa. Io ho commesso un grave errore a coinvolgerlo nelle attività del Centro Pannunzio qualche anno fa, anche se non esitai a vedere molto presto l’incogruita’ di un rapporto tra modi di pensare e culture troppo distanti.  Friedman vive a Lucca , la città di Pannunzio, troppo poco in verità per essere un pannunziano. Il mio amico lucchese Marcello Pera, molto garbatamente, mi mise in guardia, ma anche lui che è un gran signore, non volle infierire.

 

Adesso c’è’ chi – pur non avendo avere nulla a che fare con il centro Pannunzio scioccamente pretenderebbe da me una sanzione nei suoi confronti, quasi si possano fare processi su cose che non riguardano il passato , ma il presente. Inoltre io non sono un seguace della Boldrini che non a caso con Friedman e’ stata dolcemente critica rispetto alle censure feroci del passato, perché sono un liberale e ritengo l’uomo “un legno storto”, come diceva Kant. Anzi, diffido da chi presume di non sbagliare mai e pretende dagli altri la perfezione. Gli atteggiamenti giacobini li ho sempre rifiutati sia come modelli virtuosi di vita, sia come modelli di persecuzione sanguinaria.
Spesso ci sono giornalisti che con parole paludate offendono chi la pensa diversamente in modo molto più pesante di Corona e Friedman.
Il “Fatto quotidiano “ e’ l’esempio di un killeraggio quotidiano parlato e scritto. Sul versante di destra ci sono conduttori televisivi e opinionisti insopportabili per la loro volgarità. Un personaggio come Signorini e’ espressione di una tv – “spazzatura” che ha contribuito a corrompere l’intelligenza degli italiani.

In tempi volgari e’ difficile che ci siano opinionisti raffinati. In tempi di politica inconsistente non si può pretendere una classe politica di livello appena decente. Ma la volgarità gratuita e’ un’aggravante in più che non trova giustificazione di sorte. E che si debba andarla ad importare in Italia dagli USA appare davvero sciocco. In ogni caso non sono gli USA patria della democrazia che lo stesso Friedman dice di amare. Si tratta di gente che non ha mai aperto Tocqueville e vive di una polemica quotidiana,  nutrita di acredine e di improvvisazione. Il liberalismo e’ un’idea incompatibile con queste persone perché demonizzare addirittura i congiunti degli avversari politici con gli insulti più volgari,  rivela una forma mentis intollerante. Togliatti accusava Gide di essere un pederasta, ma eravamo in tempi lontani e Togliatti era irrimediabilmente un comunista illiberale. Chi usa certi argomenti finisce di rivelare la fragilità delle sue posizioni. L’accusa di essere una gallina di Corona, al confronto, appare una leggerezza trascurabile e in fondo scusabile. Forse non doveva essere promosso a piccolo oracolo.

Pci, cento anni da studiare e non (solo) da celebrare

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Paolo Spriano è stato l’autore di una poderosa storia del partito comunista italiano che venne scritta quando il partito era in piena attività e la sua disciplina interna era ferrea 

Spriano era uno storico di un certo spessore anche se era anche un militante disciplinato, una posizione non facilmente conciliabile con la libera ricerca storica. I suoi volumi erano diretti ai militanti e non ad una ricostruzione spassionata dei fatti. In ogni caso quei volumi in occasione del centenario di fondazione del Pci sono scomparsi dal dibattito ed è un peccato perché sarebbe stato interessante un confronto tra il lavoro di Spriano e quanto e’ stato scritto dopo la sua morte avvenuta nel 1988,un anno prima della caduta del Muro di Berlino.

Dobbiamo considerare che in quegli stessi anni 70 usciva la storia contemporanea di Massimo Salvadori che vedeva il punto di arrivo della storia contemporanea(!) nell’eurocomunismo di Berlinguer, un abbaglio storico che può costare il discredito scientifico. Così mi disse il cugino di Salvadori, Nicola Matteucci.
Questo era il clima plumbeo di quegli anni quando non essere comunisti era considerata una colpa imperdonabile che condannava all’ isolamento, al gulag intellettuale ed essere anticomunisti ti provocava l’accusa di filofascismo.
In questo centenario e’ stato pubblicato molto per celebrare il Pci, non per ricostruirne la storia con un minimo di distacco. Stiamo retrocedendo velocemente alle vulgate. Stiamo giungendo al paradosso che il libro migliore che ho letto è quello di un dirigente comunista di rango come Piero Fassino che non si è mai privato della sottigliezza appresa dalla scuola dei Gesuiti e anche in questa occasione ha scritto in modo non banale e libero da pregiudizi.

Eppure il centenario doveva essere l’occasione per fare i conti con la storia del partito nato a Livorno nel gennaio 1921 come una delle tante scissioni del partito socialista. Quella scissione non fu in grado di combattere, ma facilito’ l’ascesa del fascismo perché indebolì ulteriormente il movimento operaio e portò successivamente alla cacciata dal partito socialista di Turati e Matteotti. Un suicidio politico che contribuì a consegnare l’Italia a Mussolini.
Oltre a Gramsci e a Togliatti fu Amedeo Bordiga a dar vita al partito di cui divenne il primo laeder, anche  se presto venne emarginato perché spirito libero e settario contemporaneamente : un eretico da cacciare. Il Pci nacque come una diretta filiazione di Mosca e rimase prigioniero di quella sudditanza per quasi tutta la sua vita.

Sono rimasto infastidito della mancanza di spirito critico nell’ affrontare un tema che ha toccato la storia italiana in modo signigificaticvo. Ritengo doveroso quindi un riequilibrio che riporti le cose a posto, o quasi, perché aver avuto in Italia un partito comunista di quelle dimensioni fu una disgrazia della democrazia italiana. Certo i comunisti hanno dato il loro contributo all’antifascismo e alla Resistenza che hanno anche monopolizzata in modo soffocante. Hanno avuto degli eroi tre le proprie file come Dante Di Nanni, ma anche delinquenti comuni come Moranino o i vili resposanbili di  atti di terrorismo durante la Resistenza che provocò rappresaglie feroci. L’uccisione a tradimento di un uomo inerme come Giovanni Gentile si deve ad un gruppo di comunisti fiorentini ancora oggi esaltato.
Troppi comunisti non scelsero mai la libertà e la democrazia con convinzione, ma perché costretti da una situazione internazionale che impediva la via rivoluzionaria verso la dittatura di tipo sovietico. La democrazia come mezzo e non come fine, come mi diceva Leo Valiani, a sua volta ex comunista.
Si macchiarono di crimini orrendi dopo il 25 aprile , dimostrando ferocia.

Negli anni 50 si scontrarono con la legge elettorale maggioritaria, definendola legge- truffa, mentre era una legge che avrebbe dato una vera stabilità alla democrazia italiana. Cercarono un rapporto con i cattolici che ambiva al compromesso storico, anche se alla fine da questo rapporto è nato un partito che farebbe inorridire Togliatti, Berlinguer e Moro. Io rendo omaggio a chi ha militato in buona fede nel Pci, soprattutto agli operai, ma non perdono gli intellettuali – molti ex fascisti – che si ammassarono in quel partito, ponendo la loro penna al servizio del conformismo più fazioso e intollerante ed ottenendo premi, posti, prebende, elogi smisurati . L’esempio di un pittore mediocre come Guttuso lo sta a testimoniare, entre Vittorini e lo stesso Pasolini venivano messi all’indice per la loro “indisciplina” . Essere omosessuali nel Pci era considerata una cosa incompatibile con l’etica politica del partito, ad esempio, e non una scelta privata.

Gli intellettuali che sono andati nelle case editrici e nei giornali e poi in Tv e dappertutto a spargere oppio ideologico, per dirla con Aron , hanno colpe gravissime anche perché non hanno dedicato una sola parola di condanna a quanto avveniva in Russia prima ,durante e dopo Stalin.
Gente come Moravia dedita alla più borghese e comoda delle esistenze che si spacciava come comunista, resta un qualcosa di molto indigesto da accettare. Più recentemente fa la sua bella figura Augias, per non parlare dei tanti che dalle scrivanie dei giornali sbianchettano giornalmente con scrupolo ancor oggi togliattiano le notizie scomode o enfatizzano quelle più adatte alla propaganda.

Anche la mitologia attorno all’alta figura morale di Gramsci, al di là del nobile e straordinario esempio del carcere, va ridimensionata perché l’idea di un partito simile ad un moderno principe machiavellico è aberrante, per non parlare della doppiezza e del cinismo di Togliatti che invitava i Russi a trattare nel peggior modo possibile i nostri soldati prigionieri in quel paese. L’idea gramsciana di “egemonia” è quanto di più illiberale e di antidemocratico ci possa essere.
Lo stesso Berlinguer andrebbe ridimensionato perché in effetti fu un seguace di Togliatti appartenente ad un’ altra generazione, ma non ad un altro pensare, perche‘ il suo eurocomunismo fu poco più che uno slogan e il suo compromesso storico una versione aggiornata del togliattismo dialogante con i cattolici.

Certo, il Pci ha anche avuto grandi figure come Giórgio,Amendola che fu largamente osteggiato dal suo partito ,da cui prese spesso le distanze.
Ci sono stati milioni di italiani che hanno creduto nel comunismo e che meritano rispetto,ma il bilancio storico del centenario si chiude in negativo . Il crollo del comunismo reale si è trascinato dietro il partito che non ha saputo o non ha voluto riconoscere prima del 1989 il fallimento del marxismo leninismo in tutte le sue versioni. Gli ardimentosi leoni che erano nel Pci senza essere comunisti,come sostennero, dovevano aprire gli occhi molto prima.

Un deputato comunista ai primi degli Anni 90 mi disse : ”Noi liberali …”Lo fermai e lo pregai di non continuare la frase. Si trattava forse solo di un eccesso di gentilezza nei miei confronti perché anche dopo, certi metodi “comunisti “ , battezzati con altri nomi, continuarono ad essere usati senza problemi. Il liberalismo non era nel DNA dei comunisti e non lo sarà mai.
Uno dei motivi del disastro economico italiano, non dimentichiamolo mai,  sta nel consociativismo che governo’ la politica italiana, oltre che nelle scelte di un sindacato a guida comunista. Queste sono responsabilità storiche gravissime e
Sono anche verità scomode: ad un centenario bisognerebbe solo rivolgere auguri e complimenti, ma quel centenario da tempo non è più in vita . L’ultimo testimone è mancato pochi giorni fa: Emanuele Macaluso anche lui togliattiano, checche’ ne scriva il figlio del togliattiano Maurizio Ferrara, lui stesso per lungo tempo comunista.
In questo centenario io voglio rendere omaggio a due grandi ex comunisti perseguitati a cui venne resa la vita impossibile: Angelo Tasca ,uno dei fondatori , ed Ignazio Silone. A loro dovrebbero essere rivolte delle scuse per come vennero trattati. Al loro magistero possiamo ancora attingere qualcosa di vivo rispetto ad un’esperienza intellettualmente morta e politicamente oggi inesistente.

Trump, la fine ingloriosa di un rivoltoso populista

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni Trump è stato un pessimo presidente degli USA. Adesso sta finendo il mandato in modo indegno con atteggiamenti che degradano gli USA ad uno staterello sudamericano

L’assalto al Senato e’ di una gravità senza pari. Non uso mai a sproposito la parola fascismo, ma qui Trump e’ paragonabile al duce che pure non ebbe mai il coraggio di far aggredire dalle squadracce la Camera .Si accani’ da vigliacco contro il deputato Giacomo Matteotti , fatto rapire e uccidere.  Mussolini disse che avrebbe potuto fare dell’aula sorda e grigia della Camera “il bivacco” per le camicie nere, ma non lo fece, non oso’ farlo. Se pensiamo alla storia della democrazia americana, quella citata ad esempio da Tocqueville e se pensiamo alla terribile guerra civile americana evocata ieri sera da Marcello Pera un tv, abbiamo chiaro chi siano davvero il bullo americano e i suoi rivoltosi assoldati. Al voto, un democratico si inchina, un autoritario nega il valore della volontà popolare. Non mi è mai piaciuto Obama ed ho espresso ripetute critiche ai Clinton.
Ma Trump non ha precedenti.  E’ un vecchio bilioso che ha compromesso la pace mondiale e che oggi ha perso totalmente il controllo di se’ . C’è da rabbrividire per il potere che era nelle sue mani e che riguarda anche il controllo della forza nucleare. Nel migliore dei casi e’ uno sbruffone populista e sovranista senza regole. Chi in Italia lo ha sostenuto è  un fesso o un potenziale fascista. Non dimentichiamolo! Gente senza cultura che vive di slogan e di frasi fatte, gente a cui non si potrà mai affidare l’Italia.

Il Comune di Volpiano ha ricordato l’ex sindaco Conterio

Il Consiglio comunale  dedicato all’approvazione del bilancio L’assessore Panichelli: “Intendiamo sostenere i servizi sociali e l’istruzione”

Il Consiglio comunale di Volpiano, riunitosi lunedì 28 dicembre, si è aperto con il ricordo di Gianfranco Conterio, sindaco di Volpiano dal 1988 al 1997, morto il 25 dicembre all’età di 78 anni. Nelle parole del sindaco Emanuele De Zuanne, del presidente del Consiglio comunale Giuseppe Richiardi e della consigliera Monica Camoletto, sono state evidenziate le caratteristiche di un uomo molto impegnato per la comunità, sia come medico che come amministratore pubblico, tollerante e, al contempo, estremamente schietto nell’esprimere le proprie convinzioni; Gianfranco Conterio è stato l’ottavo sindaco di Volpiano dal secondo Dopoguerra e il primo a essere eletto direttamente dai cittadini.

La seduta è stata in gran parte dedicata all’approvazione del bilancio di previsione 2021/2023 e agli atti connessi, a partire dal Documento unico di programmazione (Dup). L’assessore al Bilancio Giovanni Panichelli ha sottolineato gli effetti economici della pandemia sui conti degli enti locali e il sostegno dato dal governo attraverso un fondo di 3,5 miliardi di euro, successivamente rifinanziato, per consentire alle amministrazioni di affrontare le difficoltà e che ha significato per il Comune di Volpiano un contributo di oltre 700mila euro.

Nel dettaglio, il bilancio di previsione 2021/2023 del Comune di Volpiano, l’ultimo di questa amministrazione, trova il punto di equilibrio a 17 milioni e 871mila euro, con 2 milioni di euro destinati ai servizi socialiun milione e mezzo all’istruzione e alla mobilitàun milione per sviluppo sostenibile e ambiente732mila per sicurezza ordine pubblico e 460mila per beni e attività culturali. «L’intenzione dell’amministrazione – ha sottolineato Panichelli – è sostenere il più possibile gli aspetti sociali e l’istruzione, in linea con quanto fatto negli anni precedenti».

Non sono state apportate modifiche né all’addizionale comunale Irpef, mantenendo gli attuali scaglioni e l’esenzione per i redditi inferiori a 10mila euro, né all’Imu, che il legislatore ha previsto sia ora comprensiva anche della Tasi, né alle tariffe dei servizi pubblici a domanda individuale. Su quest’ultimo punto, l’assessore Panichelli ha riportato i dati del portale OpenCivitas, che mette a confronto la spesa e la tipologia dei servizi erogati dagli enti locali italiani, che evidenziano «per Volpiano una qualità nettamente superiore alla media, con valore complessivo pari a otto in una scala da uno a dieci, e dieci per quanto riguarda il settore sociale e l’asilo nido».

Il Natale profano

Il commento/ di Pier Franco Quaglieni

Nell’infuriare  pasticciato ed incerto delle polemiche sulle chiusure natalizie mi ha colpito una delle tante piccole bestialità di Salvini:

il Natale è per le famiglie divise o, come dicono altri, per le famiglie allargate dopo divorzi, unioni civili, convivenze, ulteriori matrimoni, quelle con  quindici figli di tanti letti e cinquanta nipoti. Un Natale a misura di un falso cristiano che esibisce rosari e crocifissi , non certo per pregare. E’ un Natale pagano, fatto di grandi e volgari  abbuffate, di luci colorate, di regali più o meno costosi.  E spesso e’  arricchito di un presepe lasciato in un angolo della casa, esibito come segno di divisione e non di unione tra ”tutti gli uomini di buona volontà”. Mangiar bene e in allegra compagnia piace a tutti, anche a quelli che non vogliono il presepe perché offenderebbe i musulmani. Il clima festoso di un desco che riunisce famiglie ed amici è sempre un’attrattiva.
Il Cristianesimo rinunciatario e imbronciato alla Jacopone da Todi e’ un qualcosa che poteva armonizzarsi con la miseria di certe epoche medievali. Lo stesso “inventore”  del presepe, Francesco d’Assisi, pur nel suo pauperismo, dimostrò di amare la vita e la natura, segni della grandezza di Dio creatore. Rinunciare alle abitudini consolidate per combattere la pandemia sembra un sacrificio intollerabile, mentre in effetti si tratta solo        del contorno del Natale o, meglio, di quello che molti atei ”cattolici per un giorno”       intendono per Natale.
Ho letto addirittura di regali di
Natale consistenti in buoni per incontri sessuali con escort extra lusso.  Una società priva di valori morali non può resistere agli sconquassi di alcuni divieti. Eppure il Natale ancora per Guido Gozzano significava la mangiatoia di Betlemme traslocata in terra piemontese  alberghi dal nome ottocentesco ben presenti in Piemonte. Il Natale era Gesù Bambino, malgrado Gozzano  fosse dubbioso sull’esistenza di Dio come gran parte degli intellettuali della sua epoca. Per Ungaretti che scrive del Natale  del 1916 a Napoli (e non
dal fronte):  la festa per il poeta  consiste in quattro capriole di fumo in casa, alternativa al “gomitolo di strade” affollato quasi  come l’odierno assembramento. Ben strano destino quello di Ungaretti che non fa parola di Gesù , anche se era destinato, molti anni dopo,  a convertirsi alla fede cristiana. Giovanni Pascoli sentì il fascino delle ciaramelle e delle ninne nanne,  pur non essendo anche lui un credente.
Io ricordo certe prediche di un frate cappuccino in preparazione al Natale che metteva in guardia dal “consumismo fatto di panettoni e cotechini”. Quella frase mi è rimasta in mente, come i ricordi dei miei genitori degli  anni della seconda guerra mondiale, quando c’era un fronte a dividere e non i divieti confusi di Conte.
Sta di fatto che ho deciso di rinunciare a tutti i contorni del Natale, al massimo qualche fiore per dire la mia amicizia a poche persone. Ma non voglio fare o ricevere doni importanti datati 2020, un anno maledetto.  Amavo tanto avere luci colorate in casa e decorazioni       luccicanti. Quest’anno non è più così.
Sto riscoprendo il Natale che si accontenta delle nuvole di fumo
e sente come un pericolo da evitare
per sé e per gli altri  l’andare in giro per negozi.  Alcuni giorni non esco neppure di casa. La sola idea che ogni giorno muoiano di  COVID tante persone mi porta a pensare alla parola di salvezza portata dal Cristo in terra. Se sarà consentito,  andrò come ho fatto per tanti anni a vedere il presepe meccanico di via Po.
Andrò a rendere omaggio ai morti della mia famiglia  portando loro una stella di Natale. Ma come dice ancora Ungaretti, “ho tanta stanchezza sulle spalle” e la falsa giocosità di quest’anno mi è intollerabile. Quando tanti anni fa vidi al Velentino il Luna Park durante le festività natalizie capii che c’era qualcosa di stonato e di inopportuno. Mi venne in mente che dei dipendenti della mia famiglia ( che poi seppi essere tutti comunisti ) passavano la notte di Natale a vedere il circo di Mosca come alternativa alla Messa di Mezzanotte.
Oggi c’è tanta gente come Salvini che protesta perché non può fare il solito banchetto . Anche a me piaceva andare  a cena , pur senza eccessi, ma quando penso ai telegiornali che mi agghiacciano con il numero di morti, sento raggelarsi  il cucchiaio di minestra che ho in cola  e mi viene spontaneo recitare mentalmente un requiem per i tanti sconosciuti che non ce l’hanno fatta. Se mi sarà consentito , sarò felice di essere più sereno il prossimo anno.
E rileggerò Gozzano, Ungaretti e Pascoli, cercando di ritrovare,  se ne avrò ancora la forza, la gioia di Gesù Bambino, del Presepe, del Natale semplice che senza accorgermi avevo vissuto negli Anni Cinquanta quando eravamo tutti più sobrii, anche i bambini che scrivevano la letterina a Gesù Bambino senza sapere che distruzione e che morte aveva portato la guerra sciagurata voluta da Mussolini.

Più senso di responsabilità per non ricadere nell’emergenza

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

La prima giornata arancione a Torino ha rivelato l’immaturità e l’insensatezza di troppi che hanno invaso il centro, creando vistosi assembramenti. Anche la signora Appendino era a passeggio con la figlia in via Garibaldi.

Di una situazione del tutto fuori controllo si è reso conto persino l’assessore regionale alla Salute Icardi, quello che ad ottobre andò’ in viaggio di nozze.

IAnche a me avrebbe fatto piacere fare una passeggiata in via Roma e iniziare con gli acquisti di Natale a cui certo non voglio rinunciare . Ma il senso di responsabilità in questi drammatici momenti, per nulla superati, lo sconsigliava. Ci sarà tempo per farlo prima di Natale con tutta calma.
Ma qui si ripropone in modo lampante il problema dei controlli che non ci sono stati o non hanno funzionato. Ricadere nell’emergenza assoluta e’ facilissimo. L’esordio della domenica ci offre un pessimo segnale. Troppi hanno già dimenticato ciò che è accaduto nel corso dell’estate.

Prefettura, Questura e Comune debbono mettere in atto un’azione preventiva e repressiva perché non si ripeta ciò che è accaduto domenica e che può portare ad un aumento dei contagi.
Se consideriamo l’esilarante protesta della ragazzina dodicenne che vuole tornare assolutamente a scuola senza considerare la mancanza di sicurezza e la inadeguatezza dei trasporti, abbiamo un quadro complessivo di evidente irresponsabilità . Sulla dodicenne hanno imbastito una speculazione politica contro Cirio che ha avuto il buon senso di non riaprire le scuole.

Anche se la didattica a distanza non soddisfa ,non possiamo dimenticare che la seconda ondata è proprio coincisa con l’apertura scriteriata delle scuole senza trasporti adeguati di cui non si parla neppure più . La nuova Greta torinese della riapertura ad ogni costo meriterebbe una strigliata da parte dei genitori e non la pubblicazione sui giornali delle sue immature proteste che rivelano ovviamente la non conoscenza dei problemi.

Da oggi occorre più fermezza nelle Autorità e soprattutto più responsabilità nei cittadini . Ieri non è stata una domenica arancione, ma una domenica nera che non fa onore ai torinesi.

Presentato il bilancio sociale Inps

L’INPS del Piemonte ha presentato  il Bilancio Sociale 2019/2020, appuntamento annuale di condivisione dei dati reali relativi all’attività dell’Istituto con i rappresentanti delle Istituzioni locali e del mondo sociale e imprenditoriale piemontese.

Innovativa la modalità di presentazione dei risultati raggiunti, l’evento si è svolto in remoto tramite piattaforma on line, che ha visto avvicendarsi al tavolo dei relatori la Vicepresidente del Senato della Repubblica Anna Rossomando, l’Assessore Regione Piemonte alla Semplificazione e ai Rapporti con il Consiglio Regionale Maurizio Marrone, il Vicesindaco e Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Torino Sonia Schellino, il Presidente del Comitato Regionale del Piemonte Francesco La Tona. Sono intervenuti nel dibattitto anche il Direttore regionale della Caritas Piemonte Pierluigi Dovis, il Responsabile sindacale dell’Unione industriale di Torino Massimo Richetti e, in rappresentanza delle OO.SS. CGIL-CISL-UIL, il Segretario Regionale CGIL Massimo Pozzi.

Vista la particolare situazione che il Paese sta vivendo l’Inps del Piemonte ha ritenuto opportuno, oltre che restituire la dimensione di quanto fatto nel corso del 2019, illustrare in che modo gli ultimi eventi abbiano modificato lo scenario regionale, analizzando e mettendo in comune anche i dati disponibili del 2020.

I dati del bilancio sono stati illustrati da Giuseppe Baldino, già Direttore del Piemonte fino al 2019 e da Emanuela Zambataro, attuale Direttrice regionale del Piemonte. Quest’ultima ha esposto le tendenze del  2020, caratterizzate dal notevole impatto della crisi pandemica e, soprattutto, dalla enorme mole di prestazioni erogate  dall’INPS, a seguito delle diverse misure emergenziali adottate dal nostro Governo, senza per questo trascurare le  prestazioni ordinarie, che costituiscono il “core business” dell’Istituto previdenziale.

Tutti gli interventi hanno messo in luce l’esigenza di potenziare la rete esistente tra  Istituzioni ed organizzazioni a vario titolo presenti sul territorio, al fine di progettare e realizzare iniziative coordinate e congiunte. Esigenza ancor più presente in un tessuto produttivo a forte caratterizzazione industriale come quello piemontese.

È inoltre emersa la necessità di adeguamento degli attuali strumenti di sostegno al mondo del lavoro e di  snellimento dell’iter  legislativo e procedurale.

La Direttrice Emanuela Zambataro ha messo in evidenza come le sedi INPS del Piemonte, a fronte di un significativo calo di personale registratosi nel 2020, abbiano fatto fronte ad un volume inimmaginabile di prestazioni, aumentando la loro produttività di ben dieci punti percentuali rispetto al 2019. Ha quindi ringraziato i dipendenti e la dirigenza dell’INPS per l’impegno profuso in questi mesi difficili ed ha espresso il suo riconoscimento ai molti interlocutori pubblici e privati che collaborano quotidianamente con l’Istituto e con i quali sarà possibile lavorare per lo sviluppo di ulteriori progettualità.

Il Presidente del Comitato regionale del Piemonte Franco La Tona, fa notare come questo Bilancio Sociale rispecchi la realtà del nostro territorio. Il Comitato regionale, visto l’interesse sul funzionamento dell’Istituto, ha già preventivato  di realizzare dalla prossima settimana, in tutte le province della Regione, iniziative di analisi e confronto con le  istituzioni e le parti sociali informando cittadini, lavoratori ed imprese di quanto sia determinante il sistema mutualistico , solidale e assicurativo.

Il Presidente Loy ha concluso i lavori sottolineando l’importanza di questo momento di confronto, che ha consentito all’Inps del Piemonte di mettere in comune dati reali, scevri da ogni chiave di lettura politica, che permettano una analisi della realtà socio-economica piemontese e che consentano a tutti i rappresentati delle istituzioni e del mondo sociale di trarre spunti utili per costruire un futuro che tuteli le persone in situazione di debolezza e che sia utile  sostenere  la crescita economica del sistema Piemonte.

Il tintinnar di manette può’ tornare

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Il Direttore del “Corriere della Sera“ che non sarà Albertini o Spadolini , ma si chiama Luciano Fontana,  scrive che “Gli impegni per la salute sono svaniti quest’autunno” e che in previsione della seconda ondata da maggio a settembre si sarebbe aspettato che tutti si fossero concentrati sui punti in cui chiaramente eravamo in difficoltà. Si e’ trascurata la Sanità con ministri – scrittori da operetta e la “pandemia“ economica non è stata affrontata. Dopo tante chiacchiere, commissioni Colao,  Stati generali non hanno deciso nulla di nulla e il rapporto con l’Europa faticosamente riannodato e’ rimasto in sospeso insieme agli aiuti economici promessi. Neppure sul Mes e’ stato deciso nulla. Le Regioni hanno dato una pessima prova di se’ ed hanno aggiunto confusione a confusione . Oggi la Sanità piemontese appare in ginocchio e certi personaggi appaiono patetici nel loro nullismo. Per non dire della Calabria e dei suoi commissariamenti da farsa. Di fronte ad uno sfascio evidente che attenta alle nostre vite non un solo
parlamentare e’ stato in grado di rappresentare la Nazione o almeno i territori che li hanno eletti. Essi sono più che mai estreanei rispetto alla gente, godono di tamponi privilegiati e gratuiti e si nascondono dietro le loro mascherine, ma non fanno nulla.  I gruppi parlamentari di maggioranza non fanno nulla per mandare a casa Speranza che ha fallito in modo clamoroso, quelli di opposizione non presentato mozioni di sfiducia nei confronti degli inetti responsabili del tracollo.

Possibile che non ci siano parlamentari che abbiano il coraggio di battere un colpo? Così la democrazia italiana finisce ed appare uno scenario
inquietante davanti a noi.  Il Parlamento appare inutile e le comparse dei nominati sono davvero delle maschere da tragedia greca. Il Governo ormai naviga a vista e finirà per essere travolto.  Ma anche le istituzioni parlamentari al di là della volgare polemica quotidiana da cortile, si stanno anch’esse rivelando di carta pesta. Deputatini e senatorini che riscuotono lo stipendio, non muovono un dito per sollevare in Aula il dramma italiano.  Questa è la peggiore classe politica che l’Italia abbia avuto nella sua storia unitaria. Quello che storicamente era il
peggio, oggi apparirebbe il
meglio.  E noi stiamo vivendo la prova più terribile degli ultimi cento anni, abbandonati
a noi stessi, costretti a rifugiarci in casa come i nostri padri facevano nei rifugi antiaereo della seconda guerra mondiale. I nostri anziani, offesi
e vilipesi da bulletti presuntuosi e superficiali , non sono tutelati e rischiano di morire come bestie nel peggiore dei modi. Di guariti le statistiche ufficiali giornaliere non parlano neppure più.
In passato i Latini dicevano: “ Senatores boni viri, senatus mala bestia“. Oggi la distinzione sarebbe impossibile e la “mala bestia“ riguarda anche la Camera dei deputati. Neppure l’esagitato De Falco che tenne testa a Schettino, è in grado di gridare al naufragio. Oi giornali sono omertosi e non ne parlano. E’ chiaro che nel vuoto della politica la Magistratura debba incominciare a far chiarezza. Malgrado i suoi scandali,  essa potrà almeno sanzionare i responsabili di questo disastro e di questa ecatombe umana. Il  mio amico e illustre magistrato eMarcello Maddalena una volta parlò del tintinnar di manette e l’espressione mi fece inorridire. Oggi incomincio a capirla.

Weigmann, un signore di altri tempi

E’ mancato l’Avv. Marco Weigmann,  a capo di uno degli studi legali più importanti d’Italia con sede a Torino, Milano e Roma.

 

Di Pier Franco Quaglieni 


Un grande lutto per l’avvocatura italiana e per quella torinese. Ma Weizmann si era anche occupato di cultura in modo appassionato, particolarmente come vicepresidente della Fondazione “Filippo Burzio” di cui era stato uno dei fondatori. Il nostro rapporto era nato nel 1988 quando scrissi un elzeviro su “La Stampa “ per ricordare Filippo Burzio nel quarantennale della morte. Burzio ingegnere ed umanista, docente universitario e giornalista, direttore de “La Stampa“ nel 1943 e nel 1945, era stato quasi  totalmente dimenticato. Quell’articolo suscitò un vasto interesse, in primis nel generale di Corpo d ‘Armata Giovanni De Paoli che era stato allievo di Burzio alla Scuola di Applicazione e d’Arma di Torino. De Paoli organizzò al suo Rotary una mia conferenza su Burzio. A quell’ incontro intervennero tra gli altri gli avvocati Vittorio Chiusano e Marco Weigmann, quest’ultimo   molto amico del figlio dell’intellettuale torinese, Antonio Burzio, che viveva nel culto di suo Padre. Chiusano, Weigmann , De Paoli e chi scrive diedero vita,  poco tempo dopo, al Centro “Filippo Burzio“.

 

Chiusano venne nominato Presidente e Weigmann vice presidente. Da allora la storia del Centro “Burzio “, divenuto successivamente Fondazione , è stata legata indissolubilmente al nome di Weigmann che ha posto la sua intelligenza e la sua cultura giuridica con infinita generosità al servizio della memoria storica di Burzio. Senza il suo sapiente e discreto apporto non ci sarebbe mai stata la Fondazione “Burzio“ di cui ha curato gli interessi in particolare dopo la morte di Antonio Burzio che lasciò tutti i suoi averi alla Fondazione. Con dedizione Weigmann seppe amministrare la Fondazione in modo oculato ed illuminato. Non volle mai apparire. Era un uomo che non amava la ribalta, ma l’impegno con quella sobrietà tutta  piemontese che Burzio considerava una grande virtù. Io sento il rammarico di non aver collaborato alla Fondazione come avrei dovuto. Alla morte improvvisa di Chiusano,  proposi a Weigmann di assumere la presidenza, ma rifiutò. Insieme pensammo a Valerio Zanone come Presidente.  Con Weigmann presidente forse la Fondazione avrebbe mantenuto una maggiore coerenza con i suoi fini statutari, ma soprattutto con lo spirito delle origini a cui  Zanone era rimasto  estraneo perché in quegli anni totalmente occupato in politica. Weigmann non accettò la presidenza neppure       alla morte di Zanone e la scelta cadde sul giornalista Alberto Sinigaglia con Weigmann vicepresidente.  L’avvocato torinese resta anche legato al mio amico Romolo Tosetto che fu il suo maestro. Tosetto e’ stato un uomo di altissimi sentimenti civili manifestati in particolare nel Lions ed anche nel Centro Pannunzio.  Lo studio Tosetto – Weigmann alla morte di Tosetto divenne lo studio Weigmann che è cresciuto in questi anni a livello anche internazionale. Era un uomo pacato e profondamente buono. Aveva un’eleganza innata , forse aveva anche una qualche timidezza, malgrado il consolidato e brillante  successo professionale. Era un gentiluomo di antico stampo. A volte ci si vedeva al Circolo del  Whist, l’ambiente più ovattato di Torino a lui molto caro. Ricordo con rimpianto anche le serate che Marco vi organizzava per la Fondazione “Burzio” ogni anno in vista del Natale. Mi fu affettuosamente vicino in un momento difficile della mia vita e in tante occasioni venne ad ascoltarmi in qualche conferenza. Una volta Chiusano mi volle conferenziere alla Scuola di Applicazione e  d’Arma su Burzio e Gobetti. Avrei voluto parlare del liberale autentico Burzio in contrapposizione al “liberalismo rivoluzionario” e, secondo me, in parte illiberale di Gobetti.

 

Avevo con me un’ampia documentazione, ma l’arrivo improvviso in sala della nuora di Gobetti Carla mi suggerì di evitare, in una sede istituzionale come quella ,qualsivoglia polemica. Così improvvisai un altro discorso in cui parlai a braccio e quasi esaltai Gobetti pur senza convinzione. Vittorio Badini Confalonieri che era venuto a sentirmi si stupì del mio discorso.  Weigmann, che conosceva le mie idee in proposito , aggiunse  che aveva capito il mio imbarazzo e mi ringraziò  per aver evitato fratture. Era un uomo mite. Non l’ho mai sentito in tanti anni alzare anche solo leggermente la voce. Nella storia dell’avvocatura italiana Marco Weigmann è destinato a restare come uno dei maggiori nomi  a cavallo tra i due secoli . Tosetto  mi elogiò più volte Weigmann, il mio ex allievo Federico Restano divenuto socio del suo studio, credo che  contribuirà a tramandarne l’insegnamento. In effetti è stato anche un Maestro che non verrà dimenticato. Il suo stile  pacato resta un esempio di straordinario e calmo equilibrio anche nei momenti più difficili. Ricorderò sempre il suo sorriso rasserenante. Sempre e ovunque. Un modo d’essere sempre più raro in questi tempi così calamitosi.

Scrivere a quaglieni@gmail.com

 

Al Museo del Risorgimento cinque incontri per raccontare la fotografia

“TRANSMISSIONS people – to – people”  Al Museo del Risorgimento di Torino, cinque incontri per  raccontare la mostra fotografica di Tiziana e Gianni Baldizzone

Da martedì 13 ottobre a martedì 1 dicembre, ore 18

 

Saluzzese, classe ’56. Negli anni ’70 fu lo sciatore più giovane della mitica “Valanga azzurra”, nonché il più forte slalomista italiano di quella compagine dopo Gustav Thoni, Piero Gros e Fausto Radici. Dodici podi, oltre cinquanta piazzamenti nei primi dieci, rimase competitivo fino ai trent’anni. Oggi fa il giornalista sportivo e dal ’93, dopo una parentesi a Telemontecarlo, lo sci  lo racconta – con lo stesso entusiasmo che sfoderava e trasmetteva sulle piste – commentando per la Rai le gare di sci alpino, affiancando prima Furio Focolari, poi Carlo Gobbo e quindi Davide Labate. Sarà proprio lui, Paolo De Chiesa a dare il via, martedì prossimo 13 ottobre, alle 18, al ciclo di “Incontri”organizzati dal Museo Nazionale del Risorgimento Italiano in piazza Carlo Alberto 8 a Torino, nell’ambito della mostra fotografica, a firma di Tiziana e Gianni Baldizzone, dal titolo “TRANSMISSIONS people – to – people” e ospitata nel Corridoio Monumentale della Camera italiana fino al 6 gennaio 2021. Cinque incontri, spalmati nell’arco di tre mesi, su argomenti strettamente connessi al tema della mostra che attraverso 60 scatti, in grande formato a colori e in bianco e nero, racconta la trasmissione – di generazione in generazione – di millenari “saperi”, magnificamente documentati attraverso l’obiettivo fotografico in viaggi entusiasmanti (durati dal 2010 al 2018) dall’Asia all’Africa all’Europa, Italia compresa e lo stesso Piemonte. Negli incontri si parlerà di sport, con De Chiesa per l’appunto (“Dalla Valanga azzurra al microfono: raccontare e trasmettere una passione”), e del suo essere scuola importante, attraverso cui trasmettere ai giovani i segreti  di un “mestiere” o di un gioco che mestiere può diventare,indubbiamente appassionante ma anche capace di regalare dal maestro all’allievo regole importanti di vita. Valide sempre. Anche a giochi finiti. E poi, ancora, siparlerà di ambiente e paesaggio, di psicologia e di managerialità e delle tante storie di donne e uomini raccontate dalle immagini esposte dei due artisti.

“TRANSMISSIONS people – to – people, 8 anni di ricerca sul campo. Le storie  dietro le fotografie”, è infatti il titolo e il tema del secondo appuntamento, programmato per martedì 27 ottobre (ore 18), con i fotografi Tiziana e Gianni Baldizzone, autori della mostra, che parleranno delle storie che sono andati a cercare e di quelle di cui sono stati testimoni; di comesono nate e sono state composte alcune delle fotografie del progetto. I due (compagni di vita e di lavoro) mostreranno anche reportages e fotografie inedite con l’intervento di Tiziana Bonomo, curatore della mostra.

Martedì 10 novembre (ore 18), sarà la volta di Consolata Beraudo di Pralormo (“Di generazione in generazione. Conservazione e innovazione nella tutela dell’ambiente e del paesaggio”) che racconterà di come conservare l’esistente senza stravolgerlo, attraverso progetti innovativi, rispettosi dei valori tradizionali ma proiettati verso il futuro.

Remigia Spagnolo, psicologa del lavoro e fondatrice di “Professional Dreamers Project” incontrera’, poi,martedì 24 novembre (ore 18), i due Baldizzone in un incontro sul tema del “Trasmettere il ‘sogno professionale’. L’occhio del fotografo incontra lo sguardo dello psicologo”. Fotografia e psicologia a confronto. Bella sfida!

E infine, martedì 1 dicembre (ore 18), si chiuderà con “Saper fare, saper vivere, saper essere. La trasmissione della managerialità: illusione o realtà?”. Altro argomento bello tosto. Di scena, Luigi Francone, top manager da oltre cinquant’anni, prima in Fiat e poi in altre aziende, italiane ed estere.

La partecipazione agli “Incontri” è gratuita. E’ necessario prenotarsi al numero 011/5621147. Tutti gli appuntamenti saranno trasmessi in diretta sulla pagina facebook.com/MuseoRisorgimentoTorino.

Gianni Milani

Nelle foto
– Paolo De Chiesa
– Tiziana e Gianni Baldizzone
– Tiziana e Gianni Baldizzone: “Atelier Grandi Complicazioni Vacheron Constantin”, Svizzera, 2014