Ricordi spensierati dalle Valli di Lanzo
STORIE D’ALTRI TEMPI di Patrizio Tosetto / Giusto 60 anni fa le prime vacanze di cui ho un vaghissimo ricordo. In particolare della strada sterrata che portava a Tuberghengo frazione di Viu’, Valli di Lanzo. Vacanze poverissime. Una stanza dove si dormiva in tre, mia madre cucinava e mangiavamo. Senza servizi ed un catino per lavarsi. Quanta felicità e spensieratezza in compenso. La sintesi tra felicità e spensieratezza era libertà, libertà assoluta.
La foto di Vincenzo Solano
Magnifica Torino / Il salotto di Piazza San Carlo nel suo splendore in questa bella immagine estiva
L’isola del libro. Speciale James Patterson
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
James Patterson “Sporco ricco” -Chiarelettere- euro 18,60
Patterson, insieme al giornalista Tim Malloy e allo scrittore inglese John Connolly, ricostruisce la losca vicenda del magnate americano Jeffrey Epstein, accusato di violenza sessuale e morto in carcere a New York nel 2019, in circostanze misteriose.
Il libro ha ispirato anche la docuserie Netflix che riporta a galla la brutta storia che ha visto coinvolti il finanziere e la sua cerchia di amici, usi ad adescare ragazzine per una manciata di dollari. Una rete di uomini ricchi e potenti, sesso, potere e perversione a volontà.
Hanno contorni oscuri e inquietanti l’ascesa e la caduta di Epstein, titolare di una società di consulenza finanziaria che curava gli interessi di grandi miliardari americani, condannato per violenza sessuale nel 2008 e di nuovo nel 2019 per reiterazione del reato.
Il libro fa luce sulla sfera pubblica e privata di quest’ uomo ricco e potente, spietato e malvagio, privo di scrupoli; amico di Donald Trump, Bill Clinton e Andrea Duca di York (fratello del principe Carlo d’Inghilterra).
Ma Patterson denuncia anche una buona parte di alta società, poteri forti e la giustizia americana che hanno minimizzato le malefatte di Epstein e l’hanno in qualche modo protetto. Una società moralmente corrotta in cui tutto è in vendita e contano soprattutto perversione sessuale e denaro.
James Patterson “Luna di sangue” -Tre60- euro 14,90
Sono due i casi inquietanti di questo thriller ad alta tensione.
Qualcuno sta prendendo di mira coppie di sposini novelli in luna di miele e li uccide in modo spietato. La prima viene ammazzata in un resort di lusso ai Caraibi e poi via via il killer spezza i sogni e il futuro di altri innamorati. In circolazione c’è un assassino crudele e sulle sue tracce si mette l’agente dell’FBI John O’Hara.
L’altra indagine vede coinvolta l’agente speciale Sarah Brubaker che deve indagare sulla morte di vari uomini, da una parte all’altra del paese, che si chiamano tutti John O’Hara. Sarà un caso che si chiami così anche un uomo molto vicino al presidente degli Stati Uniti d’America?
James Patterson “La First Lady è scomparsa” -Longanesi – euro 16,80
E’ un thriller politico con nell’occhio del ciclone niente meno che la Casa Bianca e i suoi principali inquilini.
Il presidente Harrison Tucker viene sorpreso dalle telecamere insieme alla sua amante, la giovane lobbista in carriera Tammy Doyle, ed è subito scandalo che pregiudica la rielezione per un secondo mandato. Ora più che mai, Tucker ha bisogno di avere al suo fianco la moglie; peccato che la First Lady non si trovi più, dopo che ha abilmente seminato la sua scorta.
Panico e subito scattano indagini serrate per scoprire che fine abbia fatto. Il delicato e difficile incarico di ritrovarla è affidato all’agente segreto Sally Grissom, una di quelle che sorvegliano sulla sicurezza del presidente.
E qui si intrecciano storie pubbliche e strettamente private di più personaggi. A partire dalle distrazioni presidenziali, l’insoddisfazione della First Lady che ritaglia solo per sé momenti di pace, ma anche la spregiudicatezza del capo di gabinetto Parker Hoyt, depositario degli scheletri nell’armadio del presidente e principale artefice della sua carriera politica fino al vertice. Non anticipo altro se non che starete col fiato sospeso tra ricerche, scoperte di cadaveri, una temibile assassina prezzolata e tanto altro…
Se amate questo autore e magari siete rimasti un po’ indietro ecco altri due suoi libri:
James Patterson “New York codice rosso” – Longanesi – euro 16,90
Patterson ha scritto questo thriller nel 2015 ma è nel 2019 che viene pubblicato in Italia e richiama un po’ la tragedia delle Torri Gemelle.
New York è sotto attacco, conta i morti e i danni di alcuni attentati. Dalle bombe esplose nelle stazioni della metropolitana a quelle nel quartier generale dell’FBI, dall’assassinio del sindaco alle manovre per mandare in tilt l’intera città bloccando traffico, comunicazioni ed illuminazione.
In azione entra Michael Bennet (protagonista di altri romanzi di Patterson), a capo delle complesse indagini per fermare l’ondata di odio verso la Grande Mela.
James Patterson “L’ultimo sospettato” – Longanesi – euro 17,60
Questo libro rientra nella serie che vede protagoniste 4 donne fuori dal comune. Sono le amiche Lindsay Boxer di professione detective; la spregiudicata e brillante giornalista Cindy Thomas, caporedattrice delle cronaca nera al San Francisco Cronicle; Claire Washburn, direttrice dell’Istituto di Medicina legale; e l’avvocato Yuki Castellano.
Quattro personaggi femminili alle prese con problemi ed equilibrismi tra carriera e vita privata.
La Castellano si trova a gestire un caso insolito in cui il suo giovane e prestante cliente, Marc Christopher, dichiara di aver subito violenza sessuale dal suo capo, Brianna Hill, punta di diamante di una delle agenzie pubblicitarie più famose di San Francisco.
Nel mentre il sergente Lindsay Boxer se la deve vedere con un serial killer che semina morte tra i senzatetto.
E il momento che fa da corollario alle varie vicende è l’abituale incontro delle quattro amiche in un locale vicino alla Corte di Giustizia, il MacBain’s the World Salon, punto di ritrovo delle Donne del Club Omicidi.
L’uomo di Pianaccio
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni/ Enzo Biagi di cui ricorre il centenario della nascita, ha avuto l’onore di ottenere un francobollo a lui dedicato, come lo ebbero pochissimi giornalisti, da Longanesi a Pannunzio.
La frase sul francobollo che evidenzia che Biagi si considerasse un uomo di Pianaccio, il paesino sull’ Appennino dove nacque, evidenzia, forse senza consapevolezza, il limite di Biagi che sicuramente aveva girato il mondo, ma era rimasto sostanzialmente un provinciale.
Era l’accusa che gli fece Giulio De Benedetti, il terribile direttore della “Stampa” che lo allontanò dal suo giornale. Molte delle pagine di Biagi appartengono, come ha scritto Dino Cofrancesco, al populismo moralistico ante litteram. Cofrancesco vide il corrispettivo alto di Biagi in Barbara Spinelli, oggi del tutto scomparsa dalla scena. Il suo stile semplice, immediato, quasi guareschiano, senza avere il genio e la poesia dell’inventore di Don Camillo, gli consentì un larghissimo successo sia come giornalista, sia come uomo televisivo.
Sembrava uno di noi, mi disse una volta un amico non particolarmente colto, suo attento e appassionato lettore. Dicono che Biagi abbia raccontato il mondo e la vita, la politica e la quotidianità. Fu un fustigatore inflessibile degli altri, soprattutto quelli avversi alla sua parte politica, forse dimenticando che compito di un giornalista è quello di capire ed aiutare a capire e non quello di giudicare. Secondo Marc Bloch neppure agli storici è consentito di giudicare prima di aver capito, figurarsi ai testimoni del presente che vivono nella contemporaneità. Non so più chi lo definì il citazionista per il suo vezzo di infiocchettare i suoi articoli con citazioni più o meno dotte o popolaresche,una mania ripresa in maniera persino fastidiosa dall’incolto Mauro Corona che cerca così di avvalorare una cultura che non possiede. Gli scritti di Biagi sono facili facili, ma alla fine spesso sembrano quasi aria fritta.
Il populismo moralistico ebbe in Biagi il suo Vate che << giudica e manda>>, quasi esclusivamente, quelli che non la pensano come lui. Il servizio televisivo Biagi, nell’ultima parte della sua attività, lo ritenne una sorta di pulpito dal quale lanciare scomuniche e sollevare polveroni polemici. Non ho mai approvato l’editto bulgaro di Berlusconi che rivelò anche in quella occasione di non essere liberale, ma certo non potevo neanche approvare Biagi che pontificava in Tv come neppure fece Giuliano Ferrara ,allora faziosissimo berlusconiano, dopo essere stato faziosissimo comunista e faziosissimo craxiano. Non ci sono confronti con l’equilibrio e il tatto di Sergio Zavoli che pure si dichiarò di parte e fu deputato e senatore.
Questo fingere di essere indipendente, rigorosamente indipendente e poi parteggiare è un altro limite di Biagi. Il giornalista non parla in nome dell’ opinione pubblica, ma semmai deve rispettare in primis le regole deontologiche del mestiere giornalistico che sulla carta sono molto rigorose, come nella pratica sono assai poco rispettate. Il giornalista deve avere l’umiltà di ascoltare e di riportare le idee di tutti, senza escludere a priori nessuno. Non teorizzo l’utopia di un giornalismo obiettivo che non esiste e non è neppure possibile, ma sostengo la necessità di un giornalismo non preconcetto che sia aperto al pluralismo delle idee e dei giudizi morali che per un giornalista sono accettabili sono in alcuni casi ben precisi e limitati. In altri casi il giornalista deve astenersi dal dare valutazioni morali per cui non ha l’autorità.
Nei giorni scorsi ho letto le celebrazioni del centenario e ho notato la mancanza di spirito critico. Certo fu uno dei giornalisti di maggiori successo, ma c’è da domandarsi cosa resterà di Biagi. Non a caso le celebrazioni avranno come punto di riferimento Pianaccio dove esiste un museo a lui dedicato. Enzo Bettiza, Oriana Fallaci e Giampaolo Pansa sarà impossibile dimenticarli, come forse anche Giorgio Bocca, ma su Biagi bisogna oggi invocare almeno una sospensione di giudizio. Di Biagi ricorre il centenario della nascita a tredici anni dalla morte e quindi c’è ancora un’aureola intorno a lui, sopravvissuta alla morte. Per Pannunzio, ad esempio,morto nel 1968 e ricordato nel centenario della nascita nel 2010, c’è stato il tempo di vedere ciò che era vivo e ciò che era morto della sua opera giornalistica e intellettuale. Per Biagi no.
Delle celebrazioni di amici e sodali non ci si può fidare, possono essere considerati al massimo dei materiali, in verità poco affidabili, per una storia del giornalismo che è cosa diversa dalle agiografie. Neppure Biagi si sentirebbe a suo agio nel ruolo di mezzobusto.Se aveva un sicuro pregio, era quello di rifuggire la retorica di cui sono piene le commemorazioni e le celebrazioni per il suo centenario e, ovviamente, non solo per il suo. Per altri versi, fu un buonista deamicisiano di rito emiliano, a volte persino sdolcinato.
scrivere a quaglieni@gmail.com
COMMENTARII di Augusto Grandi / Il Financial Times recita il De Profundis per il turismo italiano. E di conseguenza, considerando il peso del settore sul Pil complessivo, il De Profundis per l’Italia in toto. Il quotidiano inglese neppure prende in considerazione la buffonata franceschiniana del bonus vacanze. Si limita a registrare che il blocco dei viaggi internazionali provoca danni al turismo del Bel Paese che non vengono compensati dai mancati viaggi all’estero degli italiani.
D’altronde, al di là dei sempre più gravi problemi economici delle famiglie italiane, le misure imposte dal governo degli Incapaci non hanno certo favorito il turismo. Treni che viaggiano con metà posti vietati, autostrade alle prese con lavori che creano code e ritardi, voli sempre più costosi. E poi, in spiaggia, regole assurde per impedire ai bambini di giocare ed agli adulti di godersi le vacanze. A questo si aggiungono i comportamenti degli operatori che hanno aumentato a livelli assurdi il prezzo di un giorno in spiaggia con ombrellone e sdraio, il prezzo di un aperitivo, di una cena al ristorante, di una bistecca in macelleria. Tanti, maledetti e subito…
… continua a leggere:
Addio a Zavoli, il “socialista di Dio”
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / E’ stato un nome mitico del giornalismo radiotelevisivo, a partire da quello sportivo. Il Giro d’Italia con Zavoli ebbe un ascolto e un rilievo mediatico che non avrà più. Ha fatto anche grandi inchieste televisive, da quella sul fascismo a quella dedicata al terrorismo intitolata “La notte della Repubblica” che scandagliò nelle viscere gli anni di piombo. Dopo lo Zavoli giornalista ci fu lo Zavoli politico che non ha mai cessato di dirsi socialista, anche quando fu eletto come indipendente nel Pd e nelle precedenti sue denominazioni, ma non fu mai vicino al PCI
Gallinara, venduta ma (almeno) non delocalizzata
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni /Per molti piemontesi e lombardi che frequentano anche casualmente la Liguria di Ponente, l’isola Gallinara è un topos, un ricordo affettivo che abbiamo sin da bambini, quando si poteva attraccare nel porticciolo dell’isola. Mio padre ci portava all’isola in motoscafo. Tutte le cartoline di Alassio e di Albenga (l’isola è nel territorio di quest’ultima) contengono da sempre l’isola, quasi come fosse una perla, che da tanti anni è proprietà di privati e che ha una sua grande storia fin dall’epoca romana e poi nel Medio Evo.
Rabadan, la parola piemontese che ricorda “ramadan”
Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi
Rabadan. La parola piemontese Rabadan ha diversi significati: baccano, fracasso; ma anche cianfrusaglie (altrimenti dette ciapapoér!); persona di poco conto, e perfino donnaccia. Bella la storia etimologica: nel REP (Repertorio Etimologico Piemontese, Torino, Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, 2015), la voce rabadan rimanda a ramadan, sempre col significato di baccano, e come “spregiativo riferito a cose e a persone”. La parola viene dall’arabo “RAMADĀN ‘caldo torrido, mese del digiuno’….voce del lessico religioso giunta in Italia attraverso le città di Genova e Marsiglia che in piemontese ha assunto il significato di ‘rumore’ per la gozzoviglia…” ecc..
Quanto camminano le parole, e cambiano il loro significato originale!
“È difficile dire ‘mi dispiace'”
Music tales, la rubrica musicale
“Tutti hanno bisogno di stare un po’ di tempo lontani,
L’ho sentito dire da lei, gli uni dagli altri
Anche gli innamorati hanno bisogno di una vacanza
Lontani gli uni dagli altri
Stringimi ora
è difficile per me dire mi dispiace
Io voglio solo che tu resti”
Hard to say I’m sorry (“È difficile dire ‘mi dispiace’ “) è una romantica canzone pop-rock, incisa dal gruppo musicale statunitense Chicago nel 1982 su etichetta Fool Moon e WEA/Warner Bros./WEA e facente parte dell’album Chicago 16. Autori del brano sono Peter Cetera, David Foster e Robert Lamm.
Il singolo, prodotto da David Foster, raggiunse la prima posizione in vari Paesi, tra cui gli Stati Uniti, la Svizzera e l’Italia e il quarto posto nel Regno Unito. La versione dell’album è più lunga rispetto a quella del singolo, in quanto vede l’aggiunta in “coda” al brano del pezzo Get Away.
Il brano partecipò anche al Festivalbar 1982.
Hard to say I’m sorry è una delle canzoni d’amore che preferisco perché non è zuccherosa da farti salire la glicemia come a un diabetico, non contiene la parola amore (come Something dei Beatles) ed è l’ammissione di un uomo alla sua donna (che vorrebbe una pausa di riflessione n.d.r.) che invece ha bisogno di lei. Alla faccia dell’uomo duro che, come diceva una vecchia pubblicità, “non deve chiedere mai”.
‘You’re just a part of me I can’t let go’ significa ‘sei una parte di me che non posso perdere’ e rende molto chiaramente l’idea di quanto lui abbia paura di dover rinunciare a questo amore.
I Chicago sono un gruppo rock statunitense, formatosi proprio a Chicago nel 1967. Autodefinitisi come “band di rock and roll coi fiati”, i Chicago cominciarono come rock band impegnata politicamente e talvolta sperimentale, muovendosi poi tra il progressive rock ed il jazz rock fino ad approdare ad atmosfere più melodiche e commerciali. L’apice del successo fu raggiunto negli anni settanta ed ottanta, quando spesso raggiunsero il numero 1 delle classifiche di Billboard: tra i gruppi americani, solo i Beach Boys hanno fatto registrare più hit nelle classifiche di Billboard (sia di singoli che di album). I Chicago sono annoverati tra le band rock più longeve e di maggior successo della storia, avendo venduto più di 100 milioni di dischi. Secondo Billboard, negli anni settanta i Chicago furono leader assoluti negli Stati Uniti nella vendita di singoli con oltre 40 milioni di copie nei soli Stati Uniti, che fruttarono 23 dischi d’oro, 18 di platino e 8 di doppio-platino. Nel corso della loro storia hanno avuto cinque album al numero uno e 21 singoli da top-ten.
Dal volgere degli anni ottanta, pur mantenendo una notevole fama, hanno visto un lento e graduale declino delle loro fortune discografiche.
“Tutti abbiamo perso qualcosa o qualcuno. Un amore, una battaglia, una speranza, o semplicemente un soffio di vento, una manciata di stelle nella mano, il riflesso di uno sguardo sul vetro. Smettetela di tornare nello stesso posto in cui avete perso la felicità.”
Oggi vorrei “regalarvene”una versione un po’ insolita. Ascoltate, se volete, e ditemi che pensate.
https://www.youtube.com/watch?v=KeIVtoX2_3I
Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!