di Pier Franco Quaglieni
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Sono passati 15 anni dalla morte di Gianni Agnelli, l’avvocato per antonomasia, simbolo di una Torino che non c’è più . Ai suoi funerali solenni in duomo ci fu una grande folla che, tanto per non farsi mancare nulla , fischiò il presidente del Consiglio Berlusconi mentre entrava in chiesa. Assistetti ai suoi funerali in un banco vicino a Vittorio Chiusano, considerato l’avvocato dell’Avvocato. Si senti’ in quell’occasione che finiva un mondo che Agnelli aveva rappresentato. La Fiat, già in crisi , precipitò anche per gli errori del suo presidente che aveva ceduto le redini del comando a Cesare Romiti. Il periodo aureo della Fiat fu quello di Vittorio Valletta , il ragioniere che seppe affrontare la ricistruzione e l’urto frontale con i comunisti che subito dopo la liberazione lo avevano estromesso. Agnelli fu per molti anni sotto tutela di Valletta, poi spiccò il volo.Era un personaggio sicuramente eccezionale abituato a vivere nel mondo più che nella Torino provinciale che pure amava. Era stato ufficiale del “Nizza Cavalleria “ durante la guerra in Africa. Seppe godersi avidamente la sua giovinezza senza limiti in rapporto con donne bellissime e anche la cocaina. Amò la Fiat che fu di suo nonno Giovanni, ma non riuscì ad essere un grande imprenditore , fortemente ostacolato da una contestazione operaia violenta che andò molto oltre l’autunno caldo .
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Una volta a cena con Mario Soldati ascoltai da lui una frase che mi è rimasta impressa : “In fondo io sono di sentimenti socialisti”. Mi sembro’ una frase paradossale , forse per compiacere Mario che era sfegatato per la Juve. Con Mario c’era una
grande amicizia : Gianni gli metteva a disposizione la macchina targata Torino su cui era solito viaggiare lo scrittore. Un altro grande amico di Gianni fu Jas Gawronski che ,quand’era a Torino, era ospite fisso a casa Agnelli in collina e passava le vacanze con Gianni . Jas ,quando Gianni mori, si chiuse nel silenzio e non volle scrivere nulla ne’ rilasciare dichiarazioni . Lo stile del principe polacco prevalse su quello del giornalista e in tanti anni di frequentazione non mi parlo’ mai del suo rapporto con Gianni.
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La Juve fu la vera passione dell’Avvocato. Al liceo d’Azeglio lo ricordammo su mia iniziativa . Tutti resero omaggio avvocato,anche certa sinistra che lo aveva avversato . Dopo 15 anni di lui resta un ricordo sbiadito . Non è certo Evelina Christillin che l’avvocato fece conoscere , la sua erede perché la spocchia non è cosa legata al nome di Gianni. L’amato giornale di famiglia e’ finito nel gruppo De Benedetti che dopo qualche mese Gianni aveva cacciato dalla Fiat in cui era entrato come socio. Senatore a vita , ebbe un rapporto con la politica limpido . Non credo avrebbe speculato in borsa per la telefonata di un presidente del Consiglio. Era un uomo di stile quasi inimitabile non solo perché portava l’orologio sopra il polsino della camicia . Quando ho avuto l’occasione di parlare con lui constatai come fosse un uomo eccezionale, gentile di animo, che sapeva mettere l’interlocutore a suo agio . La tragica morte del figlio suicida e la morte crudele del nipote Giovannino,il vero erede,lo avevano rattristato profondamente . Sembrava un uomo annichilito e spento . Ho letto con disgusto i libri denigratori che un piccolo giornalista che fa dello scandalismo il suo mestiere, ha scritto su di lui e sulla sua famiglia . Forse non è stato un grande imprenditore come il nonno, ma sicuramente è stato un grande uomo e un grande piemontese . I suoi nemici, al suo confronto , erano dei nani. Anche molti suoi collaboratori erano dei nani. E questo spiega molte cose. L’unico Agnelli di alto livello fu Umberto oscurato dal fratello, imprenditore capace e solido, un uomo che va riscoperto .



“L’eco ed io” , edito da IL VIANDANTE, è uno splendido libro di poesie non banali e non scontate. L’ho capito nel momento in cui ho letto i primi versi: questa voglia di scrivere… e per chi?
Su libri, quotidiani e riviste sono comparsi articoli sulla piola di Erminio, dove il tempo si era fermato
caserma Simonetta, dopo il raduno e la Santa Messa solenne nella vicina Chiesa di Maria Ausiliatrice (San Luigi). Dopo l’Alzabandiera e l’Onore ai Caduti, i saluti del Comandante della GDF Colonnello Gianfranco Parisi e del Presidente Gianpiero Maggioni. Anche il Consigliere Nazionale Francesco Meregatti , oltre a portare i saluti del Presidente Nazionale e degli altri componenti il Consiglio, oltre a ricordare brevemente quel “molto che è già stato detto nell’Omelia e nei discorsi di chi mi ha preceduto” ha sottolineato come “occorra non dimenticare. Gli alpini dell’ANA non dimenticano; grazie a chi ha dato l’esempio! Anche i giovani dovrebbero imparare a fare qualcosa per gli altri”. Sante parole, purtroppo non sempre ascoltate.
Giovedi 25 Gennaio, alle ore 18, in Via delle Orfane 16, zona quadrilatero si inaugura Les Folie Cocktails & food nel cuore della Movida torinese
retro dell’ufficio di igiene.
Il Bar inizia la giornata con le colazioni , croissanterie alla francese e caffè, continuando con la migliore
tradizione dei cocktails , che si avvale della consulenza dei noti Salvo e Gigi di barZ8 (promotori delle serate della movida a Torino).
capitale lo conoscono bene.
di
sin da bimbo Matteo Renzi, per la sua propensione a spararle grosse, era chiamato dai compagni “il Bomba”. Ma occorre fare un po’ di revisionismo storico, rammentando che anche a Torino, tra gli anni ’70 e gli ’80, assistemmo a una straordinaria proliferazione di nickname, molti dei quali nati nell’area socialista, e spesso creati da quel personaggio esuberante che fu Silvano Alessio. Citiamone alcuni, omettendo tuttavia, per rispetto, nomi e cognomi beneficati da nomignoli forse troppo irriguardosi. La narrazione della scena socialista aveva tra i suoi protagonisti, al di là dei piuttosto ovvi “Barbone” per Giusi La Ganga o “Genio” per Eugenio Bozzello o “Scico Scico” per
Libertino Scicolone, “il Pavone” per Piergiorgio Boffa, “il Bombo” per chi scrive, “l’Uomo della collina” per lo stesso Alessio, “il Pesce” per Gabriele Salerno, “Fitty Fitty” per Gianni Daffara, “Gambone” per Giuseppe Rolando, “l’Uovo” per Salvatore Gallo e poi i più insolenti “la Pennoira” e “Grondaia”. Anche seconde file, simpatizzanti o lobbysti non sfuggivano al destino: circolavano infatti “Senza collo”, “l’Albino”, “Pallone”, “il Cervo” (evidenti le ragioni della mancata indicazione delle relative corrispondenze). Pure i comunisti non erano risparmiati: “Barbaperu” era Gianni Dolino, “Nasello” Diego Novelli, “il Lungo” Piero Fassino, “Benny Goodman” Giancarlo Quagliotti, per via di suoi improbabili variopinti panciotti (poi diverrà, copyright Bruno Babando, “l’Eminenza
grigiastra”). E ora stiamo assistendo a una certa ripresa, vittime i Grillini: al di là della folgorante crasi “Chiappendino”, sempre copyright “Lo Spiffero”, è Gabriele Ferraris a rialimentare questa illustre tradizione: ed ecco comparire “Mainagioia” per l’Assessora alla Cultura Francesca Leon e “Chiarabella” per Chiara Appendino, probabilmente allusiva alla disneyana spilungona e dinoccolata Clarabella, fidanzata del cavallino Orazio Cavezza, ma che ebbe anche una sbandata per Pippo. E che fu tra l’altro la principale attrice della saga a fumetti Gli anni muggenti di Clarabella, nei quali noi tutti ora stiamo vivendo.
Per dirla con William Shakespeare, “Much ado about nothing” (molto rumore per nulla), questa potrebbe essere una considerazione legata alla recente vicenda dei sacchetti biodegradabili (quasi) che ha fatto imbestialire gli italiani
l’Italia” o da “Vanina Vanini” di Roberto Rossellini – ma non solo. Il pubblico potrà anche partecipare, fino a venerdì 30 marzo, alla visione di titoli più recenti e, se vogliamo, più “insoliti: dall’originale “La pattuglia sperduta” di Pietro Nelli, fino a “Il brigante di Tacca del Lupo” (una sorta di via italiana al western) di Pietro Germi, all’antiretorico e antiborghese “Le Cinque Giornate” di Dario Argento e a “Piazza Garibaldi” dello stesso Davide Ferrario. “Un luogo crocevia della Storia, una sala cinema, uno straordinario secolo di storia nel quale gettare le reti, un grande uomo di cinema amico del Museo: impossibile – dichiara il direttore Ferruccio Martinotti – non saldare l’equazione e generare qualcosa di intrigante”. Come certamente sarà. A partire dall’evento inaugurale, speciale e gratuito, in programma giovedì 18 gennaio dalle ore 18, allorché in Sala Plebisciti sarà proiettata
un’autentica e rara chicca: “I mille”, film muto del 1912 firmato da Alberto Degli Abbati e Mario Caserini, su sceneggiatura di Vittorio Emanuele Bravetta, dal diario di Giuseppe Cesare Abba. Per l’occasione, il film – considerato uno dei primi lungometraggi dedicati alla figura di Garibaldi – verrà sonorizzato dal vivo con musica elettronica dal compositore Andrea Costa, autore di molte colonne sonore mentre sulle pareti scorreranno immagini del Museo e di altri film montate da Davide Ferrario. A seguire, tutte le altre proiezioni avranno luogo nella Sala Cinema del Museo e ogni film sarà proposto ai visitatori per un’intera settimana, dal sabato al venerdì successivo, alle ore 11 e alle 14,30 di ogni giorno. Si inizierà sabato 20 gennaio con “San Michele aveva un gallo” dei Fratelli Taviani.