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Rabadan, la parola piemontese che ricorda “ramadan”

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

Rabadan. La parola piemontese Rabadan ha diversi significati: baccano, fracasso; ma anche cianfrusaglie (altrimenti dette ciapapoér!); persona di poco conto, e perfino donnaccia. Bella la storia etimologica: nel REP (Repertorio Etimologico Piemontese, Torino, Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, 2015), la voce rabadan rimanda a ramadan, sempre col significato di baccano, e come “spregiativo riferito a cose e a persone”. La parola viene dall’arabo “RAMADĀN  ‘caldo torrido, mese del digiuno’….voce del lessico religioso giunta in Italia attraverso le città di Genova e Marsiglia che in piemontese ha assunto il significato di ‘rumore’ per la gozzoviglia…” ecc..

Quanto camminano le parole, e cambiano il loro significato originale!

“È difficile dire ‘mi dispiace'”

Music tales, la rubrica musicale

Tutti hanno bisogno di stare un po’ di tempo lontani,

L’ho sentito dire da lei, gli uni dagli altri

Anche gli innamorati hanno bisogno di una vacanza

Lontani gli uni dagli altri

Stringimi ora

è difficile per me dire mi dispiace

Io voglio solo che tu resti”

Hard to say I’m sorry (“È difficile dire ‘mi dispiace’ “) è una romantica canzone pop-rock, incisa dal gruppo musicale statunitense Chicago nel 1982 su etichetta Fool Moon e WEA/Warner Bros./WEA e facente parte dell’album Chicago 16. Autori del brano sono Peter Cetera, David Foster e Robert Lamm.

Il singolo, prodotto da David Foster, raggiunse la prima posizione in vari Paesi, tra cui gli Stati Uniti, la Svizzera e l’Italia e il quarto posto nel Regno Unito. La versione dell’album è più lunga rispetto a quella del singolo, in quanto vede l’aggiunta in “coda” al brano del pezzo Get Away.

Il brano partecipò anche al Festivalbar 1982.

Hard to say I’m sorry è una delle canzoni d’amore che preferisco perché non è zuccherosa da farti salire la glicemia come a un diabetico, non contiene la parola amore (come Something dei Beatles) ed è l’ammissione di un uomo alla sua donna (che vorrebbe una pausa di riflessione n.d.r.) che invece ha bisogno di lei. Alla faccia dell’uomo duro che, come diceva una vecchia pubblicità, “non deve chiedere mai”.

‘You’re just a part of me I can’t let go’ significa ‘sei una parte di me che non posso perdere’ e rende molto chiaramente l’idea di quanto lui abbia paura di dover rinunciare a questo amore.

I Chicago sono un gruppo rock statunitense, formatosi proprio a Chicago nel 1967. Autodefinitisi come “band di rock and roll coi fiati”, i Chicago cominciarono come rock band impegnata politicamente e talvolta sperimentale, muovendosi poi tra il progressive rock ed il jazz rock fino ad approdare ad atmosfere più melodiche e commerciali. L’apice del successo fu raggiunto negli anni settanta ed ottanta, quando spesso raggiunsero il numero 1 delle classifiche di Billboard: tra i gruppi americani, solo i Beach Boys hanno fatto registrare più hit nelle classifiche di Billboard (sia di singoli che di album). I Chicago sono annoverati tra le band rock più longeve e di maggior successo della storia, avendo venduto più di 100 milioni di dischi. Secondo Billboard, negli anni settanta i Chicago furono leader assoluti negli Stati Uniti nella vendita di singoli con oltre 40 milioni di copie nei soli Stati Uniti, che fruttarono 23 dischi d’oro, 18 di platino e 8 di doppio-platino. Nel corso della loro storia hanno avuto cinque album al numero uno e 21 singoli da top-ten.

Dal volgere degli anni ottanta, pur mantenendo una notevole fama, hanno visto un lento e graduale declino delle loro fortune discografiche.

Tutti abbiamo perso qualcosa o qualcuno. Un amore, una battaglia, una speranza, o semplicemente un soffio di vento, una manciata di stelle nella mano, il riflesso di uno sguardo sul vetro. Smettetela di tornare nello stesso posto in cui avete perso la felicità.”

Oggi vorrei “regalarvene”una versione un po’ insolita. Ascoltate, se volete, e ditemi che pensate.

https://www.youtube.com/watch?v=KeIVtoX2_3I

 
Chiara De Carlo

Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!

Il Retail Park “Settimo Cielo” di Settimo Torinese, il grande parco commerciale alle porte di Torino, propone per questa particolare estate 2020 il Drive-In per tornare a vedere i film come negli anni ’50. L’evento a Torino è organizzato in collaborazione con Cinema Drive-in®.
Dal 17 di luglio al 30 agosto 2020, il venerdì, sabato e domenica, dalle ore 21.30, il Drive In di Settimo Torinese vi aspetta con una serie di grandi classici del cinema. Le proiezioni, senza prenotazioni e a ingresso gratuito, si svolgeranno nel parcheggio “area food” di fronte al supermercato Carrefour. L’accesso è consentito fino ad esaurimento posti.
Durante la proiezione sarà attivo anche il servizio di Food & drink delivery: basterà collegarsi al sito  http://www.cinemadrivein.it per ordinare bibite e snack che riceverete direttamente nella vostra auto.
                   scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

John Grisham  “L’ultima storia”   -Mondadori-   euro  22,00

Grishan è un autore cult che questa volta fa centro con una vicenda ambientata a Camino Island, travolta e devastata dall’uragano Leo. Mentre la furia della natura spazza via tutto quello che trova sulla sua strada, perde misteriosamente la vita anche un noto scrittore che sull’isola si era ritirato per scrivere. E’ Nelson Kerr, autore di thriller di successo, ex avvocato, amico del libraio e collezionista di libri antichi, Bruce Cable, che anima la vita culturale dell’isola.

La morte di Kerr non convince nessuno e fin da subito si pensa a un omicidio, ma chi può aver voluto il suo silenzio? Mentre la polizia locale brancola nel buio ed ha come priorità l’emergenza uragano, gli amici della vittima, con in testa Bruce, si danno da fare per risolvere il mistero. E se la sua morte fosse legata all’ultimo libro che stava scrivendo..?

A voi scoprire un mondo spietato in cui interessi milionari stanno dietro case di cura per anziani e farmaci non autorizzati, killer a pagamento e truffe varie.

 

 

Sarah Blake  “Le ombre del nostro passato”  -Tre60-     euro  18,00

E’ affascinante questa saga familiare che ruota intorno alla Famiglia Milton e all’isola che possiede al largo della costa del Maine, e scorre su due piani temporali.

Nel 1935 Ogden e Kitty Milton sono una coppia dorata, ricca e felice con tre magnifici bambini. Lei si dedica ai figli e a una rutilante vita mondana nell’alta società newyorkese.

Ogden è l’erede di una ricca famiglia di banchieri, spesso lontano per viaggi di lavoro che lo conducono in Europa, soprattutto nella Germania dove i nazisti sono in ascesa. Mentre il pericolo rappresentato da Hitler è sottovalutato da tutti, i banchieri Milton finanziano le acciaierie tedesche che producono aerei per la Wermacht.

Quando una terribile tragedia colpisce la famiglia, Ogden decide di ricominciare e compra un’affascinante isola: ristruttura la grande casa in cima alla collina da cui si domina il mare ed elegge questo magico luogo come destinazione delle vacanze future dei Milton. Molte cose accadranno nel corso degli anni, tra dolori, feste, buona società e amori difficili tra esponenti di classi sociali diverse.

L’altro filone narrativo è invece ambientato ai giorni nostri, a New York: ormai il patrimonio dei Milton è solo più leggenda, ma  l’isola e la casa sono ancora degli ultimi eredi che devono decidere cosa farne. La nipote di Kitty, Evie, e i suoi cugini cercano di mantenere questo luogo che è memoria dei loro antenati  e valutano le possibili opzioni per recuperare i fondi necessari.

Ma nel romanzo c’è molto di più: passioni, ambizioni, destini tragici, ombre e segreti del passato di questa grande famiglia che vi entrerà nel cuore.

 

 

Piero Armenti   “Una notte ho sognato New York”    -Mondadori-  euro  18,00

Se amate e sognate la Grande Mela questo libro fa per voi. E’ la cronaca di avventure, incontri, delusioni, entusiasmi dell’autore -giornalista e urban explorer- che dopo l’università ha deciso di trasvolare l’oceano per ritrovarsi allo sbaraglio a New York.

Ed è stato subito amore a prima vista.

Giovane, con pochi soldi e senza sapere bene che direzione dare alla sua vita, si avventura in una New York che per lui è innanzitutto simbolo di libertà. Di essere e fare ciò che vuoi, perché nella Big Apple con un po’di fortuna, tanta inventiva, spirito di adattamento e voglia di mettersi in gioco, puoi davvero dare una sferzata al tuo destino.

Seguiamo il protagonista nei suoi spostamenti, tra modeste camere in affitto di anziane sole e soffocanti, a case condivise con altri giovani in cerca di fortuna, transitando in un magnifico appartamento nel cuore d’oro di Manhattan, messo a disposizione da uno sconosciuto incontrato da poco.

Poi ci sono i vari lavoretti per mantenersi, come quello di andare a prendere i turisti in aeroporto che frutta soldini e conoscenze nuove.

Sottofondo di tutta l’avventura il tentativo di ottenere la green card per non dover abbandonare le mille luci di New York….

E giusto perché lo sappiate, Piero Armenti oggi è quarantenne e ce l’ha fatta. Dal suo immenso amore per questa città unica è nata l’idea di un tour operator sui generis e di grande successo, con sede a Times Square.

Si chiama“Il mio viaggio a New York”, e offre tour (in discoteche, terrazze, Bronx, Queens, Brooklyn,etc.), servizi, consigli ed esperienze uniche, pensati per fare risparmiare tempo,denaro e avere una guida in italiano.

Perché come ha dichiarato «sono uno che a furia di camminare, girare e conoscere sa tutto, anche cose che non sempre si vedono».

E se poi volete saperne di più seguite il suo blog o la sua pagina Facebook in cui, in modo divertente, racconta la città più bella del mondo, lo stile di vita a stelle e strisce, e vi fa entrare anche in case da sogno.

Chi è Brigitte Sardo, General Manager di Sargomma

Rubrica a cura di ScattoTorino 

Determinata e open mind, madre, moglie e Direttore Generale dell’azienda di famiglia, Brigitte Sardo riveste, con un forte impegno personale, un ruolo che la vede interagire con i principali players del settore automobilistico italiano e internazionale. Concentrata sul proprio business, ma anche sensibile nei confronti dell’attività imprenditoriale in genere e delle donne in particolare, Brigitte Sardo è al secondo mandato come presidente Apid e guida le titolari delle piccole e medie imprese del torinese nella promozione e nello sviluppo delle competenze femminili in vari ambiti professionali.

Curiosa e infaticabile, nutre una profonda passione per il cinema e, con la figlia Carolina, nel 2014 ha fondato la Gran Torino Production, una società cinematografica che ha coprodotto vari film. In questo momento Brigitte Sardo sta traghettando l’azienda Sargomma verso una nuova visione di realtà industriale che cresce e si svilupperà sul territorio piemontese, a fronte di un grosso sforzo imprenditoriale, economico e manageriale; Brigitte inoltre crede fortemente nel valore di fare cultura di impresa e nella forza dei giovani, sostenendo molti progetti innovativi e di welfare aziendale.

Dal 1981 Sargomma è protagonista del mercato. Ripercorriamo la storia?

Nell’home page del sito di Sargomma si legge: “Siamo di gomma: resistenti e tutti d’un pezzo, ma anche flessibili, con una naturale vocazione al cambiamento”. Un claim che è anche uno stile di vita della famiglia Sardo e del padre Giuseppe, fondatore dell’azienda Sargomma nata a Torino nel 1981, con un credo che resta lo stesso nel tempo, ovvero trovare nuove soluzioni tramite prodotti di qualità e realizzare soluzioni sempre più innovative ed efficienti. Mio padre collaborava con le maggiori carrozzerie torinesi, lavorava con gli ingegneri costruttori e forniva soluzioni di componenti per gli interni delle auto più note, per macchine per il movimento terra e macchinari agricoli. Insieme con gli uffici tecnici dei suoi clienti, a un certo punto intravide la possibilità di inserire nelle innovative cabine chiuse delle macchine agricole tutti gli elementi di confort di cui è dotata un’automobile. I componenti Sargomma, montati su questi nuovi macchinari, gli garantirono un successo immediato. Oggi i 15 milioni di prodotti venduti all’anno a 150 clienti nel mondo, per lo più grandi aziende, sono destinati a mezzi di trasporto molto diversi: dalle utilitarie alle berline di lusso, dalle macchine agricole agli yacht. A fronte di questo con grande forza e impegno professionale ho messo in moto un programma di investimenti in organizzazione e tecnologia. Per il 2019, grazie agli incentivi messi a disposizione dal programma di governo industry 4.0, abbiamo avviato un’operazione di insourcing, con l’acquisto di nuovi macchinari e l’ampliamento dell’area industriale. Stiamo importando le lavorazioni di fustellatura e del taglio ad acqua. Con più garanzie per noi: saremo più competitivi, i clienti avranno un miglior servizio e ci sarà lavoro per tutti. Questo ha creato nel tempo un valore aziendale che resta alla base della storia di Sargomma. Una regola che ha contribuito e contribuisce, in modo più che sostanziale alla crescita dell’azienda, unita ad un’altra, dettata dal fondatore: il rapporto diretto con i clienti in tutto il mondo. Perché una squadra di professionisti è prima di tutto una squadra di persone”.

Brigitte Sardo

Re-generation: una parola chiave del vostro organigramma?

“Se con la parola re-generation intendiamo l’accezione di un ‘impresa che rigenera, che recupera forza e vigore, tramite le nuove generazioni, che di volta in volta nutrono e si nutrono in azienda in modo innovativo, allora sì. Nella Sargomma di oggi il nostro organigramma corrisponde all’idea di Re-generation, senza però escludere la crescita personale ed aziendale che si può compiere solo nel tempo. Abbiamo una struttura dove ogni settore si adatta perfettamente in età, competenze e conoscenze, al bisogno e al compito aziendale che gli compete. La Sargomma di domani, che stiamo già “costruendo”, ovvero una realtà in itinere, seguirà questa linea di innovazione e rispetto di tutti i collaboratori e dipendenti, inserendo nuove figure e nuovi progetti con un’attenzione naturale verso i giovani”.

Andare avanti è nel vostro DNA: quali sono i prossimi step?

“Sargomma sta cambiando e si sta avviando verso un processo davvero innovativo, naturalmente la gomma rimane il nostro prodotto, ma l’uso che ne faremo spazierà in diversi territori, dal design, all’ecosostenibilità, all’arte e grazie al nuovo ufficio di ricerca e prodotto saremo sempre più competitivi verso le nuove esigenze del mercato. In un mercato che cambia rapidamente bisogna essere flessibili e innovativi e la nuova Sargomma lo sarà ancora di più. A questo si aggiunga che il progetto di riqualificazione dell’ex area Pininfarina, sarà una svolta multi-funzionale in seno alla nuova Sargomma. Si inseriranno di fatto nuovi stakeholders e collaboratori. L’area prevede un progetto di riqualificazione ampio, l’occasione di creare una nuova realtà aziendale, che è stata proprio in questo periodo materiale di studio degli studenti dello IAAD, con ottimi risultati, oltre ad essere motore di vari progetti di innovazione e welfare, che si sta già attuando nella sede di partenza e che sarà davvero una modalità pilota per Torino di vivere lo spazio aziendale. Giardini sopra i tetti, arte, cucina, spazi destress… insomma sembrerà di non lavorare, ma di cercare nuove opportunità di vita e per la vita. Sargomma cresce ed è sempre cresciuta nel tempo con un’attenzione particolare non solo al prodotto, al mercato e ai clienti; il nuovo scenario post Covid è senza dubbio complesso, da qui l’attenzione alla comunicazione e al marketing, una sfida che i miei collaboratori e dipendenti stanno affrontando insieme e io con loro. Sargomma cresce con radici sane, nuovi frutti e promettenti fronde ampie e ristoratrici, come l’albero, rigorosamente della gomma, che sarà il simbolo della nostra nuova sede con un’attenzione forte all’ecosostenibilità”.

Qual è la mission di Apid – Imprenditorialità Donna?

“Fin dalla sua fondazione nel 1989, l’obiettivo di Apid è quello di portare avanti le istanze delle imprenditrici di Torino e provincia; per fare questo è necessaria una rappresentanza che si muova dal livello territoriale a quello internazionale, con una presenza attiva in sede europea. Questo è possibile attraverso le azioni di networking e lobbying che APID ed il suo consiglio conducono quotidianamente”.

Come Presidente di Apid Torino, a quali temi si dedica maggiormente?

“Cerco di fare la mia parte oltre che come imprenditrice, anche come presidente al secondo mandato di Apid, costola dell’Api sul versante femminile; Apid riunisce 380 iscritte ed è inserita, tra l’altro, all’interno della Cabina di regia dell’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali). Sono subentrata a una grandissima donna, Giovanna Boschis Politano, dopo 16 anni di mandato. Apid è un mondo completamente diverso da quello industriale, una sfida continua. L’associazione aiuta molto le piccole e medie imprese, mi confronto con chi capisce le esigenze delle imprenditrici, e la sezione di Torino ha il maggior numero di aziende e di dipendenti a livello nazionale. Apid lavora su progetti europei, ricordiamo il bando vinto sui business angels, della durata di due anni, per aiutare le start up al femminile. Anche con il Club degli investitori, di cui faccio parte, mi adopero per trovare finanziamenti. È ora di restituire quello che per la mia tenacia e fortuna sono riuscita a ottenere, è fondamentale trasmettere il valore della responsabilità sociale di impresa. Il social impact che può essere prodotto e diffuso dalla buona pratica aziendale, può portare il nostro territorio ad un livello superiore, in cui trasparenza e responsabilità vanno di pari passo. Già prima dell’emergenza Covid-19 erano diverse le iniziative rivolte in tal senso, ad oggi non possono che essere incrementate. Apid dovrebbe essere sostenuta anche economicamente dalle istituzioni, riconoscendogli però quella libertà di pensiero che aiuta a sostenere le donne imprenditrici in quanto persone che fanno la differenza nel tessuto sociale ed economico piemontese”.

APID Brigitte Sardo

Fare rete tra donne fa la differenza?

“Assolutamente sì. Quella tra le imprenditrici è una rete di portatrici di interessi comuni che, senza un’azione coesa, rischia di disperdere possibilità ed opportunità di crescita che spesso vanno oltre le esigenze aziendali. Fare rete è una necessità strutturale del presente e un irrinunciabile passaggio per il futuro. Le donne conoscono da sempre il significato del ‘fare rete’. Il senso di condivisione e comunità è innato. La rete aiuta a comunicare contenuti di vario tipo, prodotti, ma anche idee nuove da realizzare, progetti comuni da condividere, ci permette di spaziare in varie realtà e di sentirci ‘sostenuti’ nelle differenze e nella nuova complessità. Fare rete è vitale e il femminile conosce bene l’esigenza dello scambio e del sostegno. La rete porta verso una nuova collettività, più smart e più dinamica, scambiando competenze e conoscenze, la formazione diventa ‘liquida’. Quindi fare rete vuol dire anche avere un gruppo di persone con cui puoi confrontarti, alla pari, potendo mostrare i tuoi dubbi e aumentando la tua professionalità”.

In cosa consiste il progetto SAFE?

Il progetto chiamato A Safe & Normal Day è il primo crowfunding in Italia rivolto alle Piccole e medie imprese che premia la responsabilità sociale d’impresa e diffonde la buona pratica di contrasto alla violenza di genere ed alle discriminazioni nelle scuole secondarie di primo grado. Il progetto verterà su quattro regioni italiane e coinvolgerà 100 studenti nella realizzazione di quattro docu-film, uno per ogni istituto coinvolto, che porteranno alla sensibilizzazione sul tema facendo leva sull’educazione dei più giovani. È una grande opportunità per le imprese di dare il loro contributo al cambiamento e all’abbattimento degli stereotipi di genere. A tal proposito l’agenzia Fund for SAFE, ha creato un sistema di premialità per le aziende che effettueranno una donazione al sito “Produzioni dal Basso”, come deducibilità per le imprese, opportunità di visibilità per merito sociale, seminari in azienda sulla gestione dei conflitti basati sulle differenze di genere ed una valutazione in azienda per ricevere il bollino “AZIENDA SAFE” per certificare la neutralità dell’ambiente di lavoro ai temi di genere. Sono già tantissime le PMI che hanno donato per A Safe & Normal Day, ma è necessario l’aiuto di tutti per raggiungere l’obiettivo e apportare un cambiamento positivo e tangibile nella società con un progetto unico nel suo genere”.

Torino per lei è?

“Rispondo con una serie di parole; opportunità, bellezza, imprenditorialità, compostezza accoglienza, creatività, consapevolezza. Torino è un cuore che pulsa, antico, radicato, forte della sua storia, spesso in bilico. Torino è provata, ma sempre pronta a rialzarsi con dignità e inventiva. È una delle più belle città europee, sono molte le testimonianze in questo senso, continuiamo ad amarla, rispettarla e farla vivere… Torino è davvero la Mia Città”.

Un ricordo legato alla città?

Torino è piena di ricordi, è la città che amo, che porto con me ogni volta che viaggio nel mondo, ogni angolo è un pensiero, un respiro, qui sono nati i miei figli, qui è nata la Sargomma, qui sono arrivati i riconoscimenti al mio impegno, qui è nato il mio amore per il cinema. I ricordi sono tanti non sempre luminosi, ci sono stati giorni bigi, ma a volte basta camminare per le sue vie piene di scorci belli, luminosi, incantati e severi al contempo, per riconciliarsi con la vita. Ricordo passeggiate, discussioni, sorrisi e risate, che sono risuonate per le sue vie. Non un solo ricordo, ma tanti e tutti insieme sono una parte importante della mia vita, così come lo è la mia città”.

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Ph: Silvano Pupella

Troppa leggerezza nell’assegnare il reddito di cittadinanza

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Pietro Maso che nel 1991 uccise in modo barbaro a sprangate entrambi i genitori in concorso di tre amici, e’ riapparso alle cronache come detentore del reddito di cittadinanza. Il suo fu delitto orribile commesso allo scopo di fruire dell’eredità dei genitori. Venne condannato a 30 anni di carcere con il riconoscimento della seminfermità mentale al compimento del fatto,una formula ambigua, quasi una scappatoia da azzeccagarbugli di alto livello. Scontò 22 anni da detenuto e venne rimesso in libertà nel 2013 

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Dal 2016 venne  ricoverato in clinica psichiatrica .Venne anche  accusato anche di estorsione nei confronti delle sorelle che vennero messe sotto scorta. Nel frattempo, dopo essersi sposato, si separò.
Nel 2019 ottenne il reddito di cittadinanza, malgrado la sentenza contemplasse il divieto di poter fruire di erogazioni, data l’interdizione  perpetua dai pubblici uffici, di stipendi o assegni a carico dello Stato o di enti pubblici. Lo scorso anno si era parlato di una ex terrorista figlia di un magistrato ed ex parlamentare del pds che fruiva del reddito di cittadinanza e la cosa creò scandalo. Oggi il reddito di cittadinanza a Maso ha provocato  altra indignazione. Il delitto premeditato commesso è davvero grave, anche se la condanna che non comportò l’ergastolo, poteva apparire in qualche modo non rapportata al reato commesso. Va detto che Maso ha scontato almeno 22 anni di pena,cosa che molti terroristi, dissociandosi, non hanno scontato. Certo, appare scandalosa la leggerezza con cui venne concesso il reddito di cittadinanza  senza rispettare le norme di legge. E balza anche fuori il fatto che il reddito e ‘ un sussidio certamente non finalizzato, almeno in questo caso, alla ricerca di un lavoro.E forse in tantissimi altri casi e’ mero assistenzialismo. E’ giusto il reinserimento nella società del condannato al carcere. Io esaminai nel carcere delle Vallette uno studente condannato a decine di anni di carcere per mafia che desiderava laurearsi in Scienze Politiche. E’ giusto che vengano offerte opportunità di reinserimento, ma il reddito di cittadinanza a Maso lascia molto perplessi.  Ma forse è proprio il reddito di per sè che rivela dei limiti molto evidenti. Il caso di Pietro Maso lo dimostra in maniera quasi lapalissiana.
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(foto Corriere Veneto)

Sgarbi, Bocelli, Salvini e la responsabilità

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Sta serpeggiando nel Paese l’idea che il Covid sia ormai alle nostre  spalle e si possa riprendere una vita normale. Le dichiarazioni in un sala del Senato della Repubblica di Sgarbi e Bocelli hanno dato fiato  a queste interpretazioni ottimistiche, prive di fondamento scientifico.

Chi scrive ha denunciato i pericoli per la libertà dei cittadini insiti nei DPCM emanati negli scorsi mesi e ha anche di recente sollevato dei dubbi di  costituzionalità sul rinnovo dello stato di emergenza fino a metà ottobre. In ogni caso un voto del Parlamento ha “sanato“ la situazione e solo un intervento (del tutto improbabile) del Presidente della Repubblica potrebbe riaprire la questione.
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Se sia stato utile  o sbagliato continuare l’emergenza lo vedremo nei prossimi mesi. Ma non ci sembra neppure tollerabile ciò che afferma Sgarbi che minimizza l’entità della pandemia, senza averne titolo. Altrettanto discutibile ci sembra la posizione di Bocelli che ha sentito come una privazione illegittima della libertà il lockdown. Certo non è stato piacevole per nessuno, ma credo che sia una verità incontrovertibile la sua utilità. Non è bastato a salvare migliaia di vite, ma è servito a contenere la pandemia. Ridicolizzare queste cautele a cui si sono assoggettati milioni di Italiani ci sembra sbagliato e Bocelli non può dimenticare di aver cantato nel Duomo di Milano in ricordo delle vittime del Codiv. Sgarbi nella sua incontenibile intelligenza è purtroppo sempre esagerato, ma Bocelli è apparso aver steccato proprio perché appare una persona contenuta. Purtroppo non possiamo pensare ad un’estate senza limiti. Andare ad una cena può rappresentare un pericolo perché non tutti i ristoranti hanno personale che usa le mascherine e i guanti e soprattutto garantisce le distanze di sicurezza. I controlli al riguardo sono troppo blandi. Gli stessi ristoratori non garantiscono in modo formale con certificazioni ufficiali il rispetto delle norme, cosa che potrebbe indurre molti avventori a tornare come clienti,superando le esitazioni. Sottovalutare un nemico sconosciuto come il Covid 19 e’ un atto di irresponsabilità personale e sociale. Prendere sotto gamba la pandemia come ha fatto a Trump a suo tempo si è rivelato esiziale. Chi contribuisce a formare l’opinione pubblica deve essere prudente e non lasciarsi andare agli allarmismi ingiustificati ,ma neppure alle minimizzazioni infondate. A minimizzare ci pensano già i tanti irresponsabili che non usano le mascherine nei luoghi chiusi e non mantengono le distanze di sicurezza. A settembre ci troveremo davanti ad  uno scoglio molto cospicuo: la riapertura in sicurezza   delle scuole. Le persone di cultura, gli intellettuali dovrebbero pensare a questi problemi, invece di indurre alla leggerezza. Compito degli uomini di cultura è quello di vedere le cose con “misura, circospezione,ponderatezza“, diceva Norberto Bobbio tanti anni fa. Anche in questo caso il suo magistero resta più che mai valido. Non a caso le esibizioni e le dichiarazioni di Salvini non hanno nessuna credibilità anche se anch’esse contribuiscono a creare confusione perché anche lui è un uomo pubblico come leader politico e come senatore della Repubblica. Spicca invece per pertinenza ed autorevolezza il richiamo della seconda carica dello Stato, la Presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, al Governo che ha emarginato il Parlamento per troppi mesi. Era già stata la Casellati ad affermare la necessità di un voto parlamentare sul rinnovo dello Stato di emergenza. Con la sobrietà che le e’ solita, ieri ha evidenziato un’anomalia costituzionale per mesi che anche la prima carica dello Stato forse avrebbe dovuto evidenziare.
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Scrivere a quaglieni@gmail.com

Stato di emergenza. Il diritto oscuro e incerto nella babele italiana

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / L’estensione dello stato di emergenza fino al 15 ottobre (e non al 31 dicembre, come inizialmente  aveva annunciato il presidente del  Consiglio) e’ stata annunciata dal presidente Conte con una dotta lezione di diritto  nel suo intervento al Senato della Repubblica dove più volte la Presidente  Casellati aveva invitato il Presidente del Consiglio a sottoporre al voto parlamentare lo stato di emergenza, non previsto dalla Costituzione se non in stato di guerra, come recita l’articolo ’78 che vincola comunque i “provvedimenti necessari“, senza mai parlare di Stato di emergenza, al voto parlamentare.

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Conte ha esplicitamente detto che non era di per sé necessario ed obbligato  un voto in Parlamento ed ha aggiunto che il dibattito in Senato doveva essere circoscritto agli elementi tecnici e giuridici del provvedimento del rinnovo dello stato di emergenza , senza sconfinare in temi politici, quasi fosse possibile non considerare il fattore politico che in ogni atto del Governo è di essenziale evidenza ed importanza. Un atto di arroganza quello di Conte di considerare il voto del Parlamento quasi superfluo e di vincolare il dibattito parlamentare  a suo  piacimento.
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In effetti Conte si è rivelato il più preparato in materia e il dibattito parlamentare – se si eccettua l’intervento della sen. Bernini e della sen. Pinotti –  è stato inadeguato in quanto ha ripreso le polemiche più stantie senza obiezioni vere  al discorso del Presidente Conte. Un senatore 5 stelle ha  persino divagato in esilaranti argomentazioni storiche che nulla c’entravano con la discussione in atto, una ennesima  prova  dello scadimento di una classe parlamentare davvero inadeguata. Sarebbe stato interessante ascoltare la sen. Bonino che non si è espressa su un tema che tocca le libertà costituzionali, tema molto caro ai radicali delle origini. E’ stato un dibattito tutto politico che non ha smontato la tesi del presidente del Consiglio che venne confutata  dal presidente emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese, uomo delle istituzioni molto cauto che è spinto a vedere nel prolungamento dello stato di emergenza un vulnus alla Costituzione.
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Non si è capito bene se siamo o non siamo in emergenza perché lo stato di emergenza dovrebbe essere dichiarato non preventivamente, ma in presenza appunto dello stato di emergenza effettiva. Dire, come afferma il ministro Speranza, che siamo fuori dalla tempesta, ma non siamo in un porto sicuro equivale ad affermare un’ambiguità di fondo che non significa nulla. Al di là del virus, ci troviamo in ogni caso  di fronte a due emergenze che il governo sottovaluta: gli sbarchi e le fughe di migranti contagiati e non e l’emergenza delle scadenze fiscali di chi non ha potuto lavorare ed è costretto a pagare egualmente le tasse e bollette. Sono emergenze gravi che non vengono considerate. Addirittura Zingaretti invita il governo ad approntare nuove accoglienze di migranti, secondo un modo di vedere le cose che appare davvero incredibilmente fuori da ogni senso della responsabilità, non fosse altro almeno sanitaria.
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Il voto finale ha confermato la maggioranza che regge il governo con un altro 5 stelle che si è dissociato. Appare davvero un Paese incredibile un’Italia che prolunga l’emergenza -unico tra i paesi europei-  e che così distrugge in modo definitivo la sua immagine turistica. Per altri versi appare ridicolo, se non fosse drammatico, prolungare l’emergenza per poter riaprire le scuole a settembre.
In ogni caso, andrebbe ricordato che la via maestra indicata dalla Costituzione in caso di necessità e  urgenza  è il ricorso al decreto – legge di cui tanti governi hanno fatto abuso, fino a legiferare per decreto – legge, senza che nessun Presidente della Repubblica abbia mai eccepito. E’ evidente che – se il decreto-legge non è l’eccezione, ma la norma -non ci sia affatto  da stupirsi dei Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri che diventano vincolanti come leggi, anche se sono atti amministrativi. Nella babele italiana tutto è  diventato possibile e il diritto per primo appare oscuro ed incerto.
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Scrivere a quaglieni@gmail.com

“Valentina questa notte sarai mia”

Music Tales, la rubrica musicale / Stiamo parlando dei 5Hundred, Rock ‘n Roll Pop Funk, e per la precisione di:

Gianluca Donnarumma – chitarra
Riccardo Ceccarelli – voce e chitarra
Erik Brienza – batteria
Federico Currà – basso

Primo singolo estratto dall’album “Dolci Ispirazioni” in uscita.

Dolci ispirazioni è il primo album di inediti della band. Valentina è la traccia che inaugura l’album.

I 5Hundred sono 4 ragazzi di una semplicità imbarazzante e, quello che rende il loro gruppo “speciale e prezioso”, a parer mio, è proprio l’avvertire ogni volta che li osservo sul palco, quella cosa che dice: “siamo qui, per servire la musica, niente altro”.

In un momento storico/musicale dove l’apparenza pare valere quasi più della sostanza, loro arrivano con brani diretti, facili da comprendere, e li riproducono in modo egregio, pulito, almeno quanto le loro facce.

Valentina lascia un po’ l’amaro in bocca.

Parla dell’amore non corrisposto; di una Valentina che lascia il suo uomo ad aspettare un ritorno che non arriverà mai.

Ma Riccardo Ceccarelli, voce del gruppo, rende questa attesa “scanzonata” perchè interpreta il brano con una leggerezza vocale e visiva che la fanno sembrare, questa attesa inutile, quasi “sopportabile”… mi ricorda un Cremonini nazionale che nel brano “I love You” lascia andare la donna della quale è innamorato, con la serenità di chi sa che, soffre adesso, ma poi tutto passerà, (perchè tutto passa, si sa) e mentre la lascia all’altare ad un altro uomo, si allontana su un motoscafo quasi a voler dire:”ok, non mi hai voluto, ma io vado libero come il vento e pure col sorriso; giusto per farti capire che, forse, chi ha avuto la peggio sei proprio tu (n.d.r.)”

Ecco dove mi riportano le sonorità di Valentina, e questo mi piace al punto da invitarvi ad ascoltarla, perchè non sempre i pezzi migliori sono quelli alla radio, anzi, spesso, stanno nel sottobosco, e nemmeno lo meriterebbero!

Fai di me un prato. Con tanta luce.

E poi aggiungici un cielo, come vuoi tu.

E’ lì che io ti aspetterò.”

Mi piace Valentina, eccovela: fatela girare, lo merita.

Chiara De Carlo

https://www.youtube.com/watch?v=VGNY8jMcY4Y

 

Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!

Festa di paese di Rivalba

Sabato 01 Agosto 2020

ore 21.00 …Omaggio a Battisti in acustico con Chiara e Mr. Sil!

Scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Mascarin-a, parola piemontese attualissima

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

Mascarin-a. C’è un’altra parola che ci lascia in eredità il Covid 19: mascherina!

E come possiamo dirlo a nòsta manera, in piemontese?

Pesco dai vocabolari più noti, ma questa volta la creatività dei nostri lettori sarà davvero indispensabile!

Parto da Giuseppe Gavuzzi, Vocabolario-Italiano Piemontese (1896): per Machera ci dà mascra, mostacia, bavéra, visagéra; Ballo in maschera: bal masché.  

Per mascheretta, mascherina, dà: mascarin-a. Su Ël Neuv Gribàud. Dissionari piemontèis (1996), troviamo anche le forme mascherin-a, mascrin-a.

Per Mascra il REP (Repertorio Etimologico Piemontese, 2015), parla di etimo incerto, probabilmente dal latino medievale MĂSCAM “STREGA”,  e altro…