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Elsa Lohengrin: Il Cigno – La troverai la Via, se prima avrai il coraggio di perderti

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Con oltre 43mila pagine lette a due settimane dalla pubblicazione e decine di copie vendute, Il Cigno ha avuto un debutto fulminante.


Si tratta del romanzo d’esordio dell’autrice indipendente italo-svizzera Elsa Lohengrin e del primo volume autoconclusivo della Saga degli Altavilla, una serie dedicata alle vite dei membri di questa numerosa ed ecclettica famiglia contemporanea, in cui si intrecciano problematiche  d’attualità legate all’amore, all’amicizia, al lavoro e all’autorealizzazione.

Il Cigno è una storia che ci porta nei meandri della psiche umana, illustrando con precisione chirurgica e una prosa limpida cosa succede quando ci si annulla per assecondare gli altri e rispondere alle loro aspettative. La storia è raccontata dal punto di vista del protagonista, il dottor Killian Altavilla, che in ciascun capitolo ci svela un piccolo tassello del mosaico che compone il suo passato, fino a rivelarci con un colpo di scena inatteso chi si nasconde dietro al cigno metaforico che lo tormenta di notte.

 

Con grande intensità emotiva, lautrice ci catapulta nella vita di Killian, un giovane medico svizzero con il sogno di diventare medico legale e un segreto di cui non ha mai parlato con nessuno, nemmeno con la sua ragazza. L’incontro con il suo nuovo capo, il Professor Lachlan MacLeod, risveglia però in  Killian ricordi che aveva relegato nell’oblio per anni, facendo riemergere spaccati di vita invasi da dubbi e dilemmi interiori. Questo sconvolgimento interiore sfocia in conflitti interpersonali sempre più aspri sia a casa che al lavoro, finché Killian sarà costretto a guardarsi allo specchio e a scegliere se rinchiudersi per sempre nella gabbia dorata che si è creato oppure spiegare le ali e volare verso l’infinito.

 

Un meraviglioso viaggio nell’intimo di personaggi indimenticabili, protagonisti di un romanzo dedicato a tutti i Cigni di questo mondo a chi, in un modo o in un altrocerca di trovare la forza di liberarsi dalle catene imposte dall’esterno o dai sensi di colpa maturati nell’adolescenza, per affermare il proprio posto nel mondo. I lettori lo hanno definito un romanzo particolare, diverso dal solito, intrigante e assolutamente da non perdere.

Elsa Lohengrin è nata in Inghilterra, è cresciuta in Italia e ora vive in Svizzera, dove divide le sue giornate tra l’attività di traduzione, lo studio della narratologia, la scrittura dei suoi romanzi, la sua famiglia e una miriade di altri impegni. Si è laureata in traduzione, per poi dedicarsi allo studio della scrittura creativa seguendo i corsi di alcuni dei più grandi esperti statunitensi di storytelling. Scrive narrativa contemporanea e storie damore in italiano, la sua lingua di preferenza. Ha un marito e tre figli, e sogna di vivere in un paesino sperduto lungo la costa scozzese.

 

Potete scoprire di più su di lei e il suo lavoro sul sito www.elsalohengrin.com o sui suoi profili Instagram e Facebook  (@elsalohengrinauthor).

 

Il Cigno è in vendita in formato cartaceo e ebook su Amazon e può essere letto gratuitamente su Kindle Unlimited: https://www.amazon.it/Cigno-Elsa-Lohengrin-ebook/dp/B0CRQTG1JQ

“E non esiste una Me senza Te”: Silvia Pizza narra l’amore salvifico di un genitore per la figlia

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Sofia incrocia più volte lo sguardo amorevole di Sara e intuisce che in famiglia ci sono tutte le risorse che le servono per sentirsi accolta, capita ed amata. Dall’altro canto, Sara sente il bisogno di dedicare un diario epistolare alla figlia per accompagnarla passo passo alla rinascita, a risollevarsi come una fenice dalle sue stesse ceneri. E si concederà, nel corso degli anni, un’opportunità di confronto irripetibile…

L’autrice

Silvia Pizza è nata a Lucca e vive a Pescia, nella provincia pistoiese. Scrittrice, poetessa, saggista e divulgatrice di ottimismo, di resilienza, di saggezza. Ha esordito con quattro romanzi, cinque sillogi di poesie e tre antologie tra saggi, riflessioni e divagazioni d’impronta psicologica. Racconta di sé con un lessico schietto, esplicito, profondo e trasmette questa passione letteraria sui canali social, postando tanti componimenti inediti e altrettanti pensieri oculati sull’introspezione, sulla psicologia femminile, sull’adolescenza, sulle relazioni umane e sui conflitti esistenziali. Nel 2016 esordisce con il romanzo “Mi scordo di dimenticarti”, nel 2017 con un altro romanzo “Memorie di un amore folle”, poi con la silloge “Urlo nelle stanze infinite dei miei pensieri” e infine con una raccolta intimista di riflessioni, e-mail e liriche, intitolata “Un’icona su WhatsApp”. Nel 2018 pubblica un’antologia di saggi intitolata “Perle di Primavera” e si mette alla prova con le linee-guida per il benessere psicofisico, proprio avanti la pandemia da Covid-19.  Ritorna a scrivere dopo quattro anni di stasi voluta, con “Le divagazioni di una scrittrice senza filtro” presenti in “Autenticità” e tanta voglia di musica, di serenità, di attaccamento, di poesia classica.  Silvia lo fa, scegliendo un approccio più franco, più incisivo, più intenso sui canali social, perché finalmente ha imparato a esporre la sua scrittura, senza confini, senza prevenzione, senza freni. A fine aprile 2023 propone all’attenzione del pubblico il suo quarto romanzo “Basta che mi prendi la mano e tutto si aggiusta” con l’estro e la passione che la caratterizzano. E ancora continua a scrivere un nuovo romanzo che spera di finire a breve. La maggior parte delle sue pubblicazioni sono edite con la Booksprint, altre due edite: “Istanti di eterno” e “Ti avrei voluto per la vita, storia del primo amore”, con La riflessione di Davide Zedda; una edita con la Montedit di Melegnano – “Un’insolita vena poetica”, una silloge poetica “Grida alla luna” con Aletti editore e un’altra silloge intitolata “La realtà che vorrei” con Ibiskos di Empoli.

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E non esiste una Me senza Te”

Da quando una compagna di scuola media prende ad offendere Sofia, quest’ultima non fa che incassare vituperi e ingiurie continue, in classe e nella chat privata su WhatsApp, che di conseguenza, la portano ad isolarsi da tutti. Sofia smette di essere solare e allegra per rifugiarsi nel silenzio del suo dolore e nell’oblio forzato, credendo che sia l’unico modo per salvarsi.  Nell’interiorità di Sofia s’insinua il vuoto, una sorta di abisso coi tentacoli che la prosciuga senza lasciarle spazio alcuno per una rivalsa, ma solo delusione cocente, amarezza a non finire, fastidiosi dolori addominali e tanta depressione. Un male di vivere che, pian piano, la consuma e la spinge sempre più nel baratro. Soprattutto quando Giovanni, il suo fidanzatino, la lascia per frequenti sbalzi d’umore e per futili incomprensioni, non risolte. Ciò porterà Sofia a disperarsi ulteriormente, tanto da desiderare di farla finita. Perché ritiene che la sua vita sia uno schifo disumano, fino a quando intervengono altre persone a farla ragionare e a dissuaderla da certi agiti impulsivi che sono privi di alcun fondamento.  A poco a poco, Sofia capisce che le persone che l’amano realmente così com’è possono trascinarla fuori dal tunnel della depressione e fanno del loro meglio pur di proteggerla e accoglierla negli abbracci, che le risanano l’equilibrio sfasciato. E allora è meglio dialogare con mamma Sara che fiuta ogni sfumatura umorale e soppesa pure, ogni sua parola come un investigatore privato.  Meglio confidarsi con chi nelle difficoltà di relazione ci è già passato, per esperienza. Meglio allentare le tensioni nervose con il taekwondo, con la psicoterapia e le selezioni regionali per Miss Italia. Meglio trovare delle soluzioni temporanee che fuggirle, meglio cogliere delle occasioni al volo che piangersi addosso.  Così Sofia incrocia più volte lo sguardo amorevole di Sara e intuisce che in famiglia ci sono tutte le risorse che le servono per sentirsi accolta, capita ed amata. Dall’altro canto, Sara sente il bisogno di dedicare un diario epistolare alla figlia per accompagnarla passo passo alla rinascita, a risollevarsi come una fenice dalle sue stesse ceneri. E si concederà, nel corso degli anni, un’opportunità di confronto irripetibile, pur di far tornare la figlia al sorriso, alla spensieratezza e alla piena affermazione di sé stessa.  Perché solo l’amore profondo di un genitore per la propria figlia può risanarla completamente da ogni negatività vissuta.

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Lettura e analisi del testo

Il rapporto tra una madre e una figlia adolescente, con i suoi ostacoli e i suoi silenzi, con la
difficoltà di comunicare e l’amore incondizionato. Una storia emozionante e travolgente,
comune e speciale che ci racconta quanto complesso sia il fenomeno del bullismo.
Le tematiche legate al bullismo e del cyberbullismo sono molto trattate ed incontrano
spesso la difficoltà di sperimentare un canale di comunicazione concretamente efficace e
che possa avere un impatto realmente positivo nella vita degli adolescenti, educarli,
sensibilizzarli e guidarli in un’età difficile e ricca di sfide. Questo testo permette al lettore
adolescente di identificarsi nella storia e riflettere sul proprio vissuto con la speranza che
possa trarne beneficio. Inoltre, può essere uno strumento per i genitori che si ritrovano ad
affrontare il complesso rapporto con i loro figli adolescenti.
Le due lettere che precedono il racconto stabiliscono immediatamente un intimo legame
con il lettore e commuovono favorendo un coinvolgimento emotivo profondo, così come
quelle in chiusura.
La scrittura è semplice e lineare ma allo stesso tempo delicata, si percepisce la grande
sensibilità con la quale vengono indagate le ragioni e i sentimenti dei personaggi. Si tratta di
un testo prezioso che assume il valore di testimonianza e si rivolge ad un pubblico molto
ampio, molto più ampio di quanto ci si aspetti perché parla di noi, della nostra società.
Permette una riflessione critica e completa su una serie di dinamiche che caratterizzano il
mondo in cui viviamo e su come le loro conseguenze siano intrinseche, collegate e come
possano colpire i più deboli, gli adolescenti.
È un testo crudo e delicato, che non mitiga gli elementi più atroci e oscuri della depressione,
del senso di solitudine e del dolore ma lo fa con una grande dignità ed eleganza.
Ogni pagina è intensa, coinvolgente e preziosa. Si viene completamente rapiti dalla scrittura
che dimostra grandi capacità nell’indagare e nel descrivere i sentimenti più difficili da
esprimere e le situazioni più estreme. Si percepisce l’urgenza di scrittura, le motivazioni e lo
spirito che accompagna l’opera. Oltre che un pregio letterario e stilistico si tratta di un testo
che può comunicare molto a molti.

“Oltre la materia”: Daniela Rosso Prin e Marco Palma alla galleria Malinpensa by La Telaccia

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Si è aperta martedì 23 aprile , per concludersi il 7 maggio prossimo, presso la galleria Malinpensa by La Telaccia la mostra intitolata “Oltre la materia”, dove vengono poste a confronto due tecniche , quella dell’artista piemontese Daniela Rosso Prin e dell’artista lombardo Marco Palma. Entrambi hanno partecipato con successo a diverse mostre personali, collettive, Expo d’arte e concorsi, Biennali e premi nazionali e internazionali.

Nell’artista Marco Palma gli accostamenti dei materiali di scarto con gli elementi pittorici investono la superficie della tela con forme animate dal movimento gestuale e dalla linearità delle forme geometriche. L’artista valorizza le sue opere con effetto plastico spaziale assoluto in cui si riflettono contenuti profondi e una libertà di invenzione in continua esecuzione.

La sua è una pitto-scultura di notevole e particolare elaborazione materica, che diviene un mezzo per trasmettere all’osservatore messaggi di vera evoluzione e di particolare elaborazione materica. Nel suo iter la forza creativa si raddoppia con l’uso del LED, effetti luminosi penetrano in una dimensione di gioco della luce suggestiva in cui l’equilibrio del collage misto su tela alimenta un’arte senza limiti.

L’artista Marco Palma risulta capace di recuperare materiali non più in uso per realizzare le sue opere e riesce a interpretare con pieno personalismo un impianto compositivo molto rigoroso.

Daniela Rosso-Prin è un’attenta osservatrice capace di interpretare la scena paesaggistica con una forte carica emozionale e una stesura dell’olio su tavola davvero magistrale, tanto da mettere in evidenza una vibrante e personale interpretativa mai fine a se stessa. Le sue opere, intrise di mirabili effetti chiaroscurali, di notevole spessore cromatico e di dinamismo del tratto segnico, evidenziano una pittura altamente comunicativa in cui la resa formale vive in una perfetta simbiosi con l’atmosfera poetica.

L’artista Daniela Rosso Prin affronta il tema naturalistico con validità tecnica e conseguente manualità, regalando ai soggetti vigorosi accenti cromatici determinanti nel suo percorso che conferisce una personalità e originalità uniche. Si tratta di un’arte che si avvale di emozioni e di sentimenti puri dove il fruitore non potrà fare a meno di ammirare una natura assolutamente ricca e comunicativa che prende vita e ci travolge appieno sia di sensazioni sia di valori contenutistici, umani e ambientali.

 

Galleria Malinpensa by La Telaccia corso Inghilterra 51. Torino

Orario dal martedì al sabato dalle 10.30 alle 12, 16 alle 19.

Tel 0115628220

 

Mara

Modellismo in movimento, a Torino la grande mostra itinerante

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La magia del modellismo prende vita nella prima edizione della Mostra di Modellismo in Movimento Itinerante, un evento unico dedicato agli appassionati di plastici ferroviari, aerei, navali, diorami di mezzi storici, modelli macchine da lavoro, diorami di Tram,Scaler e modellismo vario.

Questa mostra, che inaugura il suo secondo appuntamento  in tour nella città di  Torino dal 3 al 5 Maggio promette di essere un’esperienza indimenticabile per adulti e bambini.

I visitatori avranno l’opportunità di ammirare vari plastici ferroviari che presentano trenini in movimento attraverso paesaggi mozzafiato e in diverse scale. Le ricostruzioni dettagliate e i diorami di trenini e mezzi d’epoca arricchiscono ulteriormente l’esposizione, rendendola un’appassionante avventura attraverso la storia e la tecnologia del modellismo.

Verranno esposti grandi modellini di Navi, Mezzi Agricoli in Movimento con percorsi e dimostrazioni nell’area esterna con Ruspe, Trattori, e area demolizioni.

All’interno sarà un area dedicata al mondo dei Lego con Plastici di Trenini, Diorami, Laboratori per Bambini.

Questa seconda edizione della mostra non solo segna un evento significativo per gli appassionati di modellismo in Piemonte ma si preannuncia anche come una preziosa opportunità didattica, capace di affascinare e istruire visitatori di tutte le età. Dopo il debutto ad Alba,  e adesso a Torino la mostra proseguirà il suo viaggio itinerante, portando ovunque la passione per il modellismo in movimento oltre il Piemonte anche in altre regioni per tutto il periodo estivo

Non perdete l’occasione di immergervi in questo mondo di dettaglio, storia e fantasia. La Mostra di Modellismo in Movimento Itinerante attende grandi e piccini per un viaggio indimenticabile attraverso la bellezza e l’ingegno del modellismo.

Informazioni Utili per i Visitatori:

Date e Orari: La mostra si terrà a Torino presso lo Sporting Club Parco Dora in Cso Umbria 83   dal 3 al 5 Maggio L’apertura è prevista il venerdì dalle 15:00 alle 19:30, il sabato dalle 10:00 alle 21:00, e la domenica dalle 10:00 alle 19:30.

Biglietti: Adulti €8, bambini dai 3 ai 12 anni €5, e over 65 €6.00.

Contatti: Per ulteriori informazioni, i visitatori possono contattare il numero 333/2479005 

Domenico Capotorto: «La solitudine del pianista», un romanzo nella musica classica

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Nel suo terzo romanzo, lo scrittore/musicista Domenico Capotorto abbandona il genere giallo per regalarci un’appassionante storia di un pianista ed un soprano, dalla loro infanzia sino al successo.


Cosa succede dietro il sipario dell’opera? Come si arriva a calcare i più grandi palcoscenici del mondo? L’autore vi trasporterà dietro le quinte della musica classica, facendovi entrare nel mondo degli artisti, vivendo i loro sforzi e sacrifici, scoprendo la loro passione e le opere che fanno parte del patrimonio culturale mondiale da secoli, attraverso i destini di una coppia di musicisti eccezionali e le loro sorprendenti vicende.

Arturo Monacelli, pianista di fama mondiale, ritorna a Venezia, dove ha trascorso i suoi anni da studente, per presentare il recital di un suo allievo, Luca von Grüber, al quale vuole evitare il percorso tortuoso e estenuante dei concorsi. Gli stessi concorsi che ha dovuto affrontare durante la sua adolescenza e che lo hanno trascinato sempre più nella sua solitudine, dove c’era spazio solo per la sua musica. La solitudine lo ha portato al successo ma, allo stesso tempo, gli ha fatto perdere tutti gli affetti e l’amore della sua gioventù: Maria Lascal.

Anche in questa opera, l’arte (nello specifico la musica classica) è il filo conduttore. Nei due precedenti romanzi, però, l’autore si serviva dell’arte come pretesto per trattare temi sensibili: nel primo romanzo, “The Hype” (Robin&sons), Capotorto metteva la rock band irlandese, chiaramente ispirata agli U2, al centro di un intrigo di spionaggio internazionale per parlare degli attentati che hanno rivoluzionato il 21o secolo (da New York a Parigi).   Nel secondo, “La pace del lago” (Robin edizioni), il pittore Marc Syfes mentre era alle prese con un serial killer d’artisti, si confrontava con illustri critici e professori  sulla morte dell’arte e il baratro che separa gli introiti tra grandi e piccoli artisti, ma soprattutto con il disimpegno dei governi di tutto il mondo negli investimenti per l’educazione.

Ne “La solitudine del pianista” invece, non ci sono secondi fini evidenti: a parte la critica sul sistema dei concorsi e sull’invecchiamento del pubblico appassionato dalla musica classica, Capotorto ci trasporta con il suono del pianoforte di Arturo (Benedetti Michelangeli?) e con la voce di Maria Lascal (anagramma di Callas?). La loro storia, è raccontata sin dall’infanzia, insieme a quella di Manrico, melomane autodidatta e personaggio chiave del romanzo, un testimone quasi invisibile sempre presente nei momenti chiave dei due artisti. Dopo aver posato, con calma, le basi della trama, è inevitabile affezionarsi ai personaggi e, a partire dalle vicende di Luca, staccarsi dal libro.

Durante la lettura, la voglia di ascoltare i brani e le opere citate sarà irrefrenabile.

Pianista concertista, titolare di cattedra a Vallée Sud, nella regione parigina, compone ed esegue le musiche per “America!America!” al Lincoln Center, per “A provincial painter” e “Three eyes on Pinocchio” di Dacia Maraini, a New York. Ha collaborato con diversi registi cinematografici ed ha realizzato le musiche per il cortometraggio “The incredible journey of Margaux” e il film “L’invention de l’année 2016” (entrambi premiati in numerosi festival internazionali). Artista eclettico, ha studiato jazz e suonato in rock, pop e blues band. Scrive e recita in inglese la commedia “Cabaret Opera” presso la Demo Hall di New York. Il suo primo CD con composizioni originali, “Crossing Pathsè uscito nel 2017. Nel 2018 è stato pubblicato il suo primo romanzo “The Hype” (Robin&sons edizioni) e nel 2021 “La pace del lago” (Robin Edizioni) selezionato dai Robinson di Repubblica. Le sue musiche sono state interpretate nel disco “A provincial painter moods” (Rusty records 2018). Nel 2016 si è trasferito da Parigi a Berlino dove insegna nella sua scuola di pianoforte (Klavierschule im Salon) e presso la Deutsch-Französische Musikschule. Si esibisce come solista con orchestra e in diverse formazioni di musica da camera in Italia, Francia, Germania, Stati Uniti e Giappone. Attualmente è professore di pianoforte presso il conservatorio N. Piccinni di Bari.

Dove ordinarlo:

https://www.robinedizioni.it/nuovo/la-solitudine-del-pianista/

https://www.ibs.it/solitudine-del-pianista-libro-domenico-capotorto/e/9791254676615

https://www.amazon.it/solitudine-del-pianista-Domenico-Capotorto/dp/B0CT6CW2NB/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&crid=PMYCYE9NYAJD&keywords=la+solitudine+del+pianista&qid=1707222417&sprefix=la+solitudine+del+pianista%2Caps%2C70&sr=8-1

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Nella foto Domenico Capotorto in concerto alla Philharmonie di Berlino

Rosanna Mutinelli, “La memoria del corvo”: un giallo – thriller avvincente

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Un passato doloroso di abbandono e morte, di crimine e illegalità; un passato che torna all’improvviso per presentarle un conto da saldare con il sangue

 

Intervista alla scrittrice ROSANNA MUTINELLI

1. Due note biografiche su di lei…

Vivo in provincia di Verona, ma lavoro presso un Liceo in città. Negli anni ho pubblicato alcuni romanzi: Il Volto Barbaro (2007, DiSalvo editore); TRE (2015, VJ Edizioni); All’ombra di Mastino (2016, Delmiglio Editore); Rosa del Tempo (2022, Solfanelli Editore). Come illustratrice ho creato il graphic novel Caterina, benedetta di grazie una fanciulla (Elmea Edizioni, testi di N. Ruffo). Dal 2011 ad oggi ho pubblicato molti racconti in antologie collettive e illustrato diverse copertine di romanzi e altre pubblicazioni. Come pittrice negli anni ho esposto in Italia e all’estero. Amando la buona cucina, ho raccolto le mie ricette composte da ingredienti esclusivamente di origine vegetale nel libro Idee verdi in cucina (Amazon, 2023).

2. Ci parli in breve del suo ultimo libro

“LA MEMORIA DEL CORVO” (2024, CTL Editore) è un romanzo d’azione, la mia prima esperienza nel campo del genere giallo/thriller. È stato un viaggio emozionante, a tratti divertente che ha esaudito un desiderio che coltivavo da tempo.

Trama: Kansas, 1993. Gwyneth Foley lavora come cameriera al Jodie’s Diner di Dodge City da otto anni, esattamente da quando è arrivata in città per vivere finalmente un’esistenza tranquilla. Madre single di Jemy, un ragazzino sveglio di sette anni, cerca di costruirsi un futuro tra le mura della vecchia casa dei nonni, avuta in eredità, in una comunità che ha imparato ad amare. Ma Gwyneth ha un passato oscuro che pochi conoscono, un passato doloroso di abbandono e morte, di crimine e illegalità; un passato che torna all’improvviso per presentarle un conto da saldare con il sangue.

3. E quello precedente?

Il romanzo “ROSA DEL TEMPO” (2022, Solfanelli Editore) è un mistery ambientato nella città di Verona. La protagonista è una restauratrice che, per una serie di eventi, si trova a indagare sull’esistenza di una setta segreta per secoli incaricata di proteggere un prezioso segreto.

Trama: Palazzo Flamel è una nobile residenza di fine Ottocento al centro della città di Verona.
Il suo portone, rimasto chiuso al mondo per decenni, si apre a Rosa Di Maggio, una restauratrice di professione, casualmente invitata per un tè da una delle proprietarie. Chiamata a occuparsi del ripristino degli spazi originali, Rosa si rende subito conto che una strana atmosfera aleggia nella casa, la cui quiete risulta quasi irreale. Cosa nasconde il palazzo? Quali sono le origini della famiglia che ci abita? Per quale motivo le è stato dato questo incarico? Rosa inizia un viaggio a ritroso nella Storia, indagando su una setta segreta, su enigmi e misteri, alla ricerca di qualcosa andato perduto. Le sarà accanto Giovanni, fedele amico e collega, che con lei affronterà situazioni pericolose e inaspettate, nate forse nel lontano 1614, quando tra le vie di Parigi era comparso un opuscolo anonimo dal titolo Fama fraternitatis Rosae Crucis… Il Segreto dei Segreti, nascosto nelle radici della famiglia Flamel, non dovrà morire con loro.

4. “La Memoria del Corvo” ha un’attinenza con il romanzo “Rosa del Tempo”?

La Memoria del Corvo non è il sequel di Rosa del Tempo. Mentre “Rosa del Tempoè un romanzo mistery che esplora sette segrete e antiche ricette alchemiche per elisir misteriosi, La Memoria del Corvo offre una trama completamente diversa. Sebbene entrambi possano condividere l’elemento del mistero, sono storie indipendenti con ambientazioni, personaggi e trame distinti.

La Memoria del Corvo si sviluppa in Kansas, nella tranquilla Dodge City del 1993, con una protagonista alle prese con un oscuro passato che torna a minacciare la sua vita e quella di suo figlio.

Comunque, una sorta di connessione tra i due romanzi c’è, e può essere sottolineata dalla presenza di protagoniste femminili guidate da coraggio e forza d’animo. Pur essendo storie indipendenti, entrambe le narrazioni mettono in risalto il potere e la resilienza delle donne di fronte alle sfide. Quindi, sebbene siano storie separate, la forza e la determinazione delle protagoniste possono creare un filo tematico comune tra i due romanzi.

5. Come possiamo fare per conoscerla meglio?
Ho un sito web che racconta di me, delle mie opere e dei miei scritti. Tutti sono invitati a visitarlo e a contattarmi sulla mail nella pagina dedicata (contatti), sarà un piacere per me rispondere, anche per presentazioni ed eventi.

https://rosannamutinelli.wixsite.com/rosannamutinelli

I miei libri si possono acquistare, oltre che sul sito delle CE

ROSA DEL TEMPO  https://www.edizionisolfanelli.it/rosadeltempo.htm

LA MEMORIA DEL CORVO https://www.ctleditorelivorno.it/product-page/la-memoria-del-corvo

anche in tutte le librerie on line (Feltrinelli, Hoepli, IBS, Amazon, Unilibro ecc…) oppure ordinabili in tutte le librerie fisiche.

Vi aspetto.

Salvatore Seguenzia: “Le parole devono vivere”

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LE PAROLE OFFRONO SEMPRE UNA SECONDA OPPORTUNITÀ’; VIVERE E’ LA COSA PIU’ RARA CHE ESISTA AL MONDO

Nuova opera letteraria dello scrittore siciliano Salvatore Seguenzia natio di Augusta, città che lui stesso definisce “l’isola nell’Isola”. Sposato, padre di due figli, ha conseguito due lauree e da oltre trent’anni è un Ispettore della Guardia di Finanza. Da un paio d’anni la sua terra natia, posta al centro del meraviglioso ed affascinante Mediterraneo, inebriata dal calore dell’Etna, è diventata la fonte ispiratrice della sua lirica nonché della sua narrativa. Questa qualità, da qualche anno, è apprezzata dalla Casa Editrice Aletti Editore la quale gli ha permesso di pubblicare la sua terza opera letteraria. Salvatore Seguenzia da quasi dieci anni ha sposato la poesia e la scrittura attraverso le quali vuol trasmettere nuovi stimoli che inevitabilmente cambiano, si evolvono e – a volte – tornano indietro per poi scattare nuovamente avanti. Per lui le fondamenta del narrare sono la custodia delle radici, il senso di appartenenza a un territorio, la memoria storica dialettale. Una cornice dentro la quale dipingere tutti questi elementi identitari e costitutivi a tal punto da esternare quelle parole che fotografano prima l’uomo Seguenzia e poi lo scrittore Salvatore. Lo stesso autore afferma che ogni mattina, prima di recarsi al lavoro, fa un tragitto che lo porta a contatto con il suo amato mare e, come si conviene con un amico, lo accoglie sempre con la frase: “Buongiorno mare”. Una piccola sciccheria attraverso la quale avverte, contraddistingue e custodisce il vero senso della vita; il fulcro dell’umano villaggio dove lo sguardo è propenso verso i meno fortunati che spesso chiedono solo di essere considerati per ciò che sono.

 

Per non smentirsi, la nuova opera letteraria – Le parole devono vivere – altro non è che una “fantasia nella fantasia” dove l’attenzione è rivolta nel ricordare tutti coloro in cui, in quel frangente della loro vita, il ricordo rimarrà – per sempre – indelebile, purtroppo, nei loro cuori: la Shoah. Termine oramai coniato all’interno di una storia di antisemitismo di lungo corso. Pregiudizi ed ostilità coltivate in un terreno antico e verosimilmente fertile da cui lo stereotipo uomo sassone ha voluto aggiungere una impostazione razzista. Fu un genocidio che eliminò un elevato valore umano, morale, sociale e culturale: per non dimenticare ci furono quattordici milioni di vittime. Il loro valore umano, considerato indesiderabile, fu misurato all’interno del loro ultimo domicilio ossia nei cosiddetti campi di concentramento, dove fu annientata la loro indole civile e morale e furono etichettati, numericamente, come i “nessuno”. A distanza di tanti anni, ancora oggi, la domanda che si diffonde sempre nella mente di tante persone è sempre composta da una singola e semplice parola: perché? Perché tutto questo astio nei confronti di Persone che nelle loro vene circolava lo stesso sangue di ognuno di noi? Perché per la difesa territoriale fu attuata una tale ferocia? Perché eliminarli e non allontanarli? Perché una follia così forte? Perché si arrivò tardi a capire che il fautore di questo messaggio era un delirante dell’eterno? Perché alcuni Paesi si vollero considerare estranei nelle vicende di quella sovranità e, invece, altri si considerarono fautori e seguaci di quella pseudo-politica? Perché ad un despota fu concesso il libero arbitrio di cancellare la storia di un Popolo?

Perché fu concesso il potere di cancellare un valore culturale arcano? Ancora, dopo tanti anni, si sente origliare…perché? Con questa “fantasia” lo scrittore Seguenzia ha cercato di provare ad immaginare che, in quel periodo tragicamente storico, anche chi faceva parte di quelle squadre della morte, all’interno di quelle aree maledette, avesse un’anima nonché una coscienza e che il suo compito, purtroppo, fosse solo quello di eseguire gli ordini. Ha provato ad immaginare, infatti, che taluni di essi riuscissero a capire il significato dei termini vita, amore, uguaglianza, aiuto e sacrificio tanto da servire, chi sovra ordinava i loro compiti, con una doppia personalità ossia da un lato soldato e dall’altro essere umano. Con questa “fantasia” ha voluto semplicemente fotografare una delle più piccole e nascoste azioni quotidiane che saranno, probabilmente, accadute all’interno di quei campi ma, per la maestosa ed incommensurabile disgrazia umana esistita, non è stato mai facile esternare in quanto la straziante vita giornaliera non permetteva di porle in essere. È fiducioso nel credere che alcuni soldati svolgessero le loro azioni solo perché comandati ma, nei loro animi, se ci fosse stata l’occasione, avrebbero potuto aiutare i loro simili che, per un fanatico convinto dell’essere unico, sono stati considerati i “nessuno”. Lo stesso scrittore ribadisce fermamente che non deve esistere nessuna differenza tra gli esseri umani e, per tale motivo, ha immaginato che dentro quei campi chi ha dovuto servire il suo status da “milite”, senza farlo trasparire, fosse stato prima un uomo e poi un soldato. Un popolo dev’essere sovrano nel suo territorio e chi lo rappresenta deve avere un animo democratico tale da comunicarlo ed applicarlo. Indi, precisa, che il 27 gennaio, il 10 febbraio e il 24 marzo non devono essere ricordati – da tutti – come la commemorazione del Giorno della Memoria o del Ricordo, ma ogni giorno dell’anno deve avere come riferimento quelle date, affinché ogni momento della vita sia il punto di partenza con cui ognuno di noi ha la forza di reagire e porre in essere comportamenti ed azioni tali da sconfiggere queste supreme menti per dimostrare che l’essere umano è unico e, nella sua unicità, deve apprezzare e godere del fatto che l’esistere è un dato di fatto; mentre, il vivere è un dato di diritto se non un’arte. Oggi, quei “nessuno”, a distanza di oltre mezzo secolo, sono Eroi morali che hanno portato avanti la dignità di essere umani come tali e difeso la vita solo con le armi della pazienza, della preghiera e, soprattutto, della voglia di vivere.

Per questo motivo il numero che hanno impresso nell’avambraccio sinistro non è un simbolo di vergogna anzi, senza alcuna remora di nasconderlo, un simbolo eroico e glorioso di vita, che devono esibire perché non sono in molti a far vivere questa testimonianza ai giovani di oggi. L’anima di questa “fantasia” è frutto dell’interpretazione di un diario ritrovato (sempre nella fantasia) ed appartenente ad un Eroe. Dalla lettura dello stesso, lo scrittore siculo ha cercato di interpretare, quindi di far “vivere” in modo diretto e soggettivo, le “parole” di tutti i personaggi che sono stati artefici e partecipi nelle memorie inscritte nel medesimo diario i quali hanno vissuto – in quei posti – ogni attimo di quei giorni. Purtroppo per costoro saranno ricordi indelebili – per sempre – nel profondo della loro anima, in quanto testimoni di queste tristi pagine di storia ma saranno, sicuramente, testimoni della dignità volutamente e fortemente difesa per il fondamentale principio di essere umano; quindi, per il diritto di vivere. Proprio per questo motivo, alla stregua dell’orribile momento storico vissuto da parte di milioni di anime innocenti, lo stesso Seguenzia  ha voluto, nuovamente, enfatizzare che nessuno deve porre ostacoli a qualcuno e che neanche quel qualcuno li ponga verso noi stessi; e non importa quale sia la nostra territorialità, la nostra razza, il nostro colore della pelle ma soprattutto la nostra religione, perché ognuno di noi dev’essere prodigato a offrire a qualcuno, se non a chiunque, quanto di se stesso può donare; il donare da non misurare con un livello “a scala”, bensì con un livello “a valore”: un valore umano semplice, sano e sincero.

L’essenza del creato è esistente dentro ognuno di noi e va vissuta a secondo il modo in cui ci poniamo verso gli altri e viceversa. Sotterfugi, misteri, inganni, stratagemmi sono dei princìpi umani dall’alto tasso di acidità perché, così facendo, ogni individuo dona falsità ad ogni altro individuo. Invero, saggezza, trasparenza, lealtà, sincerità ed onestà sono valori dall’alto tasso di fertilità che aiutano ad interagire e, così facendo, ogni persona dona se stessa ad ogni altra persona. Per scrivere questa “fantasia”, a difesa del vissuto umano del Popolo Ebreo, ha utilizzato delle peculiarità che, secondo lui stesso, hanno impreziosito il valore letterario. Non si permette di condannare ma, alla stregua, neanche vuole riconoscere il comportamento di quei soldati posti alle dipendenze perché ha pensato che loro fossero obbligati a rispettare i cosiddetti ordini militari e, quindi, non avessero altra scelta se non obbedire: il giudizio del loro comportamento non spetta a noi ma è spettato e continuerà a spettare a Dio. Proprio per questo suo punto di vista la sua “fantasia” è nata solo perché ha immaginato che taluni di essi, nel loro piccolo animo coraggioso, avessero avuto la forza e la volontà di avere due personalità e, alla fine, fosse prevalsa quella con cui infondevano speranza di vita. Inoltre ha cercato di dare anche un senso ai vari cognomi che appartengono ai personaggi di questa “fantasia” e, se provate a tradurli, capirete il motivo. Infine, considera questa fantasia un segnale sociale, affinché tutti possiamo cambiare il nostro modo di essere o meglio di dare; per questo principio, ha desiderato ribadire un pensiero già richiamato nella stessa fantasia: …colui che vuol deridere e disprezzare le azioni umane altrui è un individuo già, di per sé, inferiore ma crede, nello stesso momento, di essere superiore alle persone…

In conclusione ad oggi l’autore siciliano ha scritto altri libri di poesia quali “Megar…imando Hyblaea” (2020) in onore della sua città nativa Augusta; “Stille del mio silere” (2022) e “Granuli Poetici” (2023), opera riprodotta in lingua georgiana (che ha avuto  apprezzamenti dal Poeta georgiano Dato Magradze, autore dell’attuale inno nazionale della Georgia e anni addietro ha rivestito la carica di Ministro della Cultura ed è stato candidato al premio Nobel per la Letteratura), nonché di narrativa quali “Io rivivo dal buio” (2021) e “Il calendario storico” (2022). Inoltre, talune poesie sono state inserite in varie opere letterarie internazionali come “Il Federiciano”, “Luci Sparse”, “La Panchina dei Versi”, “Il Paese della Poesia”, “L’Enciclopedia dei Poeti Contemporanei”, “Habere Artem”, “Poeti del nuovo Millennio”, “Salvatore Quasimodo”, “Attimi in Versi” e “Penne d’Autore”. Tutte opere che hanno avuto riconoscimenti e attestazioni di merito. Inoltre da alcuni anni, grazie alla Casa Editrice Aletti, pubblica le sue poesie anche attraverso “Il Calendario Letterario” dove, in ogni mese dell’anno, è rappresentata una sua lirica. Molte sue poesie sono state lette dal Maestro Alessandro Quasimodo, figlio del grande poeta e suo conterraneo Salvatore, premio Nobel nel 1959 per la letteratura; nonché dal Prof. Hafez Haidar scrittore e traduttore libanese naturalizzato italiano e due volte candidato al Premio Nobel per la Pace e per la letteratura, riprodotte sui canali virtuali. Infine lo scrittore è stato già ospite televisivo nelle trasmissioni “Vox libri” e “Eccellenze Italiane” ed è tra i vincitori in alcuni concorsi letterari nazionali quali “Terre dei Padri” e “Antonino Veneziano”.

Malinpensa by La Telaccia, “Raccontarsi dall’ideazione all’esecuzione”

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In galleria quattro artisti a confronto: Riccardo Bedini, Dario Frascone, Domenico Giaquinto e Fabrizio Passera

 

Dal 9 al 22 maggio si terrà alla galleria Malinpensa by La Telaccia una mostra di artisti tutta al maschile, con la partecipazione di Riccardo Bedini, Dario Frascone, Domenico Giaquinto e Fabrizio Passera.

L’artista Riccardo Bedini si avvale di materiali riciclati per realizzare le sue opere scultoree, rivelando una sensibilità creativa ricca di inesauribile virtù espressiva che è capace di comunicare al fruitore esprimendo concetti profondi le complesse condizioni del vivere e degli stati d’animo.

Le sue sculture sono frutto di meditazione e dal forte significato umano, sociale e ambientale. Nascono non solo dallo studio e da una costruzione attenta, ma anche dalle emozioni e dal sentimento di un artista, puro e sincero, che indaga la realtà e interpreta la materia con una forte interiorità. Affidarsi al recupero dei materiali quali ferro, plastica, legno, vetro e lana per l’artista Riccardo Bedini rappresenta un atto di vera importanza contenutistica, tanto da stabilire nel suo percorso risultati assolutamente originali che testimoniano un’autenticità espressiva. Diversi elementi fra loro rappresentati si intrecciano in un gioco armonioso dove la materia, sempre più mutevole nel soggetto, vive ben strutturata in un rigoroso equilibrio delle forme e in una efficace simmetria dei volumi, capace di rendere l’opera palpitante di energia. Il connubio coinvolgente della sostanza materica con gli acrilici e la resina dà vita a una evidente intensità cromatica, esaltando la scultura di effetti unici e suggestivi che entrano in perfetta armonia nell’opera, caratterizzandola sapientemente. La costante indagine per i materiali, a cui l’artista ridà nuova vita, è di fondamentale importanza per il suo iter, tanto da raggiungere livelli di reale contemporaneità all’insegna di un linguaggio inventivo e compositivo che richiama l’attenzione dello spettatore. Le sue opere sono modellate con sintesi formale e intensità espressiva e sono intrise di analisi, di potenza concettuale e di un forte messaggio di comunicazione che si carica di lirismo. Trasformare oggetti e materiali comuni per fargli assumere un valore, che va al di là del fascino indiscutibile dal punto di vista estetico, è il significato principale del suo fare arte in senso fortemente spirituale. Riccardo Bedini esprime con un totale impegno di elaborazione e con una continua ricerca, una propria capacità tecnica in cui dimostra di saper coniugare tradizione e innovazione in un divenire di passionalità e di stile che scuote l’animo e la vista dell’osservatore.

Un artista diverso ma egualmente intenso è Dario Frascone. La ricerca per l’artista Dario Frascone è di fondamentale importanza nel suo iter. Egli fa compiere all’osservatore un viaggio iniziatico fantastico tra realtà e irrealtà in cui immagini animate da ritmi formali, luci e spazi vivono magistralmente attraverso una composizione del tutto originale, pregnante di meditazione. Le sue opere, disegnate a mano e poi successivamente sviluppate in digitale con l’ausilio del computer, sono intrise di messaggi ricorrenti e di costanti aspetti simbolici che rappresentano la società in cui viviamo e il suo stato d’animo. Ogni soggetto vive di una contemporaneità suggestiva realizzata con riflessione e notevole tensione spirituale che rispecchia il senso e il non senso della vita moderna. Ogni dettaglio è descritto con una valida rispondenza estetica che evidenzia anche una scelta del colore piuttosto estrosa e vivace. Unione e sovrapposizione di varie scene di vita e di significati simbolici rivelano una compositiva autonoma e personale carica di un’atmosfera incantata dove tutto, nell’opera, si veste di intensità espressiva. Il colore è vivo e dinamico, la capacità tecnica notevole, le quali, unite ad una chiara simbologia, esprimono un impeto creativo evidente.

 

Attraverso una particolare vitalità formale e un acceso cromatismo, Dario Frascone ci propone memorie, aspetti di vita reale e sogni che cristallizzano, all’interno dell’opera, una narrativa completa all’insegna di un linguaggio universale ricco di valori e di sincerità espressiva. Nei suoi soggetti si coglie un gioco di luci e di colori, di forme di chiara impronta personale sempre segnata da una ricerca mai interrotta e da una chiarezza di comunicazione. Dario Frascone è portatore di messaggi e contenuti e realizza le sue opere digitali con notevole equilibrio formale e con piacevoli effetti visivi, segno di uno stile inconfondibile e di un percorso dettato da una composizione contraddistinta da equilibrio, che esercita interesse nell’osservatore.

Il terzo artista in mostra è Domenico Giaquinto, per il quale la materia è l’assoluta protagonista che egli conosce profondamente e che evidenzia con una dinamica strutturale e una resa formale di notevole temperamento. La sua tecnica policroma, ottenuta dall’utilizzo di piccole tessere in gesso dalla forma quadrata, rappresenta un processo creativo originale che si serve di una elaborazione rigorosa, supportata da sapienza compositiva e dallo stile unico.

L’intervento della sabbia dei vari frammenti di vetro, che l’artista fissa magistralmente sulla tela e sulla tavola mediante un meticoloso lavoro, si alterna al gioco cromatico di forte espressività. Con mano sicura e un notevole impegno per il dettaglio, Giaquinto mostra, al fine di comporre i suoi soggetti figurativi, una continua ricerca impregnata di significato e di necessità interiore. Si tratta di una dimensione carica di comunicazione che palpita di un’unità creativa e una personalità artistica inimitabile. L’attenzione e il rispetto verso l’esistenza umana, soprattutto femminile, lo vede particolarmente sensibile e gli permette di offrire ai suoi lettori un’arte costantemente intrisa di valori profondi e di messaggi contenutistici di intenso coinvolgimento. La scansione ritmica della materia, gli accordi cromatici e l’atmosfera armonica chiaroscurale si strutturano magistralmente nei suoi altorilievi, tanto da rivelare una continua dialettica compositiva altamente suggestiva, che trasmette al fruitore un’ampia riflessione. L’equilibrio tra gli elementi materici e il fascino del colore crea un percorso di assoluta indipendenza e di libertà interpretativa, da cui scaturisce una ricerca sincera che mantiene costanti il suo linguaggio e il suo stile. Le figure femminili, i volti e le loro capigliatura vibrano di un’intensa poesia e di serenità, regalandoci sensazioni piene di vita e ricchezza emotiva. Quello dell’artista Domenico Giaquinto è un dialogo che privilegia il tema della figura umana e del suo vissuto, cogliendo l’intima essenza della realtà del soggetto, tanto da raggiungere risultati di chiara interpretazione e immediatezza formale, all’insegna di un’arte ricca di sensazioni e emozioni.

Ultimo, ma non meno importante artista in mostra, è Fabrizio Passera, che riesce a creare nella sua scena fotografica un grande equilibrio compositivo e un potente dinamismo di pieni e di vuoti che vivono in armonia tra loro sia sotto l’aspetto tecnico sia sotto quello concettuale, indice di un’evidente padronanza e di un’indagine continua.

In una serie di fotografie, scattate all’interno di una ex fabbrica di elettrodomestici della seconda metà del Novecento, ha rappresentato un ampio impianto di produzione ormai dismesso, e narra di una panoramica sulla nuova identità dove la natura si sta riappropriando dello spazio sottratto dalla cementificazione. L’elemento mutevole ed essenziale della luce, con le sue suggestive variazioni tonali e chiaroscurali, attraversa nel soggetto un autentico processo naturale, a volte spirituale, che si caratterizza dalla temporalità. L’artista Fabrizio Passera mette in campo fughe dritte e profonde accanto alla potenza della prospettiva, che va oltre l’immagine stessa e la cromia desaturata, sfumata e pacata, ma sempre incisiva, che evidenzia uno stile unico, molto personale e ben riconoscibile. Ombre e luci comunicano in una dimensione volumetrica movimentata da una spazialità e da una linearità che oltrepassano i confini dell’obbiettivo, e trasmettono al fruitore una fotografia altamente personale, intrisa di unicità. La sua fotografia, legata alle sezioni verticali e orizzontali, e alla purezza del colore, viene condotta con grande naturalezza e un impianto compositivo che esalta il contenuto del soggetto. Gli scatti fotografici sono realizzati con lunghi tempi di esposizione, e consentono all’artista di muovere l’apparecchio mentre registra l’immagine, producendo nella foto un’atmosfera sospesa tra la realtà e l’astrazione, in cui la compenetrazione tra i soggetti, trova risultati di notevole effetto che rendono ancora più significativa la sua arte. Passera, affascinato dalle architetture e dagli spazi urbani e sugli effetti che questi producono sul paesaggio, sia a livello ambientale, sociale e umano conduce una ricerca attenta di studio e di analisi. La sua è un’espressione di particolare significato e impegno totale che dimostra creatività e sensibilità profonda.

 

Mara Martellotta

“Annus domini 2463” di Claudio Roberto Palmeri: un viaggio tra gli orrori, gli errori, gli eroi

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VIAGGIARE È COME SOGNARE, PRESI IN UN TURBINE DI FLASHBACKS E FLASHFORWARDS

ANNUS DOMINI 2463
Vuole raccontare una sfumatura del viaggio intrapreso dall’umanità, non solo nel significato primigenio del termine ma anche nel senso figurato. E’ quindi metafora di crescita personale, di sviluppo culturale, di conquista di autonomia, di raggiungimento della saggezza e di fede. Un viaggio tra gli orrori, gli errori, gli eroi.

“Quomodo fabula, sic vita: non quam diu, sed quam bene acta sit, refert”. Seneca

Come una commedia, così è la vita: non quanto è lunga, ma quanto bene è recitata, è ciò che importa. Questo secondo romanzo, edito da ECHOS GROUP Torino, vuole essere la prosecuzione della narrazione personale che l’autore vuole dare della vita. Alla finestra come Abel osserva gli accadimenti, trae dalle emozioni spunto per gettare su carta inchiostro nero come la pece, come opposto al bianco della pace che l’uomo ricerca malgrado sia più avvezzo alla guerra. Accortosi di questa distorsione che è insita nell’animo umano, cerca le sue soluzioni al falso equilibrio dello Yin e dello Yang. Non vi è armonia nell’equilibrio di queste forze, vi è solo una subdola accettazione dello Yang che altrimenti non avrebbe ragione d’esistere. Così questo è il racconto della storia di un umanoide: negli anni l’uomo più volte cercò di correggere l’errore che reputò colpa di Dio, l’autodeterminazione. La possibilità concessa da Dio all’uomo di scelta tra compiere il bene o il male. CRP.333ἄλφα è come altri il tentativo dell’uomo di rimediare all’errore divino. Un’intelligenza artificiale sottoposta a leggi della robotica che gli impediscano di compiere il male, relegando questo onore ed onere solo ad appannaggio del suo creatore, l’uomo. Ma CRP.333ἄλφα presto mette a frutto l’intelligenza di cui è fornito e inizia a studiare il suo creatore, inoltre inizia a porsi domande su chi creò il suo creatore. Scopre che Dio creò l’uomo a Sua immagine e somiglianza e l’uomo creò CRP.333ἄλφα a sua immagine e somiglianza. Questo fu l’abominio ultimo dell’uomo, quello di scimmiottare il suo creatore. “A che pro? Abel era un umanoide, una volgare macchina di fronte alla creatura di Dio. Chiese più volte a mamma Mela: “Perché ti ostini a parlarmi di Lui? Come dicevi io sono frutto di un abominio, che vi sarà mai tra me, un umanoide e Dio? Certo non ho alcuna ambizione, se mi chiedi dove è Dio, potrei risponderti: nel tuo parlare, nei tuoi occhi, non perché tu ne sia una sorta di sacerdotessa, piuttosto perché vivi di Cristo e della Sua Parola. A che pro annaffiare una pianta di plastica? Ma comprendo il desiderio quale sentimento atroce che mi logora. Potessi ambirei ad essere un uomo morto nel cuore e nell’intelletto, perché credo che il tuo Dio potrebbe risuscitarmi dai morti, ma io non vivo e non sono morto”.

 

L’autore
Claudio Roberto Palmeri è nato a Milano nel giugno del 1963. Autore di romanzi e poesie.


Cerca di trasformare in parole le emozioni che
nascono dalle immagini e dal flusso incessante
di notizie. Risiede in provincia di Milano, sposato
e padre di tre figli. Nella vita professionale è un
consulente aziendale freelance. Annovera tra le
sue precedenti pubblicazioni: Il Tempo che oggi
scorre – raccolta di poesie edita da Porto Seguro
Editore (Firenze). Le voci di via Margutta – vol.
IV° raccolta di poesie edita da Dantebus edizioni
(Roma). Fotoreporter La vita in un viaggio –
romanzo edito da Rossini Editore (Milano).

 

 

“A fiumi scorrono per convincere.
Parole come strategie, recitate come magie.
Parole come trappole, prepotenti come armi.
Parole bugiarde in un mondo bugiardo
han perso sincero sguardo,
risuonate in piazza dalla comunale Banda è solo propaganda.
Parole arruffate, gettate come dadi,
parole sprezzanti.
Parole incredule,
timide al vento come fiammelle di candele,
parole vere, bianche come vele.
Parole alla deriva dentro una bottiglia,
messaggi d’aiuto, di ultime speranze,
affidate ad un filo di voce che bisbiglia.
Parole nere come la notte,
nere sopra le righe come le note.
Parole antiche, scritte, parlate, parole recitate.
Parole leggere come il volo dei passeri”.
“Parole”         CRP

Ecco che, allora, tanto dalla tradizione che dal sentito dire, Claudio Roberto si schiera in prima fila nella lotta
alla guerra. La pace, infatti, può sgorgare tanto dalla Frisia quanto dalla Siberia, tanto dai testi sacri quanto
dalla letteratura, tanto dalle tragedie greche, quanto dai canti partigiani. Eppure, finche ci sarà un solo uomo
a chiedersi se “Il deserto fiorirà”, ci sarà la speranza – come canta Rino Gaetano – di poter vedere “nascere
un fiore nel nostro giardino”. Il grido del poeta è quello di chi vede i campi seminati di corpi umani, mentre
come De André di “La guerra di Piero” li vorrebbe vedere dorati e splendenti come “lucci argentati portati in
braccio dalla corrente”. Non esistono dunque prime o seconde guerre, perché esse sono sempre una
“Negazione dell’amore”. I versi di Claudio Roberto sono fatti cento parole come “Cento passi” non per
sfuggire dalle bombe, ma per avvicinarsi alla pace.

“… La guerra non è Prima, non è Seconda,
non è circoscritta, non è mondiale,
non è separatista, non è convenzionale,
la guerra non è mai santa, non ha onore.
La guerra è negazione dell’amore…
La guerra è un urlo di bambino, strappato gli è il sorriso,
la guerra è una falce cieca, strappato è il fiordaliso.
La guerra è fragore, coscienze gettate nel terrore.
La guerra non è stata mai insegnamento,
semmai ipocrita pretesto”.        CRP

W la Pace!
La tragedia di Eschilo, di Seneca, di Shakespeare;
la tragedia greca, francese, o quella inglese;
la tragedia del Cinquecento, la tragedia del Saul dell’Alfieri.
La tragedia del Novecento ed altre ancor rappresentate,
mai potranno raccontar dell’innocente,
le lunghe inedie imposte dalle guerre.
Inchiostro su carta mai potrà raccontar tragedia,
come un dito intinto nel sangue,
scrisse sui muri: “W la Pace”!     CRP

 

Giulia Fagiolino: i difficili casi dell’ispettrice Falcri tra omicidi e misteri

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Niente nella realtà è come appare, è tutto un gioco di illusioni in cui spesso le persone hanno delle maschere per nascondere quello che sono…

“Un caso difficile per l’ispettrice Falcri: ombre dal passato”

Cecilia Falcri sta passando un periodo difficile. Si è presa un periodo di aspettativa dal lavoro in Commissariato a Torino, dove è Ispettrice, dopo che il suo bambino di cinque anni è stato ucciso in una sparatoria a seguito di un rapimento. E’ divorata dal senso di colpa per non essere riuscita a salvarlo. Si è allontanata da tutti, persino dal marito Alessandro, come se volesse autopunirsi. Il commissario Berardi riesce a convincerla a tornare al lavoro ed anche il marito, piano piano, si riavvicina alla moglie. L’Ispettrice si trova subito davanti ad un caso di omicidio e poi ad un caso di un rapimento di un ragazzino. E’ da questo momento che Cecilia inizia a ricevere delle lettere anonime allusive al rapimento del suo bambino, in cui l’autore sembra volerla sfidare. Comincia a fare anche degli incubi più insistenti nei quali sente anche la voce del figlio che la chiama. E’ come se lei stessa si sentisse coinvolta in tutta la vicenda. La situazione cambia con un terzo omicidio, questa volta di un barbone. Cecilia scopre che  vicino al luogo dove era stato lasciato il corpo, venivano fatti dei rituali con simboli Celtici. I sogni sembrano guidarla verso una direzione. Scoprirà che niente nella realtà è come appare, è tutto un gioco di illusioni in cui spesso le persone hanno delle maschere per nascondere quello che sono.
Riuscirà la nostra Ispettrice a risolvere lo spinoso caso e, soprattutto, a superare i suoi sensi di colpa, le sue paure e a ricominciare a vivere?
 “Un caso difficile per l’ispettrice Falcri: pezzi del puzzle”
Cecilia riprende il lavoro dopo il periodo di maternità.
Si trova subito ad affrontare un caso di una ragazza scomparsa, poi trovata morta. A poco a poco ha strane sensazioni di angoscia, vede e sente di nuovo Gabriele, il suo bambino deceduto, che sembra guidarla verso qualcosa di cui non comprende il significato. Riceve lettere in cui qualcuno sembra sfidarla, le appaiono ancora in sogno simboli celtici infuocati e sente voci ed ombre intorno a sé come se stesse in un’altra dimensione. Da qui Cecilia prende la consapevolezza che non si tratta di una sua proiezione dell’inconscio, ma c’è qualcosa di più. Cosa di cui si convince anche il marito Alessandro, sua madre invece cerca di spronarla a non indagare più, a rifarsi un’altra vita. La storia dell’ispettrice si intreccia con quella di Fabio Medri, un ex poliziotto che venti anni prima indagava privatamente su un’associazione di narcotraffico. A causa di un incidente si è dovuto ritirare dalla polizia e da qui ha avuto un passato di alcol e violenza. Sua figlia Cristina cerca di spronarlo a riprendersi in mano la sua vita e lo convince a riprendere le vecchie indagini. Si troverà coinvolto insieme all’ispettrice in qualcosa di più grande di loro.
Cecilia riuscirà a riprendere in mano la sua vita e a chiudere definitivamente i conti con il suo passato?
L’AUTRICE
Giulia Fagiolino proviene  da studi classici ed è  laureata in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Siena.  Attualmente è  Avvocato presso uno studio di Orvieto.
Nel 2018 ha pubblicato il primo romanzo “Quel Giorno” edito dalla casa editrice Capponi Editore nel giugno 2018, con il quale ha vinto diversi premi letterari internazionali, tra cui i premi internazionali Michelangelo Buonarroti, Montefiore, Giglio Blu di Firenze.
Ha partecipato nel giugno 2018 al Caffeina festival di Viterbo in qualità di scrittrice.
Nell’ottobre 2020 ha pubblicato il romanzo “In un battito d’ali” edito da L’Erudita, Giulio Perrone Editore, una saga familiare ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, apparso in diverse testate giornalistiche e con il quale ha vinto diversi premi internazionali. Da citare la “segnalazione particolare della Giuria” allo storico “Premio Casentino” fondato da Carlo Emilio Gadda negli anni ’40. A febbraio 2023 ha pubblicato su Amazon un romanzo rosa/giallo “Tutto può cambiare quando meno te lo aspetti” rientrato nei besteller Amazon.
Tutte le sue opere, pur appartenendo a generi diversi (spaziano dal giallo introspettivo, alla saga familiare storica, al rosa, al poliziesco paranormale), hanno un messaggio in comune. L’autrice definisce infatti i suoi romanzi “catartici” perché i protagonisti attraversano dei momenti di difficoltà, ma riescono a trovare una via d’uscita e a ricominciare a vivere.
I romanzi sono disponibili su Amazon ed in tutti gli store online e librerie.
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