TRIBUNA- Pagina 48

Internet delle cose e 5G per i piccoli comuni

Se ne è discusso a Torino in un incontro organizzato da Anfov con Anci e Uncem

Lo sviluppo del territorio, l’arrivo del 5G e l’Internet of things. Sono i temi toccati nel corso di un incontro dal titolo “L’IoT nell’era della banda ultralarga: nuove opportunità e nuovi servizi per i cittadini” che si è svolto oggi nella sede del Consiglio Regionale del Piemonte a Torino.

Organizzato da Anci, Anfov e Uncem, l’incontro ha visto la partecipazione di un gran numero di operatori del settore, esperti e rappresentanti degli enti locali. Dopo avere ricordato il bisogno di formazione anche per gli enti locali, Marco Bussone, vicepresidente Uncem ha sollecitato la Regione Piemonte a non frammentare le risorse che devono essere assegnate a soggetti che aggregano”. Michele Pianetta, vicepresidente Anci, ha sottolineato la necessità di sinergie fra pubblico e privato “Perché i Comuni devono accompagnare le imprese che hanno il compito di fornire i servizi ai cittadini. L’amministrazione pubblica deve agevolare e non ostacolare l’azione dei privati”. A Stefano Ciccotti, consigliere ANFoV, è toccato il compito di entrare nello specifico delle tecnologie 5G e IoT che un documento del MiSE ha indicato come un fattore fondamentale di sviluppo. “Efficiente utilizzo dell’interfaccia radio, altissimo bit rate e bassa latenza – ha spiegato Ciccotti -, sono alcuni dei vantaggi offerti dalla nuova tecnologia mobile che grazie al concetto del network slicing permette a ogni rete virtuale di essere dedicata a un servizio”. In questo modo è possibile riempire di contenuti la rete attivando nuovi servizi, dando la possibilità alle startup, ma anche alle aziende classiche di sviluppare ulteriormente il loro potenziale. ANFoV, ha proseguito Ciccotti, ha realizzato un rapporto sull’Iot che “evidenzia come il dispiegamento di una rete 5G e l’utilizzo di dispositivi IoT abbiano vaste possibilità di applicazione nel settore turistico, in agricoltura e nell’industria”. Ciccotti ha sottolineato l’importanza del 5G, che copre via radio l’ultimo miglio di connessione senza dover per forza arrivare con la fibra fino al domicilio dell’utente, e le possibilità di utilizzo dell’IoT per esempio nell’agricoltura di precisione con sensori che permettono di avere in tempo reale la situazione dei terreni agricoli evidenziando i settori in cui bisogna intervenire. Con l’utilizzo di queste tecnologie è possibile portare a compimento la copertura del territorio mettendo finalmente la parola fine al digital divide. Opportunità che ha i suoi riflessi anche nei piccoli centri, non più luoghi marginali tagliati fuori dalla rivoluzione della rete, ma centri dove è invece possibile vivere e lavorare in ambienti lontani dallo stress cittadino.

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“Si tratta di tecnologie – ha aggiunto Ciccotti – che costano poco e oggi sono alla portata di tutti”. Una democratizzazione dell’It che va tutta a vantaggio dei piccoli centri. Obiettivo di ANFoV è di contribuire alla formazione della Pubblica amministrazione per affrontare le nuove tecnologie raccogliendo anche i casi di best practice sparsi sul territorio. Uno di questi è stato presentato da Carla Bue, direttore dell’Unione montana dell’Alta Langa, dove è stato realizzato un sistema di car pooling (sorta di Blablacar locale) sotto il controllo dell’ente pubblico per sopperire alla mancanza di trasporto pubblico. A questo si è aggiunta la diffusione della connettività che ha lo scopo di supportare le aziende locali e i cittadini combattendo lo spopolamento della zona. Ha chiuso l’incontro Giuliana Fenu, direttore innovazione e competitività della Regione Piemonte, che oltre a ricordare l’intervento dell’ente pubblico con i fondi europei per le nuove tecnologie, ha sottolineato la difficoltà di fare emergere i bisogni del territorio e la necessità di mettere a disposizione di tutti il patrimonio di dati a disposizione dell’ente pubblico che possono generare altri servizi. Quello di Torino vuole essere solo il primo di una serie di incontri che Anfov organizzerà lungo la Penisola in collaborazione con Anci e Uncem decise a spiegare ai loro associati tutte le opportunità delle nuove tecnologie.

 

Nella foto: Carla Bue, Michele Pianetta, Stefano Ciccotti, Marco Bussone, Giuliana Fenu).

Grazie come sempre

#ANPAS112: AL VIA LA CAMPAGNA DI INFORMAZIONE SU NUMERO UNICO 112 E PRIMO SOCCORSO

E’ partita la campagna di comunicazione ANPAS, in collaborazione con GTT, sul primo soccorso e numero unico per le emergenze 112 condotta attraverso filmati e locandine, anche digitali, diffusi su metropolitana, bus urbani e suburbani e tram del Gruppo Torinese Trasporti, nonché sui social media dei due enti. La campagna di comunicazione avrà una durata di circa tre mesi.

Chiare e semplici informazioni rivolte ai cittadini per spiegare l’importanza di una corretta attivazione del Sistema di Emergenza 112. La chiamata di soccorso rappresenta infatti il primo anello della cosiddetta “catena dei soccorsi” e permette di risparmiare del tempo prezioso per salvare la vita dell’infortunato e inviare il mezzo di soccorso più idoneo. Non solo emergenza sanitaria, ma un numero unico, il 112, per tutte le emergenze: ambulanze carabinieri, polizia e vigili del fuoco.

La campagna di comunicazione, che riporta l’hashtag #Anpas112, fornisce inoltre nozioni di primo soccorso relative ad esempio alle manovre di disostruzione pediatrica delle vie aeree o spiega come affrontare un arresto cardiaco in un adulto. Il trasporto urbano e suburbano di GTT viene utilizzato ogni giorno da oltre 600mila persone, un’ottima prospettiva per promuovere al meglio, tra i cittadini, le culture della prevenzione, della sicurezza e del primo soccorso.

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Andrea Bonizzoli, presidente Anpas Piemonte: «La collaborazione con GTT nata nel 2014 con l’installazione dei primi defibrillatori nelle principali stazioni della Metropolitana di Torino, continua con questa importante campagna di informazione volta a diffondere la conoscenza fra cittadini del numero unico 112 e contemporaneamente a dare nozioni di primo soccorso. ANPAS sempre in prima linea al servizio della cittadinanza. Un grazie particolare a GTT per la sensibilità dimostrata nell’aderire alla campagna».

Stefano Pasian, consigliere Anpas Piemonte e referente del progetto #Anpas112: «Da sempre ANPAS è attenta alla promozione della salute e all’educazione sanitaria. Riteniamo importante, per i cittadini, ottenere ed elaborare informazioni sanitarie di base ed accedere a servizi necessari per effettuare scelte consapevoli ed utili per la propria e altrui salute. Grazie a GTT e all’attuazione di questo progetto, condiviso con i nostri formatori, ci auguriamo di raggiungere un numero elevato di persone e contribuire così a informare sulle corrette norme di comportamento da tenere in caso di emergenza in attesa dei soccorsi qualificati».

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L’ANPAS (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze) Comitato Regionale Piemonte rappresenta 78 associazioni di volontariato con 9 sezioni distaccate, 9.471 volontari (di cui 3.430 donne), 6.635 soci sostenitori e 377 dipendenti. Nel corso dell’ultimo anno le associate Anpas del Piemonte hanno svolto 432mila servizi con una percorrenza complessiva di circa 14 milioni di chilometri utilizzando 382 autoambulanze, 172 automezzi per il trasporto disabili, 223 automezzi per il trasporto persone e di protezione civile.

 

Al seguente link è possibile scaricare il filmato della campagna di informazione #Anpas112:
https://www.dropbox.com/s/9xekbv7dx94u3hz/Anpas_112_video.mpeg?dl=0

Sul Giorno del Ricordo

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani in occasione del Giorno del Ricordo, celebrato giorno 10 febbraio, istituito con la Legge 92/2004, in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale del secondo dopoguerra intende evidenziare la lodevole iniziativa promossa dalla regione Toscana, dal titolo: “Viaggio di studio sul Confine orientale”, finalizzata alla visione “autoptica” da parte degli studenti dei luoghi teatro dei fatti storici relativi alle foibe.

Si potrà seguire il percorso sui siti della Regione Toscana e Toscana Notizie, sulla pagina Facebook Toscana Memoria all’indirizzo https://www.facebook.com/toscanamemoria/ e sulla pagina Facebook dell’Istituto ISI Pertini di Lucca all’indirizzo https://www.facebook.com/pertini.lucca.gov.it/ e con gli hashtag #toscanamemoria e #giornoricordo.

In coincidenza della giornata del 24 marzo dedicata al diritto alla verità sulle gravi violazioni dei diritti umani e per la dignità delle vittime (ONU) gli studenti dell’ISI Pertini di Lucca, con il supporto della prof.ssa Katia Giannelli, interverranno nel corso del dibattito di approfondimento culturale, organizzato dall’Area di potenziamento socio-economico dall’istituto, dietro interessamento del DS, prof.ssa Daniela Venturi,  e dal Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani per condividere con i propri coetanei punti di riflessione ed esperienze vissute. Tutte le scuole che vorranno aderire potranno contattare il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani (email: coordinamentodirittiumani@gmail.com); successivamente verranno divulgate le modalità operative per la partecipazione.

È fondamentale il recupero della memoria storica di avvenimenti così significativi e drammatici per il nostro Paese; informare le giovani generazioni sul proprio passato anche se doloroso, costruisce l’unico viatico per l’acquisizione della consapevolezza dell’importanza di valori universali come la pace, la tolleranza e la giustizia. La civiltà si costruisce attraverso la cultura. Le Foibe, luogo simbolo di una tragedia italiana, possono e devono diventare motivo di riflessione, perché venga contrastata ogni forma di violazione della prerogative altrui e la vita umana venga considerata sacra.

Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani si associa al pensiero espresso recentemente dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sulla ricorrenza: “Le stragi, le violenze, le sofferenze patite dagli esuli giuliani, istriani, fiumani e dalmati non possono essere dimenticate, sminuite o rimosse. Esse fanno parte, a pieno titolo, della storia nazionale e ne rappresentano un capitolo incancellabile, che ci ammonisce sui gravissimi rischi del nazionalismo estremo, dell’odio etnico, della violenza ideologica eretta a sistema”.

prof. Romano Pesavento

Presidente Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani

 

Investire nelle infrastrutture sociali dell’Ue: passare dai principi all’azione

DAL CENTRO STUDI SUL FEDERALISMO
 
Olimpia Fontana*

 

 
Dopo aver passato gli ultimi dieci anni alle prese con la grande recessione l’economia dell’Unione europea (Ue) è tornata a crescere, anche grazie alle varie misure di emergenza in ambito finanziario e di politica economica. La crisi ha però lasciato un’eredità pesante a carico della dimensione sociale dell’Ue: le politiche di contenimento del debito pubblico hanno esercitato una forte pressione sulle finanze pubbliche nazionali nel settore degli investimenti, penalizzando in particolar modo quelli in ambito sociale. In parte per effetto della crisi, in parte a causa di una tendenza strutturale verso il basso, l’investimento pubblico in infrastrutture sociali non risulta adeguato rispetto alle sfide presenti e future della società. Nel 2060 gli over 65 saranno quasi il 30% della popolazione dell’Ue e per ciascun anziano in media ci saranno solo due lavoratori, rispetto agli attuali quattro, per cui saranno necessari ulteriori supporti all’assistenza e alla cura della persona. L’invecchiamento della popolazione va messo poi in relazione con un altro fenomeno, attuale, ma con oscure prospettive di lungo periodo: il rischio di finire in povertà in Europa sta aumentando in particolare per i giovanissimi (18-24 anni), anche a causa dell’elevata componente Neet: senza istruzione per una persona diventa sempre più difficile trovare un impiego e tanto meno sentirsi coinvolto nella società.

 

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Con queste consapevolezze in mente, una “Task Force di alto livello sugli investimenti in infrastrutture sociali in Europa”, presieduta da Romano Prodi e Christian Sautter, è stata incaricata di attirare l’attenzione sul ruolo cruciale delle infrastrutture sociali. Il rapporto della Task Force, Boosting Investment in Social Infrastructure in Europe, oltre a invitare a riflettere sul fatto che esiste nell’Ue un reale fabbisogno di investimenti in infrastrutture sociali – istruzione, salute e assistenza alla persona, housing sociale – di circa 100/150 miliardi di euro all’anno, individua in un maggior coinvolgimento del capitale privato nel settore sociale la via per colmare il gap infrastrutturale. Il punto critico consiste nel fatto che “There is an obvious asynchronicity between the financial industry’s willingness to have infrastructure financing as a fully-fledge ‘asset class’ to invest in and the time needed to build all the missing parts of the underlying framework“. L’auspicata unione tra infrastrutture sociali e finanza dovrebbe seguire una precisa strategia a livello comunitario: la road map prevede entro il 2022 il lancio di una European Social Infrastructure Agenda, cui farà seguito un nuovo Public-Private Fund for Social Investment. Il nuovo modello con cui finanziare infrastrutture pubbliche come scuole, ospedali e case a prezzi accessibili segue la pratica ormai avviata nell’Ue del blending, ovvero l’uso di strumenti finanziari (prestiti, garanzie, capitale proprio) in accostamento a limitate risorse pubbliche per mobilitare un volume di investimenti maggiore.

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Un buon punto di partenza nel percorso verso il rafforzamento della dimensione sociale è lo European Pillar of Social Rights, presentato ad aprile 2017. Il documento, che raccoglie vecchi e nuovi diritti in ambito di mercato del lavoro e di sicurezza sociale, mira a fornire lo standard comunitario cui i paesi membri dovrebbero tendere. Così il Pillar stabilisce, tra gli altri, il diritto all’istruzione, alla formazione e all’apprendimento permanente, il diritto dei bambini a ricevere cure e istruzione durante la prima infanzia, il diritto per tutti a un’assistenza sanitaria, il diritto all’housing sociale. E in tutti i casi si auspicano servizi di buona qualità a prezzi accessibili. Il Pillar, tuttavia, non è uno strumento legalmente vincolante per i paesi, essendo la politica sociale una competenza esclusiva nazionale. La concreta realizzazione dei diritti sociali è lasciata quindi all’effettiva volontà dei paesi membri, in base allo spazio che la politica sociale occupa all’interno della loro spesa pubblica, che resta in molti casi inadeguata alle necessità, perché sacrificata al contenimento della spesa pubblica.

Per sostenere gli investimenti in infrastrutture sociali il bilancio dell’Ue fornisce il suo contributo, soprattutto attraverso il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo sociale europeo, strumenti di bilancio che operano in gestione concorrente tra la Commissione e i paesi membri. Il dibattito sulla prossima programmazione finanziaria post-2020 sembra però guidato da una logica di razionalizzazione delle risorse in cui, per colmare il vuoto in bilancio causato dalla Brexit, saranno soprattutto i fondi strutturali (insieme alla Pac) a ricevere i maggiori tagli, rafforzando invece voci di spesa a più alto “valore aggiunto europeo”, quali la difesa e la sicurezza e il ruolo globale dell’Ue.

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Per questi motivi la strategia definita dalla task force prevede il coinvolgimento del risparmio privato, che è presente sul mercato in grandi quantità – si stima in 26.000 miliardi di euro il valore di mercato dei fondi gestiti dalle istituzioni finanziarie solo nell’Ue – e alla ricerca di impieghi sicuri di lungo termine. Il modello di finanziamento, il futuro Fund for Social Investment, sembra ricalcare quello dello European Fund for Strategic Investment (EFSI), il braccio finanziario del piano Juncker. Già con l’EFSI sono stati finanziati progetti in infrastrutture sociali, ma questi rappresentano solo il 4% dei progetti totali, essendo il piano Juncker maggiormente rivolto ai settori dell’energia, della ricerca e innovazione e alle piccole e medie imprese. Istituire, quindi, un fondo dedicato esclusivamente all’investimento sociale può servire a dare maggior copertura alle infrastrutture sociali.

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Dall’altra parte, però, l’utilizzo degli strumenti finanziari in alcuni casi può non essere lo strumento più adatto. Se si ricorre al blending si fa ampio affidamento sugli investitori privati, che potrebbero non materializzarsi proprio nei paesi in cui il bisogno di infrastrutture sociali è più alto, ma dove la capacità di attirare investimenti è bassa, per motivi legati a scarse capacità di progettazione delle amministrazioni locali (i principali attori degli investimenti sociali) o alla presenza di mercati finanziari non sviluppati. In questi casi, la forma di supporto attraverso i contributi dei fondi strutturali sembra essere la più adatta rispetto a strumenti di mercato.Il Pillar dei diritti sociali, oltre a ricevere sostegno da un Fondo dedicato, avrebbe bisogno di un riconoscimento esplicito nell’ambito del Semestre europeo, ad esempio all’interno delle raccomandazioni che la Commissione annualmente invia ai paesi membri (sempre che le raccomandazioni vengano poi rispettate). Oppure, garantendo agli investimenti sociali nazionali un trattamento più favorevole rispetto alla regola del bilancio in pareggio. Alla base di ogni discorso sul rafforzamento della dimensione sociale vi dovrebbe essere una riflessione adeguata sul peso che variabili come infrastrutture sociali, disoccupazione giovanile, rischio di povertà, hanno effettivamente all’interno del complesso sistema digovernance economica dell’Ue, e dell’eurozona in particolare. In quest’ottica, il progetto di riforma dell’Ue dovrà avvenire assicurandosi che le innovazioni nell’architettura economico-finanziaria non procedano a (ulteriore) scapito di quella sociale.
*Ricercatrice del Centro Studi sul Federalismo

“Discriminazioni nel mondo della scuola”

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, intende intervenire sulle continue iniziative (striscioni; manifesti etc.) di carattere xenofobo che in questi ultimi giorni stanno inquietando il mondo della scuola e l’opinione pubblica.

L’intolleranza nei confronti del “diverso” sta toccando livelli allarmanti, producendo fenomeni sociali di assai grave entità, il cui effetto conclusivo consiste in criminalità, instabilità e sciovinismo.

I cambiamenti in atto, rapidissimi nella loro concatenazione e manifestazione, impongono un ripensamento serio dell’offerta formativa in termini di saperi civici, competenze di cittadinanza ed educazione alla Legalità.

La spirale estremista di violenza in cui stiamo precipitando non ammette deroghe: il fatto che l’età dei giovanissimi bulli / criminali / “eversori” si stia abbassando precipitosamente dimostra inequivocabilmente che qualcosa non funziona in termini di efficacia educativa. E se è vero che non tutte le scuole, fortunatamente, sono interessate da episodi così drammatici e brutali è anche doveroso ammettere che alcuni concetti dati per scontati negli anni precedenti vanno invece difesi ad oltranza e approfonditi sempre più nelle aule dei nostri istituti.

Probabilmente espressioni di malessere e odio sociale, costruito anche artificiosamente da alcuni media e social, sono frutto di disagio, ignoranza e povertà. Non a caso, storicamente, nei contesti di fragilità economica o incertezza politica, le esplosioni di violenza tendono a moltiplicarsi.

A questo punto rispetto a tali carenze / bisogni manifestati con cruenta immediatezza, lo Stato deve rispondere attraverso soluzioni di carattere trasversale: investimenti in cultura ed istruzione; certezza del diritto; aiuti alle famiglie in difficoltà; interventi finalizzati all’occupazione e alla salvaguardia dei posti di lavoro.

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani propone di sviluppare nei vari cicli scolastici azioni educative atte a far comprendere, sin dalla più tenera età, i doveri / diritti della cittadinanza responsabile e l’approfondimento di temi fondamentali per il vivere civile, quali il concetto di libertà; democrazia; solidarietà; uguaglianza, fondamento della nostra Costituzione.

“La malattia che porta al totalitarismo non è mai di quelle malattie che si chiamano incurabili, contro le quali l’organismo colpito non può nulla. È una malattia di cui muore l’organismo che vuole veramente morire, e che rinunzia perciò a difendersi” (Altiero Spinelli)

prof. Romano Pesavento

Presidente Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani

 

Piemonte, Legambiente: “La Regione dica no alla deriva petrolifera voluta da Shell”

Martedì 6 febbraio conferenza dei servizi per esaminare la richiesta di attività di prospezione tra le provincie di Novara, Vercelli, Biella

 

No a nuove estrazioni petrolifere. E’ chiaro il messaggio che Legambiente lancia alla vigilia della conferenza dei serviziconvocata in Regione Piemonte per la richiesta di Shell di autorizzare attività di prospezione e possibili nuove trivellazioni in un’area di 462 km2 tra le provincie di Novara, Vercelli, Biella e Varese. L’obiettivo finale di Shell è quello di “valutare l’opportunità di effettuare ulteriori attività di verifica dell’esistenza del giacimento” nell’area del permesso di ricerca di idrocarburi denominato “Cascina Alberto”, territorio compreso tra i comuni di Gattinara, Ghemme, Sizzano e le aree protette del Ticino e del Lago Maggiore, zone che hanno un’economia prevalentemente basata sul turismo con centinaia di migliaia di presenze all’anno con un’offerta che si basa su natura e paesaggio. La Shell utilizzerebbe due tecniche di prospezione del terreno. La prima, chiamata “vibroseis”, prevede onde elastiche prodotte facendo vibrare una massa di una certa dimensione e trasmettendo le vibrazioni al suolo. La seconda tecnica prevede invece che le onde elastiche vengano innescate facendo detonare una carica esplosiva direttamente nel terreno.

“Siamo fermamente contrari alla deriva petrolifera nella nostra Regione a cominciare dalle prime attività di ricerca e prospezione sia per il rischio a cui verrebbero sottoposti il territorio e la popolazione, sia perché il petrolio è una vecchia energia fossile causa di inquinamento, dipendenza economica, conflitti e protagonismo delle grandi lobby. Piuttosto che diventare terreno di conquista delle compagnie petrolifere l’area dovrebbe essere tutelata e valorizzata per la sua vocazione turistica e la pregiata produzione vitivinicola –dichiara Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. L’Accordo di Parigi indica una strada da seguire e non è certamente quella di investire nelle fonti fossili che non solo continuano a diminuire nei consumi -negli ultimi 10 anni il gas è diminuito del 14% mentre il petrolio del 39% dal 2000 ad oggi- ma che non possono garantire quella sicurezza energetica di cui tanto si parla. Il futuro è nelle fonti rinnovabili, già oggi competitive e in grado di soddisfare il 32% dei consumi elettrici nazionali e in Piemonte il 39%. Un grande risultato che dimostra come si debba guardare a un modello energetico sempre più distribuito, pulito, innovativo e integrato nei territori. Per questo chiediamo alla Regione Piemonte di opporsi al tentativo di Shell, coerentemente con gli impegni che il nostro governo ha preso alla Cop21 di Parigi”.

L’arte d’inventarsi i problemi

La parola secessione, che dovrebbe significare, “distacco di un gruppo da un complesso politico”, di solito interpretabile come ribellione al potere costituito, sembra essere tornata prepotentemente di moda.

Qualcuno la chiama semplicemente “passaggio” : quella dell’Aventino, adottata come rivolta della plebe romana al potere costituito, qualche secolo prima di Cristo, aveva un altro significato.

“….che sognano la secessione da Torino e l’approdo alla più amata e vicina Lombardia” scrive oggi (poche settimane fa) un noto quotidiano ; ma siete fuori? Accendete il cervello prima di scrivere!

I canoni idrici, di cui i fautori del passaggio si riempiono la bocca (e non le tasche), sapete cosa sono? In Italia, il gestore di un impianto idroelettrico (come L’ENEL, ma anche privati) deve corrispondere un’imposta agli enti pubblici locali (Comuni, Province e Regioni interessate), i cosiddetti canoni idrici, per la concessione e lo sfruttamento di acque pubbliche con lo scopo di produrre di energia elettrica. Nel VCO le Centrali elettriche, grandi o piccole, sono tante e la Regione Piemonte reinveste i proventi di questi canoni idrici per vari scopi, che non ritornano necessariamente tutti alla nostra provincia. Se così invece fosse, pensate di arricchirvi?

Milano è più vicina di Torino, dicono alcuni di questi verbanesi benpensanti. In auto, ci vuole un’ora e mezza, mediamente, per andare a Milano, partendo da Verbania; un’ora e 3 quarti per andare a Torino. Se fate tardi, è colpa delle code, non dell’ubicazione dei due capoluoghi citati! E in treno? Se non azzeccate orari e coincidenze, non si sa quando s’arriva : ammesso che, dopo la secessione, ci sia una forte variazione verso i due capoluoghi. Ma allora, volete prenderci per il …. in giro?

Ma qualcuno insiste “ci si impiega molto meno!”: forse ‘sto qualcuno non ha la patente, non sa usare il pc per guardare i percorsi stradali o più semplicemente “u ver la buca e fò parol”, un’abitudine del resto molto diffusa, quasi una malattia, da parte di uomini, specialmente politici, anche nella nostra provincia, quella chiamata VERBANIA oppure anche VCO = Verbano Cusio Ossola.

Quand’ anche fosse che ci si impieghi meno per andare a Milano, cosa ci vado a fare a Milano ? Se devo andare a Torino, ci andrò anche dopo l’annessione alla Lombardia, che m’importa ? Quei 4 gatti che dovranno cambiar meta per un eventuale “cambio di regione di appartenenza ” andranno a Milano, guadagnando 20 – 30 minuti di viaggio! Embè!!

E noi dovremmo indire un referendum, pagarne pure le spese non indifferenti, per accontentare delle persone che non sanno quello che dicono?

La soluzione, per soddisfare anche loro, c’è, ed è piuttosto semplice: vogliono appartenere alla Lombardia? Basta trovare loro una casa nella regione agognata; vogliono stare a Laveno, sulla sponda magra: troviamo una sistemazione con vista lago, vista sulle loro stesse origini. Vogliono abitare in Brianza ed arrivare a Milano in un baleno ? Proviamo a cercare qualcuno di Monza che vorrebbe abitare sul nostro lago (di qua !), facciamo lo scambio casa in modo da accontentare entrambi, con eventuale conguaglio; vuoi vedere che non riusciremmo ad accontentare tutti quelli di là del lago? Ma allora “cui prodest ?” Se avete solo tempo da perdere, cari politici o presunti tali, state a casa !

Ops, già… ma da che parte del Lago?

Elio Motella

 

“Turismo in calo a Torino nell’ultimo trimestre 2017 e preoccupazione tra gli albergatori. Bisogna correre ai ripari”

“Nell’ultimo trimestre del 2017 – afferma Roberta Siciliano, coordinatrice provinciale Cicas Torino e provincia –  il turismo torinese ha registrato un calo di presenze, con un meno 3,2 % a ottobre, un meno 4,5% nel novembre scorso e un meno 6.2% a dicembre. Si tratta, secondo me, di una serie di dati piuttosto preoccupanti, nonostante la positività del dato annuale complessivo. Se confrontiamo questi dati con i corrispodenti dei mesi precedenti, agosto e settembre avevano fatto registrare un aumento del 2,7% e dell’ 8,4% rispetto agli stessi mesi del 2016. Torino paga una serie di eventi collaterali che sono venuti mancare, dalla mostra di Manet, trasmigrata a Milano, al mancato Capodanno in piazza, vietato dopo tragici fatti di giugno in piazza San Carlo. Vero è che nel 2016 Torino aveva, però, ospitato il Salone del Gusto che lo scorso anno mancava, ma purtroppo la nostra città non è ancora adeguatamente attrezzata a ospitare eventi business di dimensioni internazionali”. “Speriamo che l’anno in corso – aggiunge Roberta Siciliano – dedicato al cibo, che vede in programma il Bocuse d’oro, il Salone del Gusto e la Vendemmia a Torino, possa portare ad una accelerazione della richiesta turistica anche nei mesi a venire e a quelli immediatamente successivi all’estate. Per ottenere questo, ritengo necessario un impegno sinergico tra albergatori, esercizi commerciali e la giunta comunale, che dimostri di volersi impegnare con il suo Piano del Turismo”.

“TORINO, UNA CITTA’ POCO SICURA”

La pubblica sicurezza vien a mancare sempre di più. Dalle periferie al centro città, è sempre più difficile sentirsi al sicuro. I commercianti sempre più preoccupati per la cattiva reputazione delle loro zone. Le famiglie preoccupate per se stesse e i loro cari. Spaccio, furti, risse, roghi e chi ne ha più ne metta. Sono solo alcuni dei fattori che ultimamente stanno distruggendo Torino. Disraeli disse che il potere ha il dovere di assicurare la sicurezza sociale, l’ONU mise il concetto di sicurezza sociale all’interno della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.I concetti chiave, all’interno del sopracitato articolo 22, sono 3:
Previdenza sociale;
Pubblica sicurezza;
Welfare.
Non pretendo che l’amministrazione comunale si prenda sulle spalle il rispetto di tutti i punti, ma la pubblica sicurezza è un punto fondamentale alla base di ogni comunità. Chiedo un maggiore impegno e una maggiore concretezza.
Cosmin Stoica

CROCE BIANCA ORBASSANO RINNOVA IL CERTIFICATO DI QUALITÀ

La Croce Bianca Orbassano, associata Anpas, il 27 gennaio 2018, grazie alla verifica periodica effettuata dalla società Globe Srl ha ottenuto il rinnovo annuale del Certificato Sistema Qualità UNI EN ISO 9001:2015

 

Il presidente della Croce Bianca Orbassano, Luigi Negroni: «La Croce Bianca di Orbassano continua a credere nell’importanza di questa procedura, dove ogni attività dell’Associazione deve seguire un preciso percorso standardizzato. Con l’avvio dei decreti attuativi della nuova legge sul Terzo settore, improntata sulla trasparenza e tracciabilità dei diversi processi, tali procedure diverranno obbligatorie. Oggi la Croce Bianca è in una situazione in cui quasi tutti gli adempimenti richiesti dal codice etico, parte fondamentale della riforma del mondo del volontariato, sono assolti. Crediamo che i servizi offerti alla cittadinanza debbano rivestire carattere di “qualità”, privilegiando la dimensione volontaristica a quella aziendalista. Mettiamo sempre al centro la persona, sia essa utente o esecutrice del servizio. I monitoraggi sul grado di soddisfazione confermano questa politica. La responsabile delle procedure, Samantha Ferrari con l’aiuto del consigliere Marco Grechi eseguono periodicamente controlli sullo stato di avanzamento degli obiettivi prefissati, andando a correggere eventuali criticità. Un impegno gravoso che richiede costante osservazione sempre e comunque nell’ottica della qualità, nella tracciabilità e soprattutto nella trasparenza. La Croce Bianca di Orbassano ottiene per la prima volta la certificazione già nel 2002 e da allora si dota degli standard sempre più recenti nella gestione del sistema di controllo qualitativo». La Croce Bianca Orbassano può contare sull’impegno di 265 volontari, di cui 98 donne, e 12 dipendenti grazie ai quali annualmente svolge oltre13mila servizi. Si tratta di trasporti in emergenza-urgenza 118, servizi socio sanitari, assistenza a eventi e manifestazioni con una percorrenza di circa 328mila chilometri. L’Anpas Comitato Regionale Piemonte rappresenta 78 associazioni di volontariato con 9 sezioni distaccate, 9.471 volontari (di cui 3.430 donne), 6.635 soci sostenitori e 377 dipendenti. Nel corso dell’ultimo anno le associate Anpas del Piemonte hanno svolto 432mila servizi con una percorrenza complessiva di circa 14 milioni di chilometri utilizzando 382 autoambulanze, 172 automezzi per il trasporto disabili, 223 automezzi per il trasporto persone e di protezione civile.