franco tosi

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Le astrazioni pittoriche di Franco Tosi in mostra

“Insight – Inside”, alla torinese Galleria “metroquadro” e presso “NH Hotel Santo Stefano” Porta Palatina

Fino al 18 dicembre / Fino al 9 gennaio 2022

“I miei quadri sono stati dipinti utilizzando la scala dell’esistenza e non quella istituzionale”: così diceva il grande Marck Rotcko, pittore statunitense di origine lettone (morto suicida nel 1970) e padre riconosciuto del “Color Field Painting” – pittura come “campo colorato”. Spazi astratti di colore vibrante in cui non v’è traccia di figure umane, ma solo “estasi” totale. Tragedia ed estasi. Arte come vita. Colori come ali essenziali a viaggi verso emozioni assolute. Parole e dimensioni in cui penso possa ben riconoscersi Franco Tosi, bolognese d’adozione (ma nato a Magenta nel ’62), cui la Galleria “metroquadro” di Marco Sassone dedica oggi in contemporanea, a quattro anni dalla sua ultima personale a Torino, due mostre dai titoli estremamente chiari e significativi: l’una “Insight” ospitata nella Galleria di corso San Maurizio e l’altra “Inside” presso gli spazi dell’“NH Hotel Santo Stefano” di via Porta Palatina. La rassegna si articola in tre sezioni: dalle distese di colore della serie dei “Landscapes”, di grandi dimensioni, ai più piccoli “Scratched Fields” fino alla certosina moltiplicazione cellulare della serie cosiddetta delle “Mitosi”. Scive Marco Sassone: “Le tre serie vivono indipendenti, ma tutte e tre si intrecciano nel tentativo di rappresentare le gioie ed i tormenti di quel mistero che è la vita”. In parete troviamo opere, quasi tutte di grandi dimensioni, votate ad una cifra astratta assolutamente controllata (pur con qualche “sgarbo” emotivo) nei ritmi cromatici, logica e analitica all’eccesso, dai verdi più o meno intensi agli azzurri sfumati in un chiaro-scuro che domina le campiture di colore dilatate sulla totalità della tela. L’artista si è diplomato a Bologna all’Istituto “IASA – Istituto per le Arti Sanitarie Ausiliarie” e proprio questo tipo di studi deve averlo indirizzato a concepire il lavoro pittorico come strumento di indagine introspettiva in grado di avvicinare l’artista all’osservatore, nella comune speranza di trovare un senso all’esistere. Ciò che gli interessa non sono dunque, per citare ancora Rotcko, “i rapporti di colore, di forma o di qualsiasi altra cosa, ma solo esprimere le fondamentali emozioni umane”. Introspezione ed interiorità sono, infatti, il leitmotiv dell’intera mostra. “Un modo differente di guardarsi dentro – racconta lo stesso artista – dove il romanticismo dei landscapes , con campiture graffiate e tenui, a loro volta diventano il fluidificante nel quale nascono e si moltiplicano grappoli di cellule. La parte romantica lascia spazio alla ragione, soggettivo e oggettivo si incontrano in un gioco di ruoli dove nulla è più definito”. E allora quegli indefiniti totalitari spazi cromatici vanno a nascondere una singolarissima analisi interiore. Un gioco non semplice di anima e cuore che tende (ci riuscirà?) a coinvolgere e a concepire in un tutt’uno artista e spettatore. Davanti a uno specchio che spesso riflette “le debolezze dell’Io, in una continua ricerca di sé stessi e la paura, forse, di non trovarsi”. O, peggio di trovarsi.

Gianni Milani

 

“Insight – Inside”

Galleria “metroquadro”, corso San Maurizio 73/F, Torino, tel. 328/4820897 o www.metroquadroarte.com

Fino al 18 dicembre

Orari: dal giov. al sab. 16/19

NH Hotel Santo Stefano, via Porta Palatina 19, Torino; tel. 011/5223311 o www.nhsantostefano@nh-hotels.com

Fino al 9 gennaio 2022

 

Nelle foto

–         “Landscape”, oil on dibond, 2020

–         “Landscape – Azzurro”, oil on canvas, 2013

–         “Mitosi #11”, olio on canvas, 2014

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: IV NovembreIl rettore fazioso – Ad Albanese no – Lettere

IV Novembre
Sembra che la data del IV novembre imbarazzi qualche amministrazione comunale per il clima di pacifismo pro Palestina determinatosi in Italia con scioperi, cortei, manifestazioni, occupazione di scuole. Le iniziative sono quest’anno  in formato ridotto. Dovremmo allora dimenticare il nostro Risorgimento? Quella data, 4 novembre 1918, segna la fine della IV guerra per l’indipendenza nazionale. E ci riporta a Trento, a Trieste, all’Istria e alla Dalmazia, all’Italia rimasta ancora irredenta sotto il tallone austriaco.
E’ l’Italia di Vittorio Veneto e della resistenza sul Piave che ebbe 650 mila caduti. Perché mai dovremmo dimenticare la nostra storia? Certo la pace è un valore assoluto, ma  l’onore ai Caduti è un dovere a cui un popolo civile non può rinunciare. Io non rinuncerò mai a ricordare i miei nonni partiti volontari insieme ai loro amici  Cesare Battisti e Damiano Chiesa. E neppure dimenticherò  i miei due zii volontari e caduti già nel 1915. E’ retorica? Forse per alcuni è infame  bellicismo, ma per chi conosce la storia resta un dovere ricordare il Milite ignoto e i soldati in grigio verde. Mentre l’Italia si divideva in una guerra civile durante il biennio rosso, ad Aquileia partì un treno con la salma del soldato senza nome che giunse tra ali di folla commossa a Roma per  essere tumulata all’Altare della Patria. Una pagina di storia che non va dimenticata. I ragazzi pro Pal non sanno e si limitano a protestare. Facciano pure, ma nessuno può impedirci di continuare ad essere dei buoni italiani: un’espressione che ricavo da Don Bosco, tirato in ballo a sproposito per l’”anti italiano” Elkann.
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Il rettore fazioso
Tomaso Montanari rettore dell’Università per stranieri di Siena ha dichiarato che non inviterebbe mai  nella sua università un esponente di “Sinistra per Israele“. Non c’è da stupirsi perché Montanari è quasi  geneticamente fazioso. Mentre l’uomo di scienza e di cultura è aperto al confronto che è il sale della democrazia, lui preferisce arroccarsi sulle muraglie cinesi della chiusura preconcetta. L’Università dovrebbe essere luogo di scambio di libere idee, ma il rettore senese preferisce attestarsi sulla sua idea personale, senza considerare che una università per stranieri dovrebbe avere il massimo di apertura. Magari c’è anche qualche studente israeliano, sempre che non lo abbiano già cacciato e intimidito.
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Ad Albanese no
La proposta del conferimento della cittadinanza onoraria di Torino alla rappresentante ONU  Francesca Albanese è un’offesa a Torino città Medaglia d’oro della Resistenza perché premia quella che si potrebbe definire una nota rancorosa antisemita di cui ci si dovrebbe vergognare anche come Italiani. Il governo dovrebbe agire per la revoca del suo incarico all’ ONU. A volte anche le cittadinanze torinesi sono state date in modo sbagliato cioè per meriti politici di parte. E alcuni hanno votato contro di esse per opposti livori ideologici.

Ho proposto  in passato 4 cittadinanze onorarie: Franco Venturi, Mario Soldati, Enrico Paulucci, lo scienziato russo  perseguitato  Sacharov. Avevo anche proposto Piero Angela, anche se la proposta mi è stata scippata. Nomi sempre discutibili certamente, ma prestigiosi e non divisivi. Mi piacerebbe che la compagnia di giro degli “scappati e scappate di casa” che bloccano i lavori del Consiglio Comunale con le proposte più impensabili e insensate non venisse presa sul serio. So che è impossibile, ma lasciatemi almeno dire che alcuni scranni sono oggi proprio male occupati. In Sala Rossa dove è stato consigliere Cavour, i toni e i temi non dovrebbero  mai abbassarsi oltre un certo limite. Che il Pd faccia retromarcia solo perché non ci sono i 31 voti necessari non è una scelta condivisibile da parte di un partito che ha governato e aspirare a tornare a governare. Occorre capacità a reagire alle mosche cocchiere delle demagogia senza incertezze.
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In nome di Tortora
Sono felice per la riforma della Magistratura e per la separazione tra giudici e Pm. Era ora. Basta ad una giustizia politica in cui certi magistrati pretendono di governare senza essere stati eletti e pensano di poter impedire agli eletti di governare.   Franca Angeli
Spero che sia una riforma capace di imprimere una svolta nella vita italiana. La giustizia spesso funziona poco e male e a volte funziona fin troppo bene… Io voterò senza incertezze sì al referendum in nome e nel ricordo di Enzo Tortora e anche di Marco Pannella. Non attendiamoci miracoli, ma è un primo passo. E poi votare come i grillini, Odifreddi e Landini mi sarebbe davvero impossibile .
Pedonalizzare via Po
E’ in agguato un’altra ipotesi della estrema sinistra ecologista e dell’assessore Foietta di pedonalizzare via Po. Una follia che isolerebbe il centro dopo l’idea malsana di pedonalizzare via Roma. Questa sta diventando una giunta di estrema sinistra. Peggiore di quella grillina.    Aurelia Rizzo
L’idea mi pare assurda. Spero venga bloccata dal buonsenso del Sindaco.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Papa Leone e la kefiah – Franco Reviglio della Venaria – Sul treno con la Cgil – Da “Armando al Pantheon”- Lettere

Papa Leone e la kefiah

Che il papa Leone XIV abbia accettato la kefiah palestinese “come simbolo di lotta contro l’occupazione” è una notizia molto triste. Fa il paio con l’intervista del segretario di Stato Parolin silente per molti mesi, improvvisamente risvegliatosi antisraeliano. Che il dono venga da un attivista palestinese aggrava la cosa. Quel copricapo è conosciuto in tutto il mondo come un simbolo ostile ad Israele. Il Papa deve restare neutrale, esercitando una funzione di pace tra i contendenti. Questi sono episodi che sarebbero comprensibili in Papa Francesco, anche se di per sé censurabili perché la demagogia non deve mai lambire il solio di Pietro.


Franco Reviglio della Venaria

La morte a 90 anni di Franco Reviglio non è stata ricordata come meritava il personaggio. La statura morale e scientifica del professore ha portato a scrivere di lui come  del ministro di Craxi che per altro lo sostituì con il commercialista di Bari Formica. Ho conosciuto personalmente Reviglio ed ho anche presentato dei suoi libri.

Era un gentiluomo e un uomo di cultura degno della massima stima. Non aveva neppure quel giacobinismo che gli è stato attribuito per lo scontrino fiscale, un qualcosa oggi totalmente accettato. Il demagogo semmai fu l’ex azionista Visentini, uomo di rara, superba antipatia. Ricordo con nostalgia quando ci trovavamo al vecchio “Firenze“ a cena. Alla vedova Paola Thaon di Revel, ai figli esprimo la mia vicinanza affettuosa.

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Sul treno con la Cgil
A volte oggi si vivono situazioni paradossali, quasi incredibili. A causa di una manifestazione della GGIL a Roma volta a “bloccare tutto“  promossa di  sabato da Landini ho rischiato di non riuscire ad arrivare in taxi a Termini. Poi a fatica mi sono fatto strada e mi sono trovato  in  un vagone di militanti della CGIL con cappellino rosso e maglietta “Bella ciao” che hanno viaggiato senza prenotazione, vantandosi che in andata avevano viaggiato con Italo in business class.
Avrebbero voluto attaccare discorso anche con me, ma sono sopravvissuto al diluvio propagandistico in treno, tirando fuori un libro in cui mi sono immerso anche se era il dono di un tizio venuto  venerdì ad una mia conferenza  romana che ad ogni costo voleva rifilarmi le sue poesie che ho finto di leggere fino a quando mi sono addormentato. Per altri versi ho constatato  di persona il caos  in cui è precipitato il traffico ferroviario. Ho ascoltato infiniti annunci di ritardi e di guasti. Un’idea di inefficienza che non può non toccare anche le responsabilità dirette di un ministro che vuole occuparsi di tutto, anche di politica estera, ma non si occupa abbastanza dei trasporti. Le deficienze di Ferrovie italiane non sono più tollerabili.

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Da “Armando al Pantheon”

A cena da “‘Armando al Pantheon“, il mio ristorante preferito a Roma ho incontrato Peppone Calabrese il conduttore della trasmissione domenicale su Rai 1 che valorizza le tradizioni enogastronomiche italiane. Si è subito creato un rapporto tra di noi. Mi conosceva anche come amico di Mario Soldati di cui è un estimatore. È  stata una bella sorpresa incontrarlo. Alla domenica vedo sempre la sua trasmissione, un antidoto al tg pieno di notizie di guerra e di violenze. La campagna e i suoi prodotti e la vita semplice degli abitanti: un’alternativa alla vita frenetica e stupida a cui siamo condannati.

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Messa in dialetto
Cosa pensa di questa iniziativa a Pianezza che propone una Messa in dialetto piemontese? A me sembra un‘iniziativa impropria. E’ quasi impossibile ascoltare una Messa in Latino per colpa di Papa Francesco, il dialetto è del tutto fuori posto. Quanti fedeli comprenderanno il testo? Meridionali, emigrati ecc.?      Filippo de Baldi
Concordo con lei. Soprattutto mi domando quanti fedeli seguiranno la Messa. Il dialetto è sepolto anche per i piemontesi. Figurarsi gli altri. Il celebrante che è uomo colto si troverà in difficoltà.
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Quella foto su internet
Cosa pensa di questa fotografia che circola in Internet? Mi sembra il rischio politico peggiore in cui possa precipitare l’Italia. Edoardo Giletti
Lo penso anch’io. Manca qualche volto femminile per dare una qualche idea di parità e poi saremmo al completo. Spero che sia un brutto sogno.
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“Radicali” e IV Novembre
Ho letto che certi “radicali“ estremisti contestano il IV novembre non per scelta antimilitarista, ma perché è prevista una preghiera cattolica. Questo è anticlericalismo volgare alla Podrecca. Cosa ne pensa?    Francesca Ritucci
Non ho trovato riscontri documentati per rispondere. I veri radicali sono altra cosa .Io anche quest’anno sarò ad Alassio a parlare per il IV novembre e da sempre è prevista, insieme alla mia orazione, la celebrazione della Messa  senza problemi per nessuno. E’ un suffragio ai Caduti che solo gente rozza e fanatica può rifiutare con intendimenti politici molto meschini e pretestuosi.

Gianfranco Raffaldi, una splendida carriera. Dai Beatles a Fausto Leali, da Peppino di Capri al Gospel Choir

Armano Luigi Gozzano,noto ricercatore dei documenti  storici di famiglie nobiliari, in particolare dei Gozzano e dei Gonzaga, essendo anche musicista si interessa di argomenti musicali.

In questo caso ripercorre
l’ascesa vertiginosa della vita dedicata alla musica leggera del maestro Gianfranco Raffaldi, monferrino residente a Vignale,dalle
esibizioni senza rivali nel suo primo complesso formato per le gare scolastiche e dalle incredibili immagini della sua collezione
privata.
Il primo ingaggio nel 1957 con la band casalese dei Blue Star,uno dei 70 gruppi nati
nel nostro territorio nei favolosi anni ’60.Nel
1959 nasce con lui il gruppo dei Novelty,
collaborando con il fisarmonicista Giuseppe
Cacciabue, educatore musicale giovanile e
componente dell’operatore radiofonico EIAR di Torino ,oggi RAI,gruppo sciolto nello stesso anno.Nella nuova band si inserisce
Fausto Denis,non ancora con il nome d’arte
Leali, incontrato durante un ingaggio in una
festa patronale di tre giorni come da tradizione dell’epoca.Nel 1962 avvenne il loro
lancio al Principe di Piemonte di Viareggio, ricalcando la musica beat inglese. Iniziarono
le esibizioni al City Club e nei Night Club di Milano,e le prime incisioni con la casa discografica Jolly con due cover dei Beatles.
Leali venne definito “il negro bianco” e nel 1964, ormai affermati in Italia, parteciparono al mitico “Cantagiro” di Radaelli con la canzone “La campagna in città”, gareggiando con Betty Curtis, Lucio Dalla,Gino Paoli e Nico Fidenco.
Pippo Baudo ed Enrico Maria Salerno presentarono l’evento in diretta RAI con la finalissima di Fiuggi.Nel 1965 la grande occasione: arrivarono i Beatles in Italia! Furono scelti come supporters Fausto Leali e i Novelty,i New Dada di Maurizio Arcieri, Guidone e gli amici,i Giovani Giovani e Peppino di Capri.Nel secondo tempo si esibirono i Beatles aprendo lo spettacolo con il celebre “Twist and Shout”.Le tappe dell’unico concerto italiano furono il 24 giugno al Velodromo Vigorelli di Milano,il 26 giugno al Palazzo dello Sport alla fiera del mare di Genova,e il 27-28 di giugno al Teatro Adriano di Roma, purtroppo non registrati e snobbati dalla RAI.I biglietti dei concerti erano reperibili tramite la rivista “Ciao Amici”.
La conferma definitiva avvenne nel 1966
partecipando al “Giro Festival” al seguito del
49° Giro d’Italia con la canzone “Mamma perdonami”,e apparvero in TV durante le tappe di Parma e di Monte Carlo.Furono ospiti della storica trasmissione radiofonica
“Bandiera Gialla” condotta su Radio 2 da Arbore e Boncompagni,e fu in quel momento
che presentarono la famosa canzone “A chi “,
cover della versione USA di Roy Hamilton “Hurt” del 1954 portata alla ribalta dalla cantante italo-americana Timi Yuro.Si esibirono anche in concerti al Bang Bang di Milano con la partecipazione di Teo Teocoli.
In seguito il gruppo cambiò casa discografica, passando dalla Jolly alla Ri.Fi. Records.Il grande risultato arrivò nel
1967 ricevendo sulla Terrazza Martini di Milano il primo disco d’oro per la canzone
“A chi”.Nel 1968 Leali partecipò al Festival di Sanremo con la canzone “Deborah” in coppia con Wilson Pickett,nome attribuito alla figlia
avuta da Milena Cantù,la grande incognita del 45 giri “La ragazza del Clan” di Celentano.
In seguito Leali verrà scelto da Pickett come padrino della figlia anch’essa chiamata Deborah.I Novelty facevano parte del Clan Celentano Center,e con loro eseguirono i concerti nei locali più belli d’Italia ,in primis alla Bussola di Viareggio.Leali nello stesso
anno divorziò dai Novelty,e Raffaldi entrò nel
complesso dei New Rockers di Peppino di Capri, partecipando a tournée negli USA esibendosi al Metropolitan di New York,poi in Canada, Venezuela, Brasile, Australia, Emirati Arabi e in Europa.
Raffaldi collaborò alla celebre composizione “Champagne”,e si esibirono anche nelle sale da ballo di Torino “Arlecchino”e “Le Roi” (sala
Lutrario)progettata dall’architetto Carlo Mollino, progettista del Teatro Regio.Nel 1977 si concluse il suo viaggio musicale intorno al mondo con Peppino di Capri,e rientrò a Vignale per motivi di famiglia, iniziando ad accompagnare con la tastiera il coro parrocchiale durante le celebrazioni religiose.Ma nel 2004,con altri due amici,ebbe una grande idea:prese le redini del coro e fondò il “San Bartolomeo Gospel Choir”dall’omonima chiesa del paese, inizialmente per eseguire musica sacra e profana, proseguendo l’opera della fondatrice
Millina Martinelli.Il coro è composto da 30 cantanti del territorio,guidati ed istruiti dal maestro con la sua esperienza di mezzo secolo.Tra il 2007 e il 2011 si inserì nel coro Armano Luigi Gozzano in qualità di tenore,e conobbe Leali in compagnia del maestro durante una sua esibizione a Trino Vercellese. Durante i concerti l’ensemble esegue brani di gospel, funky,blues e soul a 4 voci, formula alquanto insolita per il gospel.
Nel 2011 Raffaldi e Leali hanno festeggiato a Casale i 50 anni dal loro debutto.Nella sua carriera Raffaldi ha suonato con tastiere Honner,Vox 1,Vox 2 e con il favoloso organo elettrico Hammond,in origine destinato alle chiese in alternativa ai costosi organi a canne.Molto versatile nella musica sacra, gospel e jazz ed in seguito nel rock,fu utilizzato da Gershwin,Doors,Pink Floyd,
Deep Purple e Procol Harum.Il gospel del
coro esprime la gioia di pregare cantando e coinvolgendo il pubblico con la sua capacità
di espressione armonica.Con i sapienti e
competenti arrangiamenti del maestro Raffaldi il divertimento è assicurato!
Giuliana Romano Bussola

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: I morti buoni e quelli cattivi – Il caos – L’ incomunicabilità – Lettere

I morti buoni e quelli cattivi
Il prof. Odifreddi è un personaggio molto considerato da certi ambienti per le sue battute fulminanti che rivelano una vis polemica davvero eccezionale in un matematico e uomo di scienza come egli si considera ed è considerato. Con lui ebbi un animato dibattito sulla laicità e il laicismo in relazione a Giordano Bruno. Le sue posizioni rozzamente anticlericali impedirono di proseguire nel confronto di idee che stava finendo  nel battutismo da osteria. In questi giorni è  tornato alla ribalta, parlando dell’uccisione di Charlie Kirk, attivista del partito di Trump.
Infatti ha di fatto giustificato l’uccisione in base alle idee politiche del morto, dicendo cinicamente che “chi semina vento raccoglie tempesta“. Per Odifreddi forse esistono i morti buoni e quelli cattivi e la violenza contro la destra è cosa diversa di quella contro la sinistra. Ecco un modo illiberale di concepire la lotta  politica, giustificando la morte di chi non la pensa come noi. Voltaire diceva che avrebbe lottato fino alla morte per garantire la libertà di esprimere idee contrastanti con le sue. Odifreddi sembrerebbe giustificare chi uccide in base alla diversità di concezione politica. E’ una versione della violenza propria dei  giacobini francesi  e dei rivoluzionari comunisti russi, riproposta nel 2025 . Meriterebbe un Nobel. Magari per la scienza come venne dato quello per la letteratura a Fo, repubblichino della X Mas  di Salò, diventato fiancheggiatore dei terroristi rossi.
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Il caos

Tutte le riflessioni che abbiamo letto o ascoltato nei mesi scorsi sulla situazione internazionale e sulle due guerre che dividono il mondo, si stanno rivelando miopi e parziali. Anche i politici di tutti i colori rivelano la loro inadeguatezza. Siamo tutti dipendenti dal presidente russo e dal premier israeliano che si rivelano del tutto insensibili ad ogni tentativo di mediazione e ad ogni richiamo al buon senso. Vogliono perseguire i loro fini anche a costo di distruggere in modo irreversibile ogni speranza di pace. Israele si sta rivelando responsabile involontario  di un antisemitismo che ha raggiunto livelli mai visti e che può riarmare la mano al terrorismo internazionale. La parola pace appare una parola sconosciuta al premier israeliano che sopravvive al carcere solo facendo sopravvivere la guerra ad oltranza . Putin minaccia quello che resta dell’Europa, consapevole di trovare una Eu ormai sfilacciata, guidata da gente impreparata e incapace. L’Europa vuole riconoscere uno Stato che non esiste, la Palestina, invece di  tentare di assumere decisioni volte a indurre a più miti consigli Putin

 

Non saranno i soldati polacchi schierati al confine  che potranno intimorire lo Zar. In tutto questo quadro di sfacelo appare l’inettitudine di Trump che tace dopo aver detto idiozie  politiche velleitarie per mesi. Trump in poco tempo è riuscito a ridurre la potenza americana e ogni credibilità politica del presidente. Siamo davvero immersi in una condizione che può portare alla terza guerra mondiale e all’uso dell’atomica. Noi cittadini non possiamo far nulla, a parte i fantasiosi  che si sono imbarcati con Greta e potrebbero creare altre tensioni e altri disastri con la scusa di una finalità umanitaria che maschera il vero intento della propaganda politica . I nostri governi europei sono  al limite. Forse solo Italia e Germania hanno mantenuto un briciolo di coerenza . La Francia dopo il velleitarismo internazionale di Macron ha rivelato una situazione disastrosa in tutti i sensi , per non parlare della Spagna.

Esistono solo politicanti , gli statisti appartengono al passato. Questo è il nostro dramma che può diventare il dramma del mondo. Non illudiamoci: stiamo correndo verso il disastro della guerra. Chi conosce la storia sa cosa accadde nel ‘14 e nel ‘39. Allora la situazione era migliore di quella di oggi. Le diplomazie internazionali non esistono e l’unico linguaggio percepito è quello delle armi.

P.S.
Potrebbe sembrare una grave disattenzione non avere nominato l’Ucraina in questa  pur breve  riflessione. In effetti nel mio ragionamento l’Ucraina mi è apparsa irrilevante: un vaso  di coccio tra vasi di metallo , nessuno dei quali pregiato.

L’Ucraina è stata aggredita, su questo non ci può essere discussione, ma le responsabilità ricadono oltre che sull’aggressore Putin anche sulla NATO  e sull’Europa. E ci sono anche responsabilità evidenti  di Zelensky, rivelatosi del tutto inadeguato. Una parte nella vicenda ha avuto anche il presidente democratico  Biden, responsabile di una instabilità mondiale di cui noi vediamo oggi gli esiti estremi.

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L’ incomunicabilità

C’è sempre stata una certa difficoltà a mantenere un rapporto positivo tra vecchi e giovani, tra generazioni passate e presenti. Restano a testimoniare questa difficoltà gli antichi scrittori greci e latini e tanti altri tra cui Goldoni. Oggi questa difficoltà non è solo sostanziata di gusti diversi, modi di vita anche opposti, spiegabili con il mutare della società. Oggi l‘ incomunicabilità è dovuta anche ad ignoranza: i giovani non sanno la storia del passato, la scuola non li prepara e loro non hanno interesse a sapere. Lasciamo immaginare la confusione che regna nei cervelli di chi pensa di vivere in un eterno presente. Neppure la famiglia supplisce in molti casi ai vuoti. E’ naturale quindi che essi siano preda di chiunque sappia facilmente convincerli a passare dalla loro parte.
In questo caso il dogmatismo ne è la naturale conseguenza perché non c’è la possibilità di confrontare idee e tesi diverse. Benedetto Croce diceva che il problema dei giovani è quello di crescere, ma oggi non basta più. Dopo un po’ di anni nel corso dei quali non ho più avuto occasione di parlare con i giovani come facevo quando insegnavo ,ho provato ad avviare una conversazione e ho notato che la difficoltà a capirsi è aumentata. Chissà quanti sono i lettori giovani che mi leggono? E cosa pensano?
Cerco sempre di non dare per scontato nulla, ma temo che forse il dialogo risulterebbe difficile. Non basta a spiegare il fatto che io sia vecchio. Credo che il fatto di uscire da una certa scuola sia determinante. Mi è capitato tante volte di capire come molti argomenti fossero ignorati dai giovani. La preparazione di un liceo è poco più di quella di una scuola media del passato, mi dicono esperti a cui non è possibile non dar credito. Pensiamo cosa accade per un ex alunno di un istituto professionale… Senza un ponte tra generazioni un Paese non puo’ sopravvivere. Faccio un esempi: l’amor di Patria. Per molti giovani è una parolaccia nazionalista, per i loro nonni significa la guerra , per la mia generazione un qualcosa di vecchio e di impolverato. Eppure è un sentimento di cui parlavano già i Greci e i Romani. Se non riusciamo a colmare il fossato che ci divide, a venire meno è il concetto di popolo. Ma queste sono cose che annoiano i giovani che a volte non provano più neanche i legami del sangue. Un mio amico è stato per mesi ricoverato ed ha rischiato la vita: l’unico nipote non è passato neppure una volta in ospedale. Il giovane ha considerato l’episodio la cosa più normale.
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La scuola ha riaperto

Ho letto le cronache dei giornali sull’apertura delle scuole che partono male senza avere gli organici a posto. Ho letto anche alcune dichiarazioni di dirigenti scolastici quanto meno discutibili. Anche sui telefonini vietati c’è stato chi come il d’Azeglio che ha voluto fare di testa sua, ovviamente una testa antifascista.
Cosa ne pensa? Giulia Finetti

 

Innanzi tutto un titolo di un giornale appare davvero incredibile: “ A scuola non si formano soldati “. Rifarsi all’Ottocento appare assurdo ed esprimerlo in un discorso è una ovvietà talmente evidente che stupisce che l’autore di questa pensata stravagante  sia un dirigente ministeriale. A meno che pensi alla guerra futura. Ma c’è un’altra perla: “Fare errori è  necessario per apprendere“. Una vera sciocchezza. Per apprendere non è obbligatorio commettere errori. E’ un giustificazionismo insensato e demagogico perché è da escludere, penso, un riferimento troppo colto  a Popper che vedeva nell’errore un fatto positivo per l’acquisizione della verità. Poi c’è il “d’Azeglio“ che vuole distinguersi  ad ogni costo, non ritirando i cellulari agli studenti, ma facendo appello alla loro responsabilità. Ultimo aspetto  non da poco: aprire l’anno con atti formali di ossequio alla Palestina. Non escluderei che qualche bandiera sia stata issata in classe da qualche professore orfano dell’eterno ‘68 o da qualche allievo/a che ama sfilare ed occupare pro Palestina.

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Cefalonia e Corfù
Ho visto su Rai Storia la trasmissione su Cefalonia e Corfù e l’eccidio dei soldati italiani nel 1943. Curatore era il prof.  Alessandro Barbero che ha introdotto e concluso il documentario. Ho notato che lo storico, turbato in modo evidente anche nel volto e nel linguaggio, ha dato un esempio di come non debba essere lo storico il cui compito non è quello di piangere e indignarsi, ma quello di capire i fatti. Sarebbe comprensibile, ma comunque sbagliato, se Barbero avesse avuto il padre ucciso dai Tedeschi a Cefalonia. Mio nipote che ha assistito con me alla introduzione di Barbero non ha assolutamente capito il tono indignato adoperato. ( …)  A. G. Alberetti ved. Dondo
Ho un po’ tagliato di proposito la Sua lettera perché non voglio avere guai con Barbero. Certo lo storico di Vercelli non è Bloch e neppure Chabod.  E’ un divulgatore televisivo che partecipa emotivamente di quello che dice perché forse il copione lo impone. Lo storico deve invece essere “freddo“ e  distaccato.  Io ho sempre insistito con i miei studenti su questa scelta addirittura preliminare alla  stessa ricerca storica. Ho visto anch’io una parte del documentario che consciamente o inconsciamente smonta la retorica creatasi attorno alla Divisione Acqui e al generale Gandin trucidati dai tedeschi. In effetti Gandin si rivelò tentennante sul  l’arrendersi ai tedeschi o combatterli. Fu un comandante indeciso che addirittura indisse una specie di referendum tra i suoi soldati. Occorre una rilettura critica e non mitizzata di quella storia. E’ vero che furono trucidati o deportati in Germania, ma è difficile sostenere storicamente che a Cefalonia nacque la Resistenza. Chi lo afferma ha un’idea molto approssimativa  dell’idea stessa  di Resistenza.  Rendiamo onore ai soldati caduti, ma essi  caddero trucidati dai tedeschi dopo una battaglia in cui gli Italiani tentarono di tenere testa ai tedeschi. Gli Italiani erano circa 13mila e i tedeschi poco più di 3mila, anche se molto meglio armati . Questo elemento deve far riflettere.  La storia deve prevalere sulle letture partigiane e mitologiche anche a riguardo del dramma di Cefalonia e Corfù, isole cariche di storia italiana per molti secoli, una storia ovviamente  irrisa da Barbero. La Resistenza italiana nacque  già nel 1943 nel Nord Italia con la formazione delle prime bande partigiane comandate da tanti ufficiali dell’Esercito che nel Regno del Sud ebbe nuova vita combattendo nella Guerra di Liberazione. Quello che accadde nelle isole greche va valutato e compreso perché i comandanti rimasero senza ordini. Se Gandin non fu all’altezza, i veri responsabili dello sbandamento  italiano furono Badoglio e Roatta che tra il 25 luglio e l’8 settembre non furono in grado di traghettare l’Italia in modo adeguato. Come ho ricordato recentemente, solo il maresciallo Caviglia sarebbe forse stato in grado di affrontare una situazione gravemente compromessa. Fu già un miracolo mantenere la continuità dello Stato con il trasferimento al Sud che fu precipitoso come una fuga ,ma ebbe delle ragioni motivate che  non consentirono  altre scelte.
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I Comuni e le commemorazioni
Ho letto  che al consiglio comunale di Lodi è stato commemorato Charlie Kirk. Mi sembra incredibile che i consigli comunali perdano tempo per commemorare persone del tutto estranee alla vita e alla storia di Lodi e dei Lodigiani. Arturo Actis Grosso
Non deve stupirsi, stiamo tornando ai tempi in cui i consigli comunali votano mozioni e ordini del giorno pro Palestina e contro Israele, come sul Viet Nam e contro gli USA negli Anni 60. Tutti i consiglieri comunali si sentono deputati come tutti i naviganti di Flotilla si sentano personaggi storici. E‘ il segno dei tempi burrascosi che viviamo. E’ comunque  meglio che i consigli perdano tempo a ricordare e a commemorare piuttosto che ad applaudire  le decisioni del podestà. Poi ci saranno anche le cittadinanze onorarie e tante altre corbellerie. Anzi stanno già arrivando.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO:  Parri presidente del Consiglio nel 1945 –  Il referendum e la democrazia plebiscitaria – I fondi per le strade non si toccano – Lettere

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Parri presidente del Consiglio nel 1945
Sono  passati 80 anni da quando, dal giugno 1945 al dicembre dello stesso anno, Ferruccio Parri fu presidente del Consiglio dei Ministri. Furono il PLI e il ministro liberale dei Lavori Pubblici Leone Cattani  a sfiduciarlo,  perché il suo governo più che portare il Vento del Nord a Roma, non riusciva neppure a mantenere l’ordine pubblico, preoccupato solo di realizzare una massiccia epurazione sommaria dopo il 25 aprile. Non discuto Parri nel suo insieme perché alcuni aspetti della sua vita meritano rispetto e anche ammirazione. Ma come  capo del Governo fu assolutamente negativo anche per le persone che portò con sé: esponenti del Partito d’Azione fanatici e fuori dalla realtà. Parri non volle capire che la guerra civile era finita e che bisognava voltare pagina. Lo compresero De Gasperi e lo stesso Togliatti che nel 1946 promosse l’amnistia per i crimini dal ‘43 al ‘45.
Parri si distinse per il suo giacobinismo velleitario  e  nel ‘53 fu contro la legge maggioritaria considerata dai comunisti una “truffa”, contribuendo così  all’ ingovernabilità che il premio di maggioranza avrebbe evitato. Nel ‘68 fu il promotore degli indipendenti di sinistra eletti dal PCI, quelli che Lucio Libertini definiva “indipendenti da tutto salvo che dal PCI”  come mi disse  con sincerità una volta che parlammo di Antonicelli. Indubbiamente un bel cammino per un mazziniano che fu interventista e  ufficiale di Stato Maggiore durante la Grande Guerra. Gianni Dolino me lo volle far conoscere  e ne trassi più o meno  l’opinione di un vecchio che ripeteva un disco rotto. Non lo scrissi, anzi quando morì feci un pezzo di elogio che oggi disconosco quasi  totalmente. Lo studio della storia mi ha fatto cambiare idea sul mitico “Maurizio” della Resistenza. Solo uno come Sogno poté rischiare la vita per liberarlo. E mi ha sempre sorpreso molto la sua sepoltura a Staglieno accanto alla tomba di Giuseppe Mazzini. Con dileggio volgare il fondatore dell’”Uomo qualunque “Giannini, storpiandone il  nome e il cognome, scrisse “Fessuccio Parmi”, un’espressione triviale  che rivela il gusto sguaiato di una certa destra populista del dopo guerra. Una citazione che rende bene l’idea dello scontro politico, ridotto a vile attacco personale, nell’Italia di allora. Anche i fascisti e i comunisti amavano storpiare i cognomi per dare più vigore alla loro vis polemica.
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 Il referendum e la democrazia plebiscitaria
Il non voto al referendum è legittimo perché la Costituzione contempla un quorum (50 % +1 dei votanti) senza il raggiungimento del quale esso è nullo. Chi dice il contrario non è in buona fede, esprime un giudizio partigiano che nega la stessa Costituzione. Sono semplificazioni manichee  dei cosi’ detti attivisti, una parola che mi provoca l’orticaria: gli intellettuali non possono essere degli attivisti. Lo stesso Mattarella che è un giurista di vaglia, nel 1999, quando era vicepresidente di D’Alema, disse che le opzioni erano 4: votare, non votare, votare sì o votare no. La stessa raccolta di appena 500mila firme per indire un referendum  appare oggi  insufficiente per evitare un referendum voluto da esigue  minoranze.
Mezzo milione  è  oggi una cifra ridicola rispetto al 1948 ,quando venne varata la Costituzione. La possibilità di raccogliere le firme attraverso internet ha reso infatti  troppo facile un  possibile uso improprio e   strumentale  del referendum  per raggiungere effetti politici che vanno oltre il quesito referendario. La democrazia diretta è importante, ma le leggi sono e devono tornare ad essere competenza prioritaria  del Parlamento. La democrazia plebiscitaria per chi conosce la storia è a volte assai poco democratica. Il referendum implica inoltre  una spesa  molto alta per l’allestimento dei seggi, gli scrutatori, la macchina elettorale periferica e centrale.  Dopo le esagerazioni del passato  che avevano screditato il ricorso al referendum senza raggiungere il quorum, si parlò autorevolmente di aumentare il numero delle firme necessarie, ma poi non se ne fece nulla. “Più Europa” non può  riproporsi come il nuovo partito radicale e personaggini politicamente esangui e perdenti  come Magi non sono neppure la fotocopia sfocata del grande Pannella.
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I fondi per le strade non si toccano
Come ho più volte lamentato le buche nella viabilità non sono state  colmate a Torino; ritengo  che i  vistosi tagli voluti da Salvini – il Piemonte è una delle maggiori vittime designate -alla viabilità provinciale e nazionale siano del tutto inaccettabili  e rivelino la scarsa competenza e soprattutto la non affidabilità politica del leghista  lombardo, già dimostrata tante volte quando era al governo con Conte.
Spero per lui che non sia vera la notizia dei tagli per finanziare il ponte sullo stretto di Messina: sarebbe una follia politica. Dovendo scegliere è meglio garantire la sicurezza nella viabilità ordinaria. La notizia è giunta per tempo: domenica si vota a Genova dove la situazione è molto difficile per il centro-destra. Di queste scelte avventate la Lega pagherà lo scotto perché governare richiede equilibrio e capacità di amministrare.
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Stermini novecenteschi
Ho letto che uno storico in voga  molto osannato ha detto che i gulag sovietici  non sono neppure lontanamente paragonabili  ai campi nazisti. Cosa ne pensa? A me più che storia sembra propaganda. Ettore Damiano
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Il discorso sarebbe lungo e complesso e non riassumibile in una risposta necessariamente breve. Mi limito a sintetizzare qualche riflessione: il “metodo” tedesco e quello sovietico furono diversi, ma  i fini furono identici: l’eliminazione degli ebrei  e degli oppositori politici dalla vita civile fino alla loro morte violenta. In realtà l’antisemitismo fu una caratteristica della Russia zarista e di quella  sovietica. Le sole  vittime di Stalin furono decine di milioni a cui vanno aggiunte quelle di Mao, spesso dimenticate. La distruzione degli uomini attraverso diverse forme di sterminio furono le caratteristiche  dei regimi totalitari del ‘900.   Anche quello armeno fu un genocidio , come le foibe jugoslave  furono un episodio di pulizia etnica circoscritta, ma non meno grave. Nessuno può storicamente parlare di altri genocidi: si tratta sovente  di giudizi politici usati oggi  come slogan a sostegno di terroristi, eredi di alleati di Hitler durante la seconda guerra mondiale e visceralmente antisemiti da sempre.
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Musica sacra
Il maestro Riccardo Muti  in occasione dell’elezione del nuovo Papa si è augurato il recupero della musica sacra. Se il Papa contribuirà al suo ripristino, farà un’operazione anche culturale di valore storico. Lo dico da non credente.  Isabella Usai
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Credo che sarebbe un ripristino importante. Le chiese invase da chitarre e urlatori è una triste realtà da decine di anni. Con la riforma liturgica successiva al Concilio Vaticano II è  stato  di fatto archiviata  con il Latino una tradizione molto importante. Già l’ateo dichiarato Massimo Mila poneva in evidenza il fascino irresistibile del Gregoriano. Il Papa Francesco ha addirittura vietato la Messa in Latino. Essa va liberamente consentita, ammesso che ci siano ancora sacerdoti in grado di celebrarla. Anche nei seminari lo studio del Latino non è più importante. Muti ha ragione e non a caso il suo appello è stato minimizzato.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Ricordi di un ex allievo del “ San Gip” – Antisemitismo e  violenza al Salone  e al Campus Einaudi – Lettere

Ricordi di un ex allievo del “ San Gip”
Il Collegio “San Giuseppe” di Torino, il “ San Gip”, festeggia  150 anni di vita. I Fratelli delle Scuole Cristiane, ordine fondato in Francia da San Giovanni Battista de la Salle, furono chiamati in Piemonte da re  Carlo Felice che fece anche cose buone, come si dice oggi. Papa Leone  ha ricevuto i Fratelli solennemente in udienza e l’anniversario è stato festeggiato a Torino in Duomo e al Collegio, oggi diretto in maniera incomparabile da Fr. Alfredo Centra , uomo coltissimo, preside  e capace manager .Il direttore ha fatto del Collegio una libera Agorà  aperta al confronto con tutti coloro che privilegiano la cultura senza settarismi.
Fra gli ex allievi illustri pubblicati sul sito del Collegio c’è la “crema” di Torino in tutti i settori . Essere passati attraverso l’educazione dei fratelli è un viatico che non si dimentica. Ne ho scritto sul “Corriere”, ricordando anche quando mi accompagnarono in gita scolastica in Egitto e andai ad El Alamein in anni in cui quei Caduti erano da ignorare. Un’esperienza indimenticabile  che raccontai anche al presidente Ciampi quando andammo insieme al Sacrario in Egitto per ricordare i caduti di una battaglia importante, totalmente ostracizzata in cui agli italiani mancò  la fortuna, ma non difettò certo  l’onore, come dimostrò Paolo Caccia Dominioni che costruì il Sacrario, raccogliendo le salme dei soldati caduti in battaglia.
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Antisemitismo e  violenza al Salone  e al Campus Einaudi
Giovedì ci sono stati minuti  di violenza agli ingressi del Salone del libro per colpa  di estremisti invasati che volevano impedire un incontro al Salone con la presenza del presidente della Comunità ebraica di Torino. La Polizia ha scongiurato il peggio. La Stampa ha scritto incredibilmente   soprattutto delle manganellate della Polizia. Ma andrebbe segnalato anche quanto accaduto al Campus Einaudi in cui gli estremisti pro Palestina hanno ancora una volta dimostrato di essere una minaccia alla democrazia e al confronto civile di opinioni.
Il rettore Geuna ancora una volta si è rivelato inadeguato e alcuni professori indegni del ruolo da essi ricoperto. Va ribadito ancora una volta che gli Atenei esistono per studiare e non per fare politica settaria che inquina la serenità degli studi, degenerando in brutale  violenza.  Questi signori sono l’esempio nostrano del fanatismo palestinese a Gaza che ha mietuto tante vittime innocenti. Il presidente israeliano può essere discutibile, ma non c’è confronto con i capi di Hamas assetati di sangue e solo desiderosi di vendetta. L’antisemitismo peggiore ormai da troppo tempo imperversa un po’ dappertutto.
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Brigitte Bardot
Cosa pensa di Brigitte Bardot che a 91 anni  prende posizione contro il femminismo francese?  A me sembra come sempre molto coraggiosa. Non è un peccato dire che a lei piacciono gli uomini. Questo è un piacere naturale di cui secondo alcuni bisognerebbe  oggi perfino giustificarsi. Giulia Ferro
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Concordo con lei. Pannunzio con Flaiano l’aveva incontrata a Roma e ne rimase colpito per la sua capacità di andare controcorrente in anni di bigottismo provinciale, quello  che “Il mondo” aveva combattuto con ironia raffinata. Ancor più  della “Dolce vita” di Fellini B.B . aveva rivelato un volto e un corpo  capace di capovolgere il perbenismo senza noiosi  discorsi sociali , ma con il fascino della bellezza femminile. I suoi nudi, i suoi topless entrarono nei sogni di tutti. Il far l’amore senza inibizioni e senza freni è un qualcosa  di unico che molte donne ancora oggi riescono a raggiungere con fatica, magari  impasticcandosi.  Fu una vera femminista che seppe anticipare i tempi senza mai ricorrere agli slogan delle femministe rancorose e spesso oggettivamente sgradevoli come quelle italiane e francesi in particolare.
Non attese il movimento di liberazione della donna e i suoi cortei.  Andò in pantaloni attillati a visitare all’Eliseo il Presidente De  Gaulle che viveva nel culto di Santa Giovanna d’Arco. L’amico Mughini ha scritto : “Lo scandalo e il fascino della Bardot non derivano  tanto dall’ aver vinto  consapevolmente dei tabù, quanto dalla naturalezza con cui li infrangeva”. Ogni  volta  che si pensa a Bb, l’adolescente che sonnecchia in noi, si risveglia. Me lo diceva Soldati che la incontrava al Festival di Cannes, ma avrebbe desiderato incontrarla da vicino tra le lenzuola, come mi disse senza giri di parole  una volta. Volli passare una settimana a Saint – Tropez (oggi totalmente decaduta)  ed ebbi modo con i buoni uffici di un  autorevole amico francese di parlare mezz’ora con B. B. che mi intrattenne sulle sue belle battaglie per gli animali. Pur anziana, aveva sempre lo sguardo e la vivacità dei vecchi tempi.
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Da Alassio
Ho appreso che l’ex sindaco Avogadro, prima leghista e attuale renziano, a suo tempo sfiduciato dalla sua stessa maggioranza, stia cercando di rientrare in gioco alla scadenza del secondo decennio di sindaco di Marco Melgrati. Cosa ne pensa?      Vittorio de Angeli
Tutto il male possibile. Avogadro  nel suo mandato portò  al governo della Città degli improvvisatori  incapaci e lui stesso si rivelò poco avveduto. Sarebbe una gravissima jattura per Alassio ritrovarsi di nuovo alle prese con questo personaggio e soprattutto con alcuni dei suoi sostenitori. Il successore di Melgrati dovrà indicarlo lo stesso sindaco quando non potrà più essere candidato.
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Il cardinale Zuppi
Non ho mai avuto simpatia per i vescovi cardinali di Bologna a partire dal filocomunista  Lercaro, salvo che per il cardinale Biffi che ebbe parole illuminate sui pericoli dell’immigrazione extracomunitaria. Ma adesso Zuppi  al Salone del libro supera se’ stesso, dicendo che, se eletto, avrebbe fatto come nel film di Nanni Moretti. Intendeva scherzare sul papato, una cosa molto seria per un cardinale papa mancato, per grazia dello Spirito Santo.   Giovanni Ramelli
Ha detto che, affacciatosi davanti a tanta gente come nuovo Papa, avrebbe rinchiuso  la finestra perché consapevole di “non farcela”. Può essere singolare la citazione di Moretti, ma in fondo ha detto la verità: Zuppi sarebbe stato inadeguato. Sempre alla ricerca di una battuta come Papa Francesco, dell’ultimo Papa ha solo la propensione alla battuta.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: La difesa dei magistrati – Il nuovo Medio Evo – Lettere

La difesa dei magistrati

Il Prof. Gustavo Zagrebelski è una seria e squisita persona  anche se spesso dissento dalle sue idee. Una volta a cena al Circolo del whist dopo un convegno sul giurista Elio Casetta, promosso dall’Accademia delle scienze, ho avuto modo di parlare con lui en amitie’ ed ho anche apprezzato la sua arguzia. Pure il suo ricordo di Bobbio mi era piaciuto, ma la sua ultima uscita – sempre che i giornali riportino il vero – mi è parsa fuori luogo da parte di un ex presidente della Corte Cosituzionale.
Il professore avrebbe “scosso” l’associazione nazionale magistrati dicendo “E’ giunta l’ora di passare al contrattacco, cercando di contestare l’opinione pubblica”. Una difesa acritica dei Magistrati che non si addice ad uno studioso della sua statura.  La procuratrice generale  Lucia Musti si è invece posta una domanda che rivela chi ella  davvero sia: “Perché la fiducia del cittadino nei nostri confronti è pari a poco più di zero?”.  E la dottoressa viene applaudita dal pubblico. Sono atteggiamenti da considerare. Il rispetto dovuto alla Magistratura non può significare un acritico elogio a priori. C’è stato chi addirittura ha detto che sarebbero “comodi due magistrati morti”  per aumentare il consenso. Non è necessario altro sangue. Basta il giudice Bruno Caccia, magistrato integerrimo che rifiutò sempre di schierarsi politicamente, esempio sublime di sacrificio della sua vita, mai alla ricerca della ribalta mediatica.
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Il nuovo Medio Evo

La riproposizione, da parte del ministro della Pi   Valditara, della reintroduzione del latino nella scuola media offre l’opportunità di riflettere sugli studi classici che non vanno confusi con il latinetto opzionale della scuola media che non modificherebbe  nulla. Il discorso di una riforma della scuola alla maniera di Giovanni Gentile non ha nulla a che vedere con i segmenti  disgiunti di una  finta riforma che manca di una  visione culturale d’insieme. Nulla si può inventare con la  faciloneria  e l’improvvisazione, mentre la riforma Gentile fu il frutto di un ventennio di confronto tra Croce ,Gentile e altri intellettuali, tutte  figure che oggi non hanno un corrispettivo. La destra attuale è priva di intellettuali di rango e i pochi  tacciono o non vengono considerati. Anzi, vengono ignorati e magari sbeffeggiati.  Questo è il punto  nodale. Sul tema della scuola c’è una cronica mancanza di idee capaci di far svoltare la scuola italiana dalla deriva populistica di don Milani ,dei cattivi maestri del ‘68 e dei loro seguaci. Un po’ di latino nella scuola media non serve e non basta. La cultura classica è altra cosa e lo studio del latino dovrebbe essere un contributo alla formazione intellettuale  critica dei giovani destinata a restare per la vita intera. Ma essa è altro  da un frettoloso ripristino di facciata che non serve certo  a recuperare  un patrimonio  distrutto  che oggi è  di pochi come in un nuovo Medio Evo. Quanti oggi hanno quel minimo di cultura classica che consente loro un tipo di ragionamento non solo  ragionieristico?
La cultura classica è tornata patrimonio di pochi perché non esistono neppure più i monasteri medievali che ci hanno salvati dal naufragio. Oggi anche l’ultimo crede di essere il primo con quattro parole di inglese  orecchiate e un po’ di Internet. In questo squallido  contesto un modo di pensare che era proprio di una élite intellettuale è andato perduto. Siamo   nell’imbarbarimento dell’inclusione indifferenziata  che snatura la nostra cultura e la nostra lingua. Un po’ di latino diventa quasi una presa in giro. Neppure nei licei classici si studia più con serietà il latino e il greco .Occorrerebbe un nuovo Umanesimo rinascimentale  che oggi appare impossibile. Basta sentire parlare un giovane per rendersi conto dell’ imbarbarimento che sta arrivando e di una incapacità a pensare come si deve ,come  avrebbe detto Pascal. E questo stato di cose non viene assolutamente percepito se non da pochissimi. Stiamo affogando e non ci rendiamo conto dell’abisso culturale dove siamo finiti. Curare con l’ aspirina un moribondo appare drammaticamente ridicolo. I politici per primi sono figli della scuola facile e permissiva che ha creato sacche colossali di  ignoranza  abissale. Volevano eliminare il latino fonte di discriminazione sociale e alla fine hanno abbassato tutti o quasi a livelli che hanno intaccato perfino le basi stesse  della democrazia perché i cittadini sono privi di spirito critico e si lasciano guidare dagli imbonitori di turno. Concetto Marchesi, il comunista Marchesi si oppose inutilmente alla demonizzazione in chiave populistica della classicità  sulla quale si erano formati, diceva lui,  Marx ed Engels, Gramsci e Togliatti. Prevalse la demagogia sessantottina e oggi ripristinare la serietà degli studi diventa impresa impossibile perché i danni sono stati  devastanti. Spero di essere troppo pessimista, ma questa è la mia amara conclusione di docente e di studioso che ha dedicato forse inutilmente  la sua vita alla cultura e alla scuola.
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La sanità è ormai privata
La sanità che ha malamente retto di fronte al Covid, dopo la pandemia non ha più retto alla aggressione dei colossi milanesi privati. I cittadini non hanno più la possibilità di curarsi ,se non mettendo mano ai risparmi. E’ un regresso sociale che ci porta indietro persino alle mutue private anni Anni 50. I poveri non si curano più, non ne hanno i mezzi. E molti medici finiti nel privato dopo la pensione, si fanno i soldi a spese dei malati, ordinando esami costosi I centri medici si moltiplicano  per guadagni milionari. I medici per un piccolo sconto non fanno fatture, sono evasori sfacciati  e la finanza non controlla mai. Questo è uno scandalo sociale vergognoso. Così un pensionato muore e i medici si rivelano più affaristi che medici.  C.T.
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Purtroppo è così. Non sono così pessimista come lei ,ma nella sostanza ha ragione. Proviamo a  sperare nel nuovo piano sanitario? Forse alcuni errori l’ex sindaco di Casale li ha capiti e corretti. Certo, molti medici sono degli affaristi  che non hanno rispetto per i malati. Il Tribunale dei malati esiste ancora? In certi casi andrebbe anche coinvolto il tribunale penale e civile.
I figli di Firpo
Deve essere morto uno dei gemelli  Firpo, figlio dello dello storico Luigi. Era stato un dirigente UTET e con il fratello Massimo è stato il distruttore  morale della figura di suo Padre in un libro subito scomparso dalle librerie. Una pagina da dimenticare.   Aurelio Mo
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Ho solo conosciuto Luigi e mi è bastato. Sì è morto il figlio. L’episodio del libro killer va dimenticato. La sua anima abbia finalmente pace  oltre lo Stige.
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Cultura tra spaghetti e un bicchiere di vino
 . Sarà sicuramente un qualcosa da non perdere, ma è fuor di dubbio che un’osteria non è un centro culturale senza finalità di lucro. Anch’io ho un ‘attività simile in cintura, ma il giornale non pubblica mai le mie serate. G.F.
Nelle osterie non c’è molta cultura. Quando fui invitato attraverso l’editore a parlare di Mario Soldati e del vino, l’osteria   Vedrà che forse anche lei avrà le attrattive culturali del giro di amici da non  perdere mai. I giornali di questi tempi sembrano perseguire sempre lo stesso storico fine: perdere lettori ogni giorno.

Un pomeriggio al Valsalice con il dottor Franco Berrino: alimentazione, salute e spirito ambiente

 

Nella giornata di venerdì 10 gennaio, presso l’istituto Valsalice di Torino, si è svolto un importante incontro con il dott. Franco Berrino, che ha parlato con sapienza, simpatia e passione in un’aula gremita di studenti della scuola media. L’evento è stato moderato dal prof. Andrea Olivazzo, docente di Tecnologia che, da diversi anni, dedica una parte di tempo delle sue lezioni ad affrontare un discorso sempre più significativo all’interno delle scelte di vita consapevoli: quello dell’alimentazione quotidiana.

“Il tema dell’alimentazione – ha dichiarato il prof. Andrea Olivazzo – l’ho sempre ritenuto importante, ed è giusto che i ragazzi possano riflettere e prendere consapevolezza di quanto le scelte alimentari influiscano su corpo, mente e ambiente. La presenza del dottor Berrino è la dimostrazione di quanto l’intero istituto Valsalice abbia a cuore la salute e il futuro delle nuove generazioni”.

Il dott. Franco Berrino, laureatosi in medicina e chirurgia all’Università di Torino e specializzatosi in anatomia patologica, si è poi dedicato soprattutto all’epidemiologia dei tumori. Dal 1975 al 2015 ha lavorato all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, dove ha diretto il Dipartimento di medicina preventiva e predittiva. Volto noto della lotta a un’industria alimentare che produce cibi sempre più sterili, raffinati, trattati chimicamente e potenzialmente pericolosi per la salute, è anche tra i fondatori de La Grande Via ETS, una Fondazione che promuove la consapevolezza di essere artefici della propria salute, fisica ed emotiva, e il benessere duraturo conquistato attraverso la scelta del cibo che viene mangiato e dell’attività fisica che viene compiuta. Un percorso finalizzato a divenire partecipi dell’armonia e della salute della comunità umana e del pianeta.

Proprio in questa direzione si è svolto l’intervento del dott. Berrino, che ha saputo catturare da subito l’attenzione dei giovani studenti spiegando due ricette sane e gustose di biscotti da preparare velocemente in casa, proponendo contemporaneamente una riflessione divenuta centrale all’interno dell’incontro.

“Tornare a cucinare e scegliere cosa mangiare è importante per noi e per il pianeta – ha dichiarato il dottor Berrino – oggi, purtroppo, è il cibo a scegliere noi. Questo succede a causa dei bombardamenti pubblicitari da parte dell’industria alimentare”.

“Dobbiamo sempre tenere a mente che scegliere cosa mangiare è una scelta che influisce non soltanto sulla nostra salute, ma anche sulle sorti del pianeta, sulle sue risorse – ha continuato il dottor Berrino – una delle cause della fame in Africa è dovuta alla coltivazione sterminata, voluta dal mondo occidentale, di soia, legumi e cereali finalizzati a diventare cibo per ingrassare gli animali in allevamento, in modo da ottenere più carne, più latte, più “prodotto da vendere”.  A quale costo, però? Gli animali si ammalano a causa di un’alimentazione innaturale e, di conseguenza, ci ammaliamo tutti noi che consumiamo il prodotto in forma di carne, latte, formaggi e derivati. L’uomo si è abituato oggi a mangiare cibi che non hanno mai fatto parte della sua dieta nel corso dell’evoluzione, alimenti sempre più raffinati come la farina 00, pieni di conservanti e trattati chimicamente per garantire una maggior durata, lo zucchero della pasticceria industriale, che posso definire “veleno”, vista la quantità di studi scientifici che lo collegano a molte gravi patologie sempre più presenti nella nostra società”.

“Il mio consiglio – ha concluso il dott. Berrino – è quello di tornare in cucina, di preparare con le vostre mani ciò che andrete a mangiare. Noterete anche dei benefici a livello economico. Tornare a mangiare il cibo dell’uomo, ovvero verdura, legumi, cereali, frutta fresca e secca come base fondamentale della nostra dieta significa allontanarsi dal consumismo imposto dall’industria alimentare. Cercate di mangiare cibo biologico, integrale, consapevoli della preparazione che l’ha portato fino al vostro piatto”.

Gian Giacomo Della Porta

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: “Benito” di Guerri – Il soldato Balbis , un vero patriota – “Copie d’autore”, una mostra molto speciale – Lettere

“Benito” di Guerri
Il nuovo libro di Giordano Bruno Guerri, “Benito, storia di un italiano” sta avendo grande successo. Guerri è uno storico a 24 carati che ha indagato a lungo il fascismo e alcuni gerarchi come Bottai  e Ciano con quel distacco critico che esige la storia. Nel mare magnum degli ideologi preconcetti e dei tuttologi antifascisti, Guerri rappresenta un’altera pars senza la quale la storia diventa  misera propaganda politica alla maniera di Scurati. Guerri ha realizzato un libro fatto anche di fotografie che consentono di  cogliere il contesto nel quale Mussolini seppe muoversi, ottenendo il consenso soprattutto delle masse e del mondo intellettuale, mentre la borghesia fu più impermeabile alle sue seduzioni. Il “figlio del fabbro” fu il primo richiamo alla sua persona fin da quando era un leader socialista rivoluzionario di fronte a cui il capo della Cgil attuale  Landini è un semplice imitatore.
Guerri parla anche di una definizione di sé stesso da parte di Mussolini di un certo fascino intellettuale che lo allontana dall’uomo del manganello e dell’olio di ricino. Amava usare lo pseudonimo “l’uomo che cerca” che indica, come bene colse De Felice, che il potere non gli aveva dato alla testa. Gli italiani, secondo Guerri, più che fascisti divennero mussoliniani. La biografia aiuta a capire il perché si fosse via via determinato il culto del duce. Per capire la differenza tra la storia di Guerri e la “vulgata” basterebbe ricordare che lo storico del Medio Evo tuttologo Barbero citò la frase volgare con cui gli operai torinesi definivano Mussolini: “Monsu’ Cerutti, cul ch’a lu fica ‘n cul a tuti”, che coglie solo una parte di dissenzienti che senza pagare dazio si divertivano alle spalle del duce, andando poi regolarmente alle adunate in camicia nera. Guerri racconta  che i figli della lupa segnarono un futuro sinistro: come Romolo uccise il fratello Remo, così quelli che furono figli della lupa si scannarono in una sanguinosa guerra civile tra il ‘43 ed il ‘45. Abituati ai vari libri, figli monotoni di un pregiudiziale antifascismo, apprezziamo il tentativo che Guerri fa di capire prima di giudicare. E’ il discorso di Bloch. E il testo fotografico diventa di fondamentale importanza per capire una storia complessa come quella di oltre un ventennio in cui non ci possono essere solo ombre. La fotografia ci aiuta a capire come in parte Mussolini finì per ipnotizzare parte degli italiani. E a capire oltre le visioni settarie.
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Il soldato Balbis , un vero patriota
Alassio ha ricordato il capitano Franco Balbis, fucilato al Martinetto 80 anni fa , membro del Comitato militare del CLN piemontese comandato dal Generale Perotti,  anche lui condannato a morte nel 1944.
Balbis aveva combattuto eroicamente ad El Alamein e per fedeltà al giuramento al Re, come il generale Perotti, aveva offerto la sua esperienza militare alla Resistenza che senza l’apporto di militari come lui avrebbe fatto ben poco.
Gli smargiassi dell’antifascismo parolaio hanno avuto grandi celebrazioni torinesi, Balbis nulla. Perchè? Ad Alassio è stata celebrata una Messa in suffragio suo  e  dei suoi commilitoni caduti in Africa che Balbis chiese di celebrare ogni anno nella sua lettera di addio ai genitori.
Dieci anni fa fui io a ricordare Balbis nella basilica torinese di Maria Ausiliatrice. Ieri è stato ricordato nella chiesa salesiana dell’istituto Don Bosco di Alassio che lo vide allievo in liceo.
Un allievo davvero fuori ordinanza che forse i dirigenti dell’Istituto alassino oggi  non considerano abbastanza. Sta a ricordare Balbis ad Alassio una grande piastrella che onora un eroico soldato e un cristiano autentico fedele e coerente fino alla fine.
Ieri abbiamo onorato i soldati caduti ad El Alamein, come voleva lui prima di morire.Valdo Fusi in “Fiori Rossi al Martinetto “ ha scritto in modo mirabile  dell’epopea di “Francis”.
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“Copie d’autore”, una mostra molto speciale

Il fascino dell’arte abbraccia la nostra vita da sempre e la potenza della bellezza arriva nel profondo dell’anima ,diceva Thomas Mann. Davanti ad un’opera pittorica spesso possiamo ritrovarci, sentire, condividere sentimenti profondi. I grandi classici suscitano sempre forti emozioni: meraviglia e calore. Poterli ammirare è un dono che facciamo a noi stessi.  Risvegliare il  brivido emotivo, ammirando opere  di grandi pittori del passato è lo scopo di questa bella esposizione unica nel suo genere che viene allestita a Torino, ad ARTE, da Marco Giordano, pittore e musicista, nel suo atelier in corso Francia 169.

Si tratta di “COPIE D’AUTORE”: vengono proposte in copia opere di grandi maestri come Vincent Van Gogh, Modigliani, Jean Baptiste Corot, Michelangelo Merisi “Caravaggio”, ed altri. Le opere selezionate, ad olio, sono un percorso di studio, dedizione, amore e tecnica realizzate da diversi autori di alto livello formativo. Se non si può arrivare all’intoccabile opera dei grandissimi maestri, ci sono le copie d’autore. VENERDI’ 20 DICEMBRE ore 17- 21 potremo ammirare in anteprima la mostra che rimarrà aperta fino al 27 febbraio 2025, martedì, giovedì, venerdì, sabato e domenica ore 17-21. Marco Giordano è ‘ un artista di grande valore e di grandi meriti con un curriculum esemplare . che merita l’attenzione dovuta ad un uomo libero che vive per l’arte, senza arzigogoli politici, facendone la passione della sua vita.

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Ricordare Tortora!
La proposta di legge che intende riconoscere una giornata alle vittime della mala giustizia che hanno pagato con il carcere dei vistosi errori giudiziari. Una  di queste vittime è  stato Enzo Tortora. Ebbene l’associazione dei magistrati si dice contraria alla giornata perché indurrebbe “sfiducia” verso l’operato dei giudici. In più la data dell’arresto di Tortora , il 17 giugno, è considerata improponibile per lo stesso motivo del discredito. Il Pd si asterrà sulla proposta, dimostrando una concezione giacobina della giustizia. Siamo in un regime!  Susanna Tirozzi
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E’ vergognosa l’opposizione dell’associazione magistrati che dovrebbe tacere perché quei fatti di mala giustizia gettano di per sé discreto sui magistrati come il Caso Palamara,  quello che Cossiga definiva un tonno. Circa l’astensione del Pd va detto che il Partito è  pieno zeppo di magistrati intoccabili e anche faziosi. Ricordare le vittime della mala giustizia e anche i magistrati che non hanno mai pagato per i loro comportamenti, è un dovere civile. Basta alla impunità dei giudici!
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Tolte le sanzioni  ai no vax
L’idea di togliere sanzioni a chi in modo incivile e socialmente pericoloso davanti ad una epidemia si è sottratto al dovere della mascherina e dei vaccini, appare un colpo di spugna che viola le più elementari regole della giustizia. Questo fatto ci fa capire i personaggi che invece di dimostrare disciplina solidale si sono lasciati andare ad un ribellismo
ignobile come i leghisti e fratelli d’Italia.  Jacqueline Lupo
Mascherine coronavirus
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Togliere le sanzioni giustamente comminate a tutela della salute pubblica è un atto di barbarie che disonora chi ha promosso questa operazione davvero ingiusta che offende anche la memoria di chi la combattuto la pandemia e di chi è morto per il covid.